Data urodzenia :
04/09/1949
Miejsce urodzenia :
Negrar
Śluby tymczasowe :
09/09/1969
Śluby wieczyste :
08/12/1978
Data śmierci :
11/10/2003
Miejsce śmierci :
Verona/I
Figlio dell’agricoltore Gaetano e della casalinga Olga Antolini, Bruno era il secondo di tre figli, l’ultimo dei quali è morto in giovanissima età. Originari di Negrar, nel 1954 la famiglia si è trasferita a Bussolengo per motivi di lavoro. Qui Bruno ha frequentato le elementari ed è diventato chierichetto. Il parroco ha notato subito che quel ragazzino un po’ timido e assai riservato eseguiva le sue piccole incombenze attorno all’altare con precisione, serietà e devozione per cui, al termine della scuola elementare, lo ha indirizzato al seminario diocesano di Verona.
Ha perseverato due anni e con notevole sacrificio perché quel genere di scuola proprio non gli andava. Ad un certo punto i superiori gli hanno fatto capire che forse era meglio che intraprendesse un’altra strada che non fosse quella del sacerdozio. Rientrato in famiglia, Bruno si è iscritto alla Scuola Tecnica di Pescantina e, dopo due mesi, P. Adriano Danzi durante una conferenza in quella scuola ha spiegato ai ragazzi come in Africa c’era bisogno anche di tecnici consacrati a Dio per la missione, come aveva auspicato Daniele Comboni.
Bruno ha pensato a lungo prima di dire il suo sì, anche se sentiva in cuore il desiderio di seguire il missionario. Dopo un paio d’anni di dialogo, è entrato a Pordenone dove ha incontrato altri giovani che si preparavano a diventare fratelli. Qui il nostro giovane ha potuto concludere i suoi studi e diplomarsi in meccanica.
Nel 1967 lo troviamo nel noviziato di Firenze. Suoi padri maestri sono stati P. Ernesto Malugani e P. Antonio Colombo. Lo hanno trovato “animato da buona volontà, sincero con i superiori, attaccato alla preghiera e di una fondamentale bontà d’animo, anche se come carattere era piuttosto taciturno e timido”. Il 9 settembre 1969 ha emesso i voti temporanei. Tornato nuovamente a Pordenone come istruttore, nel 1972 i superiori gli hanno fatto la proposta di partire per il Brasile, diocesi di Balsas dove c’era bisogno di un perito meccanico per mandare avanti l’officina meccanica della missione.
Ne vale la pena?
Giunto in Brasile nel 1972, Fr. Bruno ha trascorso 30 anni tra i campesinos e i favelados. In un primo tempo, trovandosi a Balsas, ha affrontato il lavoro con entusiasmo, e intanto imparava la lingua dai giovani che già lavoravano nell’officina. Aveva 23 anni. Poi ha cominciato a domandarsi se valeva la pena che un missionario passasse la giornata con le mani nell’olio maneggiando pezzi di motore quando c’erano dei giovani che erano competenti quanto lui in quel mestiere, e nei dintorni c’erano altri meccanici, altre officine che lavoravano bene. Forse lui poteva fare qualcosa di più e di meglio. Insomma: i tempi stavano cambiando anche a Balsas e l’identità del Fratello missionario, almeno in America latina, cominciava a delinearsi in un’altra luce. Fr. Bruno pensava che forse avrebbe utilizzato meglio la sua vita in un progetto di evangelizzazione.
Il vescovo, Mons. Rino Carlesi, gli ha fatto la proposta di diventare sacerdote. Fr. Bruno ha detto di no: si sentiva realizzato come fratello, ma non voleva portar via il lavoro ai giovani del luogo. Lasciata l’officina, è andato in un’altra missione nell’intento di portare avanti il suo progetto: essere fermento cristiano in mezzo ai giovani. Non sono stati giorni facili, i suoi, specialmente per l’incomprensione del superiore che non condivideva quella impostazione di vita.
Fr. Bruno ha trovato un po’ di pace quando ha lasciato la missione per andare a Pastos Bons dove era superiore P. Franco Masserdotti il quale lo ha capito e ha cercato di favorirlo nella sue aspirazioni apostoliche. Infatti Fr. Bruno ha messo in piedi un bel centro giovanile di cui è diventato animatore.
Senza strepito, senza tanti apparati esterni, quasi nel silenzio, sapeva influire sul cuore e sull’intelligenza dei giovani che lo sentivano come un vero amico col quale potevano aprire il loro animo. In quell’ambiente egli si sentiva rinascere ogni giorno. Non solo serviva i giovani e la comunità comboniana, ma poteva andare nelle parrocchie vicine per animare altri gruppi. Pastos Bons è diventato il centro della gioia dove ci si trovava bene e dove si trovavano bene anche i confratelli che passavano da lì.
Che le intuizioni di Fr. Bruno fossero giuste, è dimostrato dal fatto che anche l’officina di Balsas, tanto cara ai missionari fondatori, a poco a poco è sparita del tutto e, al suo posto, è sorto il centro catechistico della diocesi. “Andate, predicate il Vangelo…” aveva detto il Signore.
Le tappe della sua vita missionaria, dopo Balsas, sono le seguenti: Pastos Bons fino al 1980; São Luís (procuratore provinciale ed economo provinciale) 1980-1984; Verona (assistente procuratore provinciale e poi procuratore provinciale) 1985-1992; São Luís (procuratore ed economo provinciale) 1992-2001.
Il pudore di apparire buono
Ad un primo approccio Fr. Bruno appariva piuttosto chiuso, quasi scontroso. “In realtà – dice Mons. Masserdotti – questo suo atteggiamento era dettato da una specie di pudore di apparire buono, accogliente, servizievole. Invece poi arrivava anche dove non era stato richiesto e il bene che faceva lo faceva veramente bene. Insomma è stato un missionario che, nella sua donazione, si è sempre mostrato contento e soddisfatto”. Anche il parroco di Bussolengo, durante la Messa funebre ha sottolineato come avesse chiesto più volte a Fr. Bruno di dare una testimonianza alla sua gente parlando del suo lavoro missionario, ma non ha mai voluto accettare.
Da autentico veronese Fr. Bruno possedeva una vena di sottile umorismo che cercava di nascondere, tuttavia spesso gli sprizzava fuori. Anche di fronte alla sua malattia, parlando col Superiore Generale ha detto: “Non so perché il Signore mi chiami a 54 anni, d’altronde Comboni è morto a cinquanta, quindi non posso lamentarmi e io non prego più per la mia guarigione. Dio sa: se vuole guarirmi mi guarisca, altrimenti faccia lui”.
Amministratore preciso e trasparente
In Brasile è stato economo provinciale, amministratore preciso, trasparente, chiaro, senza segreti nei confronti dei confratelli.
P. Fausto Beretta, che è stato suo confratello e suo superiore provinciale, ha detto: “Di Bruno mi hanno impressionato tre cose: la prima, è stato un vero Fratello che si è collocato al servizio della comunità e delle persone senza complessi di inferiorità; un Fratello che dava molto e non voleva neppure essere ringraziato, un Fratello che sapeva chiedere scusa quando sbagliava. La sua gioia era quando, venendo in casa, le persone si sentivano bene. La seconda cosa è il suo spirito intelligentemente missionario nel senso che ha aperto il suo cuore e la casa di São Luís a tutti, in particolare ai più bisognosi, ma anche qui con molta intelligenza. Ha assunto la coordinazione del Centro di difesa per i bambini e adolescenti cercando validi collaboratori e dando molta fiducia ai laici e aiutando i giovani ad accedere all’università. La terza cosa è stato il suo incontro con la sofferenza e con la morte. Bruno non esprimeva i suoi sentimenti se non a chi sapeva che l’avrebbe capito. Quando ha saputo che aveva un cancro, mi ha telefonato dicendo: “Se questa è la volontà di Dio, io accetto”. E qualche giorno prima di morire, mi ha detto: “Accetto la morte, accetto che il Signore mi accolga a 54 anni. E mi ha fatto vedere una poesia che aveva scritto nella quale diceva: ‘Non so cosa mi aspetta, perché la morte ti mette sempre davanti ad un’oscurità, ma io credo e sento che questa oscurità si illumina di una luce forte. Si arriva alla risurrezione per la via della croce. Comboni mi è stato vicino’”.
La lunga stagione italiana
Dal 1985 al 1991 Fr. Guardini è stato in Italia con il compito di procuratore delle missioni. Era il tempo in cui le varie comunità cominciavano a dotarsi di computer, ed egli si è subito specializzato in quella che appariva una diavoleria, diventando un esperto.
Ha preparato dei programmi amministrativi. È stato anche nelle varie case comboniane d’Italia e in quelle delle Pie Madri della Nigrizia per istruire i confratelli e le consorelle in quell’arte. Era molto servizievole e non diceva mai di no quando gli si chiedeva un favore.
Scrive una persona che lo ha conosciuto nella casa di Gozzano: “Quando P. Lorenzo Gaiga mi ha chiesto di mettere in computer la contabilità della casa di Gozzano, Fr. Bruno si è reso disponibile a insegnarmi il programma. Era un vero mago, le sue dita volavano sulla tastiera e le sue spiegazioni erano precise. Trasmetteva ciò che sapeva con vera gioia, non era geloso delle sue conoscenze, non aveva il fare del maestro che insegna, piuttosto quello del fratello che comunica. Ciò mi ha molto sorpreso e mi ha anche incoraggiato a fare sempre di più e sempre meglio. Oltre alla contabilità, mi ha insegnato altri programmi con i segreti che lui già aveva scoperto. ‘È semplice, diceva, basta fare così’. E mi dava suoi lavori perché mi servissero da modello. Era molto paziente, a ogni SOS si è sempre premurato di rispondere.
Quando è tornato nel suo amato Brasile, mi ha sempre scritto, anche se io, pigra, spesso non rispondevo. I suoi auguri a Natale e Pasqua erano lo stesso puntuali. L’ho rivisto a Verona durante la sua malattia. Difficilmente l’avrei riconosciuto. Pur con il fisico distrutto ha mantenuto una inalterata serenità. Mi hanno colpito le sue parole: ‘Sono sereno perché so che non sono stato io a procurarmi questa malattia. Se al Signore appartiene la mia vita, allora gli appartiene anche la mia morte. Non gli chiedo né di guarirmi, né di alleviarmi il male. Quello che vuole Lui a me va bene’. E come ultimo dono mi ha fatto vedere alcuni file di contabilità piuttosto elaborati e poi me li ha copiati su un dischetto: ‘così ci lavori su, ti potranno servire’. Grazie Bruno, sei stato generoso e semplice fino alla fine. Un vero fratello (Anna)”.
Un gesto missionario
Fr. Bruno ha amato veramente il popolo al quale è stato mandato. Prima di morire ha voluto tornare in Brasile semplicemente per salutare la gente. Quando era partito per l’Italia a causa della malattia aveva fatto le cose un po’ in fretta. Non gli sembrava giusto andarsene da questo mondo senza un saluto alla sua gente. “Ma te la senti?”, gli ha chiesto il superiore provinciale. “Devo essere fino in fondo amico e fratello della nostra gente, devo congedarmi convenientemente dai miei fratelli”, ha risposto. Il viaggio nelle sue condizioni gli è costato molto e forse gli ha anche affrettato la morte, ma lo ha fatto volentieri e gli ha riempito il cuore di gioia. Questo suo è stato un gesto missionario molto forte.
“La sua morte - ha detto Mons. Masserdotti durante il secondo funerale a Bussolengo - è la conclusione logica di una vita spesa per amore, che fa della morte un atto di vita unito al sacrificio di Cristo”. Poi ha aggiunto: “Vorrei ricordare la sua fede matura, una fede resa forte attraverso l’esperienza del dolore, della sofferenza e della malattia. Durante i lunghi mesi di cura ripeteva ogni tanto: ‘Io sono pronto ad accettare tutto ciò che verrà. E lo diceva con serenità. Le sue poesie ci parlano di questa serena aspettativa della morte che viene ma che non distrugge niente, perché dopo la morte c’è un vita nuova, una gioia nuova alla quale vale la pena prepararsi. Ecco la fede matura di Fr. Bruno.
Vorrei anche ricordare la sua capacità di amicizia profonda e la sua lealtà nell’amicizia anche se nelle sue espressioni esterne era molto sobrio. La visita prima di morire ai suoi amici del Brasile va collocata proprio in questi gesti di amicizia.
E per ultimo va considerata la competenza nel suo servizio missionario. Non amava la retorica, ma era sempre pronto ad aiutare e servire. Nel servizio e nell’aiuto non si accontentava di fare in qualche modo per fare contenti, lui voleva fare bene le cose che faceva e non amava essere ringraziato. Fare bene il bene era la concretizzazione della sua vocazione”.
Non solo economo
Fr. Bruno in Brasile è stato economo provinciale. Non solo doveva provvedere alle necessità delle missioni, ma pensare anche a quelle che dovevano sorgere nel vasto territorio affidato ai Comboniani. Il suo ufficio includeva anche le pratiche, spesso complesse, per i nuovi che sarebbero entrati e per coloro che dovevano partire, doveva accogliere i confratelli di passaggio, comprare ciò che occorreva per la comunità e per le varie missioni. Bruno arrivava a tutto con larghezza di cuore e il sorriso rassicurante sulle labbra.
Ma il periodo più bello della sua vita è stato quando è andato a far causa comune con i poveri delle favelas di São Luís do Maranhão, mosso dalla fede nel Cristo risorto. “È difficile parlare di diritti umani - ha scritto Fr. Bruno - diritti proibiti dalla globalizzazione, dallo sfruttamento estero delle risorse da parte delle multinazionali, dal turismo sessuale, ecc.”.
In occasione di un viaggio in Italia, accompagnato dall’avvocatessa Rogenir Almeida dos Santos, ha presentato dei dati impressionanti: “Nello stato del Maranhão 4 bambini su 10 non vanno a scuola e la metà è analfabeta. Le violenze sono interminabili, i reparti di maternità sono pochi e uno solo è attrezzato per il trattamento intensivo dei neonati. In pratica, commentava un’operatrice, anche senza volerlo si deve scegliere ogni volta chi vive e chi muore”.
Bruno sapeva che bisognava fare qualcosa. Trovava allora il tempo per tutto e per tutti, senza perdersi in parole inutili. Per non lasciarsi ingannare, guardava la realtà brasiliana da un osservatorio privilegiato: gli occhi dei bambini di strada, abbandonati a se stessi, che però hanno avuto un rifugio nel Centro di Difesa dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
L’aiuto ai più poveri gli ha riempito la vita di gioia perché lo ha fatto sentire un fedele seguace di S. Daniele Comboni. Alla fine della vita Fr. Bruno ringraziava Dio della vocazione che gli aveva dato, delle persone che aveva incontrato, delle sofferenze che aveva avuto e perfino della malattia e della morte. “Gesù, dandoci la croce ci ama… Avvenga pure tutto ciò che lui vorrà… Io sono felice nella croce che, portata volentieri per amore di Dio genera il trionfo e la vita eterna”.
L’amore del Crocifisso nei crocifissi della storia, specialmente dei bambini e delle donne, l’ha portato oltre l’ufficio di economo del gruppo comboniano che fa apostolato nel Nord-Est del Brasile.
Gli ultimi ricordi
In occasione della canonizzazione di Comboni, Fr. Bruno ha scritto una relazione della sua vita e della sua malattia che avrebbe voluto leggere alla comunità. Ma, preso dalla commozione, ha passato il foglio ad un confratello. Inizia col ricordare i primi sintomi della sua malattia, manifestatisi nel giugno 2001. Arrivato in Italia il 24 ottobre, è stato ricoverato all’ospedale per l’operazione che ha avuto luogo il 21 dicembre con l’esportazione di una massa tumorale a livello renale.
Esami, chemioterapie e tanti dolori… “Quando è arrivata l’ora, egli si è messo a tavola con i suoi discepoli e ha detto. ‘Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire, infatti io vi dico che non la mangerò più fino a quando si compia nel Regno di Dio’. Poi Fr. Bruno continua: “Io ho desiderato molto di stare con voi in questo giorno e non cesserò mai di appartenere a voi. In questi due anni di sofferenza vi ho sentiti più vicini che mai. Non ho tutto quello che vorrei avere, ma amo ciò che possiedo. Sia fatta la volontà di Dio. Dio dà le prove, ma anche la forza per superarle. Sarebbe sbagliato se dicessi che sono rassegnato, tuttavia sono tranquillo: non sono stato io a cercarmi il male; è venuto da solo. Non mi devo preoccupare, dunque, del domani. Ad ogni giorno basta la sua pena. Io vado avanti senza preoccupazioni. Grazie, mio Dio, per l’oggi che mi dai e per questo ti rendo grazie”.
Fr. Bruno ci insegna che la vita non è una proprietà privata, ma è un dono che va messo al servizio concreto degli altri. Fr. Bruno ci dice che il battesimo e la consacrazione religiosa ci fanno diventare missionari dell’amore. Ci impediscono di chiuderci in noi stessi e di pensare solo ai nostri problemi. Solo così possiamo conquistare la vita e conquistarla in pienezza.
Il Superiore Generale, P. Teresino Serra, che ha presieduto l’eucaristia funebre - 68 celebranti tra i quali due vescovi - ha sottolineato come Comboni sia contento di questo confratello. Contento perché Bruno è stato un uomo di obbedienza, di fede e di amore verso i confratelli e il popolo al quale è stato mandato. Ora Fr. Bruno Guardini riposa nel cimitero di Bussolengo accanto ai suoi cari.
Le poesie di Fr. Bruno
Bruno, come abbiamo detto, ogni tanto esprimeva i suoi sentimenti usando l’arte poetica. Pur nella loro modestia, i brevi componimenti esprimono sentimenti di fede profonda e consapevolezza del prossimo incontro con il Signore. Infatti sono poesie scritte durante la malattia che lo portava alla morte. Ne riportiamo qualcuna.
Ecco io vengo
Ecco io vengo all’eternità
Signore nelle tue mani
La speranza non è in questa vita
Fa’ che io speri nel domani.
Prendimi nel tuo utero
Generami all’eternità
Lascio il mondo intero
Per essere nella tua felicità
Proteggimi in quest’ora,
Tempo di passaggio
Preparami all’ora
Conducimi in questo viaggio.
Destinati siamo da sempre
Da quando siamo nati
Senza ritorno verso il sempre
Tu ci hai voluto destinati.
Non è facile credere
In quello che si vede
Dammi la forza di vedere
Nel domani con fede.
(Verona 6 luglio 2003)
La vita continua
Il futuro è incerto
Nessuno sa il tempo
Ma quello è certo
Sarà il suo tempo
La vita continua
In un’altra forma
Speriamo non sia ardua
Ma ognuno si conforma.
La morte succede
Ma la vera vita
Per chi crede
Non è mai finita.
Questa è la gioia
Di chi è credente.
L’Amato è andato via
Ma è ancora presente.
Il ricordo persiste
Per il credente
Che l’aldilà esiste
Vinta è la morte.
(Verona 15 marzo 2003)
(P. Lorenzo Gaiga, mccj)