Ricordando Padre Pietro Coronella: “un missionario intrepido e intraprendente”

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Giovedì 9 maggio 2019
Padre Pietro Coronella è deceduto sabato scorso, 4 maggio 2019, nella nostra comunità di Castel d’Azzano, dopo una dozzina di giorni trascorsi in terapia intensiva. Aveva 82 anni. Ha trascorso la sua vita missionaria quasi tutta nel Nord del Sudan (30 anni circa), con due brevi periodi di permanenza in Italia. Ieri martedì 7 Maggio abbiamo fatto qui il funerale e oggi è stato seppellito al suo paese, Casal di Principe (Caserta). La celebrazione del funerale è stata presieduta da P. Carlo Plotegheri che lo conosceva dai tempi di Sudan.

P. Pietro Coronella,
un missionario intrepido e intraprendente

P. Carlo Plotegheri ha definito Padre Pietro Coronella un “missionario intrepido e intraprendente”. Durante l’Eucaristia altri gli hanno reso omaggio sottolineando diversi aspetti della sua vita e attività missionaria. Ne venne fuori un bel bouquet di caratteristiche tipicamente comboniane. Cerchiamo di accennare ad alcune.

1. Amico dei poveri. Aveva una attenzione particolare per i poveri, cercando di aiutarli e di coinvolgere altri in questo servizio. Quando era parroco a Omdurman, questa sensibilità verso i più bisognosi lo portò a prendere l’iniziativa di invitare le suore di Madre Teresa a venire a stabilirsi in Sudan. Riuscì nell’impresa malgrado lo scetticismo di molti e del proprio vescovo, che dubitavano che Madre Teresa accettasse un tale invito. Dopo Omdurman, le fece venire pure a Port Sudan e El Obeid. Lui stesso si occupò di preparare la casa per loro e si diede da fare perché stessero bene e potessero svolgere la loro missione nelle migliori condizioni. Anni dopo Madre Teresa venne in Sudan a visitare queste comunità.
P. Carmine Calvisi ricorda pure che P. Valdameri gli diede un’offerta per un progetto in favore delle ragazze madri: lui l’accettò e fece una casa per loro a Omdurman, cosa che suscitò un po’ di critiche.

2. Missionario intraprendente. Secondo P. Plotegheri, P. Pietro era un missionario intrepido e intraprendente. Per questo era regolarmente inviato a cominciare nuove missioni o a ridare vita a quelle un po’ deboli. Da una sola parrocchia a Omdurman ne sono nate altre cinque… frutto del suo lavoro e della sua dedizione. A Omdurman creò moltissimi centri di preghiera: ad un certo punto erano 18. Vi era un catechista, una casa, un pezzo di terra e la gente intorno che veniva a pregare.

3. Uomo di preghiera. Dice P. Calvisi che nella sua attività “P. Pietro si preparava prima con la preghiera, poi scriveva, lavorava e presentava le sue richieste al governo, che in genere accettava le sue proposte. E così collaborava all’estensione del Regno di Dio”. Amava la Madonna. Qui a Castel D’Azzano si portava sempre appresso il rosario.

4. Animatore missionario. Nel suo apostolato P. Pietro cercava di coinvolgere altre persone. Dice P. Rino Rufini: “Ha trascinato tanta gente dietro di sé per aiutarlo nelle sue opere missionarie. Se dovessi rappresentarlo come missionario, lo rappresenterei come una stella cometa. La punta è lui, seguito da innumerevoli benefattori e benefattrici. Grazie a loro ha potuto fare molte cose per la carità”.

5. Coinvolto nella sofferenza. Come capita ad ogni missionario, anche P. Pietro ebbe i suoi momenti di sofferenza e sacrificio. P. Giancarlo Ramanzini ne ricorda uno particolarmente importante e significativo. “Nel 1983 il presidente Nimeiry aveva introdotto in Sudan la legge islamica, la Sharia (ne sa qualcosa Fr. Manara!). In quel tempo, se due persone erano sorprese insieme in una capanna e non erano sposati civilmente, erano condannati secondo la legge islamica. Una coppia che P. Pietro aveva sposato in chiesa, è stata scoperta e messa in prigione. Con l’aiuto di P. Pietro ho portato il documento che testimoniava che i due erano sposati in chiesa. Questo non è servito a nulla, mentre il P. Pietro fu messo in prigione per tre giorni per falsa testimonianza. Nella prigione vi era un mistico musulmano, Mahmud Taha, contrario all’introduzione della Sharia per i non musulmani, e condannato a morte. L’ultima notte, – è la testimonianza di P. Pietro-, Mahmud Taha non ha fatto altro che parlare di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Parlava di Dio misericordia, Parola e spirito. Pietro ha accolto la testimonianza di questo mistico musulmano che nella sua ultima notte ha parlato della santissima Trinità… Il mattino dopo era impiccato sulla pubblica piazza…”

Come conclusione vi offriamo la testimonianza di P. Rino Rufini che lo ha accompagnato in modo particolare negli ultimi anni a Castel D’Azzano.

MJ (Combonianum)
Castel D’Azzano, 8 Maggio 2019

Testimonianza di P. Rino Rufini

P. Pietro è stato un grande missionario, il suo nome può essere scritto in lettere maiuscole. P. Vantini nel suo libro sui comboniani in Sudan (“La missione del cuore”), gli ha dedicato una pagina.

Grande perché ha saputo fare ed era santo lui stesso. Ha trascinato tanta gente dietro di sé per aiutarlo nelle sue opere missionarie. Se dovessi rappresentarlo come missionario, lo rappresenterei come una stella cometa. La punta è lui, seguito da innumerevoli benefattori e benefattrici. Grazie a loro ha potuto fare molte cose per la carità.

Ho lasciato il Sudan nel 2001 e ci siamo incontrati poi di nuovo qui a Castel d’Azzano. La prima volta che l’ho visto, era su una carrozzina, un po’ malmesso e mi sono detto: devo fare qualcosa per aiutarlo, per prendermi cura di lui. E da quel giorno ho fatto il possibile: un’ora insieme per pregare il breviario o leggere le letture della Messa. Attraverso il tablet potevamo leggere e ascoltare il breviario e le letture della Messa. Pretendevo da P. Pietro il maggiore sforzo possibile per migliorare la sua situazione sanitaria e le sue facoltà intellettive. Qualcosa siamo riusciti a fare.

Qui tutti sanno di un hobby di P. Pietro, la lettura. Quando era nella sala di animazione si metteva vicino allo scaffale dei libri e stava lì a leggere per ore. Non poteva stare senza far nulla. Anche in chiesa prendeva un libretto e continuava a leggere. Prendeva il libro dei canti, il “suo”, riconosciuto perché all’interno vi era come segnalibro l’opuscolo su P. Giuseppe Ambrosoli, “L’uomo di Dio che guarisce”. Mi aspettavo che in questi ultimi giorni il P. Ambrosoli lo guarisse… mentre il Padre di tutti, il Padre nostro, che tutti ci ama, aveva un’altra idea particolare su di lui. Ringraziamo il Signore per quello che ha fatto e per come ha voluto portarlo nella sua casa.

Vorrei dire una parola a Pietro direttamente: Tra poco ci incontreremo di nuovo nella casa del Padre. Sono più vecchio di te e vorrei farti una promessa e chiederti un servizio. La promessa è che in questo poco di tempo che mi resta di vita non ti dimenticherò. Ma tu devi farmi un servizio.

Quando ti sei presentato alla casa del Padre avrai trovato S. Pietro, la Madonna, Gesù, il Comboni, santa Teresa di Calcutta e certamente anche il P. Giuseppe Ambrosoli. Ti chiederei che in questo tempo che mi resta della mia vita, mi aiuti a salire quel poco che mi resta della santa montagna.

Poi quando mi presenterò anch’io alla porta, insieme a quelli che hanno accolto te, vorrei che anche tu sia lì per aiutarmi a dare l’ultimo strappo ed entrare anch’io nel regno dei cieli.