Lunedì 31 gennaio 2022
Il 13 dicembre scorso Papa Francesco ha confermato il parere dei Teologi e dei Cardinali e Vescovi che, dopo attenta valutazione della Positio, avevano antecedentemente approvato l’esercizio delle virtù eroiche del nostro ben conosciuto Padre Bernardo Sartori. Con l’approvazione dell’eroicità si chiude dunque il primo tratto di strada della Fase romana della Causa. Ora mancano la Beatificazione e la Canonizzazione che esigono un miracolo ciascuno. Ci piace pensare che ai posteri, più santi di noi, e “Deo volente”, rimangono traguardi più gloriosi dei nostri. Durante l’anno in corso poi, in occasione di alcune celebrazioni in cui Padre Bernardo verrà ricordato, offriremo anche un libretto a tema con pensieri tratti dalle sue copiose lettere. In Allegato offriamo ai confratelli il
Voto dei Teologi e un segnalibro con la nuova immagine del Venerabile e relativa preghiera.

Scusate se, per ragioni che sarebbe troppo lungo qui enumerare, solo adesso vi possiamo ufficialmente informare della bella notizia. Notizia che peraltro ci dovrebbe rendere consapevoli di quanto il Signore continui a benedire il nostro Istituto e continui a spronarlo sul cammino della missione. Ne è un segno non indifferente il sigillo che la Chiesa ha voluto apporre su questo nostro confratello lo scorso 13 dicembre 2021. Si, perché, con questo riconoscimento dell’eroicità delle virtù, la Chiesa lo ridona all’Istituto, alla Diocesi di Treviso, alla Diocesi di Foggia-Troia e alla Diocesi di Arua.

All’Istituto, dove è stato accolto nell’ottobre del 1921 come studente teologo dell’ultimo anno prima dell’ordinazione sacerdotale. Alla Diocesi di Treviso, da dove, ai piedi del monumentale scalone del seminario, è venuto via lo stesso anno 1921 con la “complicità” benedicente del suo Vescovo, oggi il Beato Andrea Giacinto Longhin. Alla Diocesi di Foggia-Troia, dove nel 1934 ha iniziato la sua epopea missionaria mariana con la fondazione del primo seminario comboniano del Sud Italia e la prima chiesa dedicata alla Mediatrice di tutte le grazie in chiave missionaria. Infine, alla Diocesi di Arua che, al tempo del suo arrivo in Uganda il 5 dicembre 1934, faceva ancora parte dell’unica diocesi del Nord Uganda, Gulu. In West Nile infatti P. Bernardo ha trascorso tutta la sua lunga stagione evangelizzatrice, dal 1934 al 1983. Arua-Lodonga-Koboko-Otumbari-Arivo sono state davvero le tappe che, per la grandezza missionaria del nuovo Venerabile, possono essere additate come epopea mariana in pietra per il segno inconfondibile lasciato nelle chiese da lui erette, ma molto più per un percorso missionario di spiritualità mariana.

Quelle pietre non sono mute, anzi continuano a parlare oggi più che mai. Un itinerario mariologico che va dalla Mediatrice a Troia che protegge e sorregge il piedino itinerante di Gesù; alla Sultana d’Africa a Lodonga con tutta la sua maestà e quella significativa e audace mezzaluna sulla fronte; alla Madonna di “Fatima” dalle molte assonanze per la zona completamente musulmana di Koboko; alla Regina Mundi di Otumbari, di biblica memoria, che invoca la protezione dall’alto per la totalità del cosmo e infine alla Madre della Chiesa di Arivo di chiara reminiscenza conciliare, il Vaticano II, oggi mai così fortemente osteggiato da frange cattoliche estremiste. A voler maggiormente puntualizzare: una Mediatrice che indica i confini del mondo (larghi orizzonti spirituali e culturali così necessari in un tempo in cui il cortile di casa sembra prevalere). Una Sultana d’Africa che ci invita a superare la paura e l’incomunicabilità per rendere la Chiesa e la società realtà sempre più in comunione. Una Regina Mundi che ci invita ad andare oltre gli scontati significati mondani del potere distante per scoprire un potere umile e disponibile al servizio e alla protezione dei più deboli. Infine, una Madre della Chiesa che ci fa riscoprire la forza dello spirito che riplasma le persone, le culture e le Chiese perché possano rappresentare sempre più fattori al servizio della pace, della comunione, dell’intesa e della coraggiosa trasformazione.

Il Venerabile Bernardo Sartori si è contraddistinto anche per un suo particolare metodo di evangelizzazione che, per la maniera in cui lo ha vissuto, ha costituito un unicum tra di noi comboniani e che, in alcuni suoi elementi fondamentali, può e deve essere ripreso. Metodo unico per i suoi “contatti empatici” con il popolo Logbara; unico per i suoi “safari,” misto di “visita capillare”, di “rapporti umani e spirituali” autentici, di molta “preghiera personale” e grandi penitenze, di “contenuti formativi” e quant’altro. Metodo unico insomma perché, a parte certe intemperanze un po’ troppo crociatesche, ha segnato le coscienze e le comunità trasmettendo loro una spiritualità mariana ed eucaristica in chiave missionaria.

Forse domanderete, perché tanto tempo per arrivare alla Venerabilità per uno che potrebbe tranquillamente essere presentato al Santo Padre per essere proclamato “santo subito”? I tempi della Chiesa sono saggi e quindi molto lunghi. Ricordo che la Causa di P. Bernardo è stata introdotta nel lontano 1998 ad Arua e solo oggi 13 dicembre 2021 ha raggiunto il primo gradino verso la beatificazione. Un gradino però non indifferente perché ci obbliga ad approfondire i contenuti della vitalità missionaria di un umile, eppure infuocato, servo del Signore e dei fratelli.

Come non pensare quindi che oggi la Chiesa, restituendolo all’Istituto e ai territori dove ha speso tutto sé stesso, in lui ci offre un esempio credibile dell’essere e fare missione per un Istituto esclusivamente missionario e per una Chiesa diocesana che si voglia esprimere nella totalità della sua missione evangelizzatrice: inviata a tutte le genti. Ancora, padre Bernardo diventa, con l’autorevolezza che gli viene dal Vangelo vissuto e l’approvazione della Chiesa, un esempio che ci deve ispirare e accompagnare in questo nostro cammino missionario verso il Capitolo.

Infatti, con l’approvazione delle virtù eroiche, il Signore ci traccia dei sentieri su cui la nostra vita missionaria di Istituto e di Chiesa particolare trova ispirazione, efficacia e gioia. Il Ven. Bernardo può ben essere additato come esempio per l’amore alla Chiesa locale (ha creduto e promosso il clero locale); può essere additato per il suo rapporto speciale che ha intrattenuto con l’elemento musulmano del West Nile rappresentando tra di noi un esempio concreto di avvicinamento a questo mondo così difficile; per aver inoltre impostato tutto il suo metodo di evangelizzazione sulla verità del rapporto, della stima e sull’assiduità della visita e sulla genuina e diuturna preghiera; ha vissuto come un consacrato a Dio e alle persone; è stato un audace, sapendo adattarsi allo spirito del tempo: penso alla capacità di aver accettato la trasformazione che il Concilio portava anche nel campo della missione; penso alla sua presenza nella comunità comboniana come esempio di spiritualità (la sua vita è stata una incarnazione del primato di Dio) e allo stesso tempo l’incarnazione della misericordia e della gioia tra i confratelli e anche tra le molte persone che ha frequentato, conosciuto e amato, e che sono rimaste affascinate dalla sua vitalità e positività. Molti, al suo contatto, hanno assorbito la spiritualità mariana che lo ha contraddistinto e che ha rappresentato un formidabile veicolo di evangelizzazione missionaria. Parliamo per il Ven. Bernardo Sartori di spiritualità e non di semplice devozione. Basti pensare all’itinerario mariano in pietra che ha contraddistinto tutte le chiese da lui costruite qui in Italia e poi in Uganda. Come Comboniani penso che saranno questi itinerari a dover essere interiorizzati, ripresi e riproposti. 
Postulazione: p. Arnaldo Baritussio

LA SFIDA DI UN UOMO IN GINOCCHIO

P. BERNARDO SARTORI

“Ora, per i missionari, il clero locale, i religiosi e gli anziani che lo hanno conosciuto, si impone l’importante compito di tener viva la sua memoria e di farlo conoscere alle generazioni dei nuovi cristiani, nati dopo la sua morte, avvenuta quasi quarant’anni fa, e che non lo hanno conosciuto personalmente, perché conoscano le virtù da lui vissute in modo eroico, che lo rendono degno di essere imitato da tutta la Chiesa, ma soprattutto da coloro che vivono nei luoghi benedetti dal suo passaggio terreno”. Sono parole di P. Torquato Paolucci, all’indomani del decreto sulla venerabilità di P. Sartori, che ha vissuto con lui negli anni in cui erano nella stessa missione a Ombaci, e poi nella diocesi di Arua, nel Nord Uganda.

Lunedì 13 dicembre, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante “le virtù eroiche del Servo di Dio Bernardo Sartori”.

Nato il 20 maggio 1897 a Falzé di Trevignano, in provincia di Treviso, P. Bernardo nel 1921 entrò nell’Istituto comboniano. Ordinato sacerdote nel 1923, dopo alcune attività di animazione missionaria nel sud Italia, nel 1934 fu mandato nel West Nile, nel nord-ovest dell’Uganda, ambiente prevalentemente musulmano, dove ha fondato missioni e scuole e ha costruito cinque grandi chiese dedicate alla Madonna “nelle varie missioni in cui ha lavorato, che rimangono un segno visibile del suo grande amore alla Madonna e un invito perenne ai cristiani a cercare protezione e incoraggiamento presso la Madre del Signore”; nel 1962 promosse la consacrazione di tutti i missionari e missionarie comboniani d’Africa alla Vergine Maria.

Visse le vicende turbolente che seguirono la caduta del dittatore ugandese Amin e nel 1979 seguì la sua gente in Zaire, divenendo profugo tra i profughi. Dopo un breve soggiorno in Italia, nel 1982, all’età di 85 anni, tornò nuovamente in Zaire, per restare accanto alla sua gente.

“Insieme ad altri confratelli abbiamo insistito affinché non gli venisse impedito di realizzare questo suo desiderio, perché, anche se non poteva continuare le sue iniziative pastorali, poteva però rimanere tra noi come confessore, restando anche a disposizione della gente. Ed è stata una benedizione, perché tanti di noi missionari andavamo da lui per la confessione e file interminabili di persone lo cercavano per ricevere nel sacramento il perdono del Signore e una parola di consolazione. P. Sartori è rimasto tra noi come una lucerna!”, continua P. Torquato che si sofferma anche sulle circostanze della morte e ricorda con commozione: “L’ultima sua parola per noi è stata la sua morte: il mattino di Pasqua del 3 aprile 1983, come faceva di consueto ogni mattina, verso le quattro, era andato a pregare in chiesa, con in mano la sua lampada a kerosene, che diradava il buio con la sua fioca luce. Avrà avuto un malore e, raccogliendo le ultime forze che gli restavano, si è portato davanti all’altare, si è accasciato sui fianchi, per terra, e così ha atteso la chiamata del Signore”. P. Sartori moriva dunque vicino all’altare che lo aveva visto tante volte celebrare con grande fervore la Santa Messa, davanti al tabernacolo, che lo aveva visto rimanere lunghe ore in adorazione di Gesù, presente nel sacramento dell’Eucarestia.

Su questa preghiera “mattutina” leggiamo ciò che scrive P. Ruffino Ezama (missionario comboniano nato a Olovo, nella diocesi di Arua, ora superiore provinciale della provincia comboniana del Nord America): “Per il popolo e la cultura Lugbara, quella tra le 2.00 e le 3.00 del mattino, è l'ora più santa della giornata. La religione tradizionale la chiamava Rodo e la riservava alla preghiera, perché era l'ora in cui i bufali scendevano alla pozza d'acqua per bere. P. Sartori usava questo tempo per dedicarsi alla preghiera, nel silenzio e nella contemplazione e prolungava poi le sue preghiere fino al mattino, quando, all’alba, i confratelli si sarebbero uniti a lui per la preghiera comunitaria. La vita di preghiera di P. Sartori si manifestava nella calma, gentilezza, amabilità, nel rispetto e nella cura del popolo Lugbara”.

Appena saputa la notizia della venerabilità, P. Ruffino l’ha condivisa sui social e molti Lugbara hanno espresso la loro gioia definendolo un “eroico uomo di Dio”: alcuni ricordando la loro prima confessione con lui, molti dicendo di aver pianto di gioia; altri, di aver pregato sulla sua tomba pochi giorni prima; molti hanno dichiarato di attendere con ansia il momento in cui la Chiesa lo dichiarerà Beato.

“La sua santità mi colpì subito – scrive P. Ruffino – e poi mi aiutò tanto nella mia vocazione missionaria comboniana. Molte storie continuavano a girare tra i Lugbara sulle gesta straordinarie di questo sant'uomo. Nella parrocchia di Obi, che era una stazione periferica della parrocchia di Otumbari, un fedele laico mi ha confidato che ogni volta che P. Sartori andava lì a fare safari, non c’era solo la gioia di sentire un europeo parlare dell'amore di Dio in lingua lugbara, ma soprattutto di sentire che un santo era in mezzo a loro”.

La notizia del Decreto Vaticano che riconosce le virtù eroiche dell'ormai Venerabile P. Bernardo Sartori mi ha riempito di una grande gioia – dice P. John Baptist K. Opargiw – perché mi ha fatto ricordare vividamente il mio contatto con questo missionario buono e orante, che risale al lontano 1971, quando entrai nel seminario diocesano di Arua, che lui frequentava spesso, soprattutto per le confessioni. In seguito, quando entrai nell’Istituto comboniano, la mia ammirazione per lui diventò ancora più forte. Vorrei sottolineare la sua assiduità nella preghiera, la sua devozione all'Eucaristia e a Nostra Madre Maria, la sua passione per la missione e per il popolo, il suo volto sempre sorridente, il suo atteggiamento sempre pacifico e il suo amore soprattutto per gli africani”.

P. Gabriele Durigon, parente di P. Bernardo Sartori, anche lui missionario comboniano nel Nord Uganda, tra gli Acioli, dal 1967, nel ricordare che P. Cirillo Tescaroli definiva P. Bernardo Sartori come il più grande comboniano che avesse incontrato nella sua vita, suggerisce che “la via per conoscere e appropriarci del carisma comboniano autentico, è vedere come lo ha vissuto P. Bernardo e imitarlo nella nostra vita”.

Ma P. Sartori, sottolinea ancora P. Torquato, “non è conosciuto solo nel nord Uganda. La sua memoria è ancora molto viva fra le persone del suo paese, Falzè di Trevignano, dove tornava nelle rare pause che si concedeva quando veniva in Italia. Un segno di tale memoria è stata la gioia per la notizia dell’approvazione del decreto delle sue virtù eroiche, espressa dal festoso suono delle campane nel suo paese, durato più di dieci minuti. La stessa gioia è stata sentita a Troia e nelle zone circostanti, dove P. Bernardo, giovane missionario, ha infiammato di spirito missionario, unito all’amore e alla fiducia verso la Vergine Maria, la gente, che vedeva questo strano missionario girare in moto con la statua della Madonna issata sul portabagagli posteriore.

In questi anni a venire, lunghi o brevi che siano, prima di un miracolo ottenuto tramite la sua intercessione, che possa concludere il processo di beatificazione, abbiamo tanto da imparare dal venerabile padre Bernardo Sartori, per seguire l’esempio delle sue virtù, esercitate in modo eroico, come la Chiesa ha ufficialmente accertato. Tra queste: l’amore tenero verso la Madonna, la celebrazione della messa e l’adorazione eucaristica, centro e sorgente della missione. Rimane a noi il compito di capire e accettare la sua sfida. La sfida di un uomo in ginocchio.