Lunedì 31 gennaio 2022
Il 13 dicembre scorso Papa Francesco ha confermato il parere dei Teologi e dei Cardinali e Vescovi che, dopo attenta valutazione della Positio, avevano antecedentemente approvato l’esercizio delle virtù eroiche del nostro ben conosciuto Padre Bernardo Sartori. Con l’approvazione dell’eroicità si chiude dunque il primo tratto di strada della Fase romana della Causa. Ora mancano la Beatificazione e la Canonizzazione che esigono un miracolo ciascuno. Ci piace pensare che ai posteri, più santi di noi, e “Deo volente”, rimangono traguardi più gloriosi dei nostri. Durante l’anno in corso poi, in occasione di alcune celebrazioni in cui Padre Bernardo verrà ricordato, offriremo anche un libretto a tema con pensieri tratti dalle sue copiose lettere. In Allegato offriamo ai confratelli il
Voto dei Teologi e un segnalibro con la nuova immagine del Venerabile e relativa preghiera.

Scusate se, per ragioni che sarebbe troppo lungo qui enumerare, solo adesso vi possiamo ufficialmente informare della bella notizia. Notizia che peraltro ci dovrebbe rendere consapevoli di quanto il Signore continui a benedire il nostro Istituto e continui a spronarlo sul cammino della missione. Ne è un segno non indifferente il sigillo che la Chiesa ha voluto apporre su questo nostro confratello lo scorso 13 dicembre 2021. Si, perché, con questo riconoscimento dell’eroicità delle virtù, la Chiesa lo ridona all’Istituto, alla Diocesi di Treviso, alla Diocesi di Foggia-Troia e alla Diocesi di Arua.

All’Istituto, dove è stato accolto nell’ottobre del 1921 come studente teologo dell’ultimo anno prima dell’ordinazione sacerdotale. Alla Diocesi di Treviso, da dove, ai piedi del monumentale scalone del seminario, è venuto via lo stesso anno 1921 con la “complicità” benedicente del suo Vescovo, oggi il Beato Andrea Giacinto Longhin. Alla Diocesi di Foggia-Troia, dove nel 1934 ha iniziato la sua epopea missionaria mariana con la fondazione del primo seminario comboniano del Sud Italia e la prima chiesa dedicata alla Mediatrice di tutte le grazie in chiave missionaria. Infine, alla Diocesi di Arua che, al tempo del suo arrivo in Uganda il 5 dicembre 1934, faceva ancora parte dell’unica diocesi del Nord Uganda, Gulu. In West Nile infatti P. Bernardo ha trascorso tutta la sua lunga stagione evangelizzatrice, dal 1934 al 1983. Arua-Lodonga-Koboko-Otumbari-Arivo sono state davvero le tappe che, per la grandezza missionaria del nuovo Venerabile, possono essere additate come epopea mariana in pietra per il segno inconfondibile lasciato nelle chiese da lui erette, ma molto più per un percorso missionario di spiritualità mariana.

Quelle pietre non sono mute, anzi continuano a parlare oggi più che mai. Un itinerario mariologico che va dalla Mediatrice a Troia che protegge e sorregge il piedino itinerante di Gesù; alla Sultana d’Africa a Lodonga con tutta la sua maestà e quella significativa e audace mezzaluna sulla fronte; alla Madonna di “Fatima” dalle molte assonanze per la zona completamente musulmana di Koboko; alla Regina Mundi di Otumbari, di biblica memoria, che invoca la protezione dall’alto per la totalità del cosmo e infine alla Madre della Chiesa di Arivo di chiara reminiscenza conciliare, il Vaticano II, oggi mai così fortemente osteggiato da frange cattoliche estremiste. A voler maggiormente puntualizzare: una Mediatrice che indica i confini del mondo (larghi orizzonti spirituali e culturali così necessari in un tempo in cui il cortile di casa sembra prevalere). Una Sultana d’Africa che ci invita a superare la paura e l’incomunicabilità per rendere la Chiesa e la società realtà sempre più in comunione. Una Regina Mundi che ci invita ad andare oltre gli scontati significati mondani del potere distante per scoprire un potere umile e disponibile al servizio e alla protezione dei più deboli. Infine, una Madre della Chiesa che ci fa riscoprire la forza dello spirito che riplasma le persone, le culture e le Chiese perché possano rappresentare sempre più fattori al servizio della pace, della comunione, dell’intesa e della coraggiosa trasformazione.

Il Venerabile Bernardo Sartori si è contraddistinto anche per un suo particolare metodo di evangelizzazione che, per la maniera in cui lo ha vissuto, ha costituito un unicum tra di noi comboniani e che, in alcuni suoi elementi fondamentali, può e deve essere ripreso. Metodo unico per i suoi “contatti empatici” con il popolo Logbara; unico per i suoi “safari,” misto di “visita capillare”, di “rapporti umani e spirituali” autentici, di molta “preghiera personale” e grandi penitenze, di “contenuti formativi” e quant’altro. Metodo unico insomma perché, a parte certe intemperanze un po’ troppo crociatesche, ha segnato le coscienze e le comunità trasmettendo loro una spiritualità mariana ed eucaristica in chiave missionaria.

Forse domanderete, perché tanto tempo per arrivare alla Venerabilità per uno che potrebbe tranquillamente essere presentato al Santo Padre per essere proclamato “santo subito”? I tempi della Chiesa sono saggi e quindi molto lunghi. Ricordo che la Causa di P. Bernardo è stata introdotta nel lontano 1998 ad Arua e solo oggi 13 dicembre 2021 ha raggiunto il primo gradino verso la beatificazione. Un gradino però non indifferente perché ci obbliga ad approfondire i contenuti della vitalità missionaria di un umile, eppure infuocato, servo del Signore e dei fratelli.

Come non pensare quindi che oggi la Chiesa, restituendolo all’Istituto e ai territori dove ha speso tutto sé stesso, in lui ci offre un esempio credibile dell’essere e fare missione per un Istituto esclusivamente missionario e per una Chiesa diocesana che si voglia esprimere nella totalità della sua missione evangelizzatrice: inviata a tutte le genti. Ancora, padre Bernardo diventa, con l’autorevolezza che gli viene dal Vangelo vissuto e l’approvazione della Chiesa, un esempio che ci deve ispirare e accompagnare in questo nostro cammino missionario verso il Capitolo.

Infatti, con l’approvazione delle virtù eroiche, il Signore ci traccia dei sentieri su cui la nostra vita missionaria di Istituto e di Chiesa particolare trova ispirazione, efficacia e gioia. Il Ven. Bernardo può ben essere additato come esempio per l’amore alla Chiesa locale (ha creduto e promosso il clero locale); può essere additato per il suo rapporto speciale che ha intrattenuto con l’elemento musulmano del West Nile rappresentando tra di noi un esempio concreto di avvicinamento a questo mondo così difficile; per aver inoltre impostato tutto il suo metodo di evangelizzazione sulla verità del rapporto, della stima e sull’assiduità della visita e sulla genuina e diuturna preghiera; ha vissuto come un consacrato a Dio e alle persone; è stato un audace, sapendo adattarsi allo spirito del tempo: penso alla capacità di aver accettato la trasformazione che il Concilio portava anche nel campo della missione; penso alla sua presenza nella comunità comboniana come esempio di spiritualità (la sua vita è stata una incarnazione del primato di Dio) e allo stesso tempo l’incarnazione della misericordia e della gioia tra i confratelli e anche tra le molte persone che ha frequentato, conosciuto e amato, e che sono rimaste affascinate dalla sua vitalità e positività. Molti, al suo contatto, hanno assorbito la spiritualità mariana che lo ha contraddistinto e che ha rappresentato un formidabile veicolo di evangelizzazione missionaria. Parliamo per il Ven. Bernardo Sartori di spiritualità e non di semplice devozione. Basti pensare all’itinerario mariano in pietra che ha contraddistinto tutte le chiese da lui costruite qui in Italia e poi in Uganda. Come Comboniani penso che saranno questi itinerari a dover essere interiorizzati, ripresi e riproposti. 
Postulazione: p. Arnaldo Baritussio

LA SFIDA DI UN UOMO IN GINOCCHIO

P. BERNARDO SARTORI

“Ora, per i missionari, il clero locale, i religiosi e gli anziani che lo hanno conosciuto, si impone l’importante compito di tener viva la sua memoria e di farlo conoscere alle generazioni dei nuovi cristiani, nati dopo la sua morte, avvenuta quasi quarant’anni fa, e che non lo hanno conosciuto personalmente, perché conoscano le virtù da lui vissute in modo eroico, che lo rendono degno di essere imitato da tutta la Chiesa, ma soprattutto da coloro che vivono nei luoghi benedetti dal suo passaggio terreno”. Sono parole di P. Torquato Paolucci, all’indomani del decreto sulla venerabilità di P. Sartori, che ha vissuto con lui negli anni in cui erano nella stessa missione a Ombaci, e poi nella diocesi di Arua, nel Nord Uganda.

Lunedì 13 dicembre, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante “le virtù eroiche del Servo di Dio Bernardo Sartori”.

Nato il 20 maggio 1897 a Falzé di Trevignano, in provincia di Treviso, P. Bernardo nel 1921 entrò nell’Istituto comboniano. Ordinato sacerdote nel 1923, dopo alcune attività di animazione missionaria nel sud Italia, nel 1934 fu mandato nel West Nile, nel nord-ovest dell’Uganda, ambiente prevalentemente musulmano, dove ha fondato missioni e scuole e ha costruito cinque grandi chiese dedicate alla Madonna “nelle varie missioni in cui ha lavorato, che rimangono un segno visibile del suo grande amore alla Madonna e un invito perenne ai cristiani a cercare protezione e incoraggiamento presso la Madre del Signore”; nel 1962 promosse la consacrazione di tutti i missionari e missionarie comboniani d’Africa alla Vergine Maria.

Visse le vicende turbolente che seguirono la caduta del dittatore ugandese Amin e nel 1979 seguì la sua gente in Zaire, divenendo profugo tra i profughi. Dopo un breve soggiorno in Italia, nel 1982, all’età di 85 anni, tornò nuovamente in Zaire, per restare accanto alla sua gente.

“Insieme ad altri confratelli abbiamo insistito affinché non gli venisse impedito di realizzare questo suo desiderio, perché, anche se non poteva continuare le sue iniziative pastorali, poteva però rimanere tra noi come confessore, restando anche a disposizione della gente. Ed è stata una benedizione, perché tanti di noi missionari andavamo da lui per la confessione e file interminabili di persone lo cercavano per ricevere nel sacramento il perdono del Signore e una parola di consolazione. P. Sartori è rimasto tra noi come una lucerna!”, continua P. Torquato che si sofferma anche sulle circostanze della morte e ricorda con commozione: “L’ultima sua parola per noi è stata la sua morte: il mattino di Pasqua del 3 aprile 1983, come faceva di consueto ogni mattina, verso le quattro, era andato a pregare in chiesa, con in mano la sua lampada a kerosene, che diradava il buio con la sua fioca luce. Avrà avuto un malore e, raccogliendo le ultime forze che gli restavano, si è portato davanti all’altare, si è accasciato sui fianchi, per terra, e così ha atteso la chiamata del Signore”. P. Sartori moriva dunque vicino all’altare che lo aveva visto tante volte celebrare con grande fervore la Santa Messa, davanti al tabernacolo, che lo aveva visto rimanere lunghe ore in adorazione di Gesù, presente nel sacramento dell’Eucarestia.

Su questa preghiera “mattutina” leggiamo ciò che scrive P. Ruffino Ezama (missionario comboniano nato a Olovo, nella diocesi di Arua, ora superiore provinciale della provincia comboniana del Nord America): “Per il popolo e la cultura Lugbara, quella tra le 2.00 e le 3.00 del mattino, è l'ora più santa della giornata. La religione tradizionale la chiamava Rodo e la riservava alla preghiera, perché era l'ora in cui i bufali scendevano alla pozza d'acqua per bere. P. Sartori usava questo tempo per dedicarsi alla preghiera, nel silenzio e nella contemplazione e prolungava poi le sue preghiere fino al mattino, quando, all’alba, i confratelli si sarebbero uniti a lui per la preghiera comunitaria. La vita di preghiera di P. Sartori si manifestava nella calma, gentilezza, amabilità, nel rispetto e nella cura del popolo Lugbara”.

Appena saputa la notizia della venerabilità, P. Ruffino l’ha condivisa sui social e molti Lugbara hanno espresso la loro gioia definendolo un “eroico uomo di Dio”: alcuni ricordando la loro prima confessione con lui, molti dicendo di aver pianto di gioia; altri, di aver pregato sulla sua tomba pochi giorni prima; molti hanno dichiarato di attendere con ansia il momento in cui la Chiesa lo dichiarerà Beato.

“La sua santità mi colpì subito – scrive P. Ruffino – e poi mi aiutò tanto nella mia vocazione missionaria comboniana. Molte storie continuavano a girare tra i Lugbara sulle gesta straordinarie di questo sant'uomo. Nella parrocchia di Obi, che era una stazione periferica della parrocchia di Otumbari, un fedele laico mi ha confidato che ogni volta che P. Sartori andava lì a fare safari, non c’era solo la gioia di sentire un europeo parlare dell'amore di Dio in lingua lugbara, ma soprattutto di sentire che un santo era in mezzo a loro”.

La notizia del Decreto Vaticano che riconosce le virtù eroiche dell'ormai Venerabile P. Bernardo Sartori mi ha riempito di una grande gioia – dice P. John Baptist K. Opargiw – perché mi ha fatto ricordare vividamente il mio contatto con questo missionario buono e orante, che risale al lontano 1971, quando entrai nel seminario diocesano di Arua, che lui frequentava spesso, soprattutto per le confessioni. In seguito, quando entrai nell’Istituto comboniano, la mia ammirazione per lui diventò ancora più forte. Vorrei sottolineare la sua assiduità nella preghiera, la sua devozione all'Eucaristia e a Nostra Madre Maria, la sua passione per la missione e per il popolo, il suo volto sempre sorridente, il suo atteggiamento sempre pacifico e il suo amore soprattutto per gli africani”.

P. Gabriele Durigon, parente di P. Bernardo Sartori, anche lui missionario comboniano nel Nord Uganda, tra gli Acioli, dal 1967, nel ricordare che P. Cirillo Tescaroli definiva P. Bernardo Sartori come il più grande comboniano che avesse incontrato nella sua vita, suggerisce che “la via per conoscere e appropriarci del carisma comboniano autentico, è vedere come lo ha vissuto P. Bernardo e imitarlo nella nostra vita”.

Ma P. Sartori, sottolinea ancora P. Torquato, “non è conosciuto solo nel nord Uganda. La sua memoria è ancora molto viva fra le persone del suo paese, Falzè di Trevignano, dove tornava nelle rare pause che si concedeva quando veniva in Italia. Un segno di tale memoria è stata la gioia per la notizia dell’approvazione del decreto delle sue virtù eroiche, espressa dal festoso suono delle campane nel suo paese, durato più di dieci minuti. La stessa gioia è stata sentita a Troia e nelle zone circostanti, dove P. Bernardo, giovane missionario, ha infiammato di spirito missionario, unito all’amore e alla fiducia verso la Vergine Maria, la gente, che vedeva questo strano missionario girare in moto con la statua della Madonna issata sul portabagagli posteriore.

In questi anni a venire, lunghi o brevi che siano, prima di un miracolo ottenuto tramite la sua intercessione, che possa concludere il processo di beatificazione, abbiamo tanto da imparare dal venerabile padre Bernardo Sartori, per seguire l’esempio delle sue virtù, esercitate in modo eroico, come la Chiesa ha ufficialmente accertato. Tra queste: l’amore tenero verso la Madonna, la celebrazione della messa e l’adorazione eucaristica, centro e sorgente della missione. Rimane a noi il compito di capire e accettare la sua sfida. La sfida di un uomo in ginocchio.

P. Bernardo Sartori

Missionario Comboniano
Falzé di Campagna (Treviso) 20.5.1897
Ombacì (Uganda) 3.4.1983

Dati biografici

Il Servo di Dio padre Bernardo Erminio Sartori nacque a Falzé di Campagna (Treviso) il 20 maggio 1897 da Sartori Francesco e da Poloni Augusta. Battezzato il 23 ottobre 1897, fu cresimato il 5 ottobre 1906 da mons. Andrea Giacinto Longhin (1904-1936). Dalla mamma ricevette una profonda pietà eucaristica e mariana. Nel 1908 entrò nel seminario diocesano di Treviso e nonostante difficoltà di ordine economico, e un anno trascorso a casa per l’opposizione del padre, 1'8 dicembre 1914 fu ammesso alla vestizione clericale.
Lo scoppio della prima guerra mondiale lo vide con altri seminaristi sul fronte del Piave, infatti l’11° marzo 1917 fu chiamato alle armi. Assegnato a 113° reggimento di Fanteria, 7a compagnia, zona di guerra, alcuni mesi dopo fu trasferito alla 5a Compagnia di Sanità dell'ospedale militare principale di Padova. Durante il servizio militare il suo comportamento fu sempre esemplare tanto che fu durante questo tempo di grandi sofferenze che avvertì la vocazione missionaria. I1 26 agosto 1919 fu congedato definitivamente e lo stesso anno rientrò in Seminario dove frequentò regolarmente i primi due anni di Teologia.
In terza Teologia (1921-1922) però, risulta solo iscritto perché di fatto il 20 dicembre 1921 entrò nel noviziato missionario comboniano di Venegono Superiore (VA). Del tempo trascorso nel seminario diocesano porterà una traccia indelebile. Si può dire che i contenuti del suo mondo spirituale li ricevette proprio qui, nell’ambiente di Treviso, ambiente profondamente toccato dalle linee maestre tracciate dal Primo Sinodo Diocesano del 1911 promosso dal vescovo, mons. Andrea Giacinto Longhin. Anzitutto i capisaldi di una vera e profonda spiritualità sacerdotale: l’anelito alla santità come dinamica essenziale della vita del sacerdote, la devozione all’Eucarestia e una particolare devozione mariana. Poi una vera sensibilità pastorale, fondata nello zelo per le anime, attraverso vita di preghiera, contatto evangelizzatore ed empatia con le persone, e la valorizzazione dell’elemento laicale. Infine, quasi perla caratteristica dell’ambiente diocesano di Treviso, la sua vocazione missionaria. Emergenza questa di un ambiente, tra i primi in Italia, in cui la dimensione missionaria si era sviluppata attraverso l’adesione all'Unione missionaria del Clero.
Dunque, il 21 gennaio 1922, dopo aver lasciato il seminario con la benedizione del suo vescovo, P. Sartori vestì l’abito religioso a Venegono Superiore e il 21 gennaio 1923 emise i primi voti. Il 31 marzo ritornò in diocesi di Treviso per ricevere il Diaconato e per essere ordinato sacerdote da mons. Longhin che aveva voluto conferirgli l’ordine sacro come coronamento dell’appoggio incondizionato che sin dalla prima ora gli aveva manifestato per la sua vocazione missionaria. Tuttavia, a causa della salute cagionevole, dovette in un primo tempo rimanere in Italia. Fino al 1926 ricoprì l'ufficio di "Propagandista", così allora erano designati gli animatori missionari di base, poi il 28 febbraio 1927 i superiori lo inviarono a Valverde (Dioc. di Bovino) con il compito di iniziare la prima fondazione comboniana nel Meridione d’Italia. In seguito a un provvidenziale incontro con il vescovo di Troia, il Servo di Dio mons. Fortunato Maria Farina, precisamente in novembre dello stesso anno, P. Sartori cambiò il primitivo piano e si trasferì a Troia. Dai ruderi dell'antico convento delle Clarisse (1694-1726) fece sorgere la sede dell'Istituto Missionario Comboniano con annesso santuario, dedicato a Maria Mediatrice di tutte le Grazie. In quegli anni, padre Sartori coniugò l'attività costruttiva con una straordinaria vita di preghiera, di penitenza e una indefessa attività di predicazione. Il periodo si concluderà poi con la destinazione alle tanto bramate missioni di Uganda. I 7 anni trascorsi a Troia costituiscono, a detta di tutti, un periodo memorabile. Il padre, pur ancora giovane, godeva di un’immensa popolarità, Era passato per quasi tutte le città e i paesi delle Puglie, destando dovunque il più vivo entusiasmo con la sua predicazione. Calda facondia, zelo apostolico, amabilità di tratto, semplicità e smisurata devozione a Maria fecero di lui un autentico trascinatore di folle. In quei sette anni ebbe modo di approfondire le linee antiche di quella che sarebbe stata la sua spiritualità: amore a Cristo nell’Eucarestia, amore alla Madonna e ai fratelli; spirito di preghiera e di penitenza in funzione di uno zelo sempre più raffinato per l’espansione del regno di Dio; fiducia nella Provvidenza e nella Madonna che, come lui stesso ebbe a confidare, “non mi ha mai negato nulla”. Si può dunque affermare che a Troia visse gli anni della sua maturazione e ne uscì forgiato in vista delle future fatiche della missione.
Il 5 novembre 1934 infatti partiva per l'Uganda. Arrivato a Gulu, il 28 dello stesso mese si trasferiva ad Arua (West-Nile) dove, in qualità di coadiutore incaricato del ministero, sarebbe rimasto fino al 1937. Dopo l'apprendistato arrivò infine anche per lui il tempo delle fondazioni. L'8 novembre 1937 fu mandato a Lodonga, una missione tra i Logbara, considerata particolarmente difficile. La zona era contagiata dal musulmanesimo che addirittura, secondo il piano dei colonialisti, sarebbe dovuto diventare la religione di tutta la tribù. P. Sartori alzò la sua barriera: la Mediatrice. Il 22 giugno ci fu la posa della prima pietra del tempio, a Lei dedicato, che più tardi (26 maggio 1961) sarebbe stato insignito col titolo di Basilica Minore da Papa Giovanni XIII. Lì, il 6 agosto (sempre del 1961) tutte le missioni dell’Africa venivano consacrate alla Madonna Mediatrice. Comunque questa sua incrollabile certezza nella protezione di Maria fu premiata: la valanga islamica si bloccò come d’incanto. Trentamila erano allora i musulmani della zona; trentamila sono oggi, mentre i cattolici continuarono ad aumentare.
Dopo 14 anni di missione, nel giugno del 1949 ritornava per la prima volta in Italia. Memorabile nell’anno trascorso in Italia e impiegato, per ordine dei Superiori, nel visitare i seminari diocesani d’Italia, l’impulso dato all’animazione, infatti due anno dopo, molti seminaristi chiesero di entrare tra i comboniani. Continuava nel tempo e si ripeteva quello che era successo con il piccolo Seminario da lui fondato Troia e che era divenuto la fucina di ben 20 missionari.
Rientrato in missione, il 10 gennaio 1953 fu inviato a Koboko (Uganda) a fondarvi la missione. Naturalmente dedicò chiesa e missione alla Madonna di Fatima. Il 15 aprile 1961 fu trasferito a Otumbari (Uganda). Nuova chiesa dedicata alla Regina del mondo. Nella statua ivi collocata, volle che, a differenza delle molte che collocano il mondo nelle mani del Bambino, fosse la Madre a sorreggerlo al di sopra di un Gesù adolescente. Per P. Sartori questa, più che un’espressione scultorea di pregio, costituiva un atto di consacrazione di tutto il mondo a Maria.
Tuttavia le sue fatiche apostoliche e le sue visioni, di una sempre più vasta e profonda penetrazione del Vangelo, non conoscevano tregua. Il 17 giugno 1966 fu trasferito ad Arivu (Uganda) per fondarvi la sua ultima e quarta missione. Vi rimarrà per circa sette anni, fino a luglio del 1968, allorché rientrerà in Italia per la terza volta. Anche qui lasciò la sua inconfondibile impronta: la chiesa dedicata a Maria Madre della Chiesa, a significare l’intima gioia con cui aveva accolto il nuovo titolo conferito alla Madonna da Paolo VI e in generale l’adesione convinta ai contenuti del Vaticano II. Naturalmente a questa faticosa ed esigente fase costruttiva, p. Sartori abbinava una molto più impegnativa attività apostolica: interminabili visite alle comunità cristiane (a piedi, in bicicletta e con la sua famosa moto a monocarello), leggendarie maratone sacramentali, istruzioni, penitenze, preghiera e affabilità, per cui venivano di conseguenza numerose conversioni anche in ambiente musulmano. A luglio del 1969, all'età di 72 anni, ritornava di nuovo ad Arivu, ora non più come parroco e superiore, ma come coadiutore, dove sarebbe rimasto fino al 24 agosto 1978. Nel frattempo, il 21 maggio 1978, per esplicita volontà dei superiori, partecipava al 50° della fondazione della casa di Troia. Nell'occasione era insignito della cittadinanza onoraria. In tutti questi cambiamenti da Superiore-parroco a coadiutore a semplice aiutante, assolutamente singolari furono la sua obbedienza, la sua capacità di adattamento. Il cambiamento non lo sorprendeva perché viveva una sua stabilità e continuità di vita, scandita non dagli uffici più o meno lungamente ricoperti, ma dalla gioia interiore derivante dalla sua totale identificazione vocazionale, dalla disponibilità a qualunque servizio, specialmente pastorale (era assetato di anime) e dalla preghiera. Fin dagli anni della sua giovinezza infatti p. Sartori si era abituato a recarsi in chiesa alle quattro del mattino e non ne usciva che alle 8.00 per poi cimentarsi con gli uomini. Verso la fine della vita poi, trascorreva notti intere in preghiera.
Ad Arivu visse le vicende turbolente che seguirono la caduta di Amin, tanto che nel 1979 seguì la sua gente in Zaire, profugo tra i profughi. Nel 1980 venne inviato a Otumbari dove il 28 aprile rimase coinvolto in una sparatoria. Il 29 aprile 1981 dovette rientrare in Italia, la sesta volta, per curarsi l'udito. Il 14 o 15 dicembre 1981 rientrò in Uganda, ad Ombacì. Da giugno a luglio 1982, a 85 anni, fu di nuovo profugo in Zaire con la sua gente. Anche qui instancabile nel lavoro apostolico e nell’aiuto assistenziale alla gente abbattuta nel fisico e nel morale.
Il 3 aprile 1983, il mattino di Pasqua, fu trovato esanime davanti al tabernacolo. Un dispaccio da Kampala informava: "P. Bernardo Sartori è stato trovato morto questa mattina, alle ore 7, in chiesa a Ombacì, disteso a terra, davanti all'altare, con accanto la lampada a kerosene accesa”.
I funerali si svolsero il lunedì di Pasqua e il corpo fu sepolto nel cimitero di Ombacì, dove attualmente riposa.
P. Sartori ha fondato ex novo due missioni Koboko (1953) ed Arivu (1966). Altre due: Lodonga (1927) e Otumbari (1957) portano i segni incancellabili della sua presenza. Quattro belle e maestose chiese testimoniano l'inclinazione del suo spirito. Sono state tutte dedicate alla Madonna. I titoli da lui scelti dimostrano la sua straordinaria e profonda devozione alla Vergine: Maria, Mediatrice di tutte le Grazie-Sultana d'Africa (Lodonga); Madonna di Fatima (Koboko); Maria, Regina mundi (Otumbari); Maria, Madre della Chiesa (Arivu). Secondo le parole stesse di p. Bernardo in tutto questo c'era una logica soprannaturale: Maria era la porta dell'evangelizzazione (ad Iesum per Mariam) cosicché la chiesa materiale veniva ad essere il coronamento visibile dell'altra realtà primaria e fondamentale: la nascita della Chiesa viva. Dentro e fuori l'Istituto rievocare P. Bernardo Sartori significa ricordare l'intensa celebrazione delle sue Messe fino alle lacrime; la prolungata adorazione eucaristica, radice di tutta la sua azione pastorale; l'affidamento incondizionato di ogni sua opera alla protezione della Vergine Mediatrice; le straordinarie conversioni, specialmente di mussulmani; l’infuocata e instancabile predicazione e l’ininterrotta opera di promozione spirituale-umano-sociale fino alla veneranda età di 86 anni.
Un suo confratello affermò: “Con P. Bernardo Sartori scompare uno dei più arditi e santi pionieri non solo della Chiesa Ugandese, ma anche di tutta la Chiesa missionaria in quest’ultimo mezzo secolo”.

Tappe del processo canonico in corso

1.Apertura Processo principale ad Arua (UGANDA) il 25 marzo 1998.
2.Apertura della Rogatoria di Troia (FG) l’11 febbraio 1999.
3.Apertura della Rogatoria di Treviso l’8 marzo 1999.
4.Chiusura Processo ad Arua il 14 marzo 2000.
5.Chiusura Rogatoria di Troia il 3 giugno 2001.
6.Chiusura Rogatoria di Treviso il 12 giugno 1999.
7.Apertura del Processo nella Congregazione delle Cause dei Santi il 12 giugno 2001.
8.Dichiarazione validità del Processo il 4 giugno 2004.


Preghiera per la Beatificazione

0 Dio nostro Padre,
il cui disegno di salvezza
si estende su tutti i popoli,
accogli la nostra umile supplica.

Concedi che l'Amore ardente,
che consumò il tuo servo Bernardo Sartori
nell'infaticabile annuncio del Vangelo agli africani
e lo rese appassionato e tenerissimo devoto di Maria,
trasformi anche noi in missionari del tuo amore misericordioso.

Fa che per sua intercessione
possiamo ottenere la grazia che fiduciosi imploriamo ...
così che Tu, o Padre, sia in lui glorificato
e la tua Chiesa Lo veneri tra i beati del cielo. Amen.

Padre nostro ... Ave Maria
Maria, Madre della Chiesa. Prega per noi.


con approvazione ecclesiastica
† Francesco Zerrillo Vescovo di Lucera-Troia

Chi ricevesse grazie per intercessione di P. Bernardo Sartori è pregato di notificarle a:
Postulazione Generale Missionari Comboniani Via Luigi Lilio, 80 (00142 ROMA) Tel. 06 /519451