Martedì 1 luglio 2025
“Il Sud Sudan sta attraversando un momento molto delicato dove si prospettano le elezioni – ora fissate nel 2026 – e quindi una transizione al potere. C’è molta preoccupazione perché il pregiudizio viene preferito all’ascolto, e la violenza alla conciliazione”, scrive Mons. Christian Carlassare, vescovo di Bentiu (Sud Sudan), in una lettera agli amici lo scorso 29 giugno, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Oggi si fa sempre più pressante osare la nonviolenza

L’amore di Cristo è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore
laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre
.
Papa Francesco

Mons. Christian Carlassare, vescovo di Bentiu (Sud Sudan).

Carissimi,
Vi racconto di mesi intensi sia per i lavori messi in cantiere – i pozzi, la casa per l’ospitalità, e alcune classi semi-permanenti per la scuola primaria –, che per le visite alle comunità, la formazione degli agenti pastorali laici, le celebrazioni tra le quali anche il centenario di fondazione della prima missione intitolata alla Madonna del santo rosario, e per la riflessione e programmazione che abbiamo vissuto con l’assemblea diocesana di fine maggio.

Allo stesso tempo però il Sud Sudan sta attraversando un momento molto delicato dove si prospettano le elezioni – ora fissate nel 2026 – e quindi una transizione al potere. C’è molta preoccupazione perché il pregiudizio viene preferito all’ascolto, e la violenza alla conciliazione.

Dopo gli avvenimenti di Nassir di cui ho scritto nella mia precedente, si sono susseguiti bombardamenti aerei su alcuni territori colpendo popolazione innocente con la sola colpa di essere amministrata da rappresentanti dell’opposizione. Il bombardamento su Fangak, per esempio, mette in evidenza la cecità di chi comanda azioni punitive come queste. L’obiettivo designato era il barcone militare che le forze dell’opposizione avevano tolto all’esercito governativo. Ma ad essere colpiti sono stati mercato e ospedale di Msf.

Fangak rappresentava l’unico asilo dove la popolazione ridotta in estrema povertà poteva trovare dei servizi di base. Oltre all’ospedale anche la scuola primaria e secondaria della missione comboniana a me tanto cara. Ora la cittadina è stata evacuata e i missionari hanno seguito la popolazione per mantenere viva l’ultima speranza.

Mi risuonano nel cuore le parole di papa Francesco: “Questo è il tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile con il realismo che solo il Vangelo ci può offrire”. Non avremo un’altra opportunità, ma solo questa per poter continuare a immaginare e costruire la pace. I bombardamenti sono continuati anche in questi giorni pure in altre zone non lontane da Bentiu. Non sembrano più politicamente motivati. Per lo meno è quello che si vuole far credere. Hanno infatti colpito accampamenti di giovani pastori che seguono il bestiame. Sono giovani armati. A volte sono un pericolo per la loro stessa comunità perché il fucile li rende capaci quasi di tutto. Si dice che i bombardamenti vogliano fermare la criminalità e furti di bestiame. Si tratta di deterrenza.

Ma mi chiedo se questo sia il metodo giusto. Se non finirà per esacerbare divisione e violenza, considerando anche che chi oggi bombarda, è anche responsabile della proliferazione incontrollata di armi in tutto il paese. A me sembra che si voglia mantenere il paese in una dinamica permanente di conflitto e di emergenza umanitaria. Questa è la regola del potere. Poco importa la vita di tanta parte di umanità. In questa situazione si fa urgente una scelta: accogliere, non la pace che ci propone il mondo e che viene ostentata dai potenti con i loro eserciti, ma il dono della pace proposta dal Vangelo. Oggi si fa sempre più pressante osare la nonviolenza.

Papa Leone ci invita a valutare le cause dei conflitti smascherando la retorica, le bugie e gli interessi che vi si nascondono. “La gente non può morire a causa di fake news”, ma succede così. Il costo umano di un conflitto va ben oltre le vittime dirette. Il paese in conflitto si paralizza. Non c’è più cammino solo vagare in cerca di vita dove non c’è. “È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande

del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta?”.

Papa Leone ha anche detto qualcosa di profondamente vero e cioè che “le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione”. Mi sembra infatti che il mondo odierno stia sempre più discriminando e condannando i poveri mentre si lava le mani davanti all’emarginazione che esso stesso ha prodotto ed è causa di ogni miseria e conflitto. Facile fare degli indigenti il capro espiatorio di un mondo che, persa la direzione, è sempre più privo di speranza.

È illusorio pensare che la nostra speranza si fondi sulla sicurezza del potere e dell’avere. Siamo tutti poveri e non vogliamo riconoscerlo. Il primo povero sono certamente io. E il povero che ho davanti a me non è un rivale, ma un fratello. A volte mi può imbrogliare perché anche lui disperato quanto me. Ma spesso il fratello povero mi testimonia la speranza professata in una condizione di vita precaria, fatta di privazioni, fragilità ed emarginazione. Egli subisce violenza, ma alza gli occhi e guarda a Dio e così rimane umano. In questo modo nasce la solidarietà dei poveri: nella speranza. Allora “Sei tu, mio Signore, la mia speranza” (Sal 71,5).

Sta crescendo in me la coscienza che il popolo e chiesa sud sudanese abbia estremo bisogno di pastori di pace. E mi sento chiamato in causa di prima persona. Oltre che parlare di pace, sono davvero un uomo di pace nelle relazioni che vivo prima con i vicini e poi con i lontani? So chiedere perdono per la mia impazienza e incomprensioni? E piuttosto che puntare il dito, sto forse imparando a perdonare sbagli e malintesi dei miei fratelli portando su di me il peso del peccato avendo a cuore di sanare le ferite di una comunità frantumata dalla violenza?

Per risolvere i conflitti occorre infatti superare le relazioni conflittuali a partire dalle nostre comunità. Per questo la chiesa può svolgere un ruolo cruciale nell’educazione alla pace delle giovani generazioni. Prima di tutto lo può fare attraverso la denuncia e la profezia: parlare apertamente contro la proliferazione delle armi, l’arruolamento sconsiderato di giovani, violenze e ingiustizie. E dare voce profeticamente a chi ha scelto la nonviolenza, soprattutto tra i giovani, come esempio per gli altri. Occorre usare i mezzi di comunicazione per trasmettere messaggi di speranza e storie in cui si è riusciti a superare il conflitto.

È importante sostenere iniziative per lo sviluppo umano integrale e la giustizia sociale incoraggiando attività economiche e accesso a servizi essenziali come acqua e salute. Ma penso soprattutto alla scuola che non deve solo istruire ma educare e formare. Le scuole stanno muovendo i primi passi con maestri spesso non qualificati. Ma sono luoghi di speranza dove, per esempio, si possono inserire lezioni di educazione alla pace, ai diritti umani e alla cittadinanza responsabile. Per questo sarà importante preparare educatori e catechisti ad affrontare temi di pace e convivenza nei contesti difficili.

Il cammino è lungo ma, quello della pace, è l’unico percorso perseguibile che offra opportunità di vita alle future generazioni. Fraternamente,
+ Christian Carlassare
Santi Pietro e Paolo, 29 giugno 2025