In Pace Christi

Bevilacqua Giorgio

Bevilacqua Giorgio
Fecha de nacimiento : 14/06/1936
Lugar de nacimiento : Ancona
Votos temporales : 09/09/1961
Votos perpetuos : 09/09/1964
Fecha de ordenación : 20/06/1965
Fecha de fallecimiento : 21/12/1984
Lugar de fallecimiento : Roma/I

            Il 1984 fu un «segno» per la casa generalizia. Si aprì, infatti, con la morte di padre Zeziola, avvenuta improvvisamente mentre il Padre, appena rientrato dal Ghana, faceva la siesta pomeridiana. E si chiuse con l'altra morte, ancor più inaspettata, quella di padre Giorgio rientrato il giorno prima dall'Ecuador. Che cosa il Signore voglia dirci con questi avvenimenti è motivo di meditazione e di esame. Niente lasciava prevedere una fine così repentina, anche se l'aspetto di padre Giorgio era alquanto provato.

            «Sento nella testa il ronzio dell'areoplano ... Quindici ore sono lunghe .. . Mi ha sempre fatto questo effetto .. . Con una buona dormita tutto passerà ». Era il Giorgio faceto e allegro di sempre. Dopo aver salutato i superiori e i confratelli che lo avevano accolto con espressioni di gioia, telefonò alla mamma ultranovantenne che sapeva della sua imminente venuta in Italia. «Mamma, sono arrivato; questa volta vengo a passare il Natale con te. Aspettami. Sono a Roma. Tutto bene». La parrocchia era già in subbuglio per preparare un gran Natale con il suo missionario. Dopo cena andò in biblioteca a depositare alcuni libri sull'Ecuador. Fratel Salbego gli diede in cambio un paio di copie del fumetto su monsignor Comboni per i nipotini, e poi parlò ancora a lungo della sua attività missionaria. «Non so se parto domattina con il treno delle otto o con quello di mezzogiorno» disse a padre Leso. «Ma sì, riposati, ché il viaggio è stato lungo. A buon conto io ti metto i formulari che mi hai chiesto sotto la porta».

            Durante la mattinata il Superiore si accorse che i fogli erano ancora al loro posto, mezzo dentro e mezzo fuori, ma concluse che il Padre dormiva. Più tardi non capacitandosi che padre Giorgio fosse partito senza salutare, volle rendersi conto e picchiò all'uscio: nessuno rispose. Aprì. Il Padre giaceva supino, vicino al letto, i piedi uniti, le braccia ben composte lungo il corpo come uno che avesse avuto il tempo di stendersi a terra e di comporsi. La sera prima, quando lo scolastico Antonio Jerez, suo amico di missione in Ecuador, lo aveva accompagnato in stanza e gli aveva detto che nella camera accanto era morto padre Zeziola, padre Giorgio aveva risposto: «Non ho paura della morte; sono pronto ad accoglierla». Sul letto c'era la valigia aperta con la biancheria e gli effetti personali in buon ordine. Il Padre si era fatto la barba ed era in procinto di partire. Il medico ha dichiarato che si era trattato di un ictus cerebrale.

Doppia festa

            «Non conoscevo padre Giorgio, non ci eravamo mai incontrati - dice padre Leso, superiore della casa di Roma - io missionario in Uganda ed in Inghilterra, lui in Ecuador, ma ci fu subito simpatia. Mi edificano sempre questi missionari che, come lui, ritornano con la faccia un po' tirata dalle fatiche ed il volto smunto dal bisogno di riposo, ma sempre tanto entusiasti. «Starò pochi mesi, tanto per rifarmi e poi ritorno ... ».

            Quella sera, al suo tavolo, la cena si protrasse più a lungo e rivivemmo con lui la missione dell'Ecuador, la sua parrocchia, la sua gente... e il prossimo futuro. Neppure quindici ore e mi rivedo tremante ed annientato, inginocchiato a gridare Il suo nome per svegliarlo se mai fosse stato possibile: era freddo, era morto così improvvisamente e solo. In casa si stentò a rendersene conto e poi fu lo stupore, e la preghiera a Dio nella fatica di capire. In cappella già si radunavano amici, giovani studenti e confratelli nella gioia della ordinazione al Diaconato di Domingues e Tavares, due giovani comboniani; già la meravigliosa liturgia della consacrazione si svolgeva nella invocazione dei santi del cielo, mentre noi, assieme alle suore col cuore in tumulto, ricomponevamo la camera ardente ... «Santi e sante tutti di Dio, pregate per noi ... » e Padre Giorgio era con loro. Doppia festa, dunque, sulla terra e nel cielo. Ma con tanta angoscia nel cuore. Finalmente si era fatta calma. Mi ritirai nel silenzio della cappellina ad offrire la prima messa per lui con nel cuore forte la domanda: «Perché Signore?». Apro il Libro e leggo: «Dal Cantico ... Una voce! Il mio Diletto! Eccolo viene, saltando per i monti...». Era l'unica risposta ... perché lui ed il suo Dio si sono amati tanto. L'Eucaristia del sabato mattina ci ritrovò tutti assieme, ma presiedeva Giorgio dalla sua bara, col suo essere qui ed in cielo, con la voce del suo sacerdozio missionario fattosi eterno. E lo portammo a casa; abbiamo pianto e pregato insieme.       Sostituii Giorgio nel portare la comunione alla Mamma... Ed ora mi domando; «Ma lo abbiamo proprio perso?». Finché abbiamo giovani come lui da presentare a Dio, le missioni, la famiglia comboniana, la sua città, la famiglia e la mamma non perdono, ma guadagnano un forte ambasciatore presso il Padre».

All'ombra della parrocchia

            Padre Giorgio era nato ad Ancona il 14 giugno 1936 nella parrocchia dei SS. Giacomo e Martino. «Una bella famiglia cristiana di otto componenti compresi i genitori (il papà lavora nelle Ferrovie dello Stato) cresciuti tutti all'ombra della parrocchia, non tanto perché abitano vicino alla chiesa, quanto perché ne sono i più zelanti frequentatori. Stia pur certo, reverendo, che si tratta di una famiglia sanissima sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista morale. Gente robusta, semplice, laboriosa, come semplice, attivo, senza pretese è Giorgio che ho visto sempre sorridere, allegro, buono con tutti, comprensivo. Zelantissimo, è sempre stato un soggetto particolarmente incline alla pietà e di costumi illibatissimi». Così il suo parroco.

            Fin dai primi anni Giorgio dimostrò una straordinaria attitudine allo studio, favorito da un'intelligenza che i suoi educatori, in seguito, definiranno «superiore al normale». Frequentò il liceo classico poi si trasferì a Roma per l'Università. L'aria della capitale non modificò l'impegno spirituale del giovane universitario, semmai lo corroborò, lo rese più solido, più responsabile, più convinto. «Ha sempre spiccato per il suo carattere serio - scrive il parroco della parrocchia del Crocifisso di Ancona - e logico. In lui tutto è conseguenza di riflessione. Non ha mai agito a caso o per impulso. Anche la sua pietà si è sviluppata mano mano, e così pure la sua azione nell'ambiente della G .I.A.C. Giorgio è un giovane in cui sempre il cervello ha avuto la parte di protagonista assoluto. La ·sua stessa vocazione - se risulterà valida - ha percorso, credo, la strada del ragionamento ». Questa sua fredda razionalità gli renderà un tantino dura la vita comunitaria, come vedremo.

Una perdita o un guadagno?

            L'incontro con padre Mazzoni, allora incaricato vocazionale, mise in crisi il giovane studente il quale cominciò a frequentare saltuariamente i comboniani di Roma. «Prima di una decisione definitiva - gli disse padre Neno Contran, - sarà bene che tu termini gli studi» . All'impegno scolastico andava di pari passo quello spirituale e apostolico. Scrive padre Pio Parisi s.j. incaricato della cappella universitaria di Roma: «Giorgio ha lavorato con me, specialmente fra i ragazzi della Casa dello Studente, cioè i borsisti di fuori Roma che studiano in questa Università con notevolissimo impegno e serietà. Questo impegno apostolico ha fatto si che potessi avere con lui un contatto molto continuo e profondo che mi ha rivelato una sodezza di vita interiore assai grande, per cui dopo alcuni mesi pensai di parlargli della vita sacerdotale e religiosa. Mi pare che francamente abbia tutte le doti per affrontarla seriamente, sia sul piano intellettuale, sia per quanto riguarda il carattere e le virtù soprannaturali. Non penso che troverà grande difficoltà nell'osservanza dei voti, anche per quanto riguarda la castità. Mi permetto piuttosto di segnalare alcuni aspetti della sua personalità che penso vadano tenuti molto presenti nella formazione.

            È portato a fare le cose molto seriamente, il che è una buona cosa,. però penso che, se non è molto controllato, potrebbe - specie durante il noviziato - logorarsi con una eccessiva tensione interiore. Così mi sembra che debba essere aiutato a trovare un modo di fare con il prossimo, direi più benevolo in quanto, data la sua visione molto coerente della vita cristiana, qualche volta può essere poco comprensivo dei limiti degli altri. Ha grande spirito di sacrificio nell'aiutare il prossimo, ma non ha naturalmente una corrispondente benignità per cattivarsene sempre la simpatia. Nel suo ambiente mi pare che sia stimato e rispettato da tutti, anche dai contrari, ma non tutti hanno per lui uguale simpatia forse a causa del suo zelo alle volte troppo impulsivo. Se mi avesse parlato di entrare nella Compagnia di Gesù, non avrei affatto esitato a raccomandarne l'accettazione ai miei superiori. Rimasi contentissimo quando vidi che si orientava verso i comboniani».

            Giorgio era un ragazzo di carattere, tutto d’un pezzo, senza compromessi. Uno di quelli che, quando hanno messo mano all'aratro, vanno avanti senza voltarsi indietro. La laurea si avvicinava e il problema della scelta di vita si faceva ogni giorno più impellente. Le due cose messe insieme lo affaticarono un po'. «Di salute sto bene - scriveva il 23 luglio 1957 - anche se non sono eccessivamente robusto. Tuttavia non sono stato quasi mai ammalato. Ho avuto un po' di esaurimento a Natale dell'anno scorso, dovuto soprattutto alla crisi religiosa in cui ero entrato e che ho superato rapidamente. Ho qualche disturbo all'apparato digerente per cui consulterò un medico prima di entrare in noviziato».      Una volta presa là decisione di farsi comboniano, procedette senza tentennamenti. Il 6 luglio 1959 conseguì la laurea in Scienze Politiche con la tesi «Storia e istituzioni dei Paesi afroasiatici ». Il punteggio fu 30 e lode. «Ho già cominciato a pregare per quelli che saranno i miei «fratelli» . Chiedo di fare altrettanto per me ... Anziché il 24 settembre (1959), come mi indica padre Bano, entrerò il 23, arrivando a Gozzano con il treno delle 17.05. Non so se la Congregazione, accogliendomi, avrà un guadagno o una perdita. Io ce la metto tutta confidando esclusivamente nell'aiuto di Dio e nelle preghiere dei superiori e dei fratelli».

Missionario comboniano

            Era logico che un tipo come Giorgio affrontasse il noviziato con quella radicalità che era consona al suo temperamento. Il padre maestro si trovò subito nella situazione di colui che deve tenere il freno in mano. Il professor Stefani, visitando il giovane, aveva prescritto che per il disturbo intestinale mangiasse tanta frutta e verdura. «Posso chiedere al rettore del noviziato che questi cibi non manchino dai miei pasti o lei ritiene meglio che ci rinunci fin d 'ora? aveva scritto alla vigilia della sua entrata a padre Bano. Questi gli rispose immediatamente: «Caso mai mi dimenticassi io di segnalare la cosa al padre Maestro, ti faccio obbligo di coscienza di parlarne tu al suddetto, appena ti presenti a lui, se non il primo giorno, subito dopo, cioè il secondo ... Per così poco non vale la pena compromettere la tua vocazione». Giorgio però volle compensare quel privilegio con mille altre piccole mortificazioni per cui padre Cordero scriveva: «Impegno nella vita spirituale, moltissimo. Sforzo per migliorare il carattere, moltissimo. Percentuale di probabilità di riuscita, cento per cento».

            Dopo i voti, che emise il 9 settembre 1961, fu inviato a Roma per gli studi teologici presso l'Università Urbaniana. Giorgio procedeva spedito e contento. Ma dopo un anno fu inviato a Venegono dove i suoi compagni si preparavano al sacerdozio senza lauree. «Forse la vita in una piccola comunità non ti aiuta ad assorbire bene lo spirito della congregazione. A Venegono ciò ti riuscirà più facile. Padre Gasparini loda la tua pietà, la tua generosità nel compiere il dovere, l'assiduità allo studio, ma essendo entrato nell'istituto già adulto forse ti giova una vita comunitaria più stretta». Giorgio accettò di buon grado la decisione dei superiori e proseguì a Venegono gli studi teologici . Il 26 giugno 1965 venne ordinato sacerdote nel duomo di Milano.

In Ecuador

            Padre Cordero, maestro di Giorgio in noviziato, aveva detto che il giovane avrebbe fatto ottima riuscita come insegnante. I superiori inviarono il novello sacerdote a Barolo dove c'era una scuola apostolica. Oltre che assistente dei seminaristi, insegnò materie letterarie nella scuola media statale di Narzole. Dopo appena un anno di rodaggio, poté finalmente partire per la missione con destinazione Ecuador. Nel novembre del 1966 era a San Lorenzo come coadiutore. In poco tempo s'impadronì alla perfezione della lingua per cui fu tosto inviato a Limones come vice parroco e, nel febbraio del 1969 coprì l'incarico di vice rettore nel collegio di Esmeraldas. Era un lavoro impegnativo che gli si chiedeva dato che egli non era «tagliato» per stare con i ragazzi; tuttavia seppe portare avanti il suo compito brillantemente. Ma solo il Signore sa quanto gli sia costato questo adeguamento, dato che si trattava anche di ragazzi vivacissimi.

            L'esperienza con i giovani fu così positiva che, quando venne in Italia per le vacanze (1973) i superiori lo inviarono a Pordenone come formatore e animatore dei fratelli. Lavorò fino al 1975 con ottimi risultati lasciando in tutti il ricordo di un uomo di Dio. E non solo tra i nostri di casa. La nostalgia della missione era grande. «I vuoti nella missione di Esmeraldas mi pesano - scriveva al padre generale nel gennaio del 1974. - lo posso tornarvi. Il clima caldo di Esmeraldas mi fa bene alla salute. Ma soprattutto i gravi bisogni della missione mi spingono a scriverle».

            Dal primo marzo 1975 venne assegnato nuovamente all'Ecuador. Il 14 novembre 1976 ebbe la gioia di aprire, con padre Riva e fratel Benjumea, la parrocchia di El Carmen. Poi si buttò nel lavoro pastorale con l'entusiasmo di un novellino. Costruì la chiesa e diverse cappelle. La gente, così spontanea ed emotiva, venerava questo sacerdote del quale, in altri tempi, era stato scritto: «Logico, oltre che nel pensare, anche nell'agire». Padre Fantin ha detto: «Qui a El Carmen abbiamo fatto una solenne messa funebre alla quale ha preso parte una marea di popolo malgrado fossero passati quattro anni da quando padre Giorgio aveva lasciato la parrocchia. La gente lo ricorda molto. Egli si fece ben volere da tutti perché era il prete di tutti».

            Dall'80 all'84 fu incaricato della pastorale giovanile e dell'attività universitaria. Appena era stato elevato alla carica di Pro-Rettore della Pontificia Università Cattolica di Esmeraldas venne in Italia per il suo turno di vacanze e per fornirsi di libri e di materiale didattico. Aveva in mente grandi progetti. La Chiesa esmeraldegna riponeva in lui grandi speranze. I disegni di Dio erano diversi. «Mamma aspettami. Questa volta vengo a passare il Natale con te». La mamma se lo vide arrivare, ma in una cassa sigillata. E la festa del Natale si trasformò in un pianto prolungato, anche se confortato da una grande fede. Padre Giorgio aveva 48 anni.           P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 145, aprile 1985, pp. 83-87