Roma, venerdì 19 agosto 2011
“Fratel Giosuè Dei Cas: Lebbroso tra i lebbrosi” è la storia del missionario comboniano Fratel Giosuè che Graziano Pesenti OCD racconta in queste snelle pagine biografiche.

Una maledizione che diventa benedizione! È la storia raccontata in queste snelle pagine biografiche del missionario comboniano Fratel Giosuè dei Cas. In tutte le culture africane, da tempo immemorabile, la lebbra era non soltanto una malattia fisica, ma anche e soprattutto uno stigma, un segno chiaro della maledizione di Dio, degli spiriti e degli antenati. La persona affetta doveva essere ostracizzata dalla comunità, non tanto perla paura del contagio fisico, quanto piuttosto perché la convivenza avrebbe irritato Dio e gli antenati che si sarebbero vendicati estendendola maledizione ad altri. Anche nella Bibbia siamo sulla stessa linea; a cominciare dall’Esodo, dove il primo caso di lebbra è legato alla sorella di Mosè, Miriam, punita da Dio per aver criticato il fratello Mosè che poi la guarì con la sua preghiera di intercessione.

Nel Sud Sudan degli anni 1920-1930, i lebbrosi erano migliaia e migliaia, sparpagliati su tutto il territorio, anche a Tonga fra gli Schilluck, la tribù presso la quale Giosuè investì gran parte del suo tempo passato in Africa. I lebbrosi erano isolati e ostracizzati da tutti, missionari compresi, ma non da Giosuè che fece della vicinanza ai lebbrosi la cartina al tornasole della sua presenza missionaria. Diventare come Abramo (Gn 12) fonte di benedizione per tutti, ma in particolare per coloro che l’opinione pubblica e le culture consideravano come rifiutati da Dio.

Una vicinanza che gli costò notevoli critiche da vari settori, sia tra la gente locale che tra i missionari. Ma lui sentiva che lo Spirito lo spingeva in tale direzione. Poi un giorno un medico gli urlò: “Anche tusei lebbroso... maledetto!”. A molti sembrò la fine della vita missionaria di Giosuè. Invece era l’inizio... di un periodo estremamente originale e fecondo.

A Kormalàn, vicino a Wau (Sud Sudan), gli Inglesi avevano istituito un lebbrosario/lazzaretto per tutti i lebbrosi della regione. Nessuno poteva entrare e restare... a meno che non fosse lebbroso. Anche i missionari della vicina missione di Wau vi potevano apparire solo velocemente. La loro assenza confermava la credenza popolare della maledizione. Fin tanto che un missionario lebbroso non arrivò a Wau: Giosuè.

Egli entrò nel lebbrosario e vi restò per sempre… Vi costruì anche una cappella con il Santissimo. Tre chiarissimi segni della presenza di Dio: il missionario, la chiesa e il Santissimo. La maledizione che comporta l’assenza di Dio era rimossa! I lebbrosi potevano considerarsi cari a Dio che rivelava la sua paternità e attenzione nei loro confronti attraverso Giosuè. La lebbra diventava così una malattia seria e pericolosa quanto si voglia, il morbo di Hansen per l’appunto, ma solo una malattia, non più una maledizione che al dolore fisico aggiungeva un intollerabile senso di colpa e di disperazione. Una malattia da cui, con il contributo della scienza, si poteva guarire. Rimosso la stigma, tutto diventava più semplice. Anche gli studenti delle scuole cattoliche di Wau cominciarono ad andare al lebbrosario per incontrarvi Giosuè diventato ormai un’icona di eroismo missionario. Il muro di separazione e paura cominciava a crollare. Il protagonista di questa grande conversione e rivoluzione religiosa, culturale e sociale, portava un nome: Giosuè dei Cas, fratello missionario comboniano.
P. Francesco Pierli, mccj

Titolo: Fratel Giosuè Dei Cas: Lebbroso tra i lebbrosi
Autor: Graziano Pesenti OCD
Editrice: Velar / Elledici
Cosulenza Editorial:  Severino Mastellaro
Luglio 2011