Lunedì 22 giugno 2020
Le comunità della Curia Generalizia dei Missionari Comboniani hanno celebrato venerdì 19 giugno la solennità del Sacro Cuore soltanto con i Comboniani presenti a Roma e quindi senza i soliti invitati amici, benefattori e comboniane a causa ancora del coronavirus. La Messa è stata presieduta da Padre Tesfaye Tadesse, superiore generale, che tra le intenzioni presentate ha appunto menzionato le sofferenze e le vittime provocate dal Covid 19 e da tutte le altre pandemie che ci sono nel mondo in cui viviamo.

Quest’anno, in coincidenza con la festa del Sacro Cuore di Gesù, al quale l’Istituto comboniano è consacrato, è stata presentata da P. Pietro Ciuciulla la Lettera di convocazione ufficiale del XIX Capitolo Generale dell’Istituto, previsto per il periodo dal 29 agosto al 10 ottobre 2021 presso la Casa Generalizia di via Lilio a Roma.

Nell’occasione, i missionari hanno ringraziato il Signore per la loro vocazione e, affidandosi al Cuore di Gesù, hanno fatto anche la rinnovazione dei voti per devozione: “Padre Santo, noi… Ti ringraziamo di averci chiamati… a seguire Cristo nella sua missione evangelizzatrice, specialmente tra i più poveri ed abbandonati, secondo il carisma di san Daniele Comboni. In obbedienza di fede e uniti a tutti i confratelli, che nel mondo operano per il tuo regno, rinnoviamo oggi l’offerta di tutta la nostra vita per il servizio missionario, impegnandoci a seguire il Signore casto, povero ed obbediente con generosa fedeltà alla nostra Regola di Vita… Amen”.

Alla fine della celebrazione, si è ringraziato per il lavoro di tre confratelli, P. Siro Stocchetti, P. John Baptist Opargiw Keraryo e P. Enrico Giuseppe Redaelli che lasceranno presto la Curia e saranno destinati ad altre circoscrizioni.

Pubblichiamo qui di seguito alcuni passaggi dell’omelia proferita da Padre Tesfaye.

Omelia proferita da Padre Tesfaye

Carissimi confratelli, in questi giorni, nella nostra preghiera individuale e comunitaria, abbiamo cercato di riflettere, pregare e pensare a come vivere la celebrazione liturgica del Sacro Cuore di Gesù nella situazione di questi giorni di sofferenza mondiale, la pandemia per il covid-19, e altre situazioni di gioia e di sofferenza; giorni dedicati a Laudato si’ ma anche giorni di protesta insieme contro segregazioni, razzismi, marginalizzazione di gruppi dei popoli minacciati. Giorni di sofferenza, basti pensare a quanti sono morti non a causa della pandemia ma per suicidio e violenza domestica, per la fame, come immigrati rifiutati, per altre malattie. Allora, che cosa significa celebrare il Cuore di Gesù? Così la Regola di Vita (RV) ci parla del Cuore di Gesù: “L'Istituto conserva come preziosa eredità questo aspetto rilevante del carisma del Fondatore, lo approfondisce e lo propone, alla luce della parola di Dio e secondo le caratteristiche della Chiesa locale” (RV 3,1).

Pensando alla Parola di Dio, prendo in considerazione, per la mia condivisione, tre frasi dal vangelo del giorno.

  1. Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza”. Nel vangelo di oggi abbiamo Gesù in preghiera. Più contempliamo la persona di Gesù, la sua incarnazione, il suo Cuore, la sua preghiera, più vediamo che Lui vive per Dio Padre che lo ha mandato e vive per noi. Nel vangelo vediamo che cosa dice Gesù a Dio suo Padre, cosa ha nel cuore. Gesù nella sua preghiera dice: Padre ti lodo, ti benedico, ti ringrazio. Gesù apre il suo cuore e con stupore dice “grazie perché hai rivelato queste cose ai piccoli”. Nella vita c’è chi respinge il vangelo e chi lo accoglie. I piccoli, i bambini, quelli che hanno il dono della semplicità, accolgono Gesù e il suo vangelo e cercano di testimoniarlo e di servire i fratelli e le sorelle. Possiamo chiederci: com’è la mia accoglienza continua di Cristo? Gesù ringrazia Dio per noi, per i nostri fratelli e le nostre sorelle che hanno accolto la sua persona e il suo Vangelo. Al centro della preghiera ci sono i piccoli di Dio, ci siamo noi, c’è la Chiesa che ha creduto. Gesù si impegna e prega, ha a cuore l’uomo, l’umanità bisognosa, sofferente e che ha fede in Dio. Noi come missionari possiamo ringraziare per moltissimi fratelli e sorelle che hanno accolto Gesù e il suo vangelo e si sono impegnati per la costruzione del Regno di Dio. Molti ci hanno accolto e hanno dato peso al nostro annuncio del Vangelo, anche se siamo limitati e abbiamo i nostri peccati e le nostre fragilità. Quale stupore ci spinge a pregare con Gesù lodando Dio per i piccoli, gli umili?
  2. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi…”. Gesù non si scandalizza della nostra stanchezza e confusione. Vivendo la nostra fragilità, i nostri limiti, le nostre difficoltà, durante questi giorni del covid-19, in modo molto evidente, abbiamo scoperto di più questa parte di noi che grida per un aiuto da Dio che ci fa portare il nostro giogo. Bisogna rivolgersi a Dio, bisogna gridare, chiedere e soprattutto ringraziare Dio. Nel Cuore di Dio rivelato in Gesù c’è posto per chi è stanco, per chi è confuso, per chi ha sofferto e per chi è marginalizzato, maltrattato e minacciato. Abbiamo visto come la gente grida per difendere i maltrattati, basta pensare a tutte le manifestazioni in diverse parti del mondo, dopo la morte di George Floyd e di molti altri. Vediamo tutto il gridare per proteggere la creazione e la natura minacciata e tutti gli impegni e le preghiere nello spirito di Laudato Si’, per la violenza domestica contro le donne e le storie di abusi in famiglia durante il confinamento per il covid-19. Gesù dice: vieni, venite a me, partite da me per affrontare e risolvere i problemi dell’umanità. Non solo per stare in cappella e pregare, ma perché ci riferiamo a lui nel modo di valutare, discernere ed impegnarci per risolvere i problemi. Gesù dice: gridate, venite a me, riferite e rivolgetevi a Dio. Come discepolo di Cristo, vedo le fragilità, le tensioni, la mia vulnerabilità, le nostre società e le loro fatiche? Contribuisco ad alleviare pesi, ad attenuare tensioni o ad aggiungere peso e tensione, anzi a diventare io stesso un peso?
  3. Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. Gesù ci dice che da soli non capiamo, fino alla fine della nostra vita siamo chiamati ad imparare da lui. Viviamo la nostra vocazione nell’umiltà, senza essere presuntuosi, pensando di sapere tutto o di aver capito quasi tutto. Se Gesù dice che è mite, cerchiamo di essere miti e non aggressivi, ricordiamoci che siamo ministri del Signore crocifisso che ha portato la nostra realtà sulle sue spalle, allora dobbiamo essere pronti a convivere con le difficoltà e i limiti di ogni giorno: viviamo la nostra vocazione imparando da Gesù. La missione è sua e noi siamo chiamati (è la nostra vocazione) a condividere l’amore di Dio nelle nostre comunità e nella missione in uscita. San Giovanni nella seconda lettura di oggi ci ricorda: “Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi”. La nostra missione di predicare il vangelo della fraternità che costruisce il regno di Dio comincia dalle nostre comunità interculturali e intergenerazionali. Nell’anno in cui riflettiamo sul tema della Ministerialità, chiediamo la grazia necessaria per vivere la nostra chiamata a servire con cuore umile, mite, paziente, un cuore che desidera e ama servire in comunione con altri. San Daniele Comboni diceva: “I nostri Missionari, siano Sacerdoti o Laici, vivono insieme da fratelli nella medesima vocazione, senza gare o pretensioni, pronti a tutto quello che viene loro ordinato di fare, disposti a compatirsi e aiutarsi vicendevolmente, e rispettosi sempre verso gli altri Missionari del luogo, con cui studiano di essere sempre in perfetta armonia, anche nell'esercizio del Ministero” (Scritti 1859).

Papa Francesco, durante la celebrazione per il giubileo dei Sacerdoti del 2 giugno 2016, a San Giovanni in Laterano, parlando della Misericordia di Dio, ha citato l’enciclica di Pio XII sul Sacro Cuore di Gesù, Haurietis Acquas, promulgata il 15 maggio 1956, nella quale, ha detto Papa Francesco, “Papa Pio XII intendeva purificare da forme e pratiche di un certo devozionismo sentimentale, (la devozione popolare al Sacro Cuore) ma senza sminuirlo affatto, «il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù» che, «non è in sostanza che il culto dell’amore che Dio ha per noi in Gesù, ed è insieme la pratica del nostro amore verso Dio e verso gli uomini»”.

La nostra riflessione sulla ministerialità, ci aiuta purificare lo stile della nostra vita di servizio, il metodo con cui serviamo, il modo del nostro servire in comunione e in rete interna ed estera, tutto questo con gli atteggiamenti del cuore di Gesù. Una volta i seminaristi comboniani durante la Novena del Sacro Cuore pregavano e chiedevano proprio così: “Iesu mitis et humilis Corde, Fac cor nostrum secundum cor tuum” (Gesù, mite ed umile di Cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo).

Chiediamo quindi il dono di contemplare Gesù Cristo che ci purifica dal nostro egocentrismo e perdona i nostri peccati. Il suo cuore continua a battere per noi, per capire l’amore di Dio che ci spinge a condividere Gesù con i nostri fratelli e le nostre sorelle impegnandoci per continuare a costruire il Regno di Dio dove viviamo nella fraternità, nella pace, nella dignità e gestiamo le cose nella giustizia e promuovendo il perdono e la riconciliazione fra noi e nel mondo, rispettando e promuovendo il grande dono della nostra vita umana e della creazione che Dio ci ha dato.
BUONA FESTA