Alle ore 2,30 di giovedì 13 settembre, padre Esposti si sentì male. Chiamati i confratelli, volle ricevere subito i sacramenti. Stava male da tanto tempo. Infatti, fu a causa della malferma salute che se ne andò nella casa di Gordola fin dal 1968.
Ma quella mattina si trattava di un malessere speciale.
«I sintomi erano di infarto - dice padre Vito Coser - per cui chiamammo subito l'ambulanza. Intanto il Padre si riprese un po'; tuttavia alle 3,45 era alla clinica Santa Chiara di Locarno. La dottoressa di turno notò la solita disfunzione cardiaca e gli somministrò qualche medicamento. Il malato si riprese ancora meglio.
E mentre parlava del più e del meno con la suora della notte e con la dottoressa, spalancò gli occhi ed emise un profondo respiro. In quell’attimo il cuore cessò di battere. Neppure il massaggio cardiaco ha potuto nulla. Il referto dice: «decesso per embolia».
Un prete tutto cuore
Nato a Vistarino in provincia di Pavia, padre Giovanni entrò nel seminario diocesano diventando sacerdote. L'ordinazione ebbe luogo a Pavia il 29 giugno 1937.
La vocazione missionaria non crebbe improvvisamente, ma fu frutto di molta preghiera e molta meditazione. Padre Orlando racconta un episodio che è molto significativo.
«Nell'anno 1945 mi trovai a passare da Pavia. Non sapendo dove andare a dormire, chiesi ospitalità in seminario. Come il rettore mi vide con tanto di barba, mi cacciò in maniera piuttosto brusca dicendo che per i vagabondi non c'era posto in seminario. Uscii mogio mogio, rassegnato a cercarmi alloggio in altra sede.
La sfuriata del rettore poco ospitale fece subito il giro del seminario. Ed ecco che, giunto quasi in portineria, un giovane sacerdote, provenendo da un'altra ala del seminario, mi si fece incontro buttandosi tosto ai miei piedi. Cominciò a piangere e a baciarmi le scarpe chiedendomi perdono per il comportamento del rettore. Insisté perché mi fermassi. Era don Esposti che copriva la carica di vice in una sezione del seminario».
Ho cantato il Te Deum
Margno, 11 agosto 1945.
«Amatissimo Padre, qui in Valsassina, dove mi trovo ospite di un confratello amico, mi è pervenuta la sua graditissima del 28 u.s. Lascio a Lei l'immaginare la mia felicità e la piena di affetti che fa ressa al mio cuore. Ho cantato il Te Deum con tutta l'anima ed ho offerto al Cuore Sacratissimo di Gesù e di Maria Santissima una santa messa in ringraziamento...
Ho subito scritto a padre Patroni, pregandolo di fissarmi al più presto possibile la data d'ingresso nell'Istituto, e al padre Todesco, cui ho comunicato la grande notizia, aggiungendo l'espressione della mia immensa riconoscenza per quanto ha fatto per me.
Il mio vescovo, monsignor Carlo Allorio, il quale tante prove mi ha dato della sua paterna predilezione, è pronto a fornire tutte le notizie richieste nei miei riguardi e le lettere dimissorie...
Non mi illudo circa le prove che mi attendono nel diuturno noviziato, ma nutro la certezza che il Cuore di Gesù, per le preghiere dei venerati Superiori e dei carissimi Padri e Fratelli compirà l'opera, conducendomi felicemente in porto...».
Questi sono alcuni brani dell'unica lettera scritta da padre Esposti prima della sua entrata tra i Comboniani. Già da essa notiamo il carattere del Padre: capace di sinceri entusiasmi ai quali corrisponderanno poi momenti di dolorose depressioni che costituiranno per il suo temperamento estremamente sensibile motivo di sofferenza e di meriti.
Superiore no
Entrato in noviziato a Venegono il 10 settembre 1945, emise i primi Voti il 19 marzo 1947. «Sacerdote zelante e generoso - scriveva il padre Todesco (maestro dei novizi). Entusiasta della sua vocazione e amante del suo istituto. Buono e generoso. Portato però a scoraggiamenti, alti e bassi. Adattabile e di buona soggezione".
Anziché partire subito per la missione, fu inviato in Inghilterra come studente di inglese e confessore. La salute, però, cominciò a dare qualche piccolo allarme, per cui, nell'ottobre del 1948, era ad Arco per un po’ di riposo.
Rebbio, Verona e Brescia lo videro padre spirituale pieno di bontà e comprensione. Padova e, nel 1957 San Sebastian, lo ebbero superiore. Ma il mestiere di superiore non gli si addiceva proprio! Un anno dopo era in famiglia logorato dalle responsabilità e dalle preoccupazioni del superiorato. La sua specializzazione era quella di confessore e addetto al ministero. Dal 1959 al 1968 lo troviamo a Firenze a fare proprio questo ufficio con grande consolazione dei novizi, dei confratelli e della gente che trovava in lui un amico capace di infondere speranza e coraggio.
Abile fotografo
La salute, particolarmente il cuore, perdeva sempre più colpi per cui fu inviato a Gordola, prima come economo di quella piccola comunità e poi come addetto al ministero.
Svolse con zelo e scrupolo il suo compito rendendosi simpatico a tutti.
Nei momenti liberi si dedicava alla fotografia. Preparò alcuni album di bellissime foto di soggetti egiziani per i quali aveva una predilezione. Sono famose anche alcune Madonne che si vedono qua e là nelle nostre case.
Col passare degli anni, ai vecchi malanni se ne aggiunsero di nuovi. «Mentre ti scrivo - diceva a un confratello - ho la schiena e le gambe che mi tormentano incessantemente. E così tutto il giorno. Ormai tutte le cure tentabili sono state esperimentate senza alcun esito duraturo. Solo il sonnifero e il calmante che prendo prima di coricarmi, almeno per il momento, fanno ancora effetto e riesco solitamente a dormire per quattro o cinque ore, le sole in cui si placano le sofferenze fisiche. Poi, verso le 2,30, ricomincia la mia giornata e la mia via crucis. Sia benedetto il Signore che si degna di rendermi partecipe del suo sacrificio redentore». Si trattava di sciatica che gli prese prima una gamba e poi l'altra.
Adorazione e sofferenza
«Io continuo a trascorrere nella pace e nella serenità la mia giornata. Quanto sono soavi le ore trascorse davanti a Gesù sacramentato! E quale fortuna è quella di avere la cappella in casa! Le ore più belle sono quelle notturne (dalle 2,30 in avanti), quando tutti riposano e regna sovrano il silenzio.
Il Signore mi ha fatto un altro regalo come segno del suo particolarissimo amore: alla sciatica nella gamba destra - che mi tortura da due anni e mezzo - se ne è aggiunta una alla gamba sinistra, più dolorosa ancora, tanto che non posso più nemmeno rimanere in confessionale perché non so più da che parte appoggiarmi. Il dover rinunciare ad ogni forma di ministero attivo è una delle croci più grandi, ma se il buon Dio lo vuole, Deo gratias! Vuol dire che per me è meglio così».
Tanta sofferenza era il ministero che il Signore chiedeva al suo servo, ed egli non si tirava indietro. «La mia particolare missione oggi è quella di soffrire e di pregare a pro della Congregazione, delle Missioni, dei Confratelli, della Chiesa tutta». «Soprattutto soffro - dice in un'altra lettera - e prego perché il buon Dio faccia sì che per il prossimo Capitolo generale vengano scelti elementi degni e validi; uomini, cioè, plasmati secondo il Cuore divino di Gesù ed emuli del nostro grande Fondatore Daniele Comboni».
Un po' di nostalgia
Le sofferenze fisiche erano intense, come abbiamo sentito, tuttavia ce n'erano delle altre non meno acute che gli facevano sanguinare il cuore. Le esprime scrivendo a un superiore:
«A parte la fiducia che dobbiamo sempre avere nel Signore, è certo che, umanamente parlando, non si sa dove si andrà a finire. In Spagna c'è una Congregazione che rigurgita di vocazioni. E che cos'è che attira tanti giovani ad entrarvi? Il fatto che c'è uno spirito di stampo antico: orario rigido, severa disciplina, abito ecclesiastico portato da tutti i membri, obbedienza esemplare, preghiera... Mentre per molti di noi che cosa è capitato? Crisi tremende per diversi confratelli, usciti e secolarizzati con arresto di vocazioni... Sembra che il nostro Istituto non sia più adatto a persone che vogliono vivere radicalmente il Vangelo».
La lettera è di qualche mese prima della morte. Forse il Padre vedeva le cose con occhio pessimistico; ciò non toglie che questa sua opinione gli procurasse una sofferenza più acuta della sciatica. Dal paradiso intercederà certamente perché i suoi confratelli siano più fervorosi.
Non lo dimenticheremo
I funerali di padre Esposti si sono svolti a Gordola il sabato 15 settembre, con la partecipazione di moltissima gente. Erano presenti anche il vescovo di Lugano, mons. Ernesto Togni, che ha presieduto la concelebrazione, e 24 sacerdoti, quasi tutti diocesani. Il discorso è stato tenuto da don Pasquale, un sacerdote di Pavia suo intimo amico.
Appena finita la cerimonia, la salma è partita per il paese natale dove alle 15,00 si è tenuto un altro funerale alla presenza di moltissima gente e di una ventina di sacerdoti fra i quali il vicario generale della diocesi di Pavia in sostituzione del vescovo impossibilitato a partecipare. Questi ha fatto leggere un suo messaggio.
In occasione del trigesimo, il vescovo di Lugano ha inviato ai confratelli di Gordola una lettera nella quale, fra l'altro, dice: «Lo ricordo uomo preciso, studioso, aggiornato, amante della Chiesa, uomo di preghiera. Era di una squisita gentilezza e cordialità, così da rendere bello e interessante lo stare con lui. Ci manca, ma dall'aldilà ci aiuterà sempre e noi non lo dimenticheremo mai».
In questo mondo fatto di fretta, di tante cose da sbrigare a scapito molto spesso dei rapporti umani, l’esempio di carità, di dolcezza, di saper «perdere tempo» con gli altri è l'eredità importante che padre Giovanni ci lascia. P. Lorenzo Gaiga
Da Mccj Bulletin n. 144, gennaio 1985, pp.69-72