Sabato 18 giugno 2022
“Penso che voi siete chiamati a portare questa testimonianza dello ‘stile di Dio’ – vicinanza, compassione, tenerezza – nella vostra missione, là dove siete e dove lo Spirito vi guiderà”. Questo l’appello del Papa ricevendo in Vaticano, stamattina, i partecipanti al XIX Capitolo Generale dei Missionari Comboniani, in corso a Roma. [Credit foto: Vatican News]

Missionari Comboniani in Vaticano, oggi 18 giugno 2022.
(Credit foto: Vatican News)

Papa Francesco ha ricevuto in udienza in Vaticano, oggi, sabato 18 giugno, nella Sala del Concistoro, una settantina di missionari comboniani impegnati nel loro XIX Capitolo Generale, che si sta svolgendo dal 1 al 30 giugno nella Casa Generalizia dell’Istituto a Roma. Il tema del XIX Capitolo è incentrato sull’icona biblica “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5).

Papa Francesco ha salutato ognuno dei missionari.
Qui P. José de Jesús Villaseñor Gálvez, messicano, offrendo una bottiglia di Tequila da Sahuayo.
(Credit foto: Vatican News)

L’udienza ha avuto tre momenti: 1) la lettura del messaggio del Superiore Generale, Padre Tesfaye Tadesse Gebresilasie, a nome dei Capitolari Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, 2) il discorso del Santo Padre, 3) il saluto personale di Papa Francesco a ciascuno dei missionari. Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale dei due discorsi, di P. Tesfaye e di Papa Francesco. Per ascoltare il servizio con la voce del Papa, clicca qui.

Messaggio
del Superiore Generale dei Missionari Comboniani

P. Tesfaye Tadesse Gebresilasie

Padre Tesfaye Tadesse Gebresilasie, Superiore Generale, si rivolge al Papa.
(Credit foto: Vatican News)

Vostra Santità, Santo Padre,
noi Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, La salutiamo e ringraziamo per l’accoglienza riservataci. Siamo qui prima di tutto per ringraziare Lei e ringraziare Dio per il dono che Lei è per la Chiesa e per il mondo.
Abbiamo scelto come tema ispiratore del nostro XIX Capitolo Generale le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Io sono la vite, voi i tralci, perché vediamo il nostro essere “radicati in Cristo, insieme a Comboni come nostro bisogno profondo e urgente. In preparazione al Capitolo abbiamo identificato quattro percorsi di discernimento: la revisione della Regola di Vita, la valutazione del cammino formativo, la ministerialità al servizio della riqualificazione e la comunione dei beni. Abbiamo scelto questi quattro percorsi perché riteniamo che sia necessario fare passi di conversione per rispondere generosamente alle sfide missionarie di oggi, cercando di essere attenti ai cammini dei popoli e alle loro situazioni di sofferenza. Siamo chiamati a continuare nell’oggi il lavoro di presenza in contesti missionari difficili segnati dalla guerra, dalla violenza, dalle migrazioni e siamo chiamati ad essere artigiani di pace e riconciliazione.

San Daniele Comboni, Fondatore nostro e delle Suore Missionarie Comboniane, Padre Carismatico di tutta la Famiglia Comboniana – che include anche le Missionarie Secolari Comboniane e i Laici Missionari Comboniani - voleva che la missione fosse un'opera veramente cattolica che comprendesse tutte le forze ecclesiali: “L'Opera dev'essere cattolica, non già spagnola o francese o tedesca o italiana” (S 944). Come può vedere, Santità, questa internazionalità che Comboni desiderava è qui visibile davanti a Lei.

Santo Padre, Le chiediamo di benedire il nostro Istituto Missionario e tutti i comboniani: quelli forti e generosi che sono nella missione e quelli che passano momenti di difficoltà, i nostri giovani in formazione e i nostri confratelli anziani e ammalati. La ringraziamo per i gesti di fiducia e di apprezzamento che ci ha rivolto e per tutta la collaborazione che i diversi dicasteri e gli uffici del Vaticano, in modo particolare la Segreteria di Stato, ci offrono appoggiandoci e guidandoci soprattutto quando affrontiamo - tra noi - situazioni di difficoltà, fragilità e contro-testimonianza.

Santo Padre Le rivolgiamo il nostro grazie per la Sua testimonianza di vita evangelica e per il Suo insegnamento attraverso le sue Esortazioni Apostoliche, Encicliche e Costituzioni Apostoliche, in modo particolare per Evangelii Gaudium, Laudato Si' e Fratelli Tutti, per il cammino Sinodale. La ringraziamo moltissimo anche per il recente Rescritto riguardante la Deroga al Canone 588, a favore dei Fratelli Religiosi chiamati al servizio dell’autorità. Siamo molto grati per il Suo servizio a favore dei sofferenti di tutti i tipi e di tutti i luoghi, per il Suo essere voce chiara che denuncia il peccato individuale e sociale, la guerra fra popoli e nazioni, l’ingiustizia economica e la distruzione del creato. Siamo vicini a Lei in questo momento di sofferenza causata dal suo ginocchio, che L’ha costretta a posticipare le sue visite in Libano, nella Repubblica del Congo e in Sud Sudan.

Santo Padre, siamo stati tutti toccati dal Suo gesto di accoglienza al gruppo di vittime di abuso che sono note in Inghilterra come “Comboni Survivors” il giorno 13 u.s.: alcuni di loro hanno parlato di un’"esperienza di guarigione e di trasformazione"; speriamo nel profondo del nostro cuore che il gesto di Vostra Santità possa alleviare parte del loro dolore e della loro sofferenza. Anche noi manifestiamo il nostro dolore e partecipiamo alla sofferenza da loro vissuta ed a quella a Lei causata: chiediamo perdono e La informiamo che accogliamo le indicazioni che Lei ci ha dato.

Grazie di cuore, infine, Santità, per averci accolto; chiediamo con umiltà la Sua preghiera e benedizione.

Roma, 18 giugno 2022
P. Tesfaye Tadesse Gebresilasie mccj
a nome dei Capitolari Missionari Comboniani del Cuore di Gesù

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL XIX CAPITOLO GENERALE
DEI MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GES
Ù

Sala del Concistoro
Sabato 18 giugno 2022

(Credit foto: Vatican News)

Cari fratelli, buongiorno e benvenuti!
Sono contento di incontrarvi. Ringrazio il Superiore Generale per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, che partecipate al 19° Capitolo Generale dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. Mi avevate invitato a casa vostra a celebrare la festa del Sacro Cuore, venerdì prossimo. Vi ringrazio, ci sarò con la preghiera; ma già oggi viviamo questo nostro incontro nella prospettiva e nello spirito del mistero del cuore di Cristo, a cui è legato il carisma di San Daniele Comboni.

Ci orientano in questa direzione anche il tema e il motto del vostro Capitolo: “Io sono la vite, voi i tralci. Radicati in Cristo insieme a Comboni”. In effetti la missione – la sua fonte, il suo dinamismo e i suoi frutti – dipende totalmente dall’unione con Cristo e dalla forza dello Spirito Santo. Gesù lo ha detto chiaramente a quelli che aveva scelto come “apostoli”, cioè “inviati”: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Non ha detto: “potete fare poco”, no, ha detto: “non potete fare nulla”. In che senso? Noi possiamo fare tante cose: iniziative, programmi, campagne… tante cose; ma se non siamo in Lui, e se il suo Spirito non passa attraverso di noi, tutto quello che facciamo è nulla ai suoi occhi, cioè non vale nulla per il Regno di Dio.

Invece, se siamo come tralci ben attaccati alla vite, la linfa dello Spirito passa da Cristo in noi e qualsiasi cosa facciamo porta frutto, perché non è opera nostra, ma è l’amore di Cristo che agisce attraverso di noi. Questo è il segreto della vita cristiana, e in particolare della missione, dovunque, in Europa come in Africa e negli altri continenti. Il missionario è il discepolo che è così unito al suo Maestro e Signore, che le sue mani, la sua mente, il suo cuore sono “canali” dell’amore di Cristo. Il missionario è questo, non è uno che fa proselitismo. Perché il “frutto” che Lui vuole dai suoi amici non è altro che l’amore, il suo amore, quello che viene dal Padre e che ci dona con lo Spirito Santo. È lo Spirito di Cristo che ci porta avanti.

Ecco perché alcuni grandi missionari, come Daniele Comboni, ma anche, ad esempio, come Madre Cabrini, hanno vissuto la loro missione sentendosi animati e “spinti” dal Cuore di Cristo, cioè dall’amore di Cristo. E questa “spinta” ha permesso loro di uscire e di andare oltre: non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali. Questo è un motto che per voi deve “fare rumore” nel cuore: andare oltre, andare oltre, andare oltre, sempre guardando l’orizzonte, perché sempre c’è un orizzonte, per andare oltre. La spinta dello Spirito Santo è quella che ci fa uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure, dalla nostra autoreferenzialità, e ci fa andare verso gli altri, verso le periferie, là dove maggiore è la sete di Vangelo. È curioso che la tentazione più brutta che noi religiosi abbiamo nella vita è l’autoreferenzialità; e questo ci impedisce di andare oltre. “Ma per andare oltre devo pensarci, vedere…”. Vai, vai, vai! Vai all’orizzonte, e ti accompagni il Signore. Ma quando incominciamo con questa psicologia, questa spiritualità “dello specchio”, finiamo di andare oltre e torniamo sempre al nostro cuore che è ammalato. Tutti abbiamo il cuore ammalato e la grazia di Dio ci salva, ma senza grazia di Dio kaputt, tutti! Importante è questo: con lo Spirito andare oltre.

Il tratto essenziale del Cuore di Cristo è la misericordia, la compassione, la tenerezza. Questo non va dimenticato: lo stile di Dio, già nell’Antico Testamento, è questo. Vicinanza, compassione e tenerezza. Non c’è l’organizzazione, no, vicinanza, compassione, tenerezza. E allora penso che voi siete chiamati a portare questa testimonianza dello “stile di Dio” – vicinanza, compassione, tenerezza – nella vostra missione, là dove siete e dove lo Spirito vi guiderà. La misericordia, la tenerezza è un linguaggio universale, che non conosce confini. Ma questo messaggio voi lo portate non tanto come singoli missionari, ma come comunità, e ciò comporta che vada curato non solo lo stile personale, ma anche lo stile comunitario. Gesù lo disse ai suoi amici: “Da come vi amerete riconosceranno che siete miei discepoli” (cfr Gv 13,35), e gli Atti degli Apostoli lo confermano, quando narrano che la prima comunità di Gerusalemme godeva la stima di tutto il popolo perché la gente vedeva come vivevano (cfr 2,47; 4,33): nell’amore. E tante volte, lo dico con amarezza – parlo in genere, non di voi perché non vi conosco –, tante volte troviamo che alcune comunità religiose sono un vero inferno, un inferno di gelosie, di lotta di potere… E l’amore dove sta? È curioso, queste comunità religiose hanno delle regole, hanno un sistema di vita…, ma manca l’amore. C’è tanta invidia, gelosie, lotta per il potere, e perdono il meglio, che è la testimonianza dell’amore, che è quello che attira la gente: l’amore fra noi, che non ci spariamo l’un l’altro ma andiamo sempre avanti.

A questo scopo, affinché lo stile di vita della comunità dia buona testimonianza, sono importanti anche i quattro aspetti sui quali avete deciso di lavorare nel vostro Capitolo: la regola di vita, il cammino formativo, la ministerialità e la comunione dei beni. Il discernimento riguarda la modalità, il modo in cui impostare e vivere questi elementi, perché possano rispondere il più possibile alle esigenze della missione, cioè della testimonianza. Questo è molto importante: fa parte dell’«improrogabile rinnovamento ecclesiale» in chiave missionaria a cui è chiamata tutta la Chiesa (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27-33). È una conversione che parte dalla coscienza di ciascuno, coinvolge ogni comunità e arriva così a rinnovare l’intero istituto.

Mi preme rimarcare che anche qui, anche nell’impegno su questi quattro aspetti – tra loro interconnessi – bisogna che tutto si faccia nella docilità allo Spirito, così che le necessarie pianificazioni, i progetti, le iniziative, tutto risponda alle esigenze dell’evangelizzazione, e intendo anche allo stile dell’evangelizzare: che sia gioioso, mite, coraggioso, paziente, pieno di misericordia, affamato e assetato di giustizia, pacifico, insomma: lo stile delle Beatitudini. Questo conta. Anche la regola di vita, la formazione, i ministeri, la gestione dei beni vanno impostati sulla base di questo criterio fondamentale. «La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore […]. La comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazienza, […]. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania. […] Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo, però il suo sogno non è riempirsi di nemici, ma piuttosto che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice. Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione» (Evangelii gaudium, 24).

Ecco, cari fratelli, ho voluto richiamare questo passaggio di Evangelii gaudium, sapendo che l’avete ben presente, proprio per il piacere di condividere con voi la passione per l’evangelizzazione. Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. Buon proseguimento dei lavori capitolari. Benedico di cuore voi e tutti i vostri fratelli. E vi chiedo per favore di pregare per me.
Grazie!

Papa Francesco ai Comboniani: “E vi chiedo per favore di pregare per me”. (Credit foto: Vatican News)