In Pace Christi

Paris Luigi

Paris Luigi
Data urodzenia : 10/08/1921
Miejsce urodzenia : Lanza di Rumo TN/I
Śluby tymczasowe : 19/03/1948
Śluby wieczyste : 19/03/1954
Data śmierci : 06/10/1986
Miejsce śmierci : Kaabong/UG

La campagna di Russia e una durissima prigionia tra i ghiacci e le nevi furono il primo noviziato di fr. Luigi Paris, un giovane sempre allegro e dal cuore buono.

Era nato a Lanza, parrocchia del comune di Rumo (Trento) da Silvestro e Maria Paris. La sua infanzia fu all'insegna della laboriosità e della pietà. Infatti, quando 1'11 novembre 1945 -appena terminata la guerra- entrò nel noviziato di Firenze, il suo parroco don Stefano Pegolotti poté scrivere di lui: "Il ragazzo, per ragioni di servizio, fu per molto tempo assente dal paese, però posso e devo confessare che si è sempre conservato buono, obbediente, puro e schietto. Quindi lo posso raccomandare a Vostra Paternità per i buoni costumi. È forte, robusto e assiduo lavoratore per cui potrà prestare dei buoni servigi quando sia diretto a dovere da qualche maestro ... Padre, lo provi, non lo rifiuti. Ecco il mio pensiero" .

Luigi fu accolto; e con l'entusiasmo dei suoi 24 anni cominciò il noviziato. Un lavoro di lima per togliere gli immancabili residui dell'esperienza militare. P. Patroni, Maestro dei novizi, annotava: "Si è adattato senza difficoltà alla vita del noviziato. Si sforza di fare bene le sue pratiche di pietà, nelle quali trova una certa difficoltà dato il tipo di vita che ha condotto prima di entrare tra i Comboniani. Attende con impegno al lavoro e mostra amore alla regola. È di carattere gioviale ed ottimista. È serio nei suoi doveri".

Fr. Luigi era rimasto orfano di mamma fin da piccolo e questo aveva inciso molto sul suo animo. P . Patroni, in una sua relazione in prossimità dei primi voti, lo rileva: "Cresciuto privo della mamma in famiglia, e i lunghi anni della vita militare non sono stati elementi favorevoli al suo lavoro spirituale. Mi pare, però, che la buona volontà non manchi e mi sembra schietto nei suoi rapporti con i superiori. Si adatta -volentieri a tutto ed è attaccato alla sua vocazione. Quanto a comportamento è un po' trasandato e di temperamento piuttosto rude. lo credo che sarà un bravo missionario". .. Il Maestro non sarebbe stato smentito.

Su e giù per l'Italia

Emessi i voti il 19 marzo 1948, fr. Paris fu inviato a Verona, poi a Troia, quindi a Carraia, per ritornare ancora a Verona con l'incarico di cuoco e di spenditore. I confratelli che sono stati con lui concordano nel sottolineare il suo esuberante ottimismo, la sua costante allegria, la capacità di sdrammatizzare con una battuta le situazioni complicate, e la sua laboriosità. "Egli che era rimasto senza mamma da piccolo, capiva quei ragazzini che erano entrati in seminario lasciando la famiglia e gli affetti più cari, e trovava sempre la parola giusta per confortare chi avesse qualche momento di malinconia o di sconforto. Stimava noi ragazzi e ci voleva bene, perché vedeva in noi dei futuri sacerdoti e salvatori di anime", così un confratello.

Nelle sue difficoltà, fr. Luigi teneva presenti le anime che dovevano essere salvate. Espresse questo pensiero anche in una lettera che scrisse ai superiori nel 1949: "Sento il peso di certi sacrifici, Reverendo Padre, eppure sono sempre più contento di questa vita perché so che contribuisco alla salvezza delle anime per le quali Gesù ha sofferto ed è morto".

Missionario di palude

Nel novembre del 1952 fr. Paris ebbe il via per l'Africa: Sudan meridionale. E vi rimase per 12 anni, fino, cioè all'espulsione in massa del 1964. Gordhiim, Mayen, Warap, Kayango, di nuovo Mayen e Kayango, furono le tappe del suo apostolato in quella terra tanto cara ai Comboniani. P. Alghisi, compagno di missione di fr. Paris, ci lascia la seguente testimonianza: "Non credo che il Paese in cui ci troviamo avesse uguale su tutta la faccia della terra. Sembrava fermo alla prima fase della creazione quando la terra e le acque non erano ancora separate ... Parlo di Mayen, la missione che comprendeva una buona porzione di questo purgatorio terrestre, grosso modo un rettangolo di cinquanta chilometri per cento, in cui abitavano più di centomila Denka. Queste paludi davano pascoli perenni per il loro bestiame, pesce in abbondanza e irrigazione assicurata per le loro coltivazioni di tabacco. Il fatto che, verso il tramonto, nugoli di zanzare uscissero dagli acquitrini e si scaraventassero sugli uomini come belve assetate di sangue, non li preoccupava eccessivamente. Per noi missionari era un vero supplizio, che solo l'amore per Dio e per le anime ci permetteva di sopportare. Ma il malanno che in quel mal sagomato Paese preoccupava di più i missionari era la difficoltà delle comunicazioni, che per gran parte dell'anno risultavano pressoché impossibili.

Fr. Paris percorse gli ultimi 45 chilometri a piedi attraverso paludi allagate. Era robusto, ma piccolo di statura e inesperto nel nuoto. Gli accompagnatori Denka che gli portavano il bagaglio e la bicicletta, quando era impossibile usarla, dovettero sorreggerlo nell'attraversamento di una ventina di canali, le cui acque turbolente lo avrebbero altrimenti sommerso. Sorpresi dalle tenebre, i viaggiatori ebbero la fortuna di imbattersi in una botteguccia di un mercante cristiano, che li ospitò e si fece in quattro per far passare una notte confortevole allo sfinito missionario. Al mattino seguente arrivò sano e salvo e cominciò subito il suo lavoro di muratore e ortolano. Con il suo bel modo di fare portò una nota di allegria in un ambiente dove non c'era troppo da ridere, e con le sue capacità "contadine" contribuì a rendere confortevole la nostra mensa" .

L'avventura africana di fr. Paris nel Sudan meridionale si concluse il 3 marzo 1964. Egli si trovava nella missione di Kayango ... Dicono le cronache: "I missionari del Distretto di Wau (Bussere, Kpaile, Mboro, Mbili, Kayango) ebbero da una a due ore di tempo per fare le valigie e partire. La polizia era sempre presente ai vari movimenti, ma con una certa umanità e comprensione, eccetto a Mbili e Mboro dove i poliziotti seguivano i vari movimenti con i fucili spianati". Poco prima fr. Paris aveva scritto ai superiori: "Amo tanto questa mia vocazione".

In Spagna

Rientrato in Italia, fr. Paris dovette affrontare alcune cure per rimettere in sesto la salute fortemente provata da dodici anni di vita missionaria tra le zanzare e le paludi e, per di più, con tutti gli spaventi e le preoccupazioni che sfociarono poi nell'espulsione. La sua forte fibra, tuttavia, gli consentì di riprendersi prima del previsto e di essere in grado di partire per la Spagna dove occorrevano bravi fratelli per la costruzione della casa di Moncada. Fino a questo momento il fratello non aveva una gran pratica in fatto di costruzioni. Qui poté diventare un esperto nel settore, dando un valido contributo grazie anche alla sua forza e resistenza fisica. Chi è stato con lui in Spagna ricorda l'ansia che aveva il fratello perché quella grande casa si riempisse di giovani . E lo diceva ripetutamente agli altri lavoratori. Ciò contribuiva ad accrescere l'entusiasmo, la gioia e la voglia di fare sempre di più.

Universitario!

Nell'ottobre del 1967 fr. Paris fu destinato all'Uganda. Venne inviato nella missione di Kaabong come addetto alla parrocchia, e vi rimase fino al 1972. Scrive p. Grigiante: "È stata una gioia per me incontrare in Uganda questo confratello con il quale avevo fatto il noviziato a Firenze. Ricordavo ancora la sua allegria e la disponibilità ad assumersi i lavori più pesanti. Aveva tanto buon senso anche se non possedeva una vasta cultura. All'inizio faceva qualche difficoltà a leggere e a scrivere, ma si è sempre dato da fare senza complessi di inferiorità, perché era profondamente umile. In missione lo trovai con lo stesso sorriso come al tempo del noviziato. Nelle varie missioni del Karamoja fece un lavoro prezioso, perché era diventato un esperto in costruzioni. Da ogni sua azione traspariva un grande amore alla missione e alla congregazione. Per me è stato un vero fratello nel senso che, al momento giusto, sapeva dirti una parola per tirarti su".

Per un fratello che aveva responsabilità di costruzioni, era importante la conoscenza di un po' di inglese. Per questo fr. Luigi fu inviato in Inghilterra. Era l'anno 1972. Il primo febbraio del 1973 p. Agostoni gli scrisse: "Questa mia lettera ti sarà una sorpresa e, forse, ti farà anche ridere. Dato che hai studiato l'inglese, ho deciso di promuoverti!?! E precisamente nientemeno che promuoverti all'università. So che tu sei molto allegro e capirai anche questo scherzo. Ad ogni modo faccio sul serio: dunque, io sono tornato dall'Università di Asmara e le nostre Suore, che hanno in mano questo grosso complesso, mi · hanno chiesto un Fratello come te, tuttofare, gran lavoratore e capace di trattare con tutti con uguale bontà ... ". Il fratello rispose: "Meno male che c'è qualcuno che mi promuove. all' Università! Io vado senza paura dove mi manda l'obbedienza. Basta far del bene e salvare anime e la propria anima. Sono venuto via da Sunningdale perché sui libri non combinavo nulla. Allora sono andato a fare l'infermiere in un ospedale di vecchi. In principio era dura, ma poi questi poveri vecchi hanno dimostrato una grande carità verso di me, e io ne avevo ancora di più verso di loro per cui andavamo pienamente d'accordo e li tenevo allegri col mio inglese e col mio modo di fare" . P. Cocchi, superiore, aggiunse: "È un fratello che non fa mai obiezioni agli ordini dei superiori. Ha accettato di andare in Etiopia con molto entusiasmo. Abbiamo celebrato con festa il suo 25°. Torna volentieri al lavoro trovandosi incapace di sedere sui banchi di scuola ... ". I permessi per l'Etiopia non arrivavano mai e il fratello scalpitava per andare in missione, in qualsiasi missione. E tornò ancora in Uganda a continuare il suo lavoro e il suo apostolato dell' allegria.

A Limone

In Uganda intanto si consumava la tragedia che tutti conosciamo, con intenso logorio da parte dei missionari e, ancora di più, della gente umile e semplice schiacciata da più parti. Fr. Luigi soffriva immensamente per la situazione, tuttavia si sforzava di non perdere il suo buon umore. Nel 1982 p. Calvia, superiore generale, si sentì in dovere di offrirgli la possibilità di un po' di riposo in Italia: "Assicurandoti che fra due anni potrai ancora tornare alla tua cara missione, ti destino alla Casa di Limone - Distretto della Curia generalizia - dal 10 ottobre 1982. Caro fratello, non so come ringraziarti del bene che hai fatto e che continui a fare, specialmente sostenendo i confratelli con la tua allegria" . "A Limone -dice fr. Cattaneo- fr. Luigi si prestò per le mille incombenze che occorrono in una casa come quella, e in più fece vedere ai numerosi visitatori della Casa Comboni con quale gioia un missionario vive la sua vocazione" .

Nella bufera

Col primo gennaio 1985 fr. Luigi apparteneva nuovamente alla provincia d'Uganda. Andò nelle missioni di Kaabong, Karenga e Amudat. Scrive p. Novelli: "Dopo che l'NRA aveva rioccupato Karenga, il fratello aveva voluto fare un giro per vedere le missioni. Ne è tornato molto amareggiato. Non si dava pace che la gente, non solo avesse fatto sparire ogni cosa, ma che avesse distrutto ciò che non aveva potuto portar via: lavandini, neon, fili elettrici. .. Per rubare i contenitori, li avevano svuotati del diesel, della benzina e dell'olio che c'era dentro. Vedere tutto questo spreco e questa cattiveria ha influito molto sull'ultima crisi di cuore che ha portato il fratello alla tomba". " Negli ultimi tempi -scrivono i confratelli d'Uganda- fr. Paris sentiva sempre più acuto il peso di una situazione di violenza e instabilità, che rendeva il futuro dell'Uganda assai oscuro. Nei suoi pensieri e nelle sue preghiere espresse in comunità, ritornava frequente il desiderio della pace. I tragici avvenimenti che si susseguivano a ritmo incalzante, segnavano sempre più profondamente il cuore semplice e buono del fratello, preparandolo alla consumazione del suo olocausto per l'Africa o, come egli stesso diceva, 'a regalare la mia vita per l'Africa" '.

Uomo di Dio

Verso la fine di settembre del 1986, la forte fibra del Fratello cominciò ad incrinarsi. All'inizio si trattò di un attacco di malaria che sfociò in una fastidiosa angina pectoris. Il fratello non fece gran caso al male e non ne parlava, persuaso com'era di farcela. Solo la sera del 5 ottobre ebbe la netta percezione che la sua ultima ora stesse per avvicinarsi. Volle ricevere i sacramenti, che gli furono subito amministrati. Poi cominciò a pregare sommessamente preparandosi all'incontro con il Signore sempre con quella serenità e pace che avevano caratterizzato tutta la sua vita. Alle 1.30 del giorno 6 entrò in coma, e dopo un'ora spirò serenamente senza agitarsi , né scomporsi.

"La sua vita missionaria -annotano i confratelli di Kaabong- fu caratterizzata dalla regolarità e dalla semplicità nei suoi impegni quotidiani con Dio e con gli uomini. La sua giornata cominciava alle 5 del mattino nella preghiera e terminava alla sera nello stesso modo. Trascorreva il giorno nel lavoro insieme ai suoi operai ai quali era legato da una genuina amicizia e costruttiva professionalità. Dopo il lavoro si dedicava alla crescita spirituale mediante letture a sfondo spirituale e molte preghiere. La sua vita, dunque, era quella di un uomo semplice e saldamente radicato nei valori evangelici della preghiera e dell'abbandono fiducioso in Dio, dai quali traeva nutrimento e forza per il suo impegno missionario".

Egli stesso scriveva: "Prima di tutto c'è la preghiera. Poi quello che sostiene il missionario e che gli consente di rimanere in questa Africa è l'essere uomo di Dio". In una delle sue ultime lettere ad un amico sacerdote, riportando il tragico saccheggio della missione di Karenga, nella. quale aveva appena ultimato alcuni lavori, scrisse: "A dire la verità, qui non si ha mai pace. Al di là dei confini (di questa terra), in paradiso, si avrà finalmente pace. Ma finché siamo su questa terra, siamo in situazione di martirio. Dio, però, ci è sempre vicino e ci protegge". Il pensiero del paradiso fu l'ultimo anelito di fr. Paris, missionario dal cuore buono, sempre allegro, capace di trasmettere a tutti la gioia di vivere ed entusiasmo per la vocazione missionaria. Dal cielo intercede sicuramente per l'Uganda e per i confratelli che ancora lottano e sopportano tribolazioni per il regno di Dio. Il suo funerale vide radunati molti confratelli, suore e il vescovo di Moroto, insieme ad una gran folla di fedeli. Molti dei suoi operai piangevano. La salma del fratello è stata tumulata nel cimitero di Kaabong.             P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 153, aprile 1987, pp.62-65