Mozambico: il conflitto si estende sempre più alla provincia di Nampula

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Venerdì 5 dicembre 2025
La provincia di Nampula è sempre di più uno dei fronti del conflitto fra esercito e milizie che si dichiarano jihadiste che da otto anni colpisce il nord del Mozambico. L’epicentro storico delle ostilità è Cabo Delgado, la provincia ricca di gas naturale e rubini che segna il confine con la Tanzania, nell’estremo nord del paese. [Nigrizia]

Negli ultimi mesi si è assistito a una drammatica escalation dei gruppi armati nel distretto di Memba, nella zona nord della costa di Nampula, a meno di 80 chilometri dal confine nord con Cabo Delgado. La violenta attività dei miliziani ha avuto gravi conseguenze dal punto di vista umanitario. Una situazione che richiede una riflessione urgente da parte della società mozambicana e della comunità internazionale.

Gli attacchi recenti, in particolare a metà novembre scorso, hanno causato lo sfollamento forzato di decine di migliaia di persone: 71.983 secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). Un dato che evidenzia il grado di disgregazione sociale e disperazione della popolazione locale.

Storia degli attacchi e rinascita del terrore a Memba

La recente crisi nel distretto di Memba va collocata in un conflitto più ampio che affligge il Mozambico settentrionale dal 2017. Una guerra segnata dalle azioni di gruppi armati non statali associati a reti estremiste internazionali.

Il fenomeno, cominciato a Cabo Delgado, è il risultato di una complessa combinazione di fattori: povertà strutturale, profonde disuguaglianze, assenza cronica dello stato nelle aree rurali, frustrazione giovanile di fronte alla massiccia disoccupazione e sfruttamento delle vulnerabilità religiose.

Il ruolo del gas naturale e l’addio di Londra

La scoperta di risorse naturali come rubini e gas naturale, lungi dal generare benessere locale, ha aggravato le tensioni sociali e frustrato le aspettative, che sono state strumentalizzate dai gruppi ribelli per attrarre giovani emarginati.

La situazione è tanto complessa da essere sotto i radar di vari governi internazionali e numerose organizzazioni non governative mozambicane e straniere. Anche la pressione di queste realtà ha sicuramente contribuito alla recente decisione dei governi britannico e olandese di sospendere il loro sostegno finanziario al più grande progetto di sfruttamento di gas naturale presente a Cabo Delgado, con capofila la multinazionale francese dell’energia Total. Si parla di un impegno economico che si aggira attorno ai 2,2 miliardi di dollari. 

Il conflitto aveva spinto la società transalpina a bloccare l’iniziativa per “forza maggiore” nel 2021. Total ha deciso il mese scorso di riavviare il progetto e di rinegoziare con Maputo costi e tempistiche. L’iniziativa, Mozambique LNG, dovrà andare avanti adesso senza né Londra né Amsterdam. 

Il segretario di stato britannico per gli affari e il commercio, Peter Kyle, ha comunicato infatti che il governo britannico «ha valutato i rischi associati al progetto» e che ritiene che questi «siano aumentati dal 2020», anno in cui Londra si è impegnata a sostenere l’investimento. «Sebbene queste decisioni non siano mai facili, il governo ritiene che il finanziamento di questo progetto da parte del Regno Unito non favorirà gli interessi del nostro paese», ha concluso Kyle. 

La decisione è stata accolta con favore dalle organizzazioni che fin da subito si erano battute contro il coinvolgimento britannico, ma anche di altri governi e banche, come Friends of Earth e Reclaim Finance. Anche la realtà della società civile Justiça Ambiental Moçambique, che non ha ancora commentato, è in prima fila contro il progetto di Total. 

Cosa succede a Nampula 

Il conflitto in corso nel nord, caratterizzato da attacchi rapidi, distruzione di infrastrutture e terrore psicologico, si è progressivamente esteso ai distretti costieri di Nampula, e in modo particolare a Memba, causando massicci spostamenti di popolazione e un clima permanente di incertezza e paura.

È in questo contesto che le recenti violenze devono essere comprese: non come episodi isolati, ma come parte di una crisi prolungata e complessa che ancora non ha trovato una risposta strutturale efficace. Il distretto di Memba era già stato segnato dalla tragedia del 2022, quando i terroristi avevano invaso la Missione Comboniana di Chipene e assassinato la suora italiana Maria de Coppi, allora 83enne.

La missione era stata attaccata nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2022: oltre alla suora, altre due persone erano state decapitate. La comunità, composta da religiose e studenti del collegio, fuggì. Le autorità segnalarono anche l’incendio doloso della missione, la distruzione dei veicoli delle religiose e di un centro sanitario locale.

Quell’episodio, sebbene estremamente grave, fu interpretato come parte dell’ondata di violenza concentrata nella provincia di Cabo Delgado e scoppiata nel 2017. Tuttavia, con gli attacchi del 2025, l’espansione della violenza ai distretti costieri di Nampula è chiaramente evidente, uno sviluppo che non può essere ignorato.

Il 30 settembre e il 3 ottobre 2025, le amministrazioni di Lúrio e Chipene sono state prese di mira da nuove incursioni terroristiche. Il rapporto ufficiale del governo ha contato la distruzione di almeno 51 case, una chiesa e una scuola elementare. Tuttavia, la spirale di violenza non si è fermata qui.

Tra il 14 e il 17 novembre, nella località di Mazua, si sono verificati nuovi attacchi: quattro giovani sono stati uccisi, tre colpiti da arma da fuoco e uno decapitato, il tutto ripreso in video che sono poi diventati virali sui social media. Tuttavia, le autorità ammettono che, data la difficoltà di accesso a diverse aree e la scarsità di informazioni, il numero delle vittime potrebbe essere ancora più elevato.

Impatti sociali e umanitari

L’impatto di questi attacchi trascende le statistiche. Con quasi 72mila persone costrette a fuggire in pochi giorni, distribuite nei distretti limitrofi come Eráti e in altre destinazioni di emergenza, il tessuto sociale di Memba è stato scosso profondamente.

Le aree di accoglienza, come le sedi amministrative di Alua, Miliva e la scuola primaria di Alua Velha, hanno accolto migliaia di famiglie, molte delle quali vivono in condizioni precarie, tra sovraffollamento, servizi igienici inadeguati, insicurezza alimentare e un rischio costante di violenza di genere, reclutamento di minori e separazione forzata. 

La crisi strutturale che già segna la regione è aggravata dalla distruzione delle infrastrutture pubbliche – scuole, chiese, abitazioni – e l’interruzione di servizi essenziali come sanità e approvvigionamento idrico. I progetti pubblici previsti per il distretto sono stati sospesi a causa della persistente insicurezza. Le numerose donne e bambini sono esposti al rischio di sfruttamento, abusi e disperazione, uno scenario umanitario che richiede una risposta urgente e coordinata, basata sui principi della dignità umana e della giustizia sociale.

Una crisi che richiede risposte concrete

L’escalation di violenza a Memba rivela la fragilità di intere comunità di fronte a gruppi armati che operano impunemente. È imperativo che le autorità mozambicane, in collaborazione con le organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali, intensifichino la risposta: protezione degli sfollati, fornitura di alloggi dignitosi, accesso ai servizi di base, supporto psicologico e ricostruzione delle infrastrutture comunitarie, scuole, centri sanitari e alloggi.

Ma questo non basta. È urgente investire anche in meccanismi di prevenzione: rafforzamento della presenza statale, inclusione sociale, dialogo con le comunità vulnerabili, creazione di opportunità economiche, istruzione di base e sensibilizzazione comunitaria. Solo così sarà possibile ricostruire il tessuto sociale, recuperare la fiducia e prevenire nuovi cicli di violenza e sfollamento.

Tra lutto e speranza

La crisi a Memba è una ferita aperta nel corpo del paese. Ogni casa bruciata, ogni vita perduta, ogni famiglia divisa, rappresenta un fallimento collettivo: dello stato, della società, della comunità internazionale.

Tuttavia, anche di fronte a tanto dolore, c’è spazio per la speranza, a condizione che la risposta combini l’azione immediata con una strategia a lungo termine e, soprattutto, il rispetto illimitato della dignità umana. È su questa via di giustizia, solidarietà e ricostruzione che si trova la possibilità di trasformare il lutto in resistenza e la tragedia in rinnovamento comunitario.

Cantífula di Castro, da Anchilo (Nampula) – Nigrizia