In Pace Christi

Mango Leonardo

Mango Leonardo
Data urodzenia : 29/06/1917
Miejsce urodzenia : San Ferdinando di Puglia FG/I
Śluby tymczasowe : 07/10/1938
Śluby wieczyste : 07/10/1943
Data święceń : 03/06/1944
Data śmierci : 12/08/1990
Miejsce śmierci : Verona/I

Aveva 14 anni Leonardo Mango quando, nel 1931, lasciò papà Michele e mamma Vitasanta Fatiguso per varcare la soglia del seminario missionario di Troia. Le uniche cose che portava con sé erano finezza di sentimenti, lealtà e spontaneità, doti che aveva ereditato dalla sua famiglia profondamente cristiana.

Era stato scovato dall'infaticabile p. Bernardo Sartori durante le sue battute di animazione vocazionale nei paesi della Puglia.

"Mio padre fa il contadino a giornata e anch'io so lavorare la terra", disse a p. Sartori che lo aveva fermato in sacrestia dopo la messa.

Così piccolo e mingherlino, forse aveva patito anche la fame più di una volta...

"Hai proprio sincero desiderio di farti missionario?".

"Sì, Padre, lo desidero moltissimo. Quando leggo le pagine della 'Stella Missionaria' (il giornalino fondato da p. Sartori n.d.r.) mi viene la pelle d'oca, e non vedo l'ora di essere laggiù anch'io".

"Quand'è che ti è venuta questa idea?".

"Facendo il chierichetto... e dopo aver ascoltato lei. Ho capito che la cosa più bella è stare vicino al Signore e portarlo a chi non lo conosce".

P. Sartori penetrò con il suo sguardo il fondo di quell'anima e capì che c'era della buona stoffa.

"La tua famiglia non sarà in grado di pagare la retta del seminario, immagino - disse il Padre dopo un po' di silenzio - ma non preoccuparti per questo. Sono di famiglia povera anch'io perciò ci comprendiamo. Tu cerca solo di diventare un santo missionario. Qualche altro penserà alla retta". Così Leonardo venne accolto gratuitamente.

Accanto alla Mediatrice

L'analisi grammaticale e logica, il latino, tutti quei vocaboli da mandare a memoria... costituirono un ostacolo che mise a dura prova la vocazione del giovinetto, ma non si perse d'animo e passò all'attacco dimostrando una volontà formidabile. La forza per non scoraggiarsi gli veniva dalle frequenti visite alla statua della Mediatrice con la quale parlava come a una mamma. Un suo compagno dice: "Davanti alla Mediatrice l'anima sua si aprì al sole della fiducia, e ne fu profumato per tutta la vita sacerdotale missionaria. Della Mediatrice conservò l'immagine sul tavolo di studio, nei libri, nei quaderni, poi nella cameretta, nel breviario, nei manoscritti di musica... fino alla morte".

Dopo il primo rodaggio, gli insegnanti non ebbero da lamentarsi di lui. Anzi, si dimostrò così bravo che i superiori gli permisero di dedicarsi anche alla musica alla quale si sentiva particolarmente portato.

In due anni superò le tre medie per cui, nel 1933, poté partire per il seminario comboniano di Brescia. Fra i numerosissimi seminaristi del ginnasio, si distinse per capacità, pietà e... sopportazione. Sì, anche sopportazione, perché a causa della sua bassa statura veniva spesso preso in giro da qualche compagno che non brillava per troppa creanza.

Suo formatore a Brescia fu p. Luigi Urbani, una 'mamma' di bontà, un vero artista nella formazione dei futuri missionari. La bontà e la dolcezza di costui era abbondantemente controbilanciata dalla mano "fortemente paterna" di p. Gambaretto. Tutti e due, però, contribuirono a plasmare degli autentici evangelizzatori che faranno mirabilia in terra di missione.

Sacerdote durante la guerra

Nel settembre del 1936 Leonardo Mango entrò in noviziato a Venegono. L'8 dicembre, festa dell'Immacolata, fece la vestizione, e il 7 ottobre del 1938 emise la prima professione.

"Si distingue per la sua pace di spirito. Ama molto la preghiera e si esercita con profitto nello spirito di sacrificio. Come carattere scatta facilmente, tuttavia è abbastanza adattabile. Ama la Congregazione ed è molto attaccato alle Regole", scrisse p. Todesco, maestro dei novizi, al termine del noviziato.

Frequentò lo scolasticato parte a Verona parte a Rebbio di Como dove i futuri missionari furono costretti a rifugiarsi, poiché la Casa Madre era occupata dai tedeschi e in zona pericolosa.

Il cibo era razionato e il pericolo dei bombardamenti sempre imminente. Inoltre non era possibile avere notizie dalla famiglia e ciò costituì una pena non indifferente per un tipo come Mango dotato di estrema sensibilità. Tuttavia, l'approssimarsi della data del sacerdozio gli dava vigore ed entusiasmo, e lo aiutava a superare le difficoltà.

Il 3 giugno 1944 venne ordinato sacerdote a Como da mons. Alessandro Macchi.

Verona e Riccione lo videro impegnato nel ministero dal 1944 al 1948. Tridui, quarantore, confessioni e giornate missionarie, con un occhio tutto particolare all'animazione vocazionale e con l'altro all'assistenza dei seminaristi, gli riempivano la giornata. Intanto la guerra finì e si riaprirono le vie dell'Africa.

In Egitto col dono delle lingue

Dal 1948 al 1972 fu in Egitto come addetto al ministero nella chiesa del Sacro Cuore e poi come vice-superiore. Dal '69 al '70 fu superiore ad Helouan e dal '70 al '72 ancora addetto al ministero al Sacro Cuore.

Aveva da fare con musulmani, copti, protestanti e cattolici in una babele di lingue. Infatti tra i suoi fedeli aveva Siriani, Libanesi, Francesi, Inglesi, Arabi, Neri... Pochi missionari hanno durato tanto tempo in un ministero così duro. P. Mango seppe lavorare tranquillo, senza mai perdere quella pace interiore che il maestro dei novizi gli aveva riscontrata, pur trovandosi in un ambiente così difficile e sotto superiori spesso esigenti come i padri Ribero, Zanini, Capovilla e Bombieri. Il suo segreto fu sempre la Mediatrice.

Nella confusione del Cairo, p. Leonardo si dimostrò un abilissimo organizzatore. Era assistente al Club dei Neri, animatore del Club siriano, direttore della schola cantorum da lui creata, formata ed...entusiasmata.

Mise in piedi commedie, trattenimenti e operette. Egli, nascosto sotto la ribalta del palcoscenico, suggeriva la parte ad ogni attore, dava la nota a chi doveva cantare e l'incoraggiamento  a chi titubava.  Con la sua pazienza e capacità scopriva talenti, incanalava energie, infondeva coraggio, smussava fraintesi, quietava amor propri, abituava alla puntualità, infondeva in tutti quel senso di responsabilità che li avrebbe aiutati a inserirsi bene nella società. P. Egidio Michelotto fu un suo grande sostenitore anche nei momenti di prova e di difficoltà. Verso questo confratello p. Mango dimostrò sempre sentimenti di grande amore fraterno per il bene che aveva ricevuto durante quegli anni di vita egiziana.

P. Mango era un artista. Suonava, dirigeva, componeva, e tutto senza aspettarsi applausi, ma solo lieto di cooperare con il Signore alla felicità dei suoi figli a qualunque razza o religione appartenessero.

Tranquillo, furbo e bricconcello

Scrive p. Castelletti: "P. Mango possedeva la vera intelligenza. Quella che fa stare al proprio posto senza pestare i piedi a nessuno, quella che rende consapevoli dei propri limiti. Piccolo di statura, fu un gigante nello spirito: nascosto, umile, mai vigliacco e paziente fino all'eroismo. I martiri della pazienza tra i musulmani sono più meritevoli dei martiri della fede o della purezza. Il Padre era anche furbo. Non si lasciava mai mettere i piedi sul collo dalla gente, Era amico di tutti e confidente di nessuno...

'Come dell'oro il fuoco

scopre le masse impure

scoprono le sventure

dei falsi amici il cor'.

Sapeva che tutto si poteva vincere con l'amore ed egli si sforzò di diventare esperto nell'amore al prossimo".

Un difetto che cercò di combattere sempre fu, se così possiamo chiamarlo, l'autoritarismo. Ne era consapevole e perciò moltiplicava i gesti di mansuetudine e di umiltà. Il superiore del Sacro Cuore scrisse: "Quel suo carattere autoritario rovina un po' le sue molteplici iniziative. Canta e suona bene l'organo e sa anche organizzare concerti e recite".

Attorno a sé, grazie alla sua arte, aveva creato un'aura di entusiasmo, eppure faceva in modo che l'onore e la gloria andassero agli altri lasciandoli, così, pienamente soddisfatti. Ciò costituiva il suo esercizio quotidiano per acquistare le virtù dell'umiltà e della mitezza di cuore.

Con la povera gente

P. Mango non ha mai voluto prendere la patente di guida, non perché non gli tornasse comoda, ma semplicemente per aver la possibilità di muoversi come faceva la gente comune, i poveri. Andava a piedi oppure usava i bus del Cairo, spesso pieni di pidocchi e fra urla  sguaiate e sputi. Così raggiungeva anche i quartieri più lontani dal centro. "E' un modo - diceva - per incontrare la gente, per dire una parola". La gente gli insegnò quella scienza spicciola che viene concentrata nei proverbi. Ne imparò tanti e li usò, soprattutto li mise in pratica.

Pur non avendo rivestito cariche importanti, le cose che ha fatto hanno superato la prova del tempo. P. Rattin, per esempio, che fu discepolo di p. Mango, porta avanti le iniziative musicali del maestro.

Ha avuto anche dei detrattori. La sua risposta fu sempre e solo il silenzio, magari con una grande piaga aperta nel suo cuore sensibile e generoso. "Il vento del Nord scaccia la pioggia", diceva in quelle occasioni, intendendo che il Signore, presto o tardi, avrebbe mandato il suo soffio a dissipare le nubi. Altra battuta originale: "La scienza è la suppellettile dei giorni di gala: usatela il meno possibile; la bontà è l'equipaggiamento di ogni giorno: non dimenticatela mai".

Nei vari Club organizzava partite di football, basketball, volleyball. Rifiutava invece i giochi da tavolo come scacchi, dama, tric-trak "perché - diceva - questi sono trattenimenti da singoli, mentre a me piacciono quelli di massa".

"Il silenzio è il fratello della pace" ebbe a dire un giorno. E lui, che passava gran parte del giorno nel frastuono, appena poteva si ritirava per ritrovare calma, riposo, equilibrio. Era ordinatissimo in tutto, quasi che l'ordine esterno riflettesse quello che aveva dentro. Il contegno, il vestito, la camera, i libri, la musica, tutto si riconduceva all'ordine e alla pulizia. "Chi vuol essere apprezzato, usato al bene, deve prima di tutto far onore a se stesso", disse un giorno. E in un'altra occasione: "Mai far soffrire qualcuno, mai bastonare il colpevole, mai schiaffeggiare una donna, mai calpestare un fiore". Quando le bastonate cadevano sulla sua testa, pur soffrendo enormemente, non si lamentava, né si sfogava. Caso mai scusava e perdonava.

Con i confratelli di passaggio

Il Sacro Cuore del Cairo era un posto di intenso passaggio per i confratelli. E quando c'è passaggio c'è possibilità di esercitare la carità. "Un servo bravo trova la valigia del padrone  più leggera della sua". Sapeva capire a volo i desideri dei nuovi venuti e si metteva a disposizione per indicare loro la stanza e poi per accompagnarli nelle varie parti della città dove dovevano sbrigare i loro affari. Per i nuovi del posto, si offriva ad accompagnarli nella visita alle antichità. E non voleva neanche un grazie. "I debiti del cuore - diceva - non si pagano con gli scellini". E altrove: "Non occorre essere perla, a me basta essere grappolo d'uva".

Nessuno lo vide mai sfiduciato o pessimista perché conservò sempre dentro una fresca giovinezza, una sincera disponibilità verso gli altri. "Svuota te stesso e riempirai gli altri". "I posti più comodi tormentano se bramati, deludono quando raggiunti, uccidono quando perduti". Queste piccole schegge di sapienza sostenevano la sua spiritualità fatta di piccole cose e di tanto amore alla Madonna che cercava di imitare nel compiere bene e con amore le cose più comuni della vita ordinaria.

Ritorno a casa

Dopo un così lungo tirocinio interrotto da quattro periodi di vacanze di tre mesi l'uno, arrivò anche per p. Mango il momento di lasciare l'Egitto per prestare il suo servizio alla Provincia italiana. Fece il distacco con quella pace che ormai era sua caratteristica e che lo accompagnerà nella malattia fino all'accettazione serena della morte.

Nel 1973 lo troviamo superiore a Lecce dove p. Errico era rimasto solo con un sacco di problemi in comunità (il '68 faceva sentire le sue conseguenze). Vi rimase per tre anni. Finalmente arrivò il momento che aveva segretamente sognato da tanto tempo: essere ancora al servizio della Mediatrice di Troia. Quell'obbedienza fu la più dolce della sua vita, un vero regalo della Madonna. "Mi pare di essere tornato a casa", scrisse.

All'ombra della Mediatrice visse un paio d'anni veramente belli. Amava la Madonna e cercava di farla amare. Avrebbe voluto far rivivere i tempi di p. Sartori, ma ormai era passata troppa acqua sotto i ponti e anche Troia risentiva dei nuovi tempi.

Una piacevole eredità

Nel 1979 p. Mango venne inviato nella comunità di Bari. Il Signore lo aspettava per affidargli un incarico molto importante. A questo punto lasciamo la penna al dottor Giulio Menegatti che per un decennio collaborò con lui.

"Nel luglio del 1980 a p. Mango fu affidata la direzione del 'Movimento Amici Oranti Delle Missioni', fondato  nel gennaio del 1976 da p. Antonio Rinaldi Ceroni".

Si trattava di accostare il numero più grande possibile di persone e di comunità disposte a pregare per le missioni. Una iniziativa che entra perfettamente nello spirito del Vangelo e che non si incoraggerà mai abbastanza.

"Fino alla morte - prosegue il dottor Menegatti - p. Leonardo ha dedicato tutta la sua attività a quest'Opera, con impegno scrupoloso. Fino al novembre 1986 la 'Lettera mensile' che veniva inviata agli aderenti all'iniziativa era un semplice foglio ciclostilato. P. Leonardo cambiò il formato e, nel giugno 1986, riuscì a condurre a termine la laboriosa pratica della autorizzazione da parte del Tribunale di Bari e dell'abbonamento postale. Ora il Movimento A.O.M. è esteso in tutta Italia e gli indirizzi sono 1.700.

P. Mango era un uomo cordiale, cortese, si sforzava di essere allegro e con grandi risate sonore cercava di tener su la compagnia. Aveva una spiccata tendenza alla preghiera, a dare buoni consigli".

Il p. Generale più volte si rivolse a p. Mango perché sollecitasse preghiere da parte degli Amici Oranti per varie intenzioni dell'Istituto. "Sono sicuro che gli Amici aderiranno subito e persevereranno in seguito", rispose il Padre.

Il 17 novembre 1986 il p. Generale scrisse una lettera a p. Mango e a tutti gli Amici Oranti delle Missioni nel decimo anniversario di fondazione del Movimento. In essa sottolineò l'importanza dell'iniziativa riallacciandosi a Comboni. "Il nostro fondatore Daniele Comboni ha scritto che 'la onnipotenza della preghiera è la nostra forza'. In altre parole, egli credeva che la perseveranza dei missionari nel loro arduo e rischioso lavoro dipendeva dalla preghiera. Pregate e fate pregare, aumentate i membri del Movimento. Siate come la prima comunità di cui parlano gli Atti degli Apostoli la cui preghiera assicurò a san Pietro e a san Giovanni il coraggio di predicare il Vangelo nonostante le minacce di morte da parte dei sommi sacerdoti...". P. Pierli raccomandò in modo particolare due intenzioni: "Vi chiedo, infine, una preghiera particolare per l'impegno dei Comboniani in Polonia per suscitare vocazioni e in Asia dove incominceremo a lavorare nel 1987. Sono due campi nuovi dove, all'inizio, è più difficile".

Il Movimento impegnava p. Mango nella predicazione di ritiri ai membri che si radunavano periodicamente, nelle visite a conventi e comunità, nella ricerca di nuovi adepti.

Il 17 febbraio 1989 il p. Generale tornò a chiedere ulteriori preghiere per una intenzione che gli stava profondamente a cuore:

"Desidero proporvi un'intenzione tutta particolare: chiedere al Signore attraverso l'intercessione del Comboni il dono della perseveranza di tutti i comboniani nella vocazione missionaria. Oggi, di fronte a qualche difficoltà, c'è la tentazione di lasciare tutto, di ritirarsi, di cambiare vita. Ogni tanto qualche confratello si sente scoraggiato a causa delle difficoltà, di tentazioni, di qualche fallimento, di incomprensioni. Il Comboni ci ha dato un esempio straordinario di tenacia, forza, entusiasmo e perseveranza. Chiediamo attraverso la sua intercessione e il suo aiuto che questi atteggiamenti e virtù diventino sempre più chiaramente parte della vita di tutti i comboniani e che vengano concessi in misura straordinaria a chi fosse in situazione di incertezza".

Come un olocausto

Qualche mese dopo, alla sua preghiera e a quella degli Amici, p. Mango aggiungeva anche il sacrificio della vita attraverso una malattia lunga e dolorosa. Scrive il prof. Menegatti: "P. Mango ha sempre accusato dolori all'intestino. Questi si fecero più insistenti per cui, nel settembre del 1989, fu ricoverato all'ospedale di Negrar (Verona) per controlli. Si sospettò subito qualcosa di brutto, ma la diagnosi non era ancora chiara per cui il Padre tornò nuovamente a Bari. Le sue condizioni, però, cominciarono a precipitare. Si decise, allora, il suo immediato ritorno a Verona. Un tumore gli devastava le ossa del bacino e gli procurava dolori molto acuti. Si mantenne calmo e sereno fino alla fine. Volle che l'Olio degli infermi gli fosse conferito durante la celebrazione della messa appositamente celebrata dalla comunità".

Durante la malattia non si lamentava, anche se gli si leggeva in volto tanta sofferenza. A chi gli chiedeva come stava, rispondeva con un sorriso allargando le mani. Era consapevole della sua prossima fine e tante volte al giorno offriva la sua vita per la Congregazione, per le missioni, per la Chiesa. Con tutto quel male addosso pareva essere diventato ancor più piccolo, un vero piccolo del Regno di Dio dal cuore grandissimo con una straordinaria capacità di amare.

Scrivono i suoi confratelli di Bari: "Nell'ultimo anno lo cercavamo per una parola amica. Era cosciente del male che accusava, ma non ha mai smesso di lavorare, di sorridere, di incoraggiare, di voler bene. Aveva chiesto lui, al Signore, un momento di prova, aveva chiesto di essere visitato dalla malattia e Dio non lo ha deluso.

Una sofferenza vissuta nella donazione missionaria. Ha lavorato e sofferto perché altri popoli facessero parte del Regno di Dio. Non può un missionario morire, se prima non ha generato alle missioni altri missionari. La sua vita è stata una continua animazione vocazionale missionaria, fatta nella preghiera, nella croce, cercando di compiere la volontà di Dio 'anche quando è difficile'. In tutto quello che ha fatto, ha cercato il senso di Dio". Quando i sanitari dell'ospedale alzarono le mani di fronte all'inesorabilità del male, p. Mango chiese di essere portato a casa per morire tra i suoi. Fu esaudito.

Finalmente, il 12 agosto, giorno in cui era solito iniziare il suo triduo all'Assunta, la Madonna lo chiamò in cielo. Spirò sereno, dimostrandosi fino all'ultimo uomo di pace.

Da p. Mango ogni comboniano può imparare la virtù dell'umiltà, della mitezza e del nascondimento insieme a un grande amore alla preghiera. La sua salma, dopo i funerali in Casa Madre, è stata traslata al suo paese natale.    P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 169, gennaio 1991, pp.113-119