Sabato 16 agosto 2025
Una delegazione di alto livello dell’Unione Africana è arrivata domenica scorsa a Giuba, capitale del Sudan del Sud, in un contesto di crescenti tensioni politiche e di sicurezza che minacciano di far fallire il fragile accordo di pace del 2018, alimentando il timore di un ritorno alla guerra su vasta scala. La missione si inserisce nel quadro degli sforzi diplomatici per salvare il vacillante Accordo rivitalizzato sulla risoluzione del conflitto in Sud Sudan. [Photo: Amnesty International. Testo: L’Osservatore Romano]
La delegazione ha incontrato sia funzionari politici che gruppi della società civile e leader religiosi. La società civile ha proposto, come riferito da Radio Tamazuj, la convocazione di un incontro di tutte le parti per rilanciare l’accordo di pace, il rilascio dei funzionari dell’opposizione detenuti, il rafforzamento del cessate il fuoco e lo svolgimento delle elezioni per superare l’attuale stallo politico. I rappresentanti della società civile hanno chiesto espressamente il rilascio del primo vicepresidente Riek Machar, leader del Movimento di liberazione del popolo sudanese all'opposizione (SPLM-IO), che si trova agli arresti domiciliari dal 26 marzo.
La visita fa seguito al recente allarme lanciato dal Consiglio dell'Unione Africana sul deterioramento della situazione nel Sudan del Sud, che cita ripetute violazioni del cessate il fuoco, detenzioni politiche e l’erosione della fiducia tra le ex fazioni in guerra. Si prevede che la delegazione incontrerà lunedì alti funzionari governativi, anche se permane lo scetticismo sulla partecipazione della fazione di Machar.
Il Sud Sudan, che non ha mai tenuto elezioni generali da quando ha ottenuto l'indipendenza nel 2011, ha rinviato le elezioni previste lo scorso anno a dicembre 2026, ritardando ulteriormente la sua transizione democratica. L'accordo di pace del 2018, firmato da Kiir, Machar e altri leader, ha posto fine a una guerra civile durata cinque anni e ha istituito un governo di unità nazionale incaricato di redigere una costituzione, unificare le forze armate e preparare le elezioni. Eppure, quasi sette anni dopo, alcune disposizioni chiave rimangono inadempiute. Inoltre, come spiega Monica Gaspari missionaria laica nella diocesi di Rumberk, «il deterioramento della situazione economica, ulteriormente aggravato dalla guerra in corso in Sudan, ha portato a un aumento della concorrenza per risorse già scarse e a forti aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari. Una rottura dell'oleodotto in Sudan ha precedentemente bloccato le esportazioni di petrolio, che rappresentano il 90% delle entrate del Sud Sudan e dipendono interamente da questa unica rotta di esportazione. Gli aiuti umanitari sono diminuiti drasticamente, soprattutto quelli americani, dopo che il presidente degli Stati Uniti ha cancellato gli aiuti internazionali (USAid). Si potrebbe dire che il problema non sia la cancellazione degli aiuti, ma il fatto che il Sud Sudan sia fortemente dipendente dagli aiuti».
La scarsità di cibo viene anche usata come strumento per ridurre al silenzio i gruppi dell’opposizione. La zona nord del Sud Sudan, compresa la diocesi di Bentiu, è abitata prevalentemente dalla minoranza che contrasta il governo. Per ridurre l’appoggio della popolazione ai partiti di opposizione, gli aiuti umanitari sono lanciati solo nelle zone governate dal governo, così da spingere la gente ad abbandonare le zone governate dalla minoranza. Ma succede anche di peggio: il governo ha ordinato ed effettuato bombardamenti nelle zone governate dall’opposizione, colpendo centinaia di civili, scuole e ospedali. Dunque, spiega Monica Gaspari, se la fame non basta, le bombe fanno il resto. Le Nazioni Unite hanno evidenziato che da marzo 2025 le comunità governate dall’opposizione «sono sottoposte a continui bombardamenti aerei con l'utilizzo di dispositivi, barili bomba, presumibilmente contenenti un liquido altamente infiammabile che agisce come accelerante in caso di esplosione».
Il presidente ad interim dell'SPLM-IO, Nathaniel Oyet, ha accusato il governo del presidente Salva Kiir di sabotare i colloqui: da parte del governo di Salva Kiir non c’è la «volontà politica» di Kiir di porre fine alla crisi. Il 9 luglio scorso è stata celebrata la giornata dell’indipendenza dal Sudan. Il Vescovo e di Bentiu e di Rumbek, Christian Carlassare, ha indirizzato alle due diocesi il suo augurio e tra l’altro scrive: «L'indipendenza ci ha dato un Paese, ma sta a noi costruire una nazione: una nazione radicata nella giustizia, nell’unità, nella pace e nella prosperità».
Fabrizio Floris – L’Osservatore Romano