In Pace Christi

Baiani Samuele

Baiani Samuele
Fecha de nacimiento : 10/06/1923
Lugar de nacimiento : Valle San Giovanni (TE)/I
Votos temporales : 07/10/1944
Votos perpetuos : 23/09/1949
Fecha de ordenación : 03/06/1950
Fecha de fallecimiento : 18/07/1994
Lugar de fallecimiento : Teramo/I

Papà Domenico era contadino e mamma Annafelice Di Pietro casalinga. Tutti e due "ottimi cristiani e veri praticanti", come scrisse il parroco di Valle San Giovanni.

La famiglia Baiani era costituita dai genitori e da quattro figli: tre femmine e un maschio.

Terminate le elementari, Samuele si iscrisse alla scuola media con il proposito di diventare maestro. I genitori, infatti, ci tenevano che il loro unico figlio maschio diventasse "qualcuno" nella vita.

In paese, intanto, arrivarono i missionari di Sulmona per tenere una conferenza ai ragazzi del Circolo, accompagnata da proiezioni sulla vita dei missionari in Africa. E Samuele decise che avrebbe battuto la strada delle missioni africane. Ma la notizia in famiglia fu motivo di un certo batticuore. "Abbiamo solo lui che porterà avanti il nostro nome", obiettarono i genitori. "Se il Signore lo chiama davvero, non si può dire di no", rispose il parroco. "Bisogna vedere se il Signore lo chiama", fece eco il papà.

Nella nota presentata ai superiori di Sulmona, in data 2 luglio 1937 (Samuele aveva 14 anni compiuti) è scritto: "Ha frequentato la prima magistrale inferiore".

Il parroco aggiunse che "il giovinetto si accosta ai santi sacramenti una volta ogni 15 giorni, e più volte e in molte occasioni ha espresso il suo più vivo desiderio di farsi missionario".

Poco dopo Samuele era nella scuola apostolica di Sulmona, quindi passò a Brescia per il ginnasio e a Firenze per il noviziato. Era il 24 settembre 1942. Samuele aveva 19 anni, quindi, rispetto ai suoi compagni normalmente più giovani, faceva la figura dell'anziano. Un motivo di più per dare buon esempio.

Samuele era un tipo fantastico, entusiasta, stravagante, mezzo genio e mezzo poeta, portato a lunghissime chiacchierate, sempre desideroso di tenere allegra la compagnia che gli stava intorno... Notevoli doti che, però, sconfinavano con altrettanti notevoli difetti.

Fortunatamente trovò come p. maestro quel sant'uomo di p. Patroni che sapeva scrutare l'intimo delle persone senza fermarsi alla corteccia.

"Manifesta gran buona volontà nel suo lavoro spirituale, però parte dei suoi sforzi sono frustrati dalla irriflessione e leggerezza. E' molto schietto e sa riparare con generosità le sue mancanze; accetta con docilità e profitto le frequenti sgridate che riceve. Come carattere, oltre che leggero, è impulsivo e sventato".

Durante il noviziato, Samuele fu colpito da una strana forma di dissenteria che lo portò in fin di vita. Quando già si disperava di lui, ecco la ripresa grazie, assicurava, alle fervide preghiere indirizzate a mons. Comboni da parte dagli altri novizi. Scherzosamente aggiungeva che quella strana malattia gli era stata causata dallo sforzo fatto per scalare il monte santo della perfezione religiosa. In realtà era l'ombra della croce che, più o meno, accompagnerà sempre il cammino terreno del nostro confratello. E' un fatto, tuttavia, che la prova lo aiutò a migliorare se stesso. Alla fine del noviziato, il p. maestro scrisse: "Ha raggiunto dei progressi insperati nel suo lavoro spirituale. E' più raccolto e riflessivo nel suo agire, sa imporsi delle piccole mortificazioni per riparare le mancanze commesse, è docilissimo agli ordini dei superiori. Le sue frequenti mancanze alle regole dipendono più da leggerezza che da malizia. Ama fare il buffone per tenere alto il morale dei compagni. Sarà un missionario col quale tutti vorranno vivere. Se continua così farà un'ottima riuscita".

Il 7 ottobre 1944 emise la professione religiosa e passò a Verona per lo scolasticato filosofico e a Venegono Superiore per gli ultimi anni di teologia. Venne ordinato sacerdote a Milano il 3 giugno 1950.

Come un tornado

Dal 1950 al 1957 p. Baiani fu a Sulmona come propagandista. In questo incarico poté liberare tutta la sua fantasia e la sua intraprendenza. Uomo che non badava a sacrifici, si sottoponeva a marce forzate per raggiungere i paesi più lontani in modo da contagiare africanamente quanta più gente potesse.

Approfittava dell'occasione per rivolgere ai ragazzi l'invito di Gesù: "Vieni e seguimi". In bicicletta, in moto, ma più spesso con i mezzi pubblici si portava dietro la pesante valigia dei libri e della stampa missionaria e via, chiedendo ospitalità ai parroci, mangiando come e quando poteva, inventandone sempre di nuove per mettersi in onda con i ragazzi e per coinvolgere più benefattori possibile.

E' incredibile la simpatia per l'Istituto e per le missioni che ha saputo suscitare tra i parroci della zona in quei sette anni di attività. P. Baiani, così allegro, così estroverso, eppure di una profonda spiritualità e di uno spirito di sacrificio a tutta prova, sapeva farsi ben volere da tutti.

Dimostrò anche di saper organizzare i ragazzi in modo da mettere in piedi commedie, farse, operette, gare di barzellette e di scherzi... per cui la vita di seminario diventava allegra e non si poteva certo dire che tra quei ragazzi regnasse la malinconia.

Il motore di tutto era un entusiasmo grandissimo e sincero per la vita missionaria che il Padre coltivava in cuore e riusciva a trasmettere agli altri.

America

Dopo un anno a Londra per apprendere l'inglese (1957-1958) e un anno a Bari come propagandista (1958-1959) attraversò l'oceano per finire a Montclair negli Stati Uniti sempre con il compito di propagandista, nel quale ormai aveva dato ampia prova di saperci fare. Vi rimase dal 1959 al 1961, rinnovando le prodezze compiute in Italia.

Ma il Padre sentiva il bisogno di dedicarsi anche al ministero diretto tra la gente, anche se mai venne meno questo aspetto durante le sue scampagnate propagandistiche, per cui, dal 1961 al 1967 (salvo qualche mese di vacanza in Italia nel 1966) ottenne di andare a Louisville come coadiutore nella chiesa del Cuore Immacolato di Maria.

In questo ufficio balza evidente un altro aspetto del carattere di p. Baiani: la capacità di fare amicizia con la gente. Era un uomo dedicato al ministero, sempre disponibile e pronto ad ascoltare, di giorno e di notte, senza manifestare sintomi di stanchezza, che alle volte erano evidenti. E alla gente non pareva vero essersi imbattuta in un sacerdote sempre pronto ad ascoltare, a consigliare, ad assolvere.

Drammaturgo e poeta

P. Paolucci ci ricorda con dovizia di particolari il dramma sulla Passione che il Padre scrisse, musicò e fece eseguire dai ragazzi neri. Fu un'opera che varcò i confini della parrocchia e che fu premiata al concorso dell'Ufficio Scolastico Diocesano. Il premio (300 dollari) fu inviato a mons. Dud in Sudan meridionale.

Il gruppo di piccoli attori riscosse applausi e simpatia ovunque si esibisse. E p. Baiani godeva, non tanto per se stesso, ma per la gioia che vedeva nei volti dei suoi ragazzi e per il bene che faceva tra la gente. Il gruppo degli attori si chiamava "Il carro di Tespi".

P. Camaioni ricorda drammi e poesie scherzose che il Padre confezionava a getto continuo per le diverse circostanze della comunità.

Per tutta la vita il suo destino fu quello di predicare giornate missionarie. La sua predicazione era spesso preceduta dalla fama dei suoi drammi su temi biblici che gli attiravano amici e ammiratori... e notevoli aiuti economici.

Ciò fino agli ultimi anni della sua vita. Per tutti ricordiamo la sua partecipazione al festival annuale dei Knights of Columbus di Montclair per aiutare il Sudan.

Dal 1967 al 1968 fu a Columbia, nuovamente come propagandista. (Nel 1964 aveva fatto parecchi giri di propaganda per raccogliere adesioni in vista della costruzione del nuovo seminario missionario a Columbia). Passò quindi a Iorkville (1968-1969) e poi a Cincinnati, nella parrocchia di San Michele (1969-1971).

Parentesi africana

Scherzosamente, ma con un fondo di verità, diceva di tanto in tanto:

"Se un comboniano non va in Africa, che missionario è?". Dai oggi, dai domani, i superiori lo accontentarono. Ed ecco che nel 1971 lo troviamo ad Aber, in Uganda, come "apprendista stregone", diceva lui. Dopo essersi impossessato discretamente della lingua, andò a Teboke come addetto al ministero diretto. Vi rimase fino al 1977. E con immensa soddisfazione sua e dei confratelli che vivevano con lui.

E' bene rilevare una cosa. Quando il Padre passò dall'Italia, per andare in Africa, aveva con sé una notevole somma in dollari che i fedeli d'America gli avevano consegnato per la sua missione africana. P. Baiani, però, depositò il denaro presso il p. generale autorizzandolo a spenderlo come meglio credesse.

P. Agostoni rispose: "Ho destinato la somma per l'acquisto di Land Rover per i nostri sacerdoti neri del Sudan meridionale. Ti ringrazio di cuore e auguro che il tuo esempio sia di stimolo a tanti altri missionari che talvolta non conoscono le necessità più estreme degli altri confratelli".

Un uomo per tutti le latitudini

Con le vacanze in Italia del 1977 esaurì l'assaggino africano e venne mandato a Napoli come animatore missionario (1977-1980). Furono tre anni di scorribande, sempre con il suo stile, per riallacciare vecchie amicizie e per farne di nuove, tutto a vantaggio della Casa di Napoli e delle missioni.

Dagli Stati Uniti lo reclamavano a gran voce. Si sentiva troppo la mancanza di un valido animatore. P. Baiani obbedì ancora una volta senza batter ciglio e partì. Yorkville (1980-1982), Monroe (1982-1984), Pala, California, (1984-1986), Montclair (1986-1991), Kitchener, Canada (1991-1992), Montclair (1992...).

Quasi sentendo prossima la fine della sua giornata terrena, chiese ed ottenne di tornare in Uganda. Andò a Lira. Gli pareva, così, di essere un vero missionario comboniano. E qui la sua salute cominciò a precipitare.

A considerare tutti questi spostamenti si deve concludere che p. Baiani era l'uomo per tutte le stagioni e per tutte le latitudini. Un cosa che stupì sempre i superiori fu la facilità, anzi l'allegrezza, con cui accettava i trasferimenti.

Fu superiore una volta sola e per poco tempo, a Santa Ysabel. Ma quello di superiore non era certo il suo mestiere e lui lo sapeva. "Come fa uno con la mia testa a fare il superiore?", diceva ironizzando su se stesso.

Amico dei superiori

Con i superiori p. Baiani ebbe sempre un rapporto cordiale, sereno, improntato a rispetto e amicizia. Nella sua cartella personale esiste solo una lettera scritta al p. generale, una sola e anche breve. Gliela scrisse quando, dopo la vendita della casa di Sulmona (che tanto stava a cuore al Padre) sembrava che i superiori, venendo meno alle promesse fatte prima dell'affare, si fossero dimenticati - come di fatto si dimenticarono - di acquistare una casa più piccola nella zona.

La lettera è così ricca di buoni consigli, che merita di essere riportata. Precisiamo che è senza data (ci mancherebbe che Baiani si fosse ricordato di mettere la data!), ma è certamente del 1987.

"Carissimo p. generale, dopo il nostro distacco strappacore, ero un po' scontento vedendoti non troppo entusiasta di Pescara. Poi ho pensato: Ma dove è scritto che uno deve essere sempre contento? Neanche Gesù era sempre contento. Guai a te, Corozaim, guai a te, Betsaida... Per cui sono ritornato contento appunto perché non sembravo contento.

Tu sei più giovane di me, per cui mi permetto di darti un fraterno consiglio per mostrarti che sono contento dei miei superiori.

Alcuni frati, piuttosto gaglioffi, fecero venire l'ulcera ad un povero provinciale della Toscana. Questi consultò il dottore e, siccome era uomo spirituale, consultò anche un contemplativo.

Costui gli disse che i più aggiornati teologi non erano ancora riusciti a dimostrare che il provinciale della Toscana fosse il Padreterno. Poi gli diede un consiglio che il povero ulceroso eseguì scrupolosamente.

Indisse un'assemblea generale e, quando tutti i frati erano riuniti, si presentò in mezzo a loro e, senza dire una parola, aprì uno scatolone a forma di cassa da morto e diede a ciascuno una tibia perché ogni frate avesse il suo osso da rosicchiare.

Poi, sempre dietro consiglio del contemplativo, andò a Tavernelle in pieno Chianti, dove un amico prete aveva una cantina ben fornita.

Ogni mattina, prima di aprire le lettere che i frati gli inviavano, beveva mezza bottiglia. Se le notizie erano confortanti, si scolava il resto, se brutte ne sturava una seconda.

Inutile dire che guarì dall'ulcera in pochi mesi. E' vero che la fece venire a tanti altri, ma lui si consolava col detto: charitas incipit a semetipso. Oppure con l'antico adagio: uniquique suum. Difatti gli altri si tennero l'ulcera e lui le bottiglie. Hai capito caro p. generale? Io, Occhio di falco, ho parlato. Aug!".

I fioretti di Baiani

La lettera che abbiamo appena riportata ci introduce nel tema "fioretti". Molte testimonianze sono pervenute anche sulle smemoratezze e le originalità di p. Baiani. Purtroppo dobbiamo conservarle nel cassetto per ragioni di spazio. Una, però, va riferita. Ce la racconta p. Meloni.

"Un sabato arriva p. Baiani alla stazione ferroviaria di Sulmona. Deve andare in Ciociaria per una giornata missionaria. Manca un quarto d'ora alla partenza del treno. Il Padre ne approfitta per fare quattro chiacchiere con Raffaele, il capo del personale. Entra nell'ufficio dell'amico, posa la valigetta e comincia la conversazione. D'improvviso Raffaele tace. Poi:

"Ma tu non dovevi prendere il treno per Roma? E' lì che già si muove!". P. Baiani schizza dall'ufficio, salta sul treno e via. Ma si è dimenticato la valigetta con il materiale per la Giornata.

Il lunedì seguente è di ritorno. Scende dal treno e s'infila nell'ufficio di Raffaele per continuare il discorso interrotto. E non accenna minimamente alla valigia. Alla fine Raffaele gli dice:

"Ma senti, come hai fatto a fare la giornata missionaria senza la tua valigia?".

"Ho ritrovato in parrocchia quella che avevo dimenticata l'anno scorso. Era ancora ben fornita di materiale".

Già il p. maestro aveva sottolineate le dimenticanze di Samuele. P. Giacomo Andriollo aveva annotato alla vigilia dell'ordinazione sacerdotale: "Preoccupa un po' la sua smemoratezza". P. Ceccarini aveva scritto: "Distrattissimo e dimenticone". Fortunatamente il Padre e i confratelli presero questa caratteristica come pretesto di svago e di allegre risate.

L'ombra della croce

P. Baiani ha avuto molto da soffrire a causa della salute. Tuttavia seppe sempre sdrammatizzare e cercò di non far mai pesare la sua situazione sugli altri.

"Nel 1968 - scrive p. Camaioni - ci trovammo insieme negli Stati Uniti. Una sera eravamo intenti a giocare una partita a carte quando squillò il telefono. Andò a rispondere proprio il p. Baiani. Tornò qualche minuto dopo e, senza dir nulla, continuò la partita.

Prima di andare a dormire, trovandoci noi due soli, gli chiesi chi avesse telefonato. E lui, con la massima semplicità, rispose:

'Mi hanno telefonato dall'Italia. E' morta la mia mamma'.

'Ma, Padre, perché non lo hai detto subito a tutti?'.

'Sì, forse avrei dovuto farlo, ma non volevo interrompere il gioco e la serena allegria dei confratelli'.

Nel corso della sua vita fu sottoposto a vari interventi chirurgici. Nel 1962 subì un doloroso intervento all'orecchio. Nel 1964 fu operato di ernia. Nel 1966 ebbe delle complicazioni alla vescica che si conclusero con un'operazione. Poco prima aveva subito un intervento al ginocchio... Il Padre affrontava queste operazioni con disinvoltura, anzi facendoci sopra dell'umorismo che serviva a nascondere la sua disponibilità all'accettazione della croce.

Tra i suoi dispiaceri ci furono anche la chiusura della casa in Georgia, nel 1970, e di quella di Yorkville nel 1982".

Un geniaccio santo

Scrive p. Alfredo Paolucci: "Baiani era un geniaccio e quando scriveva era pieno di reminiscenze classiche, greche e latine. Conosceva a fondo la letteratura classica italiana, dal lirico al drammatico, dallo storico al maccheronico. E poi era dotato di una fantasia sperticata.

Il Padre fece tesoro di questo dono per rappresentazioni a sfondo religioso sia in America come in Africa.

I riflessi della sua spiritualità si rivelavano nella sua visione dei Voti. Era nota la sua obbedienza da cui si lasciava spingere e, rifuggendo dai ruoli di autorità, sceglieva lo spirito di servizio puro e semplice. E lo faceva bene anche se alle volte, da distratto, pareva agire da autonomo e indipendente. Nel qual caso ritornava presto in carreggiata con umiltà e disponibilità. Non gli era difficile dire: 'Ho sbagliato'.

La sua spiritualità si manifestava nella sua interpretazione della povertà. Era potente nel raccogliere fondi per le missioni. E, senza darsi le arie, spesso depositava somme notevoli in comunità a servizio delle missioni.

Diceva che noi dobbiamo essere poveri per dare tutto ai poveri.

Il suo modo di vestire e di viaggiare riflettevano una povertà visibile. I suoi indumenti erano tolti dal mucchio che la gente offriva per i poveri, e raramente gli stavano bene addosso. Di questa trascuratezza di se stesso, per poter dare agli altri, numerosi sono gli episodi della sua vita".

Profumo di Cristo

Ma anche per quest'uomo, per questo missionario, stava per arrivare la sera della sua giornata terrena. Dimagrimento, debolezza, inappetenza fecero subito pensare a qualcosa di brutto.

Rientrato in Italia nel 1994 dall'Uganda, dove si era recato nonostante le sue non buone condizioni di salute, passò dal Centro Ammalati di Verona. Fu ricoverato in ospedale per episodi di ischemia cerebrale transitoria, prontamente trattata.

Poi, non esperimentando un miglioramento sostanzioso, volle andare nell'ospedale di Teramo, nella sua terra, dove aveva tanti amici.

E lì si spense il 18 luglio 1994 a causa di un tumore e di infarto. Il suo corpo risposa nel cimitero della sua parrocchia a Valle San Giovanni.

Non ha voluto fiori, chiedendo che il corrispettivo fosse inviato alle missioni. Cosa che si fece.

Alle esequie, il vescovo di Teramo ha detto tra l'altro: "Con la sua sincerità e buon umore portava a tutti l'ondata fresca del sacerdote, profumo di Cristo".

Ci auguriamo che l'entusiasmo per la vita missionaria, l'immensa capacità di comunicare, l'amore alle persone, la schietta vena di umorismo e la capacità di sorridere dei propri difetti, che hanno caratterizzato la personalità di questo nostro confratello, si riversino nel cuore di tanti comboniani, afflitti per le inevitabili contraddizioni che la vita quotidianamente presenta.       P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 186, gennaio 1995, pp. 75-81