Domenica 24 marzo 2019
Ieri mattina abbiamo celebrato il funerale del nostro confratello P. Gino Centis, deceduto due giorni fa all’età di 92 anni. P. Gino, malgrado fosse in carrozzina, ha goduto di buona salute fisica e mentale fino ad alcuni giorni prima della sua dipartita. Proveniente da Pordenone, ha speso la sua lunga vita missionaria nell’insegnamento, prima in Portogallo (20 anni) e di seguito in Mozambico (44 anni) particolarmente nel centro catechistico di Anchilo.

P. Arnaldo Baritussio, comboniano, che ha vissuto con lui in Portogallo e Mozambico, ha detto alla fine dell’Eucaristia che la vita di P. Gino è stata un omaggio all’insegnamento e alla pietas. Con l’insegnamento ha promosso il valore della persona, dei seminaristi comboniani portoghesi e dei giovani mozambicani negli anni della guerra coloniale e civile e nei primi passi dell’indipendenza. Con il suo impegno nella catechesi ha reso omaggio alla pietas attraverso la traduzione dei testi sacri, liturgici e devozionali in lingua macua.

Così l’ha ricordato P. Renzo Piazza durante l’omelia:

Padre Gino Centis
23 marzo 2019

Come è morto?

Appena si è sparsa la voce che il P. Gino, ricoverato in ospedale  da poche ore, aveva reso l’anima a Dio, alcuni confratelli hanno chiesto: “Di che cosa è morto?” Nessuno ha chiesto : “Come è morto?”

Ho avuto l’impressione che negli ultimi giorni P. Gino abbia ricevuto il dono di percepire che era arrivato per lui il momento cruciale della sua vita, quello di “sciogliere le vele” e dell’incontro con il Signore. Ne ha fatto oggetto di dialogo con il personale e i confratelli, confidandosi con serenità, in un momento in cui la parola faceva più fatica a manifestarsi. Non ha accennato alla nave, ma al treno: “Il treno è pronto. Basta che il capo stazione dia un colpo di fischietto…”; “La notte scorsa ho avuto l’impressione che me ne stavo andando da questo mondo…”. Da buon cristiano ha chiesto di confessarsi… Infine sul letto dell’ospedale, in una stanza non certo silenziosa, sono riuscito a percepire, con qualche difficoltà, quello che ritengo possa essere il suo testamento spirituale: “Ricordiamoci che Dio è buono e misericordioso con tutti”; “L’importante nella vita è di compiere la sua volontà”; “Grazie a tutti voi che vi siete presi cura di me”. E pochi minuti prima di spirare diceva al fr. Giancarlo: “Portatemi a casa, non voglio mancare alla Messa delle 18.00.

Non ha avuto bisogno di cure sproporzionate, non c’è stata per lui la terapia del dolore, non gli è stata somministrata la morfina. Si è spento all’improvviso, perché è giunto al termine del suo percorso, a 92 anni, un mese e venti giorni, di cui 64 vissuti fuori dall’Italia, 20 in Portogallo e 44 in Mozambico.

Come è morto? Possiamo dire che si è addormentato nel Signore, per risorgere con lui. La paura, che spesso è presente al termine della vita ed è frutto del lavoro del maligno, non sembrava presente in lui. Ha guardato in faccia alla morte, mantenendo gli occhi fissi in Gesù. C’è stata nelle sue parole la testimonianza della vittoria di Gesù sulla morte superando la paura di morire.

C’è qualche similitudine con la prima lettura. Paolo è giunto ormai al termine della sua vita e dopo aver esortato il discepolo Timoteo ad essere fedele alla missione di portare a termine l’opera di annunciatore del Vangelo, parla del suo rapporto con la morte imminente: “Il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele”.  Paolo è vissuto guardando sempre in faccia la morte, istruito interiormente dalla morte e dalla risurrezione di Gesù: “Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta, per arrivare al premio…” (Filippesi); “Per me il vivere è Cristo e morire un guadagno”; “Sento il desiderio di essere sciolto dal corpo”; “La nostra patria è nei cieli…”

“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”. Paolo, come P. Gino, ha intravisto il termine della sua vita come un sereno commiato alla fine di un viaggio in cui ha speso ogni sua energia per il servizio al Vangelo.

Come è vissuto?

Una seconda domanda che possiamo farci è molto semplice: Per chi e per che cosa è vissuto il P. Gino? Troviamo la risposta in un libro di P. Fausti: “Il centro dei comboniani di Anchilo è stato determinante per formare laici preparati, elaborare strategie per piccole comunità, scrivere sussidi per la catechesi e la celebrazione liturgica. In particolare penso ai padri Antonini, Prandina, Cimitan, Reggiori e Gino Centis. Quest’ultimo sapeva bene la lingua locale e aveva dato alla Parola di Dio di parlare in Macua».
P. Gino ha speso la vita per la Parola, per renderla accessibile al popolo del Mozambico, in modo che nessuno iota e nessun trattino della legge andasse perduto. Chi fa così, dice il Vangelo, sarà considerato grande nel Regno dei cieli.

Lascio la parola al P. Gianluca Contini che ha condiviso la missione con lui:
«P. Gino è stato il missionario della lingua locale: che fortuna avere il testo completo della Bibbia tradotto in Macua, il lezionario festivo: anno A,B,C, il libro delle preghiere quotidiane Malompelo (la gente se lo teneva, e ancora lo tiene, tra le mani come segno di identificazione religiosa e umana)… La Parola data al popolo di Dio scritta e compresa nella loro lingua-madre. Un grandissimo strumento sul quale lo Spirito Santo porta a compimento l’Annuncio e l’Evangelizzazione. Il testo della Bibbia è il primo documento ufficiale completo scritto nella lingua Macua».

Infine, la testimonianza del P. Jeremias dos Santos Martins, nostro Vicario Generale:
«Oggi mi piacerebbe essere presente al funerale di P. Gino per dirli un grande grazie per il modo come ha vissuto la missione in Mozambico, per tanti anni: anni di grande sofferenza durante il tempo in cui i missionari comboniani sono stati espulsi dal Mozambico e anche durante gli anni duri e violenti della guerra. P. Gino è stato sempre presente nella gioia e nel dolore, nei momenti belli e nei momenti bruti della vita della gente. Ha accompagnato con perseveranza il cammino del popolo, soprattutto durante i lunghi anni della guerra civile (16 anni).

Ho conosciuto p. Gino al Seminario minore di Viseu (Portogallo). È lui che mi ha insegnato le prime parole in francese e in latino. Era anche lui il responsabile per gli studi. Gli anni sono passati e vengo a trovarlo a Nampula, Mozambico nel 1984, quando ho messo piede per la prima volta in Africa. Lui mi ha portato dall’aeroporto di Nampula al Centro catechistico di Anchilo, dove lui era l’incaricato delle traduzioni nella lingua locale, il makua.

Il lavoro delle traduzioni è stato il suo grande servizio all’evangelizzazione. Con spirito perfezionista si è dedicato con gioia e competenza alla lingua locale, il Makua, parlato da più di cinque milioni di persone, insegnandola ai nuovi missionari che arrivavano in Mozambico.

Oltre il lavoro pastorale diretto, oggi abbiamo la Bibbia completa in lingua makua, una edizione del NT, il metodo di lingua makua, il dizionario Portogherese-Makua, Makua-Portoghese, una bella edizione del messale domenicale in lingua makua e stava lavorando nel messale quotidiano.

Ringrazio Dio per il dono della sua vita, per tutto quello che ha fatto e soprattutto per quello che lui è stato per la gente e per me: un compagno di missione, un esempio di dedizione, un appassionato per la Parola di Dio, facendola accessibile alla gente più semplice del popolo. Grande era la gioia delle persone quando ascoltavano la Parola di Dio in Makua: ‘Adesso Dio parla anche la nostra lingua’.

Prego perché il Signore della vita gli conceda la ricompensa di tutto il suo lungo cammino missionario. Sono certo che ascolterà dalla bocca di Gesù queste parole: ‘Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore’ (cfr. Mt 25,21).

Grazie, P. Gino, per la tua vita spesa per il Vangelo. Che il Signore Gesù che hai amato e servito, e di cui hai atteso con amore la venuta, ti accolga nel suo regno’».