Mozambico: un dialogo (poco) inclusivo alla ricerca di una nuova cittadinanza

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Mercoledì 3 dicembre 2025
Dopo la crisi che ha travolto il Mozambico a seguito delle contestate elezioni di ottobre 2024, un gruppo di mediatori nazionali, guidati dal filosofo Severino Ngoenha, ha provato a ricucire lo strappo che si è determinato fra gran parte della società civile mozambicana e l’élite politica del partito al potere, il Frelimo. [
Credit photo: Pagina Facebook del Frelimo. Testo: Nigrizia]

Un compito arduo. Le due principali parti in causa non volevano saperne di parlarsi: da un parte lo stesso Frelimo col nuovo presidente Daniel Chapo. Dall’altra il principale candidato delle opposizioni, Venâncio Mondlane, con i suoi tanti seguaci fra i giovani.

Dopo alcuni incontri di mediazione, il risultato a cui si è giunti è consistito nel varo di una commissione. Questo organismo è guidato dall’esponente del Frelimo Edson Macuacua, e conta come vice presidente che è un membro del secondo partito più votato alle ultime elezioni, Alberto Ferreira di Podemos. L’obiettivo della commissione è ridisegnare l’ architettura costituzionale del paese.

Una lavoro complesso di cui si stanno occupando dieci commissioni tecniche. Le tematiche discusse vanno dalla riforma istituzionale a quella elettorale, dal sistema giudiziario all’ambiente, dalla difesa alle risorse naturali.

I punti critici 

L’ idea è includere quanti più soggetti possibili in questo tentativo riformista, compreso partiti senza rappresentanza parlamentare e società civile, diaspora compresa. Fino qui tutto bene, salvo due elementi che potrebbero inficiare questo complesso e lungo percorso.

Il primo è costituto dall’esclusione di Mondlane, e del suo nuovo partito, Anamola, fondato dopo il voto. Lasciar fuori Mondlane significa mettere da parte il contributo del principale rappresentante delle opposizioni. 

Per tutta risposta quindi, Mondlane ha avviato un parallelo processo di ascolto delle istanze popolari in tutto il paese. I risultati di questa operazione saranno consegnati a Edson Macuacua come contributo di Anamola al processo di riforme istituzionali.

Il secondo nodo riguardo il merito di ciò che stanno facendo le commissioni tecniche. A oggi si sono limitate a trattare dei “massimi sistemi”.  Questo significa che la dimensione dei diritti elementari di cittadinanza difficilmente verrà contemplata.

Non si capisce quindi come saranno implementate le forme di partecipazione diretta e popolare che oggi bussano alla porta di istituzioni al momento sorde a tali istanze. Oggi, queste sono infatti nulle.

La Costituzione prevede (art. 136) la possibilità del referendum che, curiosamente, si trova nel Titolo V della Magna Carta mozambicana (Organizzazione del potere politico), e non nel Titolo III, (Diritti, doveri e libertà fondamentali). Forse anche per questo la legge attuativa non è mai stata approvata, tanto che i cittadini mozambicani mai si sono pronunciati sui grandi cambiamenti del paese, neanche quando è stata approvata una nuova costituzione nel 1990 – che sostituiva quella di ispirazione socialista del 1975 – o quando sono stati firmati gli Accordi generali di pace a Roma nel 1992.

Inoltre, nella formulazione attuale, chi può, in ultima istanza, ricorrere al referendum è il presidente della repubblica. Si tratta forse di un unicum fra i paesi con regimi formalmente democratici, dato che toglie qualsiasi possibilità di iniziativa dal basso sui grandi temi della vita pubblica nazionale.

Grandi investimenti, poco ascolto 

L’altro momento in cui è previsto che i cittadini, in specifico le comunità, di solito rurali, siano formalmente chiamate a pronunciarsi in modo diretto è quando vi sono grandi investimenti in vista. Negli ultimi anni, questi ultimi si sono concentrati soprattutto in carbone, gas, terre rare, oro e altri preziosi. In nessuna circostanza le cosiddette “consultazioni comunitarie” si sono tradotte in un qualcosa di serio, capace almeno di condizionare in parte le modalità dell’investimento, sia pubblico che privato o misto.

Tali consultazioni – previste dalla legge sulla terra del 1997 e da un suo decreto attuativo del 1998 – hanno avuto, come risultato finale, l’espulsione di intere comunità dai propri territori. Non mancano certo gli esempi: la miniera di carbone della brasiliana Vale a Tete, oggi nelle mani dell’indiana Vulcan; il sito di estrazione delle terre rare dell’irlandese Kenmare a Moma (provincia di Nampula); la miniera di rubini a Montepuez (Cabo Delgado), con l’anglo-mozambicana Gemsfield a fare da capofila e il figlio dell’ex “padre della patria” Samora Machel, Samora Machel Jr, come socio mozambicano principale.

Da quanto si osserva al momento, appare difficile che la commissione possa affrontare il tema del diritto a permanere nei territori di popolazioni che vi risiedono da anni, o di un’equa compensazione da corrispondergli per aver dovuto lasciare le loro case. 

Infine, un ultimo elemento riguarda i diritti del consumatore e le relative tutele. Tali diritti sono sanciti dall’art. 92 dell’attuale Costituzione. Tuttavia, la corruzione dilagante, insieme all’estrema inefficienza di chi fornisce servizi, sia di gestione pubblica che privata, fa della vita quotidiana del cittadino comune mozambicano un inferno.

E, nonostante l’art. 92 determini il diritto alla “riparazione del danno “ subito dal cittadino verso chi eroga un servizio pubblico, non c’è alcuna authority a cui rivolgersi affinché tutto ciò si concretizzi, salvo una discreta presenza dell’ombudsman (il difensore civico o Provedor de Justiça, nella versione mozambicana).

Le prospettive 

Il percorso di questo dialogo appare quindi accidentato già in partenza, una fotografia della reale divisione del paese. La sintesi di questo processo costituirà un compito di estrema difficoltà. Va poi notato che i risultati delle consultazioni dovranno comunque passare per l’ approvazione di un parlamento scarsamente legittimato, venuto fuori da elezioni contestate e con maggioranza assoluta del Frelimo.

Insomma, il rischio che la montagna partorisca il topolino è elevato. Sullo sfondo poi, preoccupanti scenari di nuove violenze, soprattutto in vista del biennio elettorale 2028-2029.

Il dialogo per le riforme, in definitiva, oltre che poco inclusivo sembra anche incapace di affrontare alcuni dei nodi centrali del paese, fra cui la partecipazione diretta dei cittadini in processi decisionali importanti o l’effettivo coinvolgimento di singole comunità, così come migliorare i diritti più elementari di cittadinanza.

La strada è lunga e complessa, e la scarsa volontà di dialogo fra Chapo e Mondlane costituisce la rappresentazione plastica di forze contrapposte e inconciliabili: da un lato, chi intende continuare con la governance elitaria e refrattaria a qualsiasi innovazione (Chapo e il Frelimo), dall’altra chi sta cercando di interpretare le nuove istanze di partecipazione e di attivismo popolare (Mondlane e Anamola), scalzando una vecchia guardia a cui la comunità internazionale, fino a oggi, non ha mai voltato le spalle.

Luca Bussotti – Nigrizia