In Pace Christi

Pistolozzi Corrado

Pistolozzi Corrado
Data urodzenia : 07/08/1916
Miejsce urodzenia : Pistoia/I
Śluby tymczasowe : 07/10/1933
Śluby wieczyste : 01/11/1938
Data święceń : 16/04/1939
Data śmierci : 26/12/1997
Miejsce śmierci : Kitgum/UG

Il 19 agosto 1996 p. Corrado Pistolozzi scrisse: “Siccome non si sa quanto si tiri avanti, mi preme inviarti alcune righe personali, se toccherà a te scrivermi il necrologio. Nel giorno di san Lorenzo ti ho ricordato per la tua lunga e costante amicizia e ho celebrato l’80° anniversario del mio battesimo. Viva Gesù! E che la vada bene! Ed ora eccoti alcuni miei dati:

Sono figlio unico, nato nei RR Ospedali di Pistoia, segno che si trattava di un parto difficile o che la mia mamma non stava bene. Questa prima mamma ebbe un altro figlio quando era già malata di spagnola, nel novembre del 1918. Morì lei e il neonato. Io fui accudito da una zia, sorella di mamma, fino al 1922 quando mio padre si risposò.

La seconda mamma non ebbe figli, ma mi volle bene come fossi suo. Capisci dunque quanto mio padre ha sofferto per la mia vocazione missionaria.

Nel febbraio del 1939, alla vigilia della mia ordinazione sacerdotale, mi scrisse queste parole: ‘Mi piange il cuore pensando che materialmente ti perderò per sempre, mio unico figlio. Ma non importa. Sei ciò che ho di più caro in questa vita. Tuttavia, se la tua volontà è sempre la stessa, vai, che io ti offro in dono al Signore. Sì, vai, e che lui ti assista’.

La buon’anima di p. Giacomo Andriollo, cui feci vedere la lettera, pubblicò nel Piccolo Missionario del 1939 queste righe col titolo. Va’ dove Dio ti chiama, dicendo che era scritta ad un figlio unico, prossimo all’ordinazione. Purtroppo non riebbi la lettera, ma nel 1990 ripescai il Piccolo Missionario che la riportava e la ricopiai”.

Un gesto di delicatezza

“Dopo l’ordinazione - prosegue p. Pistolozzi - i superiori mi tennero in Italia per 10 anni, così potei vedere il mio papà fino al 1950, quando partii per il Sudan. Venne fino all’aereo a salutarmi... L’attesa di 10 anni, anche se in primo tempo fu imposta dalla guerra in corso, costituì un gesto di delicatezza dei superiori nei confronti del mio vecchio genitore. Li ringrazio ancora, di cuore”.

Questo eroico papà, che ci ricorda da vicino qualche altro padre di biblica memoria, era un boscaiolo e si chiamava Virgilio. La mamma, quella vera, si chiamava Egilia Begliomini ed era casalinga.

Durante la guerra del 1915-18 papà Virgilio fu ferito e rimase parzialmente invalido. Davvero la sofferenza si era abbattuta sulla sua casa: egli in quelle condizioni, con un bambino piccolo e la moglie e l’altro figlio morti. Fortunatamente, una zia si prestò ad accudire il piccolo.

Vangelo vissuto

Dopo il secondo matrimonio, con Maria Mascagni, la famiglia emigrò a Bologna, nella parrocchia di Brigola, perché papà Virgilio aveva trovato un buon posto nelle Ferrovie dello Stato. Terrà questo lavoro fino alla pensione.

La nuova famiglia accolse in casa il piccolo Corrado, un nipote di tre anni, quando gli morì la mamma, e anche un’altra nipote, orfana di entrambi i genitori, che diventerà monaca di clausura a San Remo, nel convento della Visitazione.

Il nipote ritornerà nella sua famiglia quando suo padre si risposerà. Ma alla morte di lui e della matrigna, ritornerà ancora nella famiglia dei genitori di p. Pistolozzi, per cui si considererà sempre come un fratello di p. Corrado.

Questo nipote, che si chiama Aldo Gaggioli, scrive: “Quando io sono nato, nel 1926, p. Corrado era già nel seminario di Bologna ‘Le Capanne’, dove era entrato dopo le elementari e un paio d’anni presso i Salesiani, perché il parroco aveva scorto in lui i segni della vocazione sacerdotale. Anch’io ad un certo punto sono entrato tra i Francescani ma, dopo la prima teologia, sono rientrato nella famiglia Pistolozzi, sono diventato maestro e mi sono sposato. Ho sempre considerato i genitori del Padre come miei e li ho assistiti, come avrebbe fatto p. Corrado, fino alla morte”.

Sono veramente belli questi esempi di solidarietà tra poveri, che ci riportano in una società impregnata di valori evangelici autenticamente vissuti, dove non si parlava né di orfanotrofi né di ricoveri.

Prosegue il signor Aldo:

“La seconda mamma di p. Corrado, alla morte del marito, è venuta ad abitare a casa mia con la sola rendita della pensione di reversibilità del marito. I beni che possedevano a Montecatini Terme furono amministrati dai Comboniani di Verona, con la clausola che, se ce ne fosse stato di bisogno, l’usufrutto sarebbe andato alla mamma. Ma non ce ne fu bisogno.

I genitori del Padre erano molto religiosi, caritatevoli e amati dalla gente. Da giovani appartenevano all’Azione Cattolica ed erano molto attivi in parrocchia.

Il piccolo Corrado era chierichetto e, tra i giochi, preferiva il calcio. Anche quando sarà in missione si terrà aggiornato sull’andamento delle squadre italiane. Come carattere era buono, arguto, rispettoso con tutti e di poche parole. Ma quando parlava andava alla sostanza delle cose.

Per me p. Corrado è stato come un fratello. Abbiamo passato poco tempo insieme a causa della differenza di età e del suo essere missionario. Nei momenti difficili della mia vita, però, mi è stato vicino e mi ha guidato per la via giusta, quella del bene, come hanno sempre fatto i suoi genitori. Seguendo i loro consigli ho avuto tante soddisfazioni dalla vita.

Dalla famiglia Pistolozzi non ho avuto ricchezze, ma ho avuto un indirizzo morale che vale più di qualsiasi ricchezza. La formazione cristiana e umana che mi hanno dato, mi ha permesso di essere contento e di educare bene i miei tre figli”.

La vocazione missionaria

Corrado, dopo aver fatto due anni presso i Salesiani, nel 1928 entrò nel seminario diocesano di Bologna. Tre anni dopo, al termine della quinta ginnasio, scrisse al superiore dei Comboniani di Verona:

“Reverendissimo Padre, mi rivolgo a lei dopo aver avuto dal direttore dell’anima mia la risposta sulla vocazione alle Missioni, quantunque non abbia avuto la parola decisiva dei miei genitori, i quali, però, si sono finora mostrati rassegnati a sacrificarmi al Signore nel ministero apostolico.

Desidererei, dunque, di essere ammesso al noviziato di Venegono, avendo finito la quinta ginnasiale, di cui sto dando gli esami, ed avendo l’età richiesta, poiché compirò i quindici anni il 7 agosto p.v.

Domando per quando è fissata l’entrata e le informazioni su quanto occorre. Grato se vorrà farmi questo piacere e ricordarmi nelle sue preghiere. Le prometto di rammentarla al Signore affinché l’assista e l’aiuti a compiere la sua opera su quanti ha affidato alle sue cure.

Voglia gradire il profondo ossequio col quale godo di sottoscrivermi della P. V. dev.mo e umil.mo figlio in C.J.

Corrado Pistolozzi, seminarista

Bologna, Seminario Arcivescovile, 21 giugno 1931”.

E’ una lettera che esprime una notevole maturità essendo stata scritta da un ragazzo di quattordici anni.

Il parroco aggiunse: “La famiglia Pistolozzi abita da 12 anni nella mia parrocchia. Senza reticenze posso assicurare con verità che, tanto il giovane Corrado, come la sua famiglia sono sotto qualunque aspetto gli ottimi della mia parrocchia.

Parrocchia di San Martino di Caprara 12 agosto 1931”.

Il rettore del seminario, aggiunse: “Attesto io sottoscritto che il giovinetto Pistolozzi Corrado di Virgilio, dall’ottobre del 1928 alunno di questo seminario, da due anni ha manifestato il desiderio e il proposito di dedicarsi alle missioni presso gli infedeli ed ha sempre insistito per ottenere dal padre la licenza.

La sua condotta è stata quella di un seminarista pio, docile, mite e sincero. Si è applicato diligentemente allo studio ed è già promosso alla prima liceo. Di specchiati costumi, nessuno ha potuto dubitare del suo candore.

Can. Edoardo Gallini. 15 agosto 1931”.

Non ci dilunghiamo a parlare del fervore missionario che c’era nel seminario diocesano di Bologna, dove è maturata la vocazione missionaria di Corrado, avendone già accennato parlando di p. Castagnetti.

La lunga sosta in Italia

Entrato nel noviziato di Venegono Superiore alla fine di agosto del 1931, Corrado fece la vestizione il 13 novembre dello stesso anno e i Voti il 7 ottobre 1933.

Gli scarni documenti rimasti ci parlano di un giovane sempre impegnato, molto delicato con i compagni, aperto con i superiori, preciso, diligente e ordinato nelle sue cose, amante della vocazione e di grande spirito di pietà, anche se come carattere era piuttosto chiuso e molto attaccato alle sue idee.

Dopo la professione religiosa frequentò il liceo e parte della teologia presso il Seminario Arcivescovile di Milano (Venegono Inferiore 1933-1937) con buoni risultati. Dal 1937 al 1939 fu a Verona dove concluse la teologia e venne ordinato sacerdote nella cattedrale la domenica in Albis, 16 aprile 1939, da mons. Girolamo Cardinale.

Dopo l’ordinazione fu inviato a Sulmona come assistente e insegnante in quel seminario comboniano rimanendovi ben 8 anni (1939-1947). Era indubbiamente un bravo insegnante, preciso, completo, ma tanto pignolo per cui faceva tribolare un po’ gli alunni che, alla fine, erano contenti e, soprattutto, ottimamente preparati.

Intanto finì la guerra che aveva bloccato le vie per l’Africa, ma il Padre dovette passare a Pesaro per un anno, sempre come insegnante (1947-1948) e finalmente a Brescia nell’Istituto Comboni per un altro anno di insegnamento (1948-1949).

Dovunque era passato, p. Pistolozzi aveva lasciato un buon ricordo di sé, sia in comunità, sia con la gente, sia con i genitori degli alunni. Pur nella sua cordialità, aveva un costante atteggiamento di serietà per cui ispirava venerazione e rispetto. I ragazzi, dopo qualche esitazione, capivano la sua bontà e gli volevano bene.

Non esauriva la sua attività nella sola formazione dei seminaristi, ma si prestava anche per il ministero domenicale nelle parrocchie e, soprattutto per tenere giornate missionarie. Dotato di ottima salute, partiva in bicicletta portando i libri e la pesante macchina da proiezioni per fare animazione vocazionale.

Durante il suo tempo, le nostre scuole apostoliche, grazie ai tempi favorevoli e all’opera infaticabile dei “propagandisti” crebbero in numero e in merito.

Ma ormai era giunto il momento di salpare per i lidi che aveva sognato quando, giovane seminarista, aveva lasciato il seminario diocesano di Bologna e il papà che tanto lo amava.

Africa in vista

Ed ecco che, nell’agosto del 1949, venne inviato in Inghilterra per studiare l’inglese. Lo imparò bene e superò gli esami presso l’University of London, per cui era autorizzato ad insegnare inglese, matematica, latino, italiano e storia presso le scuole nei territori inglesi.

Il primo luglio 1950 lo troviamo a Wau, in Sudan meridionale, con incarichi importanti come: direttore e incaricato delle scuole, segretario del vescovo mons. Mason, direttore ed editore della rivista “The Messenger”, e insegnante. Come si vede, un’attività che non gli lasciava un attimo di respiro. Eppure il Padre trovava i momenti per andare, specie alla domenica e nei giorni di vacanza, a dare una mano ai confratelli che lavoravano in prima linea. Gli pareva, così, di realizzare la sua vocazione missionaria.

Nel 1955 passò al seminario del Bussere come superiore locale e insegnante. Vi rimase quattro anni, fino al 1969, anno in cui cominciò il suo servizio, prima a Verona e poi a Roma come segretario generale.

La formazione del clero africano gli stava particolarmente a cuore, per cui curò in modo particolare l’istruzione di quei giovani, ma ancora di più la loro preparazione spirituale, a rischio anche di rendersi pedante.

Le note che collezionò nel suo “tempo africano” ci fanno capire perché sia stato scelto per il delicato compito di segretario generale.

“E’ molto esatto e minuzioso, fino alla noia, nel suo ufficio. Come religioso e sacerdote non c’è niente da dire’ (p. Colombini).

“Rigido, intransigente, adatto a tenere registri ecc., riservato, aggiornato negli studi ecclesiastici, cortese, esatto, di ottima osservanza, stimato da tutti, ma non adatto ad essere superiore perché è troppo pignolo” (p. Briani).

“E’ un uomo di studio e di insegnamento. Le autorità inglesi ce lo invidiano. Religioso perfetto e missionario zelante. Rispettosissimo con i confratelli, sa difendere le proprie idee senza urtare gli altri” (P. Bresciani).

“La guerra dei 30 anni”

I dieci anni trascorsi come segretario generale (1959-1969) lo videro occupato, oltre al resto, nel trasporto degli archivi da Verona a Roma nella nuova casa generalizia di Via Luigi Lilio. La precisione e la meticolosità di cui il Padre era dotato lo aiutarono a fare le cose bene, senza sbavature e confusioni. Uomo metodico, mandava avanti il Bollettino, Familia Comboniana e tutte le cose inerenti al suo ufficio con precisione e puntualità, senza mai dimenticare niente e nessuno.

Durante il suo incarico la Congregazione dovette affrontare momenti difficili come l’espulsione in massa dei missionari dal Sudan meridionale e il martirio dei Comboniani nel Congo.

Nel 1966 si diplomò in “re archivistica” presso Archivium Secretum Vaticanum. In questo periodo mise gli occhi su di un documento autografo di Comboni che era sfuggito all’attenzione di p. Capovilla e dei componenti Archivio Comboniano. In questo documento il Padre ravvisò l’intenzione di Comboni di fare del primitivo Istituto una congregazione religiosa.

Il 28 maggio 1997, scrivendo a un confratello da Kitgum, p. Corrado disse: “Il Signore ha permesso a me di scoprire il documento 30 (ormai 31) anni fa”. Le argomentazioni del Padre per dimostrare la sua tesi sono state lunghe, faticose e hanno occupato tantissime pagine di carta. Finalmente, nel 1996, “Biblioteca Comboniana -4 FS (fonti storiche)” ha pubblicato il libro di p. Corrado, in gestazione da 30 anni, dal titolo “L’Istituto delle Missioni per la Nigrizia (1867-1885)”. Nella prefazione p. Marchetti dice: “Questo studio è un contributo atto a chiarire dei punti circa l’origine dell’Istituto fino alla sua forma definitiva di consacrazione religiosa per la missione.

L’Autore non pretende di dire la parola definitiva, ma esprime il suo parere documentato da fonti storiche ineccepibili”.

Nel libro è riportata anche la pagina autografa di Comboni nella quale si dice: “L’Istituto delle Missioni per la Nigrizia che alleva e forma all’apostolato africano sacerdoti, catechisti ed artigiani, pel che ho dato apposite regole, che saranno a suo tempo sottomesse alla sanzione della S. Congr.ne, per divenire una Congregazione”.

Inutile dire che per sostenere la sua tesi p. Corrado dovette scontrarsi con chi la pensava diversamente. E ciò fu motivo di sofferenza per lui. Ma le contraddizioni non lo fiaccavano, anzi pareva gli dessero sempre nuova vigoria.

“Io sto con p. Capovilla - scrisse nel 1992 - che nel 1969 aveva già dichiarato chiuso il problema. In quel Capitolo il bravo Padre, che valeva più di tanti altri storici, fu contestato su tale argomento. Allora, sedendosi, visibilmente amareggiato, disse ripetutamente: ‘La storia parlerà, la storia parlerà’. Il mio scritto - prosegue p. Pistolozzi - doveva essere pubblicato più volte, ma fu sempre accantonato. Nel 1987, dopo la pubblicazione di un numero limitato di copie, il p. Generale cedette alle proteste delle Studio Comboniano e l’intera edizione venne sequestrata”.

Scrivendo da Namakora il 23 aprile 1997, rallegrandosi per l’uscita del libro, disse.

“Verso la fine di febbraio p. Pampaloni mi portò una copia del mio libro di 106 pagine, stampato a Roma. E’ stato stampato bene, con le note riunite dopo ogni parte. Ci misero la data del 10 ottobre u.s. e tolsero la data precedente (15.03.82). Sfortunatamente avevo scritto ‘durante questi 16 anni (1966-1982)’ diventati invece 30 anni, come la guerra dei 30 anni! Ai lettori capire questo rebus”.

Scrivendo a p. Ravasio, disse tra l’altro: “Per favore ringrazia vivamente il p. David, superiore generale, che ha deciso la pubblicazione del libro. Ad un anno dalla beatificazione del Comboni e alla vigilia del Capitolo, tutti devono sapere l’ultima volontà del Comboni”.

Possiamo dire che con questo libro p. Pistolozzi ha inteso fare giustizia nei confronti del nostro Fondatore “W Comboni, W la verità che ci farà liberi”, ha scritto. Certamente questa pubblicazione ha contribuito a fargli passare serenamente i suoi ultimi giorni e a fargli accogliere in pace sorella morte.

In Africa per sempre

Dopo il Capitolo del 1969, p. Pistolozzi tornò in missione. Ecco le tappe del suo cammino:

1970-72 insegnante a Lacor;

1973-74 segretario del vescovo a Gulu;

1974-75 superiore e parroco a Padibe;

1976-81 vice parroco, superiore e poi parroco a Opit.

Sarebbe opportuno raccogliere a parte le note e le descrizioni che il Padre faceva delle missioni nelle quali prestava il suo servizio. Il gusto delle note, dei particolari, delle precisazioni, lo aveva nel sangue.

Non solo descriveva la storia della missione elencando con scrupolosa precisione i confratelli che lo avevano preceduto e le opere che avevano fatto, ma si soffermava sugli aspetti geografici, etnologici, climatici. Come esempio accenniamo alle prime righe riguardanti la missione di Opit: “Fu eretta il 1° gennaio 1961 con territorio staccato da quello di Gulu, la nostra seconda missione in Uganda, nata umilmente nel 1911. Ambedue le parrocchie sono dedicate a San Giuseppe. La sede è su un’altura ampia e piatta, che degrada lentamente verso Gulu con una strada di 32 chilometri. Gulu è a 1104 metri sul livello del mare. Opit è più alta di poche decine di metri...”.

Poi parla delle suore diocesane presenti, del modesto centro sanitario, del Centro per poliomielitici, del catecumenato, delle scuole, fino al ripetitore radio e alla ferrovia a scartamento ridotto che si innesta alla linea che raggiunge Nairobi, capitale del Kenya, e Mombasa sull’Oceano Indiano. Alle sue descrizioni allegava le cartine.

Insomma, se p. Pistolozzi fosse stato incaricato di scrivere una storia delle nostre missioni, sarebbe stato l’uomo giusto e avrebbe fatto un ottimo lavoro.

Animatore missionario

Nel 1981 troviamo p. Pistolozzi a Roma per il Corso di rinnovamento. Vi rimase fino al 1982, anno della sua nuova partenza per la missione.

Possiamo inserire a questo punto la testimonianza di Aldo Gaggioli, il suo “fratello” tra virgolette, a proposito delle capacità del Padre come animatore missionario tra i suoi.

“Amava molto la missione. Quando tornava per le vacanze in famiglia non pensava che a raccogliere aiuti per la missione. Così si era formato una buona cerchia di benefattori. Era molto amato e stimato da tutti per la sua saggezza, la sua santità di vita e lo zelo per la salvezza degli africani. Vedendolo celebrare, la gente diceva: ‘Si vede che è un vero sacerdote che crede in ciò che fa’. Ha sempre amato la povertà e le persone umili. Rifuggiva dal parlare di sé e di ciò che aveva compiuto in Africa”.

Tramonto operoso

Dopo il Corso a Roma, p. Pistolozzi fu superiore locale e parroco a Padibe (1982-83) per passare quasi subito a Moroto (1983-89) come economo e insegnante.

Ma ormai la sua salute denunciava il logorio dell’età per cui il Padre non si sentiva più di assumere incarichi di responsabilità.

Dal 1989 al 1991 fu a Patongo addetto al ministero e, con lo stesso incarico, fu a Namakora dal 1991 al 97, salvo una parentesi a Pajule dal 1994 al 1996.

Scrivendo da Namakora nell’aprile del 97 disse: “Naturalmente la mia età consiglia di non toccare l’auto. Perciò esco solo la domenica insieme al simpatico p. Pinuccio che mi lascia in una cappella per la messa e poi torna a prendermi. Così posso ancora rendermi utile e fare un po’ di bene a questa brava gente. Tra poco dovrebbero tornare dall’Italia alcuni confratelli. Speriamo che non mi mandino via. Posto in Africa ce n’è per tutti e in abbondanza. Finché la testa funziona le occasioni di lavoro non mancano.

Ormai io penso ad andare in Paradiso, sia pure con un po’ di Purgatorio, se proprio occorre. E poi, finire i miei giorni in questa terra benedetta e amata ed esservi sepolto insieme a tanti confratelli che sono stati seme buono per il regno di Dio mi sembra un privilegio e un coronamento della mia vita”.

Pare che il Signore lo abbia voluto ascoltare. Il giorno di Natale del 1997 un fax di p. Elia Pampaloni, provinciale d’Uganda, diceva: “Stavamo organizzando il rientro in Italia di p. Corrado Pistolozzi perché la sua salute peggiorava di giorno in giorno. Ora, però, non può muoversi: è peggiorato velocemente ed è in stato quasi di coma.

Al nostro ospedale di Kitgum cercano di sostenerlo e fargli tutte le cure più urgenti, ma non sappiamo come le cose si metteranno. Lasciamo al Signore. Auguri a tutti di Buon Natale”.

Il giorno dopo, verso le ore 20.00 il Padre si spegneva serenamente come una lanterna che aveva esaurito tutto il suo olio.

Aldo Gaggioli scrisse: “Pochi giorni prima di morire mi aveva scritto che stava bene. Sento la sua scomparsa come quella di un fratello carissimo, ed ora so che in cielo ho un protettore e un intercessore per me e per i miei figli”.

Anche i confratelli sentono la morte di p. Corrado come la scomparsa di un uomo, di un missionario che ha lavorato in maniera instancabile per la Congregazione e per la missione con metodo, con precisione, con scrupolo, in modo che il suo apporto fosse duraturo e di concreta utilità alla Chiesa locale.

Va anche sottolineato il suo amore a Comboni e a quello che egli riteneva fosse l’ultimo desiderio del “nostro Padre, Maestro e Fondatore”, cioè la trasformazione del suo Istituto in Congregazione religiosa. Ora, in cielo, a faccia a faccia col beato Comboni che tanto ha amato, potrà vedere come stanno realmente le cose e, caso mai, chiarire i punti oscuri della questione.                  P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 199, aprile 1998, pp. 110-114