Venerdì 4 ottobre 2019
Una vita al servizio degli ultimi, con il cuore diviso tra il paese natale e l’Africa più bisognosa, che era diventata la sua seconda (o forse la prima) casa. Padre Elia Ciapetti, missionario comboniano originario di Castegnato, si è spento questa mattina alla soglia del novant’ anni dopo una vita trascorsa al servizio del prossimo. (…)

Funerale del P. Elia Ciapetti
Castel D’Azzano, 2 ottobre 2019

“Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità. Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo”. Così leggiamo nel libro della Sapienza. Quando la morte bussa alla porta, – che sia un amico, un parente, un confratello, non ha importanza – è un evento che ci interpella e ci sconvolge. La viviamo come un’ingiustizia e un enigma. Perché la morte nel mondo? Perché, se è vero che Dio ci ha salvato, non ci ha liberato dalla necessità di morire? E’ proprio vero che gli stiamo a cuore? Che siamo importanti per lui? La morte è la negazione di ciò che è stato, ci strappa dagli affetti più cari, ci mette davanti a ciò che saremo, ci ricorda che abbiamo tutti una data di scadenza. Tutto questo ci turba profondamente.
Con queste domande ci confrontiamo con il Vangelo appena ascoltato (Gv 14,1-7): 
“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Queste parole, che l’evangelista Giovanni mette sulla bocca di Gesù al momento della sua passione, sono in realtà le parole del Signore morto e risorto, che vuole condividere con noi la sua vittoria sulla morte. Scrive il Card. Martini: “Le parole: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” Gesù le riferisce a se stesso, come a colui che è morto per noi, colui che dalla croce ci salva, che in questo incredibile mistero di debolezza, di povertà, di ignominia manifesta la potenza, la grazia, la misericordia infinita del Padre. Ecco la gloria della croce, da cui la Chiesa riceve la gioia del Vangelo”. 

Qualche data della sua vita: 

Nato nel 1931, diventa sacerdote nel 57 a 26 anni. L’anno dopo parte per il Sud Sudan e vi rimane 6 anni. Nel ’64 passa in Uganda e vi resta per 15 anni. Una sosta in Italia per curarsi la salute (Thiene) e poi ancora Uganda per 11 anni. Nel ’94 ritorna nel Sud Sudan per 9 anni e di lì passa in Kenya, dal 2004 al 2015, anno in cui rientra definitivamente in Italia, nella comunità di Brescia. 62 anni di sacerdozio di cui 56 in Africa.

Quando arriva a Brescia, il Superiore della comunità scrive: Il P. Elia Ciapetti  desidera rimanere qui. A me non dispiace la sua presenza perché è molto malleabile e di compagnia. Se si mette a posto per bene, può dare una mano per il ministero e procurare un aiuto economico. Insomma lo vedo ben disposto e con buone promesse: la sua permanenza non mi spiacerebbe.
E’ un buon biglietto di augurio per uno che arriva acciaccato dall’Africa a 84 anni per  iniziare una nuova tappa della vita: essere missionario in Italia.

Della sua vita so poco. Nel Vangelo di Giovanni Gesù dice: “Noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto”. Di ciò che ha fatto, delle opere realizzate, dei suoi progetti missionari che non ho veduto, non posso dire molto. Mi limito a riprendere una frase di un confratello medico che ha vissuto con lui: “Ho sempre ammirato la sua tenerezza nell’avvicinare i moribondi quando lo chiamavo in ospedale”.  Posso dire qualcosa su ciò che ho visto: come ha vissuto con serenità e spirito buono il suo ritorno dalla missione, come ha affrontato l’anzianità, la fragilità e la malattia, al tempo in cui declinano le forze. E’ un tempo difficile. Per qualcuno è origine di amarezza, di recriminazione, a volte di acidità. Per il P. Elia non è stato così. 

Accortosi che le forze ormai venivano meno, ha accettato di rientrare in Italia e di inserirsi in una comunità ordinaria della Provincia. Aveva una valanga di benefattori, ben coltivati, con i quali intratteneva ottime relazioni. Li ha passati in blocco ad un confratello un po’ più giovane di lui perché l’aiuto alla missione potesse continuare. Questo è segno di grande libertà interiore. 

Sono stato colpito dalle sue mani: per tutta la vita le ha usate per fare del bene e per donare agli altri. Alla fine erano rattrappite, rinsecchite, come se il Signore volesse dirgli che era meno interessato alle sue mani e vegliava piuttosto sul suo cuore, sulla sua sete, sul suo desiderio, promettendo: “A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita. Io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio”, come ci ha detto il libro dell’Apocalisse letto poco fa. 

Sono stato testimone involontario di un dialogo tra lui e un confratello anziano un po’ restio all’obbedienza, che chiedeva la collaborazione di una sua ‘santa’ bugia per poter continuare a fare la sua volontà. Il P. Elia, pacatamente gli disse: “Ma non hai sempre creduto e predicato l’obbedienza? Perché ora, che è il momento di viverla, vuoi imbrogliare le carte? Io non mi posso prestare al tuo gioco”. 

Un giorno l’ho trovato nella sua stanza a Brescia mentre infervorato, stava condividendo con alcuni confratelli, l’esperienza gioiosa degli esercizi spirituali che aveva appena fatto a Limone. Era una fontana inarrestabile, gioioso, esuberante: si vedeva che condivideva un’esperienza che lo aveva toccato interiormente e se ne faceva diffusore entusiasta. 

Quando ha visto che crescevano la sua fragilità e il suo bisogno di assistenza, ha accettato serenamente di venire a Castel d’Azzano, ambiente più consono alla sua situazione. Si è inserito bene partecipando, per quanto poteva alla vita della comunità. 

Quando le sue condizioni si sono aggravate e ha iniziato a  passare gran parte del suo tempo a letto, ad ogni visita e ad ogni piccolo servizio rispondeva con un grazie sincero. Chiedeva il favore di recitare una preghiera con lui e il dono di una benedizione. “Grazie, ora puoi andare, hai altro da fare…” erano spesso le sue parole.
Alla fine della vita ha sofferto molto, ma non si è mai lamentato. Ha desiderato che il Signore lo venisse a chiamare (“Nell’ora della mia morte, chiamami”), dichiarandosi pronto al grande passo e vivendo con serenità gli ultimi istanti. Con la sua serenità ha contagiato anche il personale che lo accudiva, che si è premurato di chiedergli una preghiera “quando sarai lassù”. 

Tutti sanno che durante la sua lunga e laboriosa impresa missionaria ha ricevuto tanti soldi. Ma lui è morto povero, lasciando ad altri i beni della terra. Da uomo di Dio ha trattenuto l’essenziale: il desiderio di compiere fino in fondo la volontà del Padre.  Lo testimonia una x scritta con l’inchiostro rosso di fianco a una frase della “Preghiera di abbandono” di Charles De Foucauld, che aveva su suo comodino: “Sono pronto a tutto purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio”.

I parenti e gli amici che sono venuti a visitarlo in questi ultimi mesi sono stati numerosi. Non mi è sfuggita la profondità e la qualità dell’esperienza spirituale di tanti di loro. Generalmente si dice che le affinità si incontrano. A chi è interessato alla persona di Gesù, al Regno di Dio, alla sofferenza dei piccoli e dei poveri, il Padre gli fa dono di trovare sulla sua strada chi nutre la stessa passione e gli stessi interessi. Sono i santi di oggi con cui ci troviamo bene assieme, con cui camminiamo volentieri. La presenza delicata e perseverante di numerosi parenti e amici attorno al suo letto in questi giorni è stata per noi una lezione di umanità e di vangelo. A tutti vada il nostro grazie e la nostra ammirazione.

Ieri, in momenti diversi, ho avuto modo di incontrare due ex superiori generali dell’Istituto. Uno e l’altro hanno ripetuto: “E’ stato un grande”.

Grazie, P. Elia, per la tua vita donata alla missione, vissuta con gli stessi sentimenti di Gesù. Che il Padre della vita ti accolga con Gesù per sempre! 

P. Renzo Piazza 
Superiore della comunità comboniana di Castel d’Azzano

È morto padre Ciapetti, una vita dedicata all’Africa

Una vita al servizio degli ultimi, con il cuore diviso tra il paese natale e l’Africa più bisognosa, che era diventata la sua seconda (o forse la prima) casa. Padre Elia Ciapetti, missionario comboniano originario di Castegnato, si è spento questa mattina alla soglia del novant’ anni dopo una vita trascorsa al servizio del prossimo.

È stata una vita al servizio dell’umanità quella di padre Elia Ciapetti. Un’esistenza da missionario guidata dal coraggio, dalla generosità e da un instancabile impegno nei confronti delle popolazioni bisognose in Sud Sudan, Nord Uganda e Kenya. Ordinato sacerdote nel 1957 e dedicatosi alla missione per 58 anni, dal 2015 Padre Elia Ciapetti viveva con i confratelli dell’istituto Comboni di Brescia, dove ha continuato nonostante i problemi fisici a sostenere la suo opera missionaria con la preghiera, spinto da una fede profonda. Amatissimo dai famigliari, da tutti i castegnatesi e non solo, padre Elia è stato un “esempio di umanità, di fiducia estrema e indefessa nella Provvidenza”. Un vero uomo di Dio, insomma.

La salma del missionario ora riposa nella camera ardente della struttura dei Comboniani a Castel d’Azzano (Vr), dove mercoledì alle 10 si terranno i funerali. Padre Elia arriverà a Castegnato nel primo pomeriggio mercoledì e alle 20.30, nella parrocchiale si terrà la veglia funebre. L’ultimo saluto della comunità sarà invece giovedì. alle 15-30.
30 settembre 2019

https://bresciasettegiorni.it

Padre Ciapetti, una vita in missione

La comunità di Castegnato piange la scomparsa di padre Elia Ciapetti, missionario comboniano in Africa per molti anni. Giovedì i funerali.

Padre Elia Ciapetti, missionario comboniano morto lunedì scorso a Verona nella Casa Comboniana, dove era ricoverato da aprile causa l’aggravarsi delle condizioni di salute, riposerà nel cimitero di Castegnato, nel suo paese natale. La salma da oggi pomeriggio nella parrocchiale di Castegnato dove nella serata c’è stata la celebrazione della messa con la veglia funebre. I funerali sono per  giovedì alle 15,30 con la messa presieduta da don Renato Firmo e concelebrata dai missionari comboniani e dai sacerdoti che lo hanno conosciuto a Castegnato.

Per 58 anni padre Elia ha vissuto intensamente la sua missione in terra d’Africa: i primi 29 anni nel Karamoja del nord Uganda, poi 17 anni fra i Toposa del Sud Sudan e gli ultimi 12 fra i Turkana del Kenya. Sempre per ragioni di salute, va ricordato che nel 2003 fu ferito ad un braccio a seguito di un agguato di guerriglieri in Kenya, è tornato definitivamente in Italia nel settembre del 2015, anno in cui a Dicembre ha ricevuto uno dei Premi Bulloni per la bontà proprio per il suo impegno in Africa. Anche in Italia padre Elia, nonostante l’età avanzata e la salute sempre più precaria, ha continuato il suo impegno missionario alla costante ricerca di preghiere e di fondi per il suo ultimo progetto: la “Girls Hight School Nakwamekwi”, una scuola superiore femminile.

“Dopo le venti scuole materne di savana che abbiamo realizzato in questi anni – spiegava padre Elia — ci sono circa settecento bambine che frequentano la primary school, i primi otto anni di scuola (le nostre elementari e medie), e lo fanno in ambienti e con insegnanti sotto diretto controllo dei missionari i quali forniscono loro accoglienza, vestiario e cibo. Adesso il passo successivo è stato la realizzazione della scuola superiore per 90 ragazze, per ciascuno dei quattro anni di scuola”. Con gli aiuti raccolti la “Girls Hight School Nakwamekwi” è stata terminata ed è pienamente operativa.
Giuseppe Orizio
1 ottobre 2019

https://www.lavocedelpopolo.it

Castegnato piange padre Elia Ciapetti
grande missionario

P. Elia Ciapetti con la sorella Marta.

Non tornerà più nella sua Africa, ma lo sapeva da anni: lo aveva detto lui stesso nel 2015 prima di rientrare in Italia per l’ultima volta, per sempre. Si è spento a 89 anni padre Elia Ciapetti, missionario comboniano di Castegnato: è morto ieri mattina nella Casa Comboniana di Verona, dove da Brescia era stato trasferito l’11 aprile per l’aggravarsi della sua salute. IN AFRICA aveva trascorso 58 anni della sua vita: i primi 29 in Karamoja del nord Uganda, poi 17 anni fra i Toposa del Sud Sudan e gli ultimi 12 fra i Turkana del Kenya. Era tornato a Brescia nel settembre del 2015, per la salute ormai precaria che ha risentito sia del lungo tribolato periodo in terra d’Africa, sia dei postumi della ferita al braccio dopo l’aggressione armata subita da guerriglieri in Kenya nel 2003, durante gli scontri tra le tribù dei Toposa e dei Tarkuma per il controllo dei pascoli e del bestiame. Nello stesso anno aveva ricevuto uno dei premi Bulloni della bontà, quello dell’Ordine degli avvocati. (…)

Giuseppe Orizio
https://www.bresciaoggi.it
1 ottobre 2019

[Combonianum]