Padre Antonio Guarino: “Castel Volturno, una città divisa tra due comunità, l’italiana e la straniera”

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Sabato 27 luglio 2019
Dopo sei anni di lavoro tra i migranti a Castel Volturno (Italia), Padre Antonio Guarino [nella foto], comboniano, è stato destinato dai suoi superiori a Lusaka (Zambia). “A Castel Volturno – ha detto il missionario all’agenzia ANSA – non c’è mai stata la volontà politica di creare una cultura reale dell’integrazione. Conviene questo status quo, formato da migliaia di immigrati che vivono loro malgrado nell’illegalità. La politica inoltre continua a dipingerli come nemici. Lascio però questa terra con una speranza: le seconde generazioni di migranti, giovani con determinazione e cultura, sono loro i futuri leader di Castel Volturno”.

Migranti:
... sono lasciati soli in una lotta per la sopravvivenza ...

Missionari comboniani a Castel Volturno. Da sinistra: P. Carlo Castelli, P. Alex Zanotelli, Sc. Emmanuel Kasika,
P. Antonio Guarino (in partenza per la missione nello Zambia), e P. Sergio Agustoni.

“A Castel Volturno non c’è mai stata la volontà politica di creare una cultura reale dell’integrazione. Conviene questo status quo, formato da migliaia di immigrati che vivono loro malgrado nell’illegalità.

La politica inoltre continua a dipingerli come nemici. Lascio però questa terra con una speranza: le seconde generazioni di migranti, giovani con determinazione e cultura, sono loro i futuri leader di Castel Volturno”.

Missionario e prete da strada, il padre comboniano Antonio Guarino, 60enne, irpino di nascita, si appresta tra qualche giorno a lasciare la “frontiera” di Castel Volturno, dove ha prestato servizio per oltre cinque anni al Centro per migranti “Fernandes” della Caritas, per recarsi in Africa, nello Zambia, altro posto di frontiera, ma che “agli africani fa meno paura dell’Europa”.

“Lì in Africa – spiega Padre Antonio – i singoli sono protetti dalla comunità, che interviene per risolvere, anche se con tempi spesso lunghi, ogni tipo di problema; qui in Italia, e a Castel Volturno, sono lasciati soli in una lotta per la sopravvivenza che mette uno contro l’altro”.

Se gli africani arrivati venti anni fa sono ormai rassegnati, “la vera speranza – prosegue il missionario – sono i figli nati qui in Italia, che parlano e ragionano da occidentali, spesso più dinamici dei coetanei italiani; molti ragazzi africani, invece di perdere tempo davanti ai bar, vanno a lavorare d’estate fino anche a 12 ore al giorno, pur di essere indipendenti, e anche se spesso hanno alle spalle famiglie disastrate, con madri prostitute e padri spacciatori. Ma dobbiamo stare attenti a non perderli. Questi ragazzi vivono vite contrastate: da un lato la famiglia che non c’è o che vorrebbe inculcare loro i valori africani, senza riuscirvi, dall’altro l’Italia in cui sono nati che però sembra non volerli; nessuno tende loro la mano, eppure un giorno saranno i leader, magari anche politici, di Castel Volturno; dobbiamo fare uno sforzo per integrarli, sta passando un treno ma lo stiamo perdendo. Di certo la politica di oggi va in una direzione diversa: l’immigrato è il nemico da odiare. Parlo con tanti anziani che hanno paura dello straniero, ma ciò dipende dalla debolezza della nostra cultura, incapace di aprirsi a culture diverse, come quella africana”.

Padre Antonio conferma un’altra caratteristica peculiare di Castel Volturno, quella di una città divisa tra due comunità, l’italiana e la straniera, che convivono come due mondi paralleli.

“Qui non c’è razzismo ma una cosa peggiore, l’indifferenza tra italiani e stranieri, un’indifferenza che dura fin quando gli interessi delle due comunità non saranno in contrasto, e alla fine prevarrà il più forte, come accade a Pescopagano nel luglio 2014”.

Per il missionario la Chiesa sta facendo tanto per i migranti: “fondamentale è il messaggio di Papa Francesco, che dà speranza per il ritorno di valori umani”. Una speranza che accomuna anche il vicino comune di Casal di Principe, dove tanti giovani, ma italiani, “vogliono una vita diversa”. “In confessione moltissimi figli o parenti di boss di camorra, piangendo – dice padre Antonio – mi hanno confidato che non accettano quella mentalità camorristica. Questa terra ha tante risorse umane, valorizziamole” conclude.
[ANSA]