Il vescovo Ayuso Guixot a Singapore per un colloquio internazionale. In cerca di un’etica globale

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Venerdì 16 novembre 2018
«La ricerca di un’etica globale è inseparabile da un’esperienza di trasformazione interiore, che comporta l’allontanamento da mali sia personali sia strutturali». E «poiché questa ricerca riguarda tutti», la conoscenza reciproca, la condivisione senza pregiudizi tra culture e religioni differenti «è indispensabile». Lo ha sottolineato il vescovo Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, intervenendo al secondo colloquio internazionale tra cristiani e taoisti, tenutosi dal 5 al 7 novembre a Singapore.

Il vescovo Ayuso Guixot a Singapore
per un colloquio internazionale tra cristiani e taoisti.


In cerca di un’etica globale

«La ricerca di un’etica globale è inseparabile da un’esperienza di trasformazione interiore, che comporta l’allontanamento da mali sia personali sia strutturali». E «poiché questa ricerca riguarda tutti», la conoscenza reciproca, la condivisione senza pregiudizi tra culture e religioni differenti «è indispensabile». Lo ha sottolineato il vescovo Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, intervenendo al secondo colloquio internazionale tra cristiani e taoisti, tenutosi dal 5 al 7 novembre a Singapore.

Accompagnato dal sottosegretario del dicastero, monsignor Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalage, il presule comboniano si trova in Asia per una missione che lo porterà anche a Bangkok per le celebrazioni del 230° anniversario del più sacro tempio buddista della Thailandia.

A Singapore i convegnisti si stanno confrontando sulle risposte taoiste e cristiane all’attuale crisi etica, sulla trasformazione delle istituzioni sociali e la necessità di una crescita spirituale, sull’interdipendenza di tutti gli esseri umani, sulla promozione di una società unita e armoniosa. Del resto, ha spiegato monsignor Ayuso, «nonostante le diverse visioni del mondo e i differenti percorsi spirituali, sia il cristianesimo sia il taoismo condividono un patrimonio di valori morali comuni». Al punto che «la saggezza religiosa e filosofica di entrambe le tradizioni ha contribuito a formare civiltà e culture». Anche perché, ha fatto notare, «il loro comune patrimonio morale deriva dalla legge naturale, che è inerente alla natura umana e quindi eticamente vincolante per tutti gli esseri umani, indipendentemente dalle convinzioni filosofiche o credenze religiose». E in proposito il relatore ha evidenziato come la Commissione teologica internazionale della Chiesa cattolica asserisca che «il cristianesimo non ha il monopolio della legge naturale».

Dopo aver illustrato il ruolo del dicastero vaticano istituito nel 1964 e richiamato i principi etici del taoismo esposti da Lao-Tzu nel Tao Te Ching, ovvero il «Libro della via e della virtù», monsignor Ayuso si è domandato perché il dialogo tra queste due realtà sia importante oggi, individuando una risposta nel fatto che tra le criticità riguardanti in particolare le generazioni più povere e quelle future, vi sono il cambiamento climatico, la mancanza di opportunità economiche e la disoccupazione, il terrorismo, la mancanza di istruzione, la tossicodipendenza e la tratta, la sicurezza alimentare e idrica, la corruzione, le minacce del terrorismo e del fondamentalismo, la violenza a sfondo religioso, le migrazioni, lo sviluppo di biotecnologie dannose come la manipolazione genetica e la clonazione. «Tutti questi problemi — ha affermato — trascendono i confini nazionali e quindi non possono essere risolti da nessun paese se agisce da solo». Mentre «le persone sono diventate consapevoli della loro grave responsabilità etica e morale di dover intervenire senza indugio per affrontare questa situazione».

Insomma il presule ha ravvisato la necessità «di un’etica globale che riunisca i valori e le norme universali che per secoli hanno formato il patrimonio dell’esperienza umana». E, ha concluso, «al centro di questo comune patrimonio etico c’è la regola d’oro: non fare a un altro ciò che non vorresti fosse fatto a te».

L’Osservatore Romano, 6-7 novembre 2018
[combonianum]