Intervista a padre Elio Boscaini: “Africa, la guerra del pane”

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Lunedì 23 maggio 2022
Quali sono le pesanti ricadute per l’Africa della guerra in Ucraina? Ne parliamo, in questa intervista, con Padre Elio Boscaini, missionario comboniano e giornalista della prestigiosa rivista “Nigrizia”. [Foto: comboni.org. Testo: Pierluigi Mele
Rai News]

Prima di parlare della guerra del Pane vorrei chiederle della presenza russa in Africa. Come si sta muovendo la Russia? Quali obiettivi geopolitici persegue?

Nel grande gioco geopolitico per la “conquista” neocoloniale dell’Africa, non poteva mancare accanto a Cina, Turchia… la Russia di Putin, furbescamente infiltratasi là dove la presenza francese, eredità della colonizzazione, veniva più contestata, cioè nei paesi dell’Africa occidentale. È da un paio di anni che si parla della presenza russa sul continente (da dove non si era effettivamente mai realmente allontana), legata in particolare ai “mercenari” (il termine giusto) del gruppo Wagner (braccio armato privato di Mosca) corsi in aiuto a regimi traballanti come quello di Faustin-Archange Touadéra, presidente dal 2016 della Repubblica Centrafricana (un territorio doppio dell’Italia, ma con soli 6-7 milioni di abitanti), e del Mali del colonnello Assimi Goita (al potere dall’agosto 2020). In Mali (ex colonia francese) i Wagner stanno praticamente rimpiazzando i militari francesi (e altri europei della missione Barkhane) che a febbraio hanno ufficializzato il loro ritiro dal paese dove erano intervenuti l’11 gennaio 2013, su ordine dell’allora presidente François Hollande per salvare il governo di allora dalla gravissima minaccia jihadista. Ufficialmente però la presenza di Wagner è fino ad oggi negata. Ma sempre confermata da Parigi. Francia sta vivendo uno psicodramma in Mali dove, dopo aver perso decine dei suoi uomini in combattimento contro i jihadisti, si ritrova “estromessa” (anche il suo ambasciatore è stato espulso). I miliziani Wagner, naturalmente, non combattono contro i jihadisti, ma sono in Mali per “neutralizzare” la presenza francese. E si stanno incuneando anche altrove (vedi Camerun), là dove si aprono faglie tra Parigi e i popoli delle sue ex colonie che non nascondono il loro sempre maggior fastidio contro il “giogo” militare francese sostegno dei loro regìmi autocratici. Indebolire l’Unione europea, disegno strategico russo, comporta, per la Russia, ridurre la “strapotenza” francese in Africa. Il fatto che tanti paesi africani non condannino apertamente l’invasione russa dell’Ucraìna, anzi strizzino l’occhio a Mosca, la dice lunga. 

La guerra in Ucraina sta colpendo in modo drammatico il continente africano. Quanto sta costando all’Africa il conflitto?

La “crisi”, così come per la nostra Europa, si era già manifestata in Africa prima dell’intervento russo in Ucraìna. Ma l’invasione dell’Ucraìna, quando si credeva vicina la ripresa anche per l’Africa, dopo i due anni di pandemia (che se ha apparentemente colpito meno il continente nero, ha comportato comunque una generale negatività del Pil), è intervenuta ad annullare ogni speranza. Russia e Ucraìna sono grandi paesi agricoli e grandi esportatori di grano, orzo, mais, semi di girasole…che esportano anche in Africa (la Russia è il principale esportatore di grano verso il continente). La guerra ha bloccato il normale rifornimento del grano da Ucraìna e Russia, facendo esplodere il prezzo dei cereali: grano + 20%, orzo + 33%, i fertilizzanti più 40%...Questi aumenti comportano una generale fiammata dei prezzi di tutte le derrate alimentari e di ogni prodotto locale sul mercato. La gente non sa più come uscirne, soprattutto che i salari rimangono bloccati…

Quanti, e quali sono i paesi, che sono fortemente dipendenti, dal punto di vista delle derrate alimentari, dalla Russia e dalla Ucraina?

Sono ben 32 i paesi africani (su 54) che importano percentuali elevate del loro consumo alimentare: 25 paesi importano un terzo del loro grano da Ucraìna e Russia e 15 più della metà. I paesi del Nordafrica sono da anni quasi totalmente dipendenti dalle importazioni di cereali. Forse è bene ricordare che tra le conseguenze non volute della colonizzazione c’è stata anche “l’imposizione” pacifica del pane come cibo quotidiano (a spese dei più “tradizionali mais, miglio, sorgo, teff, manioca …). L’Egitto (100milioni di abitanti) importa quasi il 90% del suo grano da Russai e Ucraina; la Libia il 43%; il Kenya il 75% ….

Possiamo dare ulteriori cifre per rendere più chiaro la sofferenza per fame dell’Africa?

Va chiarito subito che la carestia era già annunciata alcuni mesi fa. Oggi la Fao parla di 340milioni (!) di africani subsahariani esposti a insicurezza alimentare grave. La siccità colpisce la regione sahelica, Niger e Mali in particolare, come mai era successo prima, ma la siccità sferza in maniera grave anche i paesi del Corno d’Africa (è la quarta stagione che non conosce piogge regolari: Somalia ed Etiopia vivono un disastro a livelli insostenibili) e fino al Sud Sudan (colpa anche della situazione di insicurezza generalizzata, ma là soffrono 7,7milioni di persone cioè il 70% della popolazione!) e al Madagascar. Le zone aride stanno paurosamente crescendo in tutto il continente 

Ci sarà una “guerra della baguette” Cosa sta accadendo?

Da sempre in Africa, soprattutto nei paesi mediterranei, l’aumento del prezzo del pane ha provocato rivoluzioni…fino alle “primavere arabe” degli anni Dieci del nostro secolo. Le guerre del pane hanno portato in passato alla caduta di regimi o a scontri politici in Tunisia, Algeria, Egitto e fino al Sudan. Eppure, benché i prezzi dei cereali siano schizzati in media tra il 20% e il 50%, sono di quelli che ritengono che questa volta la società civile non ha più la forza di ribellarsi: troppa violenza da parte delle forze di sicurezza di regimi sempre più violenti e dittatoriali hanno finito per sfinire il soffio di ribellione, dei giovani in particolare che costituiscono la metà e più della popolazione africana. Una scommessa?   

Sul fronte degli idrocarburi la situazione com’è?

L’Africa, grande produttrice di petrolio e gas, dipende dal petrolio raffinato il cui prezzo (in maniera ingiustificata, ma tant’è). È quasi totale l’importazione di prodotti raffinati. Certo, i paesi produttori di idrocarburi (dall’Algeria, alla Libia, all’Egitto e fino alla Nigeria, l’Angola, il Congo, la Guinea Equatoriale, il Gabon …) profittano della manna di ora, cioè di un petrolio a 100 dollari euro al barile. Ma non ne profitterà la gente…Le entrate saranno soprattutto per gli oligarchi africani…E poi, durerà? Va detto chiaramente che i paesi produttori spenderanno (e meno male…) la maggior parte delle entrate per alleggerire il costo delle derrate importate e alleviare la sofferenza della gente (lo fanno regolarmente Algeria, Egitto, Nigeria…). Ma l’esempio emblematico delle contraddizioni africane rimane la Nigeria: primo produttore di petrolio (1,31 milioni di barili al giorno a fine 2021…ma erano 2,51 nel 2005) e prima economia dell’Africa, importa la maggioranza del suo carburante per via dell’insufficiente capacità di raffinare (c’è oggi una sola raffineria che lavora…). Così è raddoppiato il prezzo del carburante, simile a quello che noi italiani conosciamo alla pompa! Ma noi non abbiamo petrolio e paghiamo le accise….

I governi africani come stanno rispondendo a questa terribile crisi?

Anche i governi africani si danno da fare per “calmierare” questa fiammata di prezzi. Normalmente però i paesi africani non dispongono di riserve importanti per un vero controllo dei prezzi. I vari bonus, super-bonus e sovvenzioni non sono alla loro portata. Il rischio poi di un prolungato finanziamento delle derrate alimentari è la…bancarotta, il default in vista…per non arrivare nemmeno più a pagare i salari degli impiegati nella funzione pubblica, riserva di voti per i governi…

Quale potrebbe essere un ruolo positivo dell’Europa per superare questa crisi umanitaria?

L’Europa ha una grande responsabilità nei confronti dei paesi africani, tutti. Anche se la colpa del marasma attuale non è “colpa” nostra. Primo dovere nostro è bloccare la guerra, riuscire a imporre un cessate il fuoco e portare i contendenti al tavolo del negoziato. Ma i piccoli “dittatori” d’Africa e gli altri capi di stato più o meno “democratici” potrebbero, da parte loro, presentare fattura al capo del Cremlino, rendendolo conscio delle nefaste conseguenze del suo spirito bellicoso. Non lo faranno però, perché troppi di loro ricevono anche armi dalla Russia e quindi le strizzano l’occhio. Ma se dovesse durare questa “crisi” conteremo a milioni (soprattutto tra i bambini) le vittime d’Africa. Solo la pace, tra le tante altre cose, garantisce anche una corretta alimentazione.

[Pierluigi Mele Rai News]