P. Davide De Guidi: “Una Pasqua inedita, inaspettata, ma forse ancor più vera e carica di luce e di vita”

Immagine

Martedì 7 aprile 2020
P. Davide De Guidi, comboniano italiano a lavorare a Nampula (Mozambico), ci scrive per raccontare ciò che sta vivendo nella sua vita pastorale missionaria: “Cari amici\che, eccomi qui per dirvi il mio grazie per essere entrati nella mia vita in vari modi, ognuno con la sua ricchezza e doni. Ho desiderato scrivervi una lettera di Pasqua, in questo momento che il Coronavirus ci ha un po’ fermati tutti e aiutati a riflettere. Vi penso spesso in questi giorni e mi informo quotidianamente di quello che avviene nella nostra amata Italia. Percepisco il vostro dolore, il vostro smarrimento, ma voglio credere anche, che in voi c’è la speranza e il coraggio di Dio”. (…)

Nonostante sia un momento non voluto, non amato, non desiderato, non programmato, é questo il momento storico che il Signore ci chiede il meglio del nostro cuore e la testimonianza di una fede che si rafforza nelle avversità e nelle prove. Un abbraccio " virtuale" per ora, ma con il cuore, a tutti voi, nella speranza di vedervi presto.

La vita per chi la ama e ama con il cuore di Gesù, non muore mai, anzi. Un augurio di vivere una Settimana Santa e una Pasqua inedita, inaspettata, ma forse ancor più vera e carica di luce e di vita che nessuno potrà toglierci, perché è la Sua stessa Vita che viene a noi come dono permanente.

Il buon Dio vi benedica carissimi\e!
Uniti nella preghiera, con affetto e riconoscenza, Davide

Una Pasqua inedita, inaspettata,
ma forse più reale

Cari amici\che, un caro saluto e un augurio dal Mozambico, in questo momento particolare della storia umana.

È da parecchio tempo che non vi scrivo, perché anch’io preso dalle tante realtà da seguire, non trovavo la serenità, l’ispirazione e la luce per farlo. Ma il coronavirus ci ha fermati un po’ tutti e oltre alle preoccupazioni, sofferenze e limiti che ci ha imposto, ci permette anche di guardarci con più profondità dentro di noi stessi e ascoltare l’altro, sia che ci stia vicino o lontano, senza quella fretta e superficialità in cui spesso ci ha imprigionato questo mondo moderno. Seguo con attenzione e con la preghiera ciò che avviene soprattutto nella mia amata Italia; dove vivono, soffrono e sperano tantissime care persone che hanno segnato e orientato la mia vita.

Mi commuove vedere in questi giorni, l’eroicità e il coraggio di tanti infermieri, medici e personale sanitario e molti altri, nel mettere a rischio la propria vita per salvare coloro che sono stati contagiati dal virus. Una grande lezione di vita per tutti noi, una vera eucaristia vissuta quotidianamente e una Pasqua anticipata, vissuta nelle loro scelte quotidiane. In loro risuonano le parole di Gesù: “questo è il mio corpo dato per voi”.

Bene ha detto Papa Francisco nel giorno delle palme:” i veri eroi non sono chi ha e cerca il successo, chi è famoso e coloro che spesso applaudiamo, ma tutti coloro che in questi tempi fanno della loro vita un dono totale di sé per amore. Grazie a tutti voi che vi state spendendo per amore fino in fondo, è uno stupendo esempio di vita che ci date, rimarrà per sempre nella storia, perché esso genera vita e speranza ovunque e fa nascere un mondo nuovo.

Dall’altra parte, coloro che spesso noi esaltiamo e spendevamo tempo e soldi per rincorrerli e per applaudirli, sia che siano calciatori, attori, presentatori, uomini e donne di successo e di potere, ora ne vediamo pochi (sebbene ci siano) a fare la loro parte, rinunciando ai loro guadagni pazzeschi e ai loro privilegi per chinarsi su questa umanità che grida il suo dolore. Ci accorgiamo proprio ora di aver creato i nostri idoli, come che fossero dei, ma nel grido dell’umanità che soffre e chiede solidarietà emergono i cuori veri. Un Ronaldo, per esempio, che in quattro o cinque giorni, guadagna come una vita di lavoro e di sacrifici di un infermiere o di un onesto operario, non ha più di tanto scosso le nostre coscienze. Speriamo che ora qualcosa di nuovo possa nascere, ma dipende da noi imparare dalla storia e dalla vita.

In questo, il coronavirus oltre ai suoi problemi gravi che porta con sé, potrà almeno ricordarci di ricominciare a vivere alcuni “valori perduti” come la bellezza della famiglia, la fraternità, la condivisione con chi non ce la fa, il riscoprire il vero volto di Dio in Gesù e nei fratelli, la preghiera del cuore, l’amore e il rispetto del creato (la terra gravemente ammalata, fermandoci un po’ in questi giorni, “respira” meglio dal “coronavirus” che gli abbiamo inflitto).

E qui in Mozambico?

Ora, qui ciò che ci attende ancora non l'abbiamo chiaro. Il virus è già entrato, ma i test cioè i tamponi, sono pochissimi, per il fatto di non avere mezzi sufficienti per farli (e poi si devono mandare a Maputo, cioè a 1700 km o in Sud Africa per l’esito), per cui ci illudiamo che i casi per ora sono pochi, ma chi se ne intende, sa che la realtà è differente. Per ora la nazione ha deciso di proclamare lo “Stato di emergenza nazionale per 30 giorni” per l'epidemia che sta cavalcando il mondo.

Si sono prese misure di contenimento, ma se si propaga come da noi in Italia, saremo non solo in ginocchio, ma prostrati, sapendo che già con la malaria, l'AIDS, il colera, la tubercolosi, il tifo e altre malattie, viviamo sempre “in emergenza o in una pandemia, e negli ospedali le corsie sono sempre piene di ammalati stesi per terra. Qualcuno ironicamente ci diceva: “noi la pandemia ce l’abbiamo da sempre, ed è la povertà e le nostre malattie che mietono molte vittime, ma non fanno rumore, perché non uccide i ricchi” (cf. la finanza mondiale, che con i suoi meccanismi speculativi e disumani, in silenzio spazza via milioni di essere umani ogni anno, anestetizzando le nostre coscienze).

Ora anche qui i vescovi ci hanno chiesto di chiudere tutto per un mese (per ora). Così domenica 23 marzo, ultimo giorno che ci è stato permesso di incontrarci in Chiesa, spiegando ciò che sta accadendo, la povera gente se né andata sconsolata, pensando a quello che potrà accadere e alcuni di loro piangevano.

Sentivo nel cuore un senso profondo di impotenza, perché non potevo dire loro: vi starò vicino, vi visiterò, potremo fare questo o quello, sapendo che questo virus ci obbliga a fare l’opposto, almeno fisicamente. Questo per la cultura africana è davvero incomprensibile il distanziamento sociale, soprattutto nel dolore e nel lutto, ma allo stesso tempo sappiamo che è necessario.  La gente teme, e non sa' se vivrà, perché’ oltre il coronavirus, entrerà la fame per molti. Alcuni smarriti mi dicono: “o moriremo di coronavirus o di fame”.

Oggi vedevo giovani e adulti presi e messi in carcere per aver trasgredito le regole di contenimento, il motivo? Cercavano con la moto o con la bicicletta di guadagnare il pane per la sua famiglia facendo il taxista. Qui l’88% vive di lavoretti informali, il 60% vive una forte povertà. E nessuno pensa che gli sarà offerto un sussidio o un aiuto, sapendo come sono le finanze dello Stato. Le case qui in periferia di città sono piccole e affollate e fatte per dormire e non per vivere, i trasporti sono un gran problema per questo virus, pochissimi possono andare al lavoro con un mezzo proprio. Cosa sarà? Solo il buon Dio lo saprà. Fra un mese poi comincerà ad abbassarsi la temperatura e questo ci preoccupa. Alcuni venuti per un tempo a fare un servizio missionario di volontariato hanno già fatto le valigie e sono partiti, perché si sentivano come in un terreno minato e se la bomba scoppia! Allora è meglio tornare.

Noi missionari\e, cosa dobbiamo fare? La nostra vita l'abbiamo consegnata a Lui e a questo popolo che ci ha affidato di custodire nel Suo amore, per cui andarsene è come un padre o un fratello maggiore che lascia la propria casa e i propri figli\e fratelli in balia degli eventi.

Per questo noi missionari\e vogliamo affidarci al cuore di Dio (rivelato sulla croce in Gesù) e a quello materno di Maria, certi che con loro non rimarremmo delusi, ci insegnava il Comboni.

Durante il tempo della guerra civile qui in Mozambico (1976-92), una missionaria comboniana che assisteva gli ammalti all’ospedale, impossibilitata di lavorare per le restrizioni dei soldati, aveva deciso di cambiare missione per continuare il suo lavoro con gli ammalati. Ma, un uomo povero e saggio le si avvicinò e le disse: “cara sorella ricordati bene che se una madre non può fare nulla per i suoi figli, non li abbandona”. Così rimase con loro, perché anche il rimanere da speranza, forza e consolazione. Forse è proprio questo che ci chiede il Signore in questo tempo, esserci con loro condividendo la loro passione, sapendo che qualsiasi cosa accadrà, per la forza dell’amore che ci ha consegnato Gesù, risorgeremo assieme.  

Come vivo ora le giornate? 

Il mio tempo ora è speso nel cercare di informare e formare sulla prevenzione, preparando materiale da dare alle famiglie, preparare mascherine con le donne, incoraggiando a vivere una chiesa domestica, invitando a pregare da casa tutti insieme alla stessa ora con i testi biblici del giorno. Aiutarli a non cadere nella rassegnazione e stando attenti ai vari falsi profeti che promettono miracoli e riti stolti e pericolosi.

Ogni giorno sebbene ci siano tante restrizioni e le attività di carità e di annuncio parrocchiali non possiamo svolgerle come prima, i poveri mi cercano e mi bussano alla porta per raccontarmi il loro dolore, la loro fatica, nella speranza di una parola e gesto di consolazione e condivisione. Così anche per scrivere questa lettera, ho dovuto fermarmi tre-quattro volte per attendere ai loro bisogni. Poco fa una povera donna vedova con creature piccole, mi pregava di comprarle la farina per non morire di fame. Papa Francesco ieri nell’omelia a S. Marta ci ricordava che saranno i poveri a giudicarci, perché Gesù è in loro. 

In comunità, il mio confratello p. Firmino, un grande missionario, ritornato in Italia per un tumore, dopo aver lottato contro la malattia e riuscito a guarire, qualche giorno fa non ce l’ha fatta, per motivi di cuore e forse anche per la morte prematura di coronavirus del nipote che lui amava tanto. Così, sono da solo in questo tempo, ma la presenza del Signore la sento viva, così come l’intercessione dei confratelli che ci hanno lasciato e la vostra preghiera (non abbiate paura, io sarò sempre con voi, Mt 28,20)

Ci riscopriamo un po’ missionari ‘inutili’ che non possono dare quell’ “utile” che sempre sta nel nostro modo di pensare. Ora, non potendo fare quello che era programmato, ci è chiesto di condividere e dare speranza a un popolo che già viveva i suoi "coronavirus". Per questo ci resta la nostra vita innestata in Lui da condividere in questa fragilità, dove sono certo che Jesus soffre, ama e carica la croce con ognuno di noi. Con Lui anche le sconfitte, i nostri timori, le nostre fragilità e forse alcuni nostri addii, troveranno sempre una luce nuova di un cammino di vita, perché' chi ama in Lui non muore mai.

Cosi tutto d’un tratto ci sentiamo meno sicuri di ciò che sarà, ogni progetto in questo tempo non ha consistenza, tutto ci è chiesto di vivere con la luce di quelle parole che il nostro grande Papa Francesco ci ha comunicato nel venerdì 27 di ottobre, “non temete”, sono le parole di Gesù, un non temete che nella Sacra Scrittura sembri apparire 366 volte, cioè ogni giorno.

In questo orizzonte in cui l’oscurità sembra avvolgerci, mi consola poter soffrire, lottare e sperare con questo popolo. Loro, ogni giorno, con i piccoli gesti carichi d’amore e vicinanza, mi insegnano e mi annunciano che Lui è sempre vivo in mezzo a noi e questo è un grande annuncio di Pasqua. Una Pasqua inedita, sorprendente, fragile e por questo ancor più vera, nella consapevolezza che nulla ci potrà separare dall' amore di Dio rivelato nel Suo figlio Gesù.

Un abbraccio a tutti voi cari amici\che e compagni di viaggio in questa vita che è davvero sorprendentemente bella, se l’accogli con il cuore di Dio. In Lui restiamo uniti nella forza della preghiera, che sempre e ovunque ci infonde la Sua vita incorruttibile e la speranza che qualcosa di nuovo e di straordinario il Signore saprà ricreare da questo evento tenebroso agli occhi umani, ma che ai suoi occhi anche le tenebre si trasformeranno in Luce. Per questo vi auguro una Santa Pasqua, inedita, inaspettata, ma forse più reale carissimi\e amati\e da Dio.

Con gratitudine e riconoscenza, p. Davide De Guidi.
Nampula/Mozambico, 7 aprile 2020