Martedì 30 dicembre 2025
“Come sempre, le feste di Natale ci conducono infatti alla fine di un anno e ci aprono le porte di quello nuovo. Giornali, radio e televisione ci offrono panoramiche e bilanci di come è andato il 2025 e previsioni più o meno verosimili per il 2026. Per ognuno di noi l’anno che sta terminando ha avuto momenti belli e difficili, sia a livello personale che nella cerchia delle nostre famiglie, amici e conoscenti”. (Nella foto, Mons. Giuseppe Franzelli)

Mons. Giuseppe Franzelli, dall’Italia all’Uganda
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO NEL SIGNORE!

Mons. Giuseppe Franzelli, in Uganda.

Carissimi/e,
Pensando a voi, mi vengono in mente le parole della preghiera che ho imparato a recitare da bambino da mia mamma, e che ripeto ogni giorno mattina e sera, chiedendo a Dio “la tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari”. La grazia di Dio è il dono del suo amore, con cui il Signore accompagna e riempie la nostra vita. E la grazia più grande che Dio ci poteva dare, “apparsa” (Tito 2,11) nella pienezza dei tempi, è il dono di suo Figlio Gesù, che si è fatto nostro fratello e la cui venuta stiamo per celebrare a Natale! Nella mia preghiera, chiedo quindi a Dio che rinnovi in ciascuno di noi la gioia della sua venuta, e che la grazia della sua presenza ci accompagni e sostenga ogni giorno del nuovo anno che ci regala.

Come sempre, le feste di Natale ci conducono infatti alla fine di un anno e ci aprono le porte di quello nuovo. Giornali, radio e televisione ci offrono panoramiche e bilanci di come è andato il 2025 e previsioni più o meno verosimili per il 2026. Per ognuno di noi l’anno che sta terminando ha avuto momenti belli e difficili, sia a livello personale che nella cerchia delle nostre famiglie, amici e conoscenti.

Allargando lo sguardo alla società in cui viviamo, siamo stati e siamo tuttora testimoni della tragica follia con cui le guerre (quelle in corso, spesso ignorate, sono oltre cinquanta…) distruggono la vita di milioni di innocenti in varie parti del mondo. Sembra che il virus della violenza e dell’egoismo prenda il sopravvento, causando profonde ingiustizie sociali, carestie, sfruttamento dei poveri, ignorati da strutture e politiche sociali ed economiche tese solo ad ottenere maggior potere e ricchezza a pochi privilegiati. 

È davvero difficile in certi momenti sfuggire ad un crescente senso di pessimismo e impotenza, che conduce ad una rassegnazione passiva perché…tanto non possiamo farci niente!  Ma è uno sbaglio, e non è vero. È una lettura parziale e unilaterale della realtà, che ne ignora l’aspetto positivo. In mezzo ai bagliori delle esplosioni di bombe, lanci di missili e droni, sull’orizzonte che appare buio, coperto di nubi minacciose, anche quest’anno non sono mancati squarci di luce e di speranza. Sono, anzi, più di quelli che normalmente riusciamo a scorgere. Nel cuore di ogni uomo, senza eccezione, Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza, ha posto un germe di amore, che ci viene chiesto di far crescere e di riconoscere presente in tutti gli esseri umani e nel mondo intorno a noi.

Celebrare il Natale, è riconoscere anche quest’anno la presenza dell’Emmanuele-Dio-con noi, dalla nostra parte. Di Cristo che, accettando di condividere la nostra condizione umana e le nostre sofferenze, fino alla morte in croce, ha di fatto con la sua risurrezione sconfitto la morte ed offre a tutti la possibilità di collaborare con Dio alla costruzione di un mondo nuovo e fraterno in cui imparare a vivere in pace.   

Nella Chiesa, abbiamo salutato con commozione Papa Francesco, morto sulla breccia dopo averci regalato con il giubileo l’opportunità di fare un passo indietro, chiedere perdono e convertirci, cioè cambiare rotta  e continuare il nostro cammino di pellegrini della speranza. Dopo Francesco, ci è stato fatto il dono del nuovo Pietro, Leone XIV, un papa missionario che, sia pure con caratteristiche personali diverse ma in continuità col suo predecessore, invita la Chiesa all’unità e la guida sulle vie della missione, dell’attenzione ai poveri e della ricerca instancabile di quella pace disarmata e disarmante di cui il mondo intero ha bisogno.

A livello personale, facendo un bilancio dell’anno che sta per finire, pur coscienti e rammaricati per ciò che non è andato bene, non dimentichiamo di ringraziare Dio per la grazia degli innumerevoli doni con cui ci ha protetto e accompagnato.

A questo proposito, sono felice di potere condividere con voi il regalo graditissimo che attendevo da tempo e che il Signore mi ha dato proprio in questi giorni. Dopo vari controlli, i medici mi hanno dato via libera per tornare in Uganda! Ho quindi prenotato un posto sul volo del 10 Gennaio, in modo da poter essere a casa fra i Lango prima delle elezioni politiche del 15 Gennaio. Per me, il 2026 non potrebbe cominciare in modo migliore. Questo dono, oltre che alla bontà del Signore lo devo in modo particolare allo straordinario aiuto della amministrazione e del personale sanitario che hanno preso a cuore il mio caso, facendo miracoli per permettermi di fare in brevissimo tempo tutta una serie di controlli ed esami che avrebbero altrimenti comportato lunghi mesi di attesa.

Prima di partire, in attesa di tornare fra un po’ di mesi per ulteriori visite di controllo, voglio ringraziare di cuore tutti coloro che mi hanno aiutato, cominciando dalle mie due sorelle e mio cognato, che mi hanno circondato con la più affettuosa premura. 

Cosa troverò in Uganda? L’ho lasciata un mese e mezzo fa per sottopormi a dei controlli medici in Italia.  Già allora la scelta dei candidati dei vari partiti nelle elezioni primarie era stata caratterizzata da alcuni episodi di violenza. Ultimamente, la situazione è diventata più incandescente. Ai soliti problemi endemici della povertà, mancanza di assistenza sanitaria (quest’anno nella zona di Lira sono stati registrati oltre 600 nuovi casi di HIV/Aids) e di mezzi che assicurino una buona istruzione e benessere a tutti gli ugandesi e non solo ad alcuni gruppi privilegiati, si sono aggiunti nuovi e più preoccupanti episodi di ingiustizia e violenza che… preferisco non commentare.

Vado a vedere e a vivere dal di dentro questo momento delicato e importante nella vita del paese. A voi chiedo quindi una preghiera speciale per l’Uganda che si appresta a vivere fra un mese la sfida delle elezioni politiche in condizioni democraticamente molto discutibili, che in passato hanno sempre creato conflitti e divisioni

Ve ne parlerò – spero con buone notizie – nella prossima circolare di Pasqua. Quello che vi chiedo ora è di pregare i Martiri dell’Uganda chiedendo loro di intercedere per l’unità e la pace della loro patria. 

Anche quest’anno dobbiamo constatare che vari compagni di viaggio ci hanno lasciato, precedendoci alla meta. Privati della loro presenza fisica, ci resta, nella fede, la speranza di ritrovarci un giorno tutti insieme nella casa del Padre. Quando e come avverrà? Non sta a noi decidere. Di fronte all’incertezza del futuro, lasciamo tutto nelle mani del Padre, fidandoci del suo amore per noi. È quanto ho deciso di fare vent’anni fa, scegliendo come motto episcopale le parole di Gesù in croce: “In manus tuas, nelle tue mani affido il mio spirito”.

Ultimamente, oltre a ripetere questa preghiera per me e per il tratto finale del mio cammino, ho cominciato sempre di più a fare la stessa preghiera per le persone care, parenti, confratelli, la mia gente del Lango, l’Uganda, il mondo intero. Mettendo tutto e tutti nelle Sue mani. Non per tirarmi indietro, lavandomi passivamente le mani e lasciando che le cose vadano come vogliono. Al contrario, mi faccio carico di tutta la realtà che mi circonda, assumendo la mia parte di responsabilità nella preghiera, cosciente al tempo stesso che è Lui che guida la storia e che ci salva. Quando lo faccio sinceramente, mi sento più sereno e libero, meno ansioso, più pronto ad affrontare ciò che Dio mi farà incontrare nel mio cammino. Fra amici, permettetemi un consiglio: provate a farlo anche voi! E poi, per il resto… mi tornano in mente le parole finali del protagonista del Diario di un curato di campagna, di Bernanos: “Che importa? Tutto è grazia!”.

Allora, di nuovo, Buon Natale!
La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi. Sempre!

Con un grande abbraccio,
vostro
P. Giuseppe

P. Renzo Piazza, dal Ciad
Natale 2025

P. Renzo Piazza, nel Ciad.

Carissimi,
Al termine di un anno particolarmente intenso, mi interrogo su cosa posso condividere con voi nell’occasione dell’imminente festa del Natale. Ho pensato ai regali che trovo nel cesto natalizio di quest’anno…

Il primo dono è la gioia di essere stato vicino ai poveri. Gioia semplice, ma profonda e persistente, che non trova giustificazioni nel fare grandi cose. L’essenziale è esserci. Il resto lo fa la vita. Più il povero è povero e più grande è la sorpresa di quanto la semplice presenza può essere il regalo più gradito. I poveri più poveri li ho trovati soprattutto nel carcere, che sta diventando, per me, sempre più una scuola di formazione permanente. Mi ritrovo nelle parole di Papa Francesco pronunciate nel 2024, quando visitò il carcere di Montorio (VR): « Per me entrare in un carcere è sempre un momento importante, perché il carcere è un luogo di grande umanità. Di umanità provata, talvolta affaticata da difficoltà, sensi di colpa, giudizi, incomprensioni, sofferenze, ma nello stesso tempo carica di forza, di desiderio di perdono, di voglia di riscatto».

Un paio di mesi fa sono arrivati dal carcere di Koro Toro, in pieno deserto, a 600 km dalla capitale, un centinaio di detenuti in condizioni fisiche al limite del sopportabile: alcuni di loro, mi hanno detto, non ce l’hanno fatta a completare il viaggio. Gli altri sono arrivati affamati, sfiniti, gambe gonfie, segni di tortura… 30 di loro non riuscivano a camminare e hanno dovuto essere trasportati all’interno della prigione con la barella. Ho avuto modo di visitarli e di guardarli in faccia per un attimo. Ho avuto un nodo alla gola e sono rimasto senza parole… sono riuscito appena a dire: “Buongiorno…”, mentre mi sforzavo di pensare che in quei corpi macilenti e stanchi si nascondeva Gesù Cristo. A mia grande sorpresa un giovane, steso su una stuoia mi ha guardato, ha sorriso e mi ha detto: “Grazie!”. Ho pensato che quel Grazie poteva venire dalla persona stessa di Gesù e ha risuonato a lungo dentro di me, come la ricompensa del Vangelo vissuto…

Un grosso problema sono i detenuti senza processo: persone che restano per anni in carcere, senza un reale motivo: sono stati spettatori di un evento criminale, sono della famiglia di un inquisito, oppure c’è stato uno scambio di persona: il colpevole è fuori e l’innocente si trova dentro…

Ci vorrebbe qualcuno che ci aiuti a fare giustizia. Un avvocato, che nel passato aveva collaborato con l’equipe della pastorale carceraria gratuitamente al fine di soccorrere alcuni detenuti senza famiglia, senza soldi e senza difesa mi ha confidato: Ho rinunciato al mio lavoro di avvocato perché nel nostro paese non c’è più la giustizia: oggi la giustizia è schiava della politica…

Ieri abbiamo celebrato il Natale in anticipo, alla presenza dell’Arcivescovo. Una celebrazione toccante, ecumenica e profonda. Un detenuto, protestante, che ha studiato legge ed è stato scelto come coordinatore delle attività religiose all’interno del carcere ha dato il benvenuto con queste parole:

“E’ con una gioia profonda, un’emozione sincera e un rispetto filiale che la comunità cristiana del carcere di N’djamena l’accoglie oggi in mezzo a sé. La sua presenza non è semplicemente una visita pastorale, è per noi un segno vivo della misericordia, un gesto di amore che raggiunge ciascuno nella sua realtà, nelle sue lotte e nella sua speranza. Lei è entrato qui come un Padre che viene a visitare i suoi figli, un pastore che raggiunge il suo gregge anche nei luoghi più dimenticati, ricordando le parole del Signore nel Vangelo di Matteo: ‘Ero in prigione e siete venuti a visitarmi’.
Monsignore, la sua venuta ravviva in noi la certezza che Dio non ci abbandona e la sua grazia attraversa i muri, le inferriate e le porte bloccate; apre dei percorsi di ricupero, di guarigione e di trasformazione. Oggi noi vogliamo dirle ‘Benvenuto!’ con tutto il nostro cuore: sia benvenuto in questa casa in cui Dio restaura le vite, dove i cuori risorgono, dove degli uomini diventano discepoli. Noi crediamo che la sua parola sarà una parola fonte di luce, un balsamo di pace e una direzione nuova per ciascuno di noi.
L’accogliamo con rispetto, riconoscenza e speranza. Che il Signore rinnovi la sua forza, che la ispiri nel suo ministero e che benedica abbondantemente tutti coloro che lei conduce”.

Nel cesto di Natale trovo ancora un libretto prezioso e gradito: l’esortazione Apostolica di Papa Leone “Dilexi te”, Ti ho amato, sull’amore verso i poveri. Può essere letto come il testamento spirituale di Papa Francesco, che Papa Leone ha raccolto e completato. Trascrivo qualche frase che mi ha particolarmente colpito:

Contemplare l’amore di Cristo «ci aiuta a prestare maggiore attenzione alle sofferenze e ai bisogni degli altri, ci rende forti per partecipare alla sua opera di liberazione, come strumenti per la diffusione del suo amore».

Come sarà bello il Natale se riusciremo a contemplare e a gustare con viva fede l’amore di Gesù che si fa piccolo e povero per essere tra di noi e con noi!

Il contatto con chi non ha potere e grandezza è un modo fondamentale di incontro con il Signore della storia. Nei poveri Egli ha ancora qualcosa da dirci.

Sono convinto che la scelta prioritaria per i poveri genera un rinnovamento straordinario sia nella Chiesa che nella società, quando siamo capaci di liberarci dall’autoreferenzialità e riusciamo ad ascoltare il loro grido.

L’alternativa che il nemico propone è l’avere, il potere e l’apparire: ma questi idoli non hanno la forza di rinnovarci. Piuttosto collaborano a deprimerci quando ci sfuggono dalle mani…

Il terzo regalo che trovo nel cesto sono le “preghiere dei Santi” che mi hanno sostenuto e accompagnato in questi mesi e l’aiuto economico sovrabbondante che ho ricevuto per completare il centro sanitario dedicato al Beato P. Giuseppe Ambrosoli. Molti, senza essere sollecitati, hanno condiviso con altri amici la mia richiesta di aiuto e ne ho avuto ampio riscontro. A tutti rivolgo un grazie profondo e sincero.

A che punto siamo? Si chiederà qualcuno… Penso che possiamo dire: Siamo verso la fine, visto che al momento in cui scrivo i piastrellisti sono al lavoro… È un progetto che sta andando avanti bene… a condizione di essere sostenuti da tre “P”: Pazienza perché per mesi le strade sono impraticabili e questo rallenta tutto; Pazienza perché a volte manca il materiale; Pazienza perché a volte mancano gli operai…Ma se questa è un’opera di Dio, Lui saprà condurla a buon fine, nei tempi da lui previsti.

Il quarto regalo è la comunità cristiana di Kilwiti che mostra di essere affamata e assetata della Parola di Dio e dell’amicizia del suo Figlio Gesù. Avendo la presenza del sacerdote solo per qualche giorno della settimana, sono obbligati a prendersi in carico delle varie attività e lo fanno con costanza e fedeltà, i giovani e gli adulti, al centro della zona pastorale e nelle piccole comunità ecclesiali di base disperse nella periferia. Sono un esempio per noi che fatichiamo sempre più ad avere un sacerdote dedicato alla parrocchia, ma che forse possiamo offrire una più grande collaborazione per il bene della comunità.

“Un bambino è nato per noi, ci è stato donato un figlio. E’ chiamato Principe della pace; egli viene a consolidare e rafforzare il diritto e la giustizia”.

Vieni, Signore Gesù!

Buon Natale a tutti!
P. Renzo Piazza

P. Davide De Guidi, dal Mozambico
Natale 2025

P. Davide De Guidi, nel Mozambico.

Cari amici, un caro saluto dal Mozambico. Mi è difficile scrivervi personalmente, ma ognuno di voi è presente in me, sebbene è da molto tempo che non ci vediamo o sentiamo. Arriva il Natale e saremo ripieni di messaggi e proposte. Magari quando avrete cinque minuti potrete leggere questa lettera di Natale, se lo desiderate, dove racconto un po’ di ciò che viviamo qui, tra oscurità e luci. In tutto ciò sento che il buon Dio ci accompagna e cammina al nostro fianco, soprattutto nei momenti di stanchezza.

“Ognuno é una missione”, ci diceva Papa Francesco. Io la vivo qui in terra d’Africa da molti anni e, nonostante tante contraddizioni, sofferenze e disillusioni, stare accanto a questo popolo mozambicano é un grande dono di Dio, è bello e riempie il cuore.

Nella lettera ho marcato la situazione degli sfollati, perché in loro vedo il rinnovarsi del dramma di Dio, che non c’era un posto per Lui nascere, ma la vita, la vita di Dio in Gesù non rimane nascosta nell’oscurità, ma sempre riemerge, risorge in ciascuno di noi che amiamo la vita.

Un grande abbraccio e, se volete, qui c’è posto anche per voi, se vi sentite chiamati a condividere il dono che siete per l’umanità. Che il buon Dio vi ricolmi della sua speranza e gioia.

Uniti nella nell’onnipotenza della preghiera e nella testimonianza che un mondo “Altro e piú umano è possibile”,
fraternamente
Padre Davide De Guidi

P. Davide De Guidi, dal Mozambico
Natale 2025

P. Davide De Guidi, nel Mozambico.

“Non c’è posto per loro” (Lc 2,6-7)
“Il Natale si ripete in un popolo umile e umiliato, ma Lui nasce ancora…”

Cari amici, un caro saluto dal Mozambico, in questo tempo che prepariamo la venuta di Dio nell’umiltà, che ci dona la speranza e la gioia nel credere che una fraternità umana è ancora possibile con Lui. Vorrei ringraziare tanti di voi che ci avete teso la mano, dopo che il ciclone Jude aveva inginocchiato i territori della parrocchia di Carapira e dintorni.

Questa terra africana dove sono, è davvero bella per essere abitata da un popolo accogliente, buono e umile, ma altrettanto travagliata negli ultimi anni, dopo la scoperta di vari minerali nel sottosuolo. Grandi aziende e multinazionali vedono l’opportunità di appropriarsi di queste ricchezze per mantenere il loro stile di vita e andare oltre.

Dal 2017, infatti, la provincia di Cabo Delgado è stata teatro di un conflitto intermittente che ha già causato oltre un milione di sfollati e migliaia di morti. Gruppi armati di origine islamica, composti in parte da giovani locali e in parte da combattenti stranieri, hanno attaccato in questi anni villaggi, bruciato case, rapito donne e bambini e commesso varie atrocità in Capo Delgado. Ora sono arrivati ancora una volta a Chipene e nei dintorni, una zona dove ero stato come missionario, per accompagnare questa grande parrocchia con circa 130 comunità, assieme alla cara Sr Maria de Coppi, martire della fede e dell’amore di Dio il 6 settembre del 2022.

Ora più di 72.000 sfollati (secondo l’organizzazione internazionale per l’emigrazione) dell’intero territorio di Chipene e dintorni (circa 4000 km2) a fine novembre e inizio di dicembre sono dovuti fuggire con vari mezzi: la maggior parte a piedi, dormendo nei boschi. Ma perché tutto questo? In un contesto di disoccupazione e povertà estrema con scarsa attenzione istituzionale, reclutare i giovani per cammini oscuri senza uscita, purtroppo è facile.

È un mix esplosivo. Da un lato, c’è la frustrazione di tanti giovani senza futuro; dall’altro, gli interessi economici legati ai giacimenti di gas, grafite, petrolio e rubini scoperti nel Nord. Le multinazionali sfruttano le risorse, ma la popolazione rimane povera. I gruppi armati usano la religione islamica come ideologia, ma in realtà la guerra è per il controllo di queste ricchezze. L’intervento dell’esercito mozambicano e delle truppe ruandesi ha permesso la riconquista di alcune aree, ma la pace è ancora lontana dall’essere raggiunta. Alcuni villaggi che erano stati ripopolati ora si stanno nuovamente svuotando. La gente vive nella paura e molti non tornano indietro per traumi avuti e per non vedere un futuro di speranza per i loro figli. Così i territori vicini si stanno popolando di rifugiati che cercano un rifugio, tra cui Namapa con più intensità e Carapira, dove siamo presenti come missionari comboniani e laici comboniani.

In questi giorni, ho visitato con i confratelli missionari gli sfollati accalcati nella parrocchia di Alua, vicino a Chipene per condividere un gesto di solidarietà: cibo, teloni per coprire le loro case, coperte, zappe, ecc… ciò che ci restava dell’iniziativa di sostegno al popolo colpito dal ciclone Jude. Mi è toccato il cuore incontrare tante care persone che conoscevo di Chipene (animatori, catechisti, mamme e giovani…) in coda per cercare qualcosa da mangiare con il volto sofferente. Molti di loro non ricevevano nulla da giorni, perché non c’era abbastanza cibo, medicine e altre cose di prima necessità per tutti.

È una situazione triste vedere persone umili che desiderano solo vivere onestamente nelle loro semplici case, spesso costruite con mattoni di fango e tetto di paglia, coltivando il loro campo, con una piccola zappa, per dare un pó di cibo ai propri figli; ma a cui viene negato questo diritto umano e devono fuggire per salvarsi. In questa situazione di emergenza e sofferenza umana, non si può rimanere indifferenti, per cui noi missionari comboniani a nome del popolo rifugiato di Chipene, Memba, Namapa e Alua sentiamo il dovere di condividere questo loro grido di aiuto, per chiedervi una preghiera e, per chi può, un gesto di solidarietà, secondo il vostro cuore vi suggerisce.

Di che cosa ha bisogno la nostra gente rifugiata nei nostri territori? Cibo (farina, riso, olio, fagioli, arachidi, latte per bambini denutriti, sementi…), medicine, coperte, stuoie e teli per proteggersi dalle piogge) e anche strumenti da lavoro (zappe, machete…), perché è un popolo che ha la propria dignità e ama lavorare per il suo sostento. E infine materiale scolare per i ragazzi che a fine gennaio torneranno a scuola

Il Comboni ci ha insegnato a “fare causa comune con i più bisognosi della terra”. Lui aveva compreso il cuore di Dio rivelato in Gesù, un cuore che non smette mai di amare e credere in un futuro migliore per i suoi figli non amati da questo mondo, dove molti cuori sono avidi di cose, ma vuoti di amore e umanità. E Dio cosa fa? Non gli resta che il nostro cuore per creare un mondo altro, che è il “Regno di Dio”, dove non predomina il potere, ma il servire gratuitamente il fratello, dove la bramosia dell’accumulo dei beni cede il posto alla condivisione fraterna e dove il volto di Dio è nascosto in questi nostri fratelli e sorelle scartati dalle dinamiche di potere.

Come équipe missionaria abbiamo anche aperto un Centro per bambini denutriti e stiamo dando una mano per ricostruire varie realtà distrutte dal ciclone in marzo. Il popolo ringrazia e collabora, questo è bello. In questi giorni oltre a dare una mano nella ricostruzione di cappelle distrutte dal ciclone, sostenere famiglie povere, spesso con case ancora semi distrutte, condividere sementi di granoturco per la semina, stiamo anche ristrutturando la scuola del paese che accoglie circa 2300 bambini, un piccolo gesto di Natale per dire che anche questi bambini hanno la loro dignità e sono amati da Dio. Tutto questo è grazie anche a voi e al vostro buon cuore. E’ bello anche vedere le mamme dei bimbi portarci la sabbia per la costruzione, caricata in un secchio sulla testa, come segno di collaborazione e gratitudine per la riabilitazione della scuola frequentata dai loro figli.

Ora il Natale si avvicina e, se non siamo vigilanti, possiamo cadere nella tentazione di lasciar fuori proprio Colui che nasce per donarci la Sua Vita, illudendoci che saremo più felici se compriamo o accumuliamo cose e regali che spesso ci lasciano il cuore vuoto. A voi cari amici un invito a vivere e pensare diversamente per restare umani e accogliere il divino che abita nel profondo di voi stessi, ed essere dono e speranza di Dio per l’altro. Solo mettendo assieme i nostri doni ricevuti da Dio, qualcosa di nuovo nascerà e sarà festa per tutti, sarà Natale.

Un augurio allora che questo nuovo Natale ci trovi con uno sguardo nuovo, lo sguardo di Gesù, che apre ogni cuore afflitto alla speranza che un “mondo altro” è possibile, se lo vogliamo costruire assieme.

Un grande grazie di cuore, cari amici, per la vostra vicinanza, che sempre ci avete mostrato in tanti modi.

Uniti nella preghiera e nella solidarietà,
P. Davide De Guidi
e comunità missionarie di Carapira e Namapa.
Carapira, 17 dicembre 2025

Padre Sandro Cadei, dal Togo
Natale 2025

Padre Sandro Cadei, dal Togo

Cari tutti,
oggi è NATALE nel mondo, per tutti anche per chi non crede, perché il Salvatore e Messia è stato donato all’umanità. Gesù è il sole vero per cui la sua luce, come quella dell’astro, brilla su tutta l’umanità senza eccezioni. Poi uno può anche mettersi all’ombra di un albero…

Mi pare doveroso un saluto da parte mia e dal Togo.

Lunedì scorso, il santo padre incontrandosi con la curia per il consueto augurio natalizio, non ha esitato a mettere in risalto l’aspetto missionario della Chiesa. La Chiesa è per sua natura estroversa, rivolta verso il mondo, missionaria, ha ribadito. La missione non nasce da strategie umane, ma dal dinamismo stesso del Natale: “Dio si è messo in cammino verso di noi, e in Cristo ci è venuto a cercare”. E quanto alla Curia stessa, ha aggiunto: “Abbiamo bisogno di una Curia Romana sempre più missionaria… pensata in funzione delle grandi sfide ecclesiali, pastorali e sociali di oggi”. Parole belle che speriamo tocchino mente e cuori di tutti noi come cristiani.

Gli anni vissuti in missione, hanno scavato nel cuore del papa, e non poteva essere diversamente. E per me, che procedo negli anni, pur con qualche acciacco di salute, è un incoraggiamento importante. Le varie difficoltà che la missione comporta non sono mai motivo per lasciare, abbandonare o ritirarsi. Bisogna tenere il campo sino all’ultimo. Per cui conservo pace interiore e serenità facendo quel che mi riesce di fare.

La situazione socio-politica che nella precedente lettera ho descritto, continua. Ma non c’è fretta. Tutti i grandi personaggi della storia, sono tramontati, solo il Regno di Cristo rimarrà e traverserà tutta la storia dell’umanità. L’Emmanuele, Dio con noi, che Natale ci fa celebrare, è il riferimento essenziale e definitivo.

Quindi in questo Santo Giorno, auguro giorni santi e pieni di luce, di pace e di gioia. E poi entrando nell’Anno Nuovo, chiedo per voi e famiglie tutte una bella grande e forte benedizione dall’ Alto. Il Signore rimane fedele e non si smentisce mai. In Lui la nostra fiducia. L’Emmanuele è venuto per porre la sua tenda, come scrive san Giovanni, in mezzo a noi (= il Verbo si è fatto carne).

SANTO NATALE e ANNO NUOVO DOMINI PIENO DI GRAZIE.
Padre Sandro Cadei

Mons. Damiano Guzzetti, vescovo di Moroto (Uganda)
Natale 2025

Moroto (Uganda)

Carissimi amici,
è Natale, un Natale che ci viene donato al termine di questo tempo di grazia del Giubileo della Speranza, aperto da papa Francesco e che a breve sarà chiuso da papa Leone, per ricordarci che la speranza continua anche davanti alla morte. La “terza guerra mondiale a pezzi” prosegue nonostante gli appelli alla pace; distruzioni, carestie e il cambiamento climatico, che provoca devastazioni per incendi e nubifragi, sembrano voler spegnere la fiducia in quel mondo nuovo che sta nascendo.

Eppure, proprio fermandoci davanti alla grotta, dove Maria e Giuseppe — non accolti — ci attendono, siamo richiamati dalla luce che risplende nelle notti del mondo ad entrare nella loro povertà e pace. Cristo è la nostra pace: nasce per insegnarci che solo accogliendo Lui, Parola Viva, potremo ritrovare la strada dell’armonia e della riconciliazione.

Per la diocesi di Moroto, quest’anno memorabile è stato caratterizzato dalla grazia della consacrazione e dell’apertura della nuova Cattedrale dedicata all’“Amore Misericordioso di Gesù”. Il 24 maggio scorso, giorno di Maria Ausiliatrice, più di settemila cristiani hanno partecipato all’evento con una celebrazione fiume di ben sette ore, vissuta con un cuore traboccante di fede, di preghiera gioiosa, di stupore e meraviglia di fronte al grande dono che Dio ha concesso alla nostra comunità. Anche i fratelli venuti dall’Italia non hanno potuto trattenere l’emozione.

Un ringraziamento particolare va al coro, composto da oltre 300 cantori provenienti da tutta la diocesi, che ha dato colore e vita alla celebrazione. Siamo infinitamente grati alla Provvidenza e ai numerosissimi donatori che hanno reso possibile la realizzazione di questo edificio sacro. Ora si apre una nuova sfida: affiancare alla Cattedrale un’opera che dia futuro alle giovani generazioni del Karamoja.

Quest’anno ha timidamente avviato le attività la nuova scuola secondaria che stiamo costruendo non lontano dalla Cattedrale. Questa opera sociale corona il percorso iniziato, per favorire lo sviluppo integrale della persona.

Attualmente sono presenti 60 studenti che si sono adattati alla precarietà dei primi edifici, ancora incompleti. I nostri ragazzi si accontentano di poco, purché possano studiare. La scuola necessita ancora di aule aggiuntive, refettorio, sala multifunzionale, dormitori, laboratori e alloggi per gli insegnanti. Confidiamo nella Provvidenza.

Il progetto per i bambini di strada prosegue senza sosta e inizia a dare i primi frutti. I ragazzi e le ragazze che riusciamo a togliere dalla strada vengono inseriti in corsi brevi per imparare un mestiere secondo le loro inclinazioni: alcuni sono diventati barbieri e si sono inseriti a Kampala, altri sono tornati in Karamoja per avviare la stessa attività. Lo stesso vale per idraulici, elettricisti e muratori. Purtroppo, sono ancora molti i minori che vengono portati a Kampala a mendicare sulle strade della capitale.

Anche quest’anno, grazie al costante aumento dei cristiani, proprio in questo mese siamo riusciti ad aprire due nuove parrocchie: Nawanatau, la tredicesima realtà parrocchiale, e Loroo, la quattordicesima, che ora possono occuparsi della cura pastorale dei numerosi villaggi sorti attorno a Moroto da un lato, e dell’estrema zona orientale della diocesi abitata dalla tribù Pokot dall’altro. In entrambe le celebrazioni di inaugurazione si è ripetuto il commovente gesto dei cristiani, che con il loro generoso contributo aiuteranno le nuove comunità a completare le strutture ancora mancanti.

Nel mistero luminoso del Natale, mentre contempliamo il Bambino di Betlemme, nasce spontaneo in noi un sentimento profondo di gratitudine.

Anche quest’anno, grazie al vostro sostegno generoso e fedele, abbiamo potuto continuare a essere segno di speranza per tante famiglie e giovani della nostra comunità. Vivendo in un territorio dove le sfide sono molte — dalla siccità alle fragilità economiche, dall’educazione alla salute — il vostro aiuto non è mai stata una semplice assistenza materiale, ma un gesto di vicinanza, dignità e fraternità.

Ogni progetto realizzato, ogni scuola sostenuta, ogni famiglia accompagnata porta la vostra impronta, e per questo vi siamo profondamente riconoscenti. In questo tempo santo, la vostra carità ci ricorda che Dio continua a farsi presente attraverso mani generose e cuori aperti. Possa il Signore ricompensare la vostra bontà con pace, salute e serenità nelle vostre famiglie.

Con sincera riconoscenza, auguro a tutti voi un Santo Natale e un nuovo anno ricco di benedizioni. Con amicizia e gratitudine,
Padre Damiano