In Pace Christi

Vedovato Marco

Vedovato Marco
Geburtsdatum : 25/04/1930
Geburtsort : S. Eufemia di Borgoricco PD/I
Zeitliche Gelübde : 21/09/1950
Ewige Gelübde : 09/09/1956
Datum der Priesterweihe : 15/06/1957
Todesdatum : 19/10/1968
Todesort : Mirador/BR

P. Marco Vedovato apparteneva alla comunità della nuova parrocchia di Pastos Bons, e attendeva con zelo ai municipi di Sucupira e Mirador, che dista da Pastos Bons una sessantina di chilometri. Il sabato sera 19 ottobre tornava stanco dalla visita ad una cappella per riposare nella casa parrocchiale di Mirador. Aveva i nervi abbastanza scossi, tanto che il mese seguente doveva tornare in Italia per un periodo di vacanze. In una casa vicina, una festa da ballo minacciava di prolungarsi tutta la notte. Verso le 23.30 P. Vedovato, non potendo assolutamente chiudere occhio, si alzò e si presentò a chiedere che smettessero e si voltò per tornare. In quel momento il suonatore di fisarmonica, un giovane di vent’anni, gli sparò un colpo di pistola che lo colpì alla regione renale. P. Vedovato cadde, fu raccolto e portato nella farmacia, dove spirò dopo venti minuti. Prima di perdere i sensi, diede testimonianza di fede e di carità, pregando, chiedendo perdono al Signore e perdonando. «In questo fatto così triste - scriveva Mons. Carlesi - ci consola molto il pensiero che il Padre abbia fatto una morte da giusto, benché lontano dai confratelli e senza l'assistenza di un sacerdote».

P. Campus arrivò da Pastos Bons alle prime ore del mattino. Quella domenica Mons. Carlesi era in visita pastorale a Mangabeiras, e accorse prontamente. Trovò la salma nella chiesetta di Sucupira, a metà strada tra Mirador e Pastos Bons. Caricata la bara sopra un camioncino, il corteo ripartì da Pastos Bons verso le 17 e arrivò a Balsas alle 23.30.«Fu una cosa impressionante – proseguiva Mons. Carlesi – tutto il popolo era nella piazza della chiesa per dare l'ultimo addio al Padre». Il caldo non permetteva di attendere il mattino per la sepoltura. Dopo mezzanotte Mons. Carlesi celebrò, e verso le 2 ci fu il trasporto al cimitero. Nella piena oscurità, tutta la gente accompagnò il cadavere, nella preghiera e nel dolore: molti piangevano. La salma fu tumulata accanto a quella di P. Sirigatti.

P. Marco Vedovato era nato a S. Eufemia di Borgoricco (Padova) il 25 aprile 1930. Dalla Scuola Apostolica di Padova passò al Noviziato di Gozzano nel 1948. Continuò poi gli studi a Rebbio e Verona. Fu a Pesaro, come prefetto, nel 1952-53. Benché tormentato da continuo mal di testa, compì regolarmente la teologia a Venegono, e il 15 giugno 1957 fu ordinato sacerdote. Nel novembre successivo raggiunse Juba. Cominciò la sua vita apostolica a Kworijik, Lirya e Lafon, e la proseguì a Tali per tre anni. Nel febbraio 1963, in seguito alle prime espulsioni di missionari, tornò a Lirya come superiore. Dovette lasciarla alla fine del febbraio 1964, insieme ai confratelli espulsi dal Sudan meridionale. Nel 1965, compiuto a Roma il Corso di Perfezionamento, venne destinato a Balsas. Vi arrivò il 13 gennaio 1966. Esercitò l'ufficio di economo della Prelazia per un anno, fu parroco a Loreto e, dallo scorso marzo, era coadiutore a Pastos Bons. P. Marco si immedesimava nel lavoro apostolico; il popolo lo amava e lo seguiva. Il perdono dato al suo assassino è stata una grande predica sul perdono delle offese. Che il suo sacrificio sia semente feconda di ferventi cristiani e di vocazioni sacerdotali. Il Padre lascia l'esempio di un cuore semplice e generoso.

Da Bollettino n. 88, gennaio 1969, p. 29-30

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P. Marco impose ai presenti

di non vendicarsi contro chi
lo aveva colpito. «Come gli ho perdonato io, perdonategli anche voi». Dopo 15 minuti spirò.

Secondo di 4 fratelli, Marco Ruben Vedovato entra a 10 anni nel seminario dei comboniani a Padova. A 18 anni è nel noviziato di Gozzano (Novara). A 20 anni fa la professione religiosa.

Frequenta gli studi teologici a Venegono (Varese). È ordinato sacerdote nel duomo di Milano il 15 giugno 1957.

Il 30 novembre dello stesso anno è a Juba (Sudan), appena in tempo per assistere alla nazionalizzazione di tutte le scuole cattoliche da parte del governo islamico di Khartoum.

Si sta preparando una sorda persecuzione contro i cristiani e contro i missionari.

Svolge la sua attività apostolica a Kwörijik, Lirya, Lafon e Tali. In una delle prime lettere, scrive: «Sono giunto qui come messaggero di pace. Credo che in questa terra ci sia grande bisogno di questo dono dall’alto».

P. Marco fu uno degli ultimi missionari a ottenere dal governo di Khartoum il permesso di entrare in Sudan. Poco dopo, iniziano le espulsioni.

È lui stesso a descrivere in una lettera la persecuzione che si fa sempre più decisa: «L’ora di Dio è suonata per il nostro caro Sudan, per il quale noi abbiamo consacrato la nostra vita e speso le migliori energie. Ma il Signore sa quello che fa e dove vuole arrivare. Per questo, noi che stiamo ancora sul posto soffriamo con gioia e fiducia». Racconta anche di un processo e di una condanna subiti presso il commissariato di polizia del distretto: «per crimini inesistenti». Il 27 febbraio 1964 arriva l’ordine di espulsione di tutti i missionari, suore e vescovi dal Sud Sudan.

In Brasile

Dopo alcuni mesi in Italia e un corso di aggiornamento a Roma, nel dicembre 1965 p. Marco è in Brasile, destinato alla diocesi di Balsas, ove giunge il 13 gennaio 1966. è la sua nuova terra, quella che raccoglierà anche il suo sangue.

Scrive ai genitori: «Le difficoltà non mancano. La gente però è ben disposta nei nostri confronti, e noi siamo liberi nel nostro ministero apostolico. Un grave pericolo è rappresentato dai protestanti, che in questa zona sono molto fanatici e hanno buon gioco. Non mancano di mezzi, mentre noi, a volte, dobbiamo faticare anche per il vitto. Anche qui, come in Africa, dobbiamo preparare catechisti che siano presenti in ogni villaggio. Le vie di comunicazione sono ancora difficili. Solo il fuoristrada può superare le grandi distanze e le strade disagiate».

Dopo un anno come economo della diocesi e un periodo nella parrocchia di Loreto, nel marzo 1968 p. Marco passa alla parrocchia di Pastos Bons, da cui dipendevano le succursali di Sucupira e Mirador.

In una lettera al fratello missionario: «Il vescovo mi ha assegnato una parrocchia di 15.000 km2, con zone molto abitate. Per visitare tutti i villaggi una volta ogni due mesi, bisognerebbe essere in sei. Ho visitato alcune località dove la presenza del sacerdote risale a 15 anni fa. Ho battezzato giovani, bambini e vecchi. Tutti si dicono cattolici, però molti vivono come i pagani e anche peggio… Il mio sarà un lavoro di molta pazienza e di altrettanta fatica».

E proprio mentre rientra a Mirador, il 19 ottobre di quell’anno, verso le 20, la morte l’aspetta. Padre Marco si affretta a entrare in chiesa per celebrare la messa prefestiva. C’è soltanto uno sparuto numero di persone. È stanco e spossato a motivo della poca salute. Ma è soprattutto molto triste: ha ricevuto la notizia del ricovero di sua madre all’ospedale.

Intanto, tre giovani sono arrivati sul sagrato della chiesa e hanno cominciato a suonare la fisarmonica e a sbraitare. Verso mezzanotte il padre esce di casa e chiede gentilmente ai tre di sospendere quanto stanno facendo: «Sono malato e stanco. Avrei bisogno di riposare». I tre sembrano accettare. Ma appena p. Marco si gira, uno di loro lo colpisce con tre colpi di una calibro 38.

P. Marco cade a terra, ma riesce a chiamare aiuto. Un testimone oculare racconta: «Il padre si rese subito conto che non c’era più niente da fare. Allora cominciò a pregare a voce alta, chiedendo perdono a Dio dei propri peccati e perdonando al suo assassino. Disse che offriva la propria vita per la gente di Mirador. Poi continuò a pregare in una lingua che non si capiva (evidentemente in italiano). Poi, facendo un ultimo sforzo, ci disse in portoghese: “Come lo perdono io, perdonatelo anche voi”. 15 minuti dopo, spirò».

Il funerale, affollatissimo, è celebrato dal vescovo comboniano mons. Rino Carlesi. La salma è sepolta nel cimitero di Balsas.

Oggi la tomba di padre Marco è continua meta di pellegrinaggi da parte della gente, che lo ricorda come il fratello buono che ha dato la vita per il suo popolo.

(Dalla serie “I Martiri” preparata a Verona da P. Romeo Ballan, 14.9.2010)