In Pace Christi

Giuliani Quirino

Giuliani Quirino
Data urodzenia : 30/08/1915
Miejsce urodzenia : Marienkirchen/A
Śluby tymczasowe : 07/10/1936
Śluby wieczyste : 07/10/1941
Data święceń : 28/06/1942
Data śmierci : 21/01/1988
Miejsce śmierci : Arco/I

             Padre Quirino Giuliani, figlio di Beniamino e di Maria Chemolli, è nato in Austria nel 1915. La sua famiglia, però risiedeva a Ceniga in provincia di Trento. Il motivo della sua nascita in territorio austriaco va ricercata nel fatto che, allo scoppio della prima guerra mondiale, molta gente del trentino venne deportata nel cuore dell'Impero Austro-Ungarico per scongiurare il pericolo del collaborazionismo con le truppe italiane. Stessa sorte era toccata, per esempio, a mons. Mazzoldi e ad altri nostri confratelli.

             La vita del "povero esule", sradicato dal proprio ambiente e dalle proprie abitudini, non era facile, anche se il trattamento esterno era improntato a rispetto e a sentimenti di umanità.

             Terminata la guerra, Quirino tornò a Ceniga con i genitori e, quando fu in età, frequentò la scuola elementare per tutti gli otto anni allora stabiliti dalla legge.

             I coetanei lo ricordano ancora come un ragazzo piccolo di statura, vivace e, soprattutto, buono e generoso. All'età di 13 anni Quirino avvertì in sé la chiamata alla vita religiosa attraverso circostanze molto normali e ordinarie.

             Come tanti altri ragazzi del paese, era stato educato ad un intensa vita di fede, faceva il chierichetto servendo la messa al curato,  giocava sul sagrato della chiesa e mostrava una particolare predilezione per lo studio.

             Fu proprio il curato, don Carlo, che un giorno, terminata la messa, gli disse: "Quirino, perché non ti fai prete o missionario? C'è tanto bisogno, soprattutto in Africa". E intanto sfogliava sotto il naso del ragazzo le pagine di "La Nigrizia". La risposta del ragazzo non si fece attendere: "Sì, ci ho pensato anche per conto mio e più volte. Mi piacerebbe fare il prete e anche il missionario".

             Don Carlo parlò della faccenda in famiglia che, come tante altre del paese, era poverissima. Il rettore della chiesa, don Pietro Giovanazzi, impartì al ragazzo alcune lezioni supplementari per prepararlo ad entrare nel seminario diocesano. Ma quando si trattò di stabilire la retta per gli studi, la famiglia  dichiarò di non essere in grado di sostenere la spesa. La Provvidenza, però, fece sì che padre Angelo Negri, superiore del seminario comboniano di Trento, passasse da Ceniga. Il parroco  gli parlò di Quirino e padre Negri rispose che la faccenda dei soldi per la retta non aveva alcuna importanza. Bastava che il ragazzo avesse vera vocazione e fosse disposto a viverla bene.

             Nella lettera che Quirino portò con sé entrando tra i Comboniani di Trento, don Giovanazzi scrisse che il ragazzo, dopo quattro mesi di lezione, faceva bene i temi e le traduzioni. Se cadeva ancora in qualche errore lo si doveva  alla sbadataggine propria dei ragazzi. Riusciva bene in italiano e in latino. Poi concludeva: "A me sembra che che si potrebbe metterlo in seconda classe, dato che il ragazzo ha già compiuto i 14 anni e ha tenuto sempre un'ottima condotta tanto in famiglia quanto fuori". La lettera è del 19 settembre 1929.

             A Muralta (Trento) Quirino dovette cominciare dalla prima media, perché la sua preparazione scolastica non era adeguata per iniziare dalla seconda.

Se un leone dovesse sbranarmi...

             Anche se l'entrata dai Comboniani fu un ripiego, la vocazione missionaria di Quirino era molto solida. Lo dimostra un episodio accadutogli qualche giorno prima di lasciare la famiglia. Raccontano i parenti: "Quirino era andato col papà e le sorelle ad Arco a fare visita a padre Angelo Caldara, suo cugino e missionario del PIME in Asia. Questi giaceva gravemente ammalato  in sanatorio (dove morirà dopo qualche mese all'età di 36 anni). Quando il papà disse a padre Angelo che Quirino sarebbe entrato in seminario per farsi missionario e andare in Africa, il malato sorrise e poi, fissando quel piccolo ragazzo, disse: "Ma Quirino, non vedi quanto sei piccolo! Se in Africa incontrassi un leone, come faresti a salvarti!" E il ragazzo: "Anche se sapessi che un leone mi sbrana il giorno  del mio arrivo, vi andrei lo stesso". La risposta, pronta e sicura, fece ridere i presenti. Padre Angelo si fece serio poi continuò:"Vai, ragazzo mio; vai in Africa e non aver paura dei leoni che non hanno mai fatto del male ai missionari. E che il Signore sia con te e ti benedica sempre".

             Quirino capì che il cugino era giunto alla fine della sua vita terrena e, in cuor suo, promise che avrebbe preso il suo posto perché, per un missionario che muore, ce ne vuole un altro che lo sostituisca. Proprio come un passaggio di consegne dall'uno all'altro.

Apostolo dei musulmani

             Nel 1934 Quirino concluse gli studi ginnasiali a Brescia con un'ottima pagella, ed entrò in noviziato a Venegono Superiore. Aveva 19 anni.

             Emessi i primi Voti il 7 ottobre 1930, si trasferì a Verona per proseguire il liceo e la teologia. Il 20 giugno 1940 conseguì l'Attestato di infermiere e di aiutante di Sanità nel Regio Esercito Italiano insieme a quasi tutti i suoi compagni di studio, in previsione della seconda guerra mondiale che era già metteva a soqquadro l'Europa.

             Nella domada per la rinnovazione dei Voti del 1941, Quirino  usa un'espressione originale per affermare la sua decisione a proseguire nella via del sacerdozio: "Desidero ardentemente   legarmi in perpetuo al servizio del buon Dio nella Congregazione dei Figli del Sacro Cuore, per dedicarmi totalmente alla conversione dei popoli, specie più riluttanti e cocciuti".

             Chi fossero questi popoli "più riluttanti e cocciuti" ce lo dice padre Branchesi in una sua testimonianza: "Durante gli anni duri della guerra, il nostro superiore, padre Capovilla, ci incoraggiava a non pensare alla situazione del momento, anche perché i superiori avevano paura che quei giorni di lotta potessero indebolire il nostro interesse negli studi e ci distraessero dal nostro ideale missionario. E insisteva perché studiassimo più a fondo la vita del nostro fondatore.

             Quirino prese molto sul serio questi suggerimenti e, un certo giorno, cambiò la sua attitudine completamente. Da quel momento non si interessò più di guerra o di partiti, ma si mise invece - cosa unica allora - a studiare l'arabo con l'aiuto di padre Huber. Quirino aveva molta facilità per le lingue, infatti imparerà molto bene l'inglese, il francese, il tedesco e, più tardi, diventerà uno dei migliori conoscitori di arabo fra tutti gli europei in Sudan.

             A chi gli chiedeva il perché di questo studio, rispondeva che un giorno sarebbe andato a lavorare tra gli Arabi, dove aveva lavorato il Comboni.

             Nella domanda per l'ordinazione sacerdotale tocca ancora il problema dei musulmani: "...Spero che lei assecondi il desiderio che sento in cuore di tutto dedicarmi alla conversione delle nostre tribù islamizzate. Almeno non mi si proibisca di pregare e di soffrire affinché il Signore susciti tra di noi degli apostoli per quei nostri fratelli musulmani. Scusi, padre, di queste parole, ma le sento nel cuore e le ho volute manifestare a lei".

             Se qualche superiore aveva da osservare che Quirino era piuttosto testardo e duro nell' emendare i propri difetti, egli rispondeva che ce l'aveva messa tutta per migliorarsi ma non era colpa sua se era "un po' mattacchione, ma desideroso di fare tanto  bene".

Sulle orme del Comboni

             Ordinato sacerdote a Verona dal vescovo mons. Girolamo Cardinale il 28 giugno 1942, dovette mettere da parte i progetti africani essendo le vie per il continente nero totalmente chiuse per la guerra. Padre Quirino, in attesa di tempi migliori, fu dirottato prima a Como e poi a Crema come insegnante dei ragazzi che si preparavano a diventare missionari. Ci sapeva fare con i giovani, e anche il suo modo di porgere la scienza era assai gradevole. I tre anni che trascorse nella scuola servirono a  mettere in risalto le sue doti pedagogiche. E i superiori ne tennero conto. Infatti, quando nel gennaio del 1946 raggiunse Khartoum, ebbe immediatamente l'incarico di insegnante nel Collegio Comboni.

             In Sudan padre Quirino cominciò ad accarezzare un sogno meraviglioso: voleva che si aprissero le antiche missioni del Comboni nel Darfur e nel Kordofan. A questo scopo fece viaggi per esplorare e riscoprire i resti di quelle missioni. Ma il suo desiderio di ricalcare anche fisicamente le orme del fondatore non poté essere esaudito. Allora continuò la sua missione a Khartoum e a Ondurman insegnando religione in tutte le scuole tenute dai Comboniani e dalle Comboniane.

             Sempre come insegnante fu anche a Palotaka, Okaru e Juba tra gli anni '50 e '54. Nei momenti liberi dalla scuola padre Quirino andava fuori dalla missione per parlare con la gente, per visitare specialmente gli anziani e i malati e distribuire qualche cosetta, come sale e tabacco. La sua specializzazione, tuttavia, restava l'insegnamento. In mezzo ai ragazzi si trovava a suo agio e sapeva farsi benvolere. Il suo vecchio progetto di convivere con i musulmani si stava realizzando anche se per la loro conversione poté fare ben poco.

Un battesimo da non dimenticare

             Uno degli episodi della sua vita missionaria in Africa, che padre Quirino non dimenticò mai, ebbe luogo proprio negli anni di Juba. In quella città egli era diventato amico del capo delle prigioni, un musulmano autentico ma buono e retto. Questi, una mattina prestissimo, andò dal Padre e gli disse che tra poco    avrebbe dovuto impiccare un prigioniero reo di grossi delitti. Il condannato, però, aveva espresso il desiderio di vedere il missionario, proprio lui, padre Quirino. Strada facendo, il carceriere dipingeva con tinte fosche la personalità di quel povero disgraziato, quasi fosse il diavolo in carne ed ossa. Padre Quirino si sentiva agitato e pieno di paura per cui raccomandava a Dio quell'anima e... anche la sua. Ma quando si trovò davanti al condannato, si rese conto che era un uomo toccato dalla grazia di Dio.                                                                        

             "Padre - disse il condannato - voglio il battesimo prima di morire. Voglio che tu preghi il tuo Dio di perdonare i miei peccati che sono tanti". Padre Quirino lo catechizzò e poi gli versò sulla testa l'acqua battesimale chiamandolo Beniamino, il nome del suo papà. "Ed ora aiutami a pregare la Mamma di Gesù perché mi accolga come un suo figlio, anche se sono il più indegno di tutti", continuò il condannato. Padre Quirino iniziò l'Ave Maria. Intanto i carcerieri si fecero avanti dicendo che era giunto il momento dell'esecuzione. Il Padre fu accanto a quel nuovo cristiano fino al momento della morte e lo aiutò a spirare con i nomi di Gesù e di Maria sulle labbra.

Padre "Parola di Dio"

             Nel 1954, dopo otto  anni di Africa, padre Quirino tornò in Italia per un po' di vacanza che trascorse a Carraia (Lucca) come insegnante dei seminaristi missionari. Vi rimase fino al 1956, anno in cui fu inviato a Londra come reclutatore dei giovani che mostravano segni evidenti di vocazione missionaria. Lavorò sodo anche se non godeva quelle soddisfazioni che aveva esperimentate nella vita missionaria in Africa. Lavorò con fede, sicuro che il bene della Congregazione e delle missioni stava anche in quei ragazzi che si preparavano ad entrare in un Istituto straniero, superando difficoltà non comuni di lingua, di cultura  e di abitudini.

             Un anno dopo era di nuovo in Africa, in Uganda questa volta. Anche qui il suo compito fu l'insegnamento nelle scuole e la visita alle cappelle. Affrontò i safàri rimanendo fuori dalla missione centrale anche per 15 giorni, vivendo di quello che la gente gli passava e dormendo nelle capanne o nelle cappelle stesse. Aber e Anaka lo ebbero come coadiutore, e Kampala come superiore. Senza eccessiva difficoltà imparò la lingua acholi. In seguito si cimentò anche nella traduzione di brani di Sacra Scrittura in quella lingua. La gente cominciò a chiamare il Padre con l'appellativo di "Parola di Dio".

             Nel 1961 padre Quirino curò i rapporti con l'allora vescovo di Kampala mons. Kiwanuka per una presenza comboniana nella missione di Kasaala, in sostituzione dei Padri Bianchi che si ritiravano. Le sue osservazioni inviate ai superiori dimostrano un uomo acuto, pratico e chiaroveggente.

             A Kampala ebbe anche l'incarico di cappellano degli immigrati italiani e di economo della missione. Questo dal 1961 al 1965.

Come economo doveva provvedere alle necessità della missione e alle sue varie attività. Come cappellano doveva essere il padre, il fratello e l'amico di tanti italiani che in Africa si sentivano smarriti o correvano il rischio di mettere a repentaglio la loro fede. In quest'ultimo settore fu veramente magnifico, tanto che i superiori pensarono di affidargli un compito analogo in Europa.

Cappellano degli immigrati italiani in Svizzera

             Il 17 ottobre 1965 padre Quirino venne inviato a Yverdon, in Svizzera, come cappellano degli immigrati italiani. La precedente esperienza africana aveva dimostrato che era tagliato anche per quel ministero. "Siamo ancora un po' sossopra perché i lavori fatti fare dal padrone dell'appartamento sono finiti da soli due giorni e quindi abbiamo ancora da mettere a posto tutte le cose portate da Echallens, il posto di prima. E' con me fratel Staub il quale fa da cuoco e aiuta per le pulizie in casa. Spero che presto arrivi un altro padre. Ho già cominciato a dedicarmi alle confessioni e alle visite degli italiani negli ospedali e a casa loro. Porto la comunione e una parola di conforto. Penso che si possa fare un buon apostolato".

             Qualche mese dopo il Padre preparò un piano pastorale veramente bello che comprendeva le messe domenicali nei diversi centri, la schola cantorum, le visite agli ospedali, l'apertura di una scuola materna per i figli degli immigrati, che altrimenti dovevano essere affidati a famiglie amiche, la costituzione di un Circolo Cattolico Lavoratori Italiani, l' Associazione giovanile maschile e femminile...

             Trascorsero due anni abbondanti di lavoro intensissimo e bene organizzato. Il Padre sperava di potersi dedicare a quel ministero ancora per molto tempo; ne fa fede una lettera scritta al padre generale, nella quale chiede di non essere trasferito troppo presto per avere il tempo di dare solide basi al suo lavoro di assistente spirituale degli immigrati. Ma l'uomo propone e Dio dispone...

La serena attesa

             Nell'aprile del 1968 padre Giuliani dovette abbandonare il campo e ritirarsi ad Arco in preda a una forte depressione e ad esaurimento. Con le cure e il riposo riuscì a ristabilirsi abbastanza bene per cui, nel 1971, si trasferì a Limone. "Limone lo aveva fatto rivivere", scrive fratel De Gaspari.

             Abbiamo già detto che padre Quirino aveva un'anima fortemente comboniana. Il fatto stesso di trovarsi nella casa del fondatore, di calcare la terra e di toccare i muri che erano stati testimoni della presenza di Comboni, gli diede una carica enorme.

             Padre Quirino portava nel cuore l'Africa... Stando a Yverdon aveva scritto al padre generale: "Non mi tolga la speranza di un mio ritorno in Africa, per favore". A Limone volle ricreare, anche esternamente, l'ambiente africano costruendo con le sue mani capanne, paesaggi e ambienti che richiamassero al visitatore l'Africa dei tempi del Comboni.

             Non dobbiamo pensare che quest'opera non gli sia costata sacrifici e accese discussioni. Come in tutte le cose c'era chi non condivideva "il presepio", ma egli tenne duro e riuscì a spuntarla creando un qualche cosa di gradevole. Scrive padre Branchesi: "Recentemente a Limone i Padri mi hanno mostrato i disegni, i lavoretti artistici, le capanne africane, ecc. che padre Quirino aveva fatto di sua mano. Costituivano la sua consolazione e quasi il rifugio in un sogno che ormai gli stava fuggendo definitivamente di mano. Quei piccoli lavori erano anche un omaggio al Comboni e costituiscono motivo di ispirazione per chi visita quel luogo sacro per ogni comboniano e per ogni amico delle missioni".

             A Limone il Padre si dedicava anche al ministero, non solo in casa prestandosi per le confessioni e per incontri con gruppi di visitatori, ma anche nei paesi vicini. Tutti lo ammiravano per la sua bontà e il suo costante sorriso sulle labbra.

             Un giorno ebbe un brutto incidente d'auto, che per poco non lo mandò all'altro mondo. Se la cavò, ma lo scossone gli scatenò altri malanni che giacevano in agguato, come il diabete e la cattiva circolazione.

             Nel 1981 le sue condizioni fisiche erano così compromesse che dovette ritornare ad Arco per usufruire di cure più appropriate. La salute, però, era ormai compromessa. Il Padre se ne rese conto e, con molto realismo, cominciò a prepararsi all'incontro con il Signore in un clima di serenità e di preghiera.

             Scrive padre Branchesi: "Padre Quirino per circa 20 anni - metà della sua vita sacerdotale - visse nel silenzio e nella sofferenza a Limone e ad Arco. In questi anni spesi nella solitudine, molti notarono il suo riserbo, il suo silenzio. Il Padre, però, non era  triste, anzi con il suo atteggiamento e con le sue scarne parole contribuiva a dare una nota di allegria in questo ambiente dove la sofferenza è di casa. Scusava tutto e tutti, era comprensivo e privo di esigenze per sé, mentre si preoccupava perché agli altri non mancasse mai niente di ciò che poteva essere loro di sollievo. Insomma era un confratello buono, dal cuore pieno di misericordia e di bontà. La nostra Comunità sente la sua mancanza".

             Nel 1983 il Padre ebbe un grave collasso cardiaco che si ripeté nell'85 e nell'87. Questi fenomeni erano aggravati dal diabete che si accentuava sempre di più. Alla fine si aggiunse anche l'enfisema polmonare. Il Padre si spense serenamente come era vissuto il 21 gennaio 1988. Padre Quirino aveva concluso la sua silenziosa attesa del Signore.

             Le esequie, con la presenza di numerosi familiari, compaesani e confratelli, si svolsero alle ore 10 di sabato 23 gennaio presso la cappella dei Comboniani di Arco. La salma, quindi, fu deposta nella tomba degli stessi Comboniani nel cimitero di Arco.

             Ricordiamo padre Giuliani Quirino come il missionario che ha lavorato attivamente nell'apostolato della scuola, in quello della preghiera e, infine, in quello più duro della sofferenza.

Egli lascia nei confratelli il ricordo di una vita donata all'Africa nell'ideale genuino di mons. Comboni del quale si è sentito figlio e discepolo, sia nell'attività apostolica sia  nell'amore alla Croce.                    P. Lorenzo Gaiga 

Da Mccj Bulletin n. 159, ottobre 1988, pp.57-63