Sabato 4 ottobre 2025
Per oltre ottant’anni del secolo scorso, migliaia di pagine hanno accompagnato generazioni di ragazzi, si tratta di riviste per ragazzi dal tono missionario, frutto di congregazioni o famiglie religiose che hanno fatto della missione il loro scopo. Le riviste sono «Italia Missionaria», «Il Piccolo Missionario» [dei Missionari Comboniani] e «Voci d’oltremare». [
Stefano Gorla – L’Osservatore Romano]

Per oltre ottant’anni del secolo scorso, migliaia di pagine hanno accompagnato generazioni di ragazzi, si tratta di riviste per ragazzi dal tono missionario, frutto di congregazioni o famiglie religiose che hanno fatto della missione il loro scopo. Le riviste sono «Italia Missionaria», «Il Piccolo Missionario» e «Voci d’oltremare», mentre in questo mese di settembre sono usciti per le edizioni Festina Lente di Ferrara due volumi dal titolo: Ad gentes, racconti dalle missioni per un bel progetto curato da Bruno Maggi.

Si tratta della raccolta di alcuni lavori dei fratelli Maggi, Renzo e Filippo, realizzati per la rivista «Italia Missionaria». Storie di coraggio, speranza, incontri e piccoli miracoli quotidiani vissuti da missionari del Pime (e non solo loro) nella missione. Dalle foreste dell’Amazzonia ai villaggi dell’Africa, dalle periferie dell’Asia a sperduti borghi dell'America Latina: racconti autentici, vissuti e narrati dai padri missionari e trasformati in fumetti dai fratelli Maggi con cura e particolare a attenzione ai dettagli e alle situazioni geopolitiche sottese e anche con precisi riferimenti alle vicende narrate e alla geografia e all’architettura dei luoghi. I volumi portano la prefazione di monsignor Franco Agnesi, Vicario generale della arcidiocesi di Milano, e di padre Massimo Casaro già direttore di «Italia Missionaria» e postfazioni che offrono il contesto del fumetto a tema missionario. Evangelizzazione, missione e inculturazione sono i paradigmi di cui si nutrono i fumetti riportati nei volumi. Il primo fumetto proposto si concentra sulla figura del medico missionario e teologo Albert Schweitzer, che fu insignito del Nobel della pace. Ci troviamo nel Gabon e il fumetto vergato da Renzo Maggi si chiama: “Chi sono i selvaggi?”. Siamo alle soglie prima guerra mondiale e attraverso il dialogo tra il missionario e un indigeno si presenta ai ragazzi il dramma e l’insensatezza della guerra, si pongono domande cui è difficile trovare risposta, dalla costruzione del nemico ai massacri fratricidi cui porta la guerra. Un fumetto-verità come si diceva in quegli anni, un fumetto per leggere e comprendere la realtà, offrendo materiale di riflessione sempre ben documentato. Se la collezione si apre con un missionario straordinario e premio Nobel, non è senza significato che si concluda con un missionario sconosciuto: fratel Federico Mariani, un semplice, con lo stesso fascino del francescanesimo e, come dice Maggi, dei “fioretti francescani”. Qui il lavoro di Renzo Maggi assume le dimensioni dello scavo dello storico e si racconta della vita di questo missionario, contadino di Pertusella (Va) che si presentò in seminario con la sua mucca, unico e indispensabile bene, che accudiva, oltre a dedicarsi al lavoro manuale. Aneddotica tradotta in fumetto che faceva sorridere e edificava i giovani lettori.

I diversi racconti si confondono tra aneddoti, leggende e storia, passando dal Bangladesh al Brasile, la Birmania (attuale Myanmar), l’Artide e l’India, spesso divenendo veri fioretti missionari, ovvero delicati episodi volti all’edificazione del lettore. È un fatto che nessuno dei fumetti riportati sia frutto di fantasia ma si appoggi a ricerche, interviste e approfondimenti a cui i fratelli Maggi si dedicarono con passione e partecipazione, con pazienza e attenzione attraverso un lavoro meticoloso che trasformò i racconti dei missionari in sceneggiature. Altro elemento interessante dei fumetti dei Maggi è il dato, non scontato, che nella narrazione non si nasconde nulla ai lettori, nemmeno i particolari più scabrosi, si tratta di una forma di rispetto dei lettori ragazzi a cui si rivolgeva il mensile del Pime. Narrazioni intense, ficcanti ma soprattutto vere, quasi del graphic journalism ante litteram che ancora oggi è un piacere leggere.

Stefano Gorla – L’Osservatore Romano