In Pace Christi

Rizzato Antonio

Rizzato Antonio
Fecha de nacimiento : 13/09/1923
Lugar de nacimiento : Rottanova di Cavarzere (Venezia)
Votos temporales : 07/10/1942
Votos perpetuos : 07/10/1947
Fecha de ordenación : 06/06/1948
Fecha de fallecimiento : 19/12/2002
Lugar de fallecimiento : Milano/I

P. Antonio Rizzato era il più giovane di tre figli, una femmina e due maschi. Papà Giuseppe faceva il contadino in proprio e la mamma, Maria Paiola, era casalinga. In famiglia si viveva la fede e i ragazzi andavano tutte le mattine alla Messa. Fu proprio nell’ambito della parrocchia dove il piccolo Antonio venne in contatto con un Missionario Comboniano in occasione di una giornata missionaria. Ciò bastò per far scattare la scintilla della vocazione missionaria. Un nipote assicura che, già prima dell’incontro col missionario, lo zio si dilettava a scrivere nei suoi piccoli componimenti le avventure dei missionari che leggeva sul Piccolo Missionario o su La Nigrizia.

Dopo le elementari entrò nel seminario comboniano di Padova per le medie, accolto da P. Alceste Corbelli, e poi passò a Brescia per il ginnasio sotto la guida di P. Giovanni Battista Cesana. Dai registri conservati nell’archivio di Brescia si può constatare che Antonio era un giovinetto impegnato nello studio e nella preghiera, generoso con i compagni, rispettoso con i superiori ed entusiasta della sua vocazione. Anche i voti scolastici sono belli, segno che, oltre all’intelligenza, c’era anche l’impegno.

Il 16 settembre 1940 entrò nel noviziato di Firenze. Suo padre maestro fu P. Stefano Patroni il quale trovò il nuovo venuto “un po’ meticoloso ed esagerato nella pratica della virtù agitandosi quando le cose non vanno a modo suo. Lavora con vero impegno ed osserva le Regole. Varie volte ho dovuto riprenderlo per il suo raccoglimento esagerato che lo mette in agitazione”. Guardando la vita di P. Antonio, dobbiamo ringraziare il suoi primi formatori (Corbelli, Cesana, Patroni) che furono uomini di primo piano, missionari che sapevano instillare la fede e le virtù missionarie nei giovani loro affidati.

Uno sguardo alla sua anima

Il 7 ottobre 1942 emise la prima professione. Nella domanda dei voti e in quelle successive per il rinnovo possiamo vedere i sentimenti di questo nostro confratello: “So bene che chiedendo di emettere i voti non chiedo di fare una vita comoda perché Gesù ha detto: ‘Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua’. Se questo vale per tutti i cristiani, vale ancora di più per un religioso, un missionario, per me…”(22.06.42). “Io mi trovo molto contento. Il mio animo è in pace; sono svaniti anche quei turbamenti che durante il noviziato tante volte tentavano di togliermi la tranquillità. Ed ora sento in me la volontà decisa di continuare nella via indicatami da Dio…” (31.07.43). “La professione religiosa è una professione di santità. Con nuovo slancio voglio esprimere al Signore la mia risoluzione di servirlo con fedeltà. Sinceramente quando penso alla mia vocazione, mi sento spinto alla virtù per la maggior gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Ma tante volte, nella pratica, la mia vita non corrisponde a quegli ideali di santità. Riconosco in ciò Dio che mi umilia, perché egli resiste ai superbi. Allora io mi rivolgo con insistenza e fiducia alla Madonna specialmente con la recita del rosario…” (10.08.44). “Dio e la Vergine mi hanno condotto per mano. Non ho parole per ringraziarli…” (15.12.44). “Dio è la mia forza. Il ricorso costante alla preghiera mi ha messo in cuore un coraggio grande. Io sono chiamato ad essere luce del mondo e sale della terra…” (31.08.45). “In questo ultimo periodo ho esperimentato un po’ il mondo e ho capito ancora di più che la mia vita, sia pur seminata di croci, è quella religiosa. Sento sempre più la gioia di servire il Signore nella pace del cuore” (30.07.47). “Sono contento del passo che, per infinita misericordia del Cuore di Gesù, mi accingo a fare, accompagnato e sostenuto dalla Madonna”.

Dopo i voti a Firenze passò a Verona, poi a Venegono, quindi a Rebbio per lo scolasticato (per causa della guerra la casa di Verona ad un certo punto venne evacuata). Nello scrutino per l’ordinazione sacerdotale P. Agostino Capovilla scrisse: “Capacità buona, diligente, pietà sentita, costumi illibati, buona volontà. Mostra desiderio sincero e risoluto di diventare sacerdote e missionario. Gli insegnati sono contenti. Ritengo che possa essere presentato agli Ordini”. Negli anni in cui fu a Verona frequentò il corso di infermiere e di aiutante di sanità nel Regio esercito italiano conseguendone il diploma. Fu ordinato sacerdote a Verona il 6 giugno 1948.

Economo e animatore missionario

Dopo l’ordinazione P. Antonio fu inviato a Carraia come economo. I tempi erano durissimi in quel dopoguerra in cui mancava tutto. P. Antonio, vedendo che la cassa dell’Istituto era vuota e non c’era niente da amministrare, comprese che se voleva far trovare qualche cosa nel piatto ai seminaristi, doveva diventare… questuante. E cominciò a battere le parrocchie in cerca di giornate missionarie che lui stesso predicava, facendosi aiutare da altri confratelli. Così, tante piccole gocce messe insieme, consentivano alla comunità di andare avanti.

E’ interessante il giudizio di P. Emilio Ceccarini, allora superiore dei piccoli seminari d’Italia:

“Ottimo e zelante, eccessivamente minuzioso e preciso. Socievole, ma duretto. Non conosce ostacoli alla propaganda, pronto ad affrontare chiunque con faccia tosta e con bel garbo. Non si risparmia, nonostante la sua salute. Intelligente e furbo”.

Questo giudizio formulato da una persona qualificata qual era P. Ceccarini, segnò il novello sacerdote per tutta la vita: avrebbe fatto quasi sempre l’economo, l’amministratore e il predicatore di giornate missionarie. Infatti, dopo Carraia, andò come economo nel noviziato di Firenze (1950-54) e qui si fece le ossa per diventare, negli anni 1954-64, economo provinciale a Verona. Dal 1964 al 1970 fu economo locale a Roma, nella curia generalizia, e animatore missionario (cioè predicatore di giornate missionarie). Dal 1970 al 1975 fu nominato procuratore delle missioni. Cioè aveva l’incarico specifico di mandare gli aiuti economici alle varie missioni in necessità. Per non dire di no a qualcuno, moltiplicò i suoi viaggi in tutta Italia per cercare e predicare giornate missionarie. Si può dire di lui ciò che Comboni ha detto di se stesso: “Abbiamo lingua per parlare, penna per scrivere e faccia tosta per subire delle ripulse”.

Non solo amministratore

Sono moltissimi i confratelli che hanno conosciuto P. Antonio perché è rimasto in Italia 28 anni dopo la sua ordinazione sacerdotale. Tutti possono testimoniare la grande bontà e lo spirito di allegria che caratterizzava questo confratello. Dopo una giornata passata a far conti e a mandare aiuti alle varie missioni, alla sera diventava un imbattibile giocatore a ping-pong o a carte. Attorno a lui si formava il capannello dei tifosi. P. Antonio aveva una battuta per tutti per cui quell’ora di ricreazione diventava veramente una ricreazione.

Quando la televisione cominciò a catalizzare i confratelli, P. Antonio andava in giro a cercare concorrenti da sfidare. “Lascia perdere quella televisione che ti istupidisce e vieni a fare una partita con me”, diceva.

I confratelli ricordano anche il suo spirito di preghiera, la sua puntualità alle pratiche comunitarie e la sua disponibilità per il ministero.

“Ritengo P. Rizzato un religioso esemplare in tutto – scrisse P. Giovanni Audisio. – Quantunque si applichi con impegno al suo compito di economo, è ben fondato nella pietà alla quale dedica un buon tempo”.

Quando andava a predicare le giornate missionarie, se poteva portava con sé qualche studente: “Così impari come si fa” diceva un po’ per scherzo, ma intanto insegnava quell’arte sul serio.

Missionario in Messico

Il 15 gennaio 1976, P. Tarcisio Agostoni, Superiore Generale, scrisse a P. Antonio in questi termini: “Come dai nostri colloqui, vengo con questa mia lettera a darti la destinazione ufficiale per la provincia del Messico. In occasione di questa lettera voglio dirti, caro padre, tre pensieri:

a) un pensiero di ringraziamento per tutto il lavoro che hai fatto dalla tua ordinazione in poi per l’Italia e per l’Istituto. Credo che questa sia la voce unanime del Consiglio Generale, di tutti i confratelli e di quanti hanno seguito il tuo lavoro nel quale, secondo il tuo carattere e le tue possibilità, sei riuscito in modo meraviglioso. Questo lo hai visto non come una realizzazione personale, ma come tuo contributo allo sviluppo dell’Istituto e dei Missionari Comboniani. È un ringraziamento cordiale e sincero, da parte di tutti.

b) Riconoscimento: non è facile trovare chi, alla tua età, cambi il lavoro che ha sempre fatto, non solo, ma anche quel tipo di cultura nel quale ha lavorato. La tua accettazione gioiosa di andare in Messico è di esempio per i confratelli e di conforto per i superiori.

c) Sentimento di augurio: augurio per il tuo futuro campo di lavoro. Tra le altre doti che hai dimostrato in questi anni di lavoro ha avuto risalto la tua dedizione senza riserve e la tua vita consacrata vissuta senza equivoci. La tua fede, poi, ti darà sempre l’argomento della speranza nella Provvidenza. Tu parti perché i superiori ti mandano, secondo la caratteristica dell’Istituto. Il mio miglior augurio per te è che Dio ti sia sempre luce e calore nei futuri anni della tua vita religiosa, missionaria, sacerdotale”.

Questa lettera è importante perché, successivamente, altri tre Superiori Generali esprimeranno lo stesso giudizio nelle ulteriori tappe della vita di P. Antonio.

Il 1° luglio 1976 P. Antonio partì per il Messico e fu destinato alla missione di Virgencitas come addetto al ministero. In realtà doveva apprendere la lingua, cosa che fece in un tempo relativamente breve, data la sua età di 53 anni. Rimase in quella missione per 5 anni. Furono i più belli della sua vita missionaria, anche perché furono… gli unici, nel senso che già nel 1981 dovette andare a Città del Messico per riprendere in mano i registri. Infatti fu nominato economo provinciale del Messico.

Il superiore provinciale del Messico, commentando il lavoro di P. Antonio alla Virgencitas, scrisse: “Ha lavorato con entusiasmo e la sua presenza in seno alla comunità religiosa e a quella dei cristiani è stata molto apprezzata. Ha avuto qualche difficoltà di salute, però i dottori sono riusciti ad aiutarlo a superare i problemi della pressione e del cuore”.

Guatemala, via Roma

Lo spirito di disponibilità di P. Antonio venne messo nuovamente alla prova quando ricevette dai superiori l’invito di tornare a Roma per ricoprire l’incarico di procuratore provinciale e di responsabile dell’Ufficio viaggi. Egli, senza battere ciglio, riprese il posto che aveva occupato antecedentemente e riprese il suo lavoro che non si limitava solo ad amministrare il denaro, ma andava a cercarlo con le solite giornate missionarie.

A questo punto venne in campo una nipote di P. Antonio la quale gli disse che lo avrebbe visto più volentieri in un territorio di missione che non alla scrivania di un ufficio. Quando P. Antonio parlò di questo a P. Francesco Pierli, Superiore Generale, questi gli rispose: “Per me è stato molto positivo che tua nipote ti abbia incoraggiato a partire. Questi laici alle volte hanno delle intuizioni che ci edificano; comprendono la eroicità della nostra vocazione e vogliono aiutarci a viverla senza aver paura… Ti assegno, perciò, alla delegazione del Centroamerica”.

P. Antonio partì e, in data 8 novembre 1991, ricevette la nomina di economo dell’incipiente delegazione centroamericana. Pareva un destino che ovunque andasse ci fossero dei conti da mettere a posto. Egli non si sottrasse a quel lavoro persuaso com’era che, ogni cosa fatta per la missione, era missione.

In Guatemala P. Antonio ebbe un infarto che, fortunatamente, riuscì a superare. Ma quando nel settembre del 1993 dovette tornare in Italia per il raduno degli economi dell’Istituto, il suo superiore scrisse al Superiore Generale che avesse cura del confratello perché “da quando ha avuto l’infarto non è stato più bene nonostante la sua attenzione nell’eseguire le prescrizioni mediche. Noi siamo riconoscenti e ammirati per la sua disponibilità ad aiutare le nostre opere e per quanto ha fatto per il Centroamerica. Egli desidera ritornare al più presto perché vede che i bisogni sono tanti, ma prima deve rimettersi bene”. Dopo qualche mese di cure a Verona, P. Antonio poté tornare al suo lavoro in Guatemala. E così si arrivò fino al 1997.

La salute non funzionava più per cui dovette rientrare in Italia. Andò a Cordenons come addetto al ministero, per quel poco che riusciva a fare. Due anni dopo, nel 1999 fu ricoverato al Centro Ambrosoli di Milano. Qui tirò avanti ancora fino al 19 dicembre 2002 quando sorella Morte venne a prenderlo per introdurlo nella casa del Padre.

P. Antonio resta un modello nella storia dell’Istituto Comboniano. Fino all’ultimo, quando gli ricordavano le giornate missionarie, il suo volto si illuminava. Il suo apporto fu determinante per la costituzione del segretariato generale delle missioni, particolarmente dal punto di vista economico. L’energia di P. Antonio era inesauribile, il suo entusiasmo contagioso e il suo zelo senza confini.

P. Antonio è stato un modello anche nella vita comunitaria. Abbiamo già accennato alla sua capacità di coinvolgere la comunità nella fraterna ricreazione che doveva smussare gli inevitabili stress della giornata. Ma anche in missione, ogni settimana ritagliava un po’ del suo tempo per andare con i confratelli lungo i torrenti a pescare le trote e a fare delle gran grigliate in un clima di schietta cordialità e di carità fraterna. Le sue battute umoristiche e le sue facezie facevano il resto.

Ora riposa nel cimitero di Brandizzo, Torino, accanto ai suoi familiari e parenti.            P. Lorenzo Gaiga, mccj

 

Fr. Antonio Rizzato died peacefully in the C.A.A. of Milan on 19 December 2002, after a life spent working in missionary animation for which he shall remain a model in the history of the Institute.

A few days before his death, two confreres who knew him well went to visit him. When they reminded him of the days of their mission appeals, his face lighted up and he was deeply moved. At their request he blessed them in silence. Symbolically, it was his farewell to the Institute.

He had joined it still as a boy when he had entered the minor seminary of Padova, welcomed by Fr. Alceste Corbelli. After those first years, he went on to Brescia with Fr. Giovanni Battista Cesana. Admitted to the novitiate in Florence on 16 September 1940, he had as novice master Fr. Stefano Patroni. Undoubtedly his basic formation was imparted by great teachers, whose witness and missionary experience they had accumulated was being transmitted to the many young people who in those years were entering the Institute.

He made his first vows on 07 October 1942. He did his scholasticate at Verona, except for a short spell at Rebbio due to the war. He began his request to be admitted to the priesthood thus: “Here I am at the last request, at the crowning of my thirteen years of formation…” He was ordained on 06 June 1948, thirteen years after entering the seminary at Padova in 1935, at the age of 12.

From 1 July 1948 Fr. Antonio was at Carraia as local bursar. It was the beginning of his specific service into which he put all his intelligence, spirit of sacrifice and true missionary ideals following the example of Comboni. He was later provincial bursar in Verona (1954-1964) and in Rome with the Curia (1964-1975). For the next six years he was in the same community, but in charge of missionary animation as well as of the central procure for the missions. It was in those years that the general secretariat for the missions was started. His contribution has been a wide-ranging one to the advantage, practically, of all the missions. He appeared to have an inexhaustible energy and a contagious enthusiasm, especially with the scholastics.

When after many years the superiors proposed to him to go to the missions, he answered with generosity. We may mention two quotations from the letter of the Superior General, Fr. Tarcisio Agostoni: “It is not easy to find someone at your age willing to change the work he has always been doing and also the cultural environment and the country he has been serving for many years. Your joyful acceptance to go to Mexico… is of great comfort to me and to the members of the General Council… Thanks especially for all the work you have done since the time of your ordination for the Italian province and for the whole Institute. I believe this to be the unanimous feeling of the General Council, of all the confreres and of those who have followed your work, in which, in line with your character and ability, you have succeeded very well: and this you have seen not as a personal fulfilment, but as a contribution to the development of the Institute and of the missions. All of us thank you wholeheartedly and most sincerely.” It is important to underline such words because, later on, three other Superior Generals expressed the same kind of judgment about his service.

In Mexico Fr. Antonio had a truly pastoral experience (01.07.1976 - 30.06.1981) which the provincial, Fr. Jaime Rodríguez Salazar, summarised in the following words, “Fr. Antonio goes on home-holidays after his normal time of missionary work in our urban mission of “Virgencitas”, diocese of Netzahualcoyotl, Edo. de Mexico. He has worked with enthusiasm and his presence in the religious community and among the Christians has been very much appreciated.” Back in Mexico, after his holidays, he was made provincial bursar (1981-1984). In the meantime his health was beginning to give worrying signs, so he returned to Italy where he was made provincial procurator (1984-1991). After sometime he found enough strength to leave for Centramerica where, in the newly started delegation, he was made bursar (1991-1996). Assigned again to the Italian province, we find him at Cordenons (1997-1999) engaged, as far as his health allowed him, in pastoral work.

He passed his last years in the community of the C.A.A. in Milan. In his mind he kept remembering and going over the years he spent in missionary animation, the confreres he had met or worked with, the events he had gone through in the missions: this gave purpose to his life, interrupted only by the usual evening card game, when he did always his best to win.

Now that he has reached his heavenly goal, he leaves us as his testament an example of genuine Comboni identity and of fidelity till the end.

Da Mccj Bulletin n. 220 suppl. In Memoriam, ottobre 2003, pp. 9-16