Roma, sabato 16 giugno 2012
La comunità della Curia ha celebrato ieri la solennità del Sacro Cuore con i Comboniani presenti a Roma, alcune Comboniane, e un gruppo di amici e benefattori. La messa della festa è stata presieduta dal superiore generale P. Enrique Sánchez González. Pubblichiamo qui di seguito l’omelia proferita durante la Messa.

Cari fratelli e sorelle,
Celebriamo oggi con tutto l’Istituto la Festa del Sacro Cuore, festa che nella Chiesa è ricordata con grande solennità e gratitudine per l’immenso amore che Dio continua a manifestare per noi. È la festa dell’amore che si è fatto strada per manifestare il luogo che abbiamo nel cuore di Dio, la festa che ci ricorda dove si trova la sorgente di tutta la nostra vita, del nostro essere e del nostro agire cha danno senso e orientano il nostro camminare in questo mondo.

Per noi Comboniani, questa non è una festa in più, è una celebrazione che ci porta a riflettere su una delle dimensioni fondamentali della nostra vocazione e della nostra missione in quanto eredi del carisma di San Daniele Comboni. Per lui, il Sacro Cuore è stato sempre al centro della sua vita e della sua opera e sappiamo bene il ruolo svolto da questo Cuore trafitto nella sua esperienza spirituale e nella sua opera apostolica.

È da questo incontro nel silenzio e nella contemplazione che il nostro padre e fondatore ha ricevuto le sue intuizioni e inspirazioni missionarie. Dal Cuore di Gesù lui ha ricevuto la forza e la passione per consacrarsi pienamente ai fratelli e alle sorelle scoperti da lui come i primi destinatari dell’amore che Dio vuol fare sperimentare a tutta l’umanità, anche oggi, attraverso il nostro servizio missionario.

Possiamo dire che, fissando il nostro sguardo sull’icona del Cuore di Gesù presente in tutte le nostre comunità, in questo giorno facciamo ancora una volta l’esperienza di riconoscere che tutto nella nostra vita parte da questo Cuore che continua a offrirci la chiave di lettura per poter capire tutto il mistero della nostra vocazione e della nostra chiamata a vivere nell’amore e per amore. Per questo, il nostro incontro oggi qui, in comunione con tutti i nostri fratelli sparsi nel mondo, diventa non soltanto motivo per festeggiare, ma occasione per rinnovare la nostra fiducia e il nostro coraggio missionario, perché ci accorgiamo che la sorgente di tutto quello che siamo e vogliamo, nel sogno di contribuire alla costruzione di un mondo più giusto, fraterno e in pace, ha inizio in questo Cuore che non si stanca mai di amarci.

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci aiuta a capire e a entrare nel mistero di questo amore e vorrei con semplicità condividere con voi tre pensieri che hanno accompagnato la mia riflessione e la mia preghiera in questi giorni.

Il Cuore come la porta che ci permette di entrare nell’amore di Dio
Il profeta Osea, nella prima lettura, ci offre una bellissima parola che ci fa capire di quale amore stiamo parlando. Dice nel primo versetto di questo capitolo 11, “quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio” e poi nel versetto 8, “il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”.

Da sempre siamo stati amati da Dio e per sempre lo saremo. Dio non può fare altro che amare e tutto il suo volere non è altro che aiutarci a capire con i nostri cuori, e non con le nostre teste e i nostri ragionamenti, che lui non desidera fare altro che amarci, farci diventare suoi figli. Si tratta di un amore senza condizioni, gratuito, amore di Padre che non desidera altro che la felicità dei suoi. È un amore eterno che Dio ha avuto sempre per ognuno di noi, dal momento che lui ci ha pensati e voluti per chiamarci a vivere.

Penso sia molto bello e incoraggiante ricordarci che tutto comincia per noi in questo desiderio di Dio. Bello, perché impariamo che tutto quello che accade nella nostra vita non è casuale, non è risultato di un disguido o frutto di un imprevisto. Tutto avviene perché entra nei piani di Dio che non cerca altro che il nostro bene. Incoraggiante, perché ci aiuta a capire che l’amore rende tutto possibile e Dio nella sua bontà vuole introdurci nel suo amore pieno di compassione, cioè, pieno di sollecitudine per il bene nostro.

Il Cuore di Gesù ci ricorda l’invito che il Signore ci fa continuamente dicendo: “venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt. 11, 28-29). Il Cuore di Gesù ci rivela l’umiltà di Dio che cerca sempre di stabilire la sua dimora in noi. È un amore mendicante che sa aspettare fino a quando diventiamo disponibili a lasciarlo entrare in noi.

Il Cuore che ci fa entrare nel pensiero di Dio
San Paolo, nella sua lettera agli Efesini, ci parla del mistero nascosto da secoli in Dio e questo mistero non è altro che il suo progetto di amore attraverso il quale ha voluto rivelarsi nella nostra storia. È il progetto missionario di Dio che nel suo grande amore non ha trattenuto per sé neanche il suo Figlio, Cristo il Signore. Dio ci ha tanto amato da donarci il Figlio che era il motivo di tutto il suo amore. In quest’amore si trova l’inizio della missione: l’amore che va fino in fondo nella consegna di sé per il bene degli altri.

Il Cuore di Gesù che celebriamo ci fa entrare e capire il pensiero di Dio, la scelta che Dio ha fatto per mostrarci quanto ci ama. In Cristo, dice Paolo, Dio ha attuato il suo progetto di rivelazione che ci concede di accedere a Dio in tutta fiducia mediante la fede in lui. Per questo, il nostro annunzio non può essere altro che la proclamazione di Cristo in mezzo a noi. Non possiamo tacere e ignorare il bisogno che la nostra umanità ha di conoscere e di incontrarsi con Cristo perché soltanto in lui si trova l’amore che può soddisfare i nostri cuori.

Possa Cristo per mezzo della fede abitare nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Sappiamo molto bene che il nostro essere missionari cerca sempre la maniera di annunciare questa convinzione: la missione non è possibile senza un’esperienza profonda di incontro e di accoglienza dell’amore di Dio che si è manifestato in Cristo. Allo stesso tempo, non sarà possibile compiere nulla con la nostra missione se noi per primi non siamo abitati da questo amore che ci fa diventare persone nuove, fondate sull’azione dello Spirito che lavora sempre in noi.

Un Cuore sempre aperto
Il Vangelo ci aiuta a perfezionare la nostra contemplazione del mistero dell’amore che si manifesta nel Cuore di Gesù. San Giovanni ci offre l’immagine di Cristo in croce dove uno dei soldati con la lancia gli colpì il costato e subito ne uscì sangue e acqua. È l’immagine del cuore che salva per mezzo del suo sangue donato in sacrificio, senza chiedere nulla in ricompensa. È l’espressione più bella della gratuità dell’amore di Dio, l’amore che viene sigillato con il sigillo della morte. Allo stesso tempo è l’amore che sgorga come acqua che purifica, risana e feconda ogni cosa con la forza dell’amore.

Da questo cuore squarciato, dobbiamo sempre ricordarci, nasce la nostra vocazione e la possibilità della nostra azione missionaria. È soltanto contemplando questo Cuore trafitto che possiamo capire che non siamo noi i protagonisti e, meno ancora, gli incaricati di salvare il mondo: ci è già stato dato Cristo che ha offerto la sua vita per mostrare che l’amore di Dio non ha limiti.

Questo Cuore aperto ci ricorda che non diventeremo mai degli autentici missionari se non saremo sempre disposti a vivere facendo l’offerta totale della nostra vita per amore. Non c’è missione senza sacrificio e senza la testimonianza di un grande amore appassionato per i più abbandonati. È questo sarà possibile soltanto nella misura in cui noi stessi vivremo dell’Amore che sgorga dal fianco trafitto di Cristo, dono immenso d’amore che soltanto Dio può offrirci.

Che il Signore ci aiuti a mantenerci sempre attenti e disponibili al suo grande amore affinché possiamo diventare umili testimoni del Cuore di Gesù che ancora oggi vuole fare tutto secondo l’inesauribile amore del Padre.
P. Enrique Sanchez G., mccj