P. Vittorio dal Congo: “La ricchezza non fa felici, immaginarsi la miseria”

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Lunedì 20 settembre 2021
Cari amici, che condividete con me il desiderio di non lasciare nessuno indietro, a voi il mio saluto dal Congo. Chi vive in un villaggio d’Africa ha l’impressione che il mondo abbia confini ristretti. La vita semplice e dura sembra normale; la fiducia e gli affetti mettono in cuore una nota di gioia; arrivare a sera è già una vittoria. Poi arrivano notizie di un mondo lontano, quasi irreale, non si sa bene dove piazzarlo, e sembra che gli altri abbiano problemi più grandi dei nostri. Strana, questa mescolanza di immagini luccicanti e notizie amarognole. A noi pareva che nel paese degli altri la vita era più facile.

Gesù un giorno aveva fame e qualcuno gli ha proposto di cambiare le pietre in pane. Lui che poteva, lui che aveva visto com’è fatta la fame dei poveri, non era un criminale se non faceva niente per loro? In pochi minuti risolveva la fame nel mondo e tutti gli sarebbero andati dietro. Un’altra volta si è trovato con un sacco di gente che lo seguiva, rischiando su di lui la fiducia; a sera erano finiti lontani da tutto, con la fame in corpo; Gesù domanda cosa fare, e Filippo pensa che si potrebbe risolvere il problema coi denari, se ci fossero, se un panettiere fosse in zona. Anche noi, che abbiamo posto la tenda in chiesa, a volte pensiamo che con un pugno di dollari potremmo risolvere tanti problemi.

Qui io sono l’unico bianco in circolazione, di sicuro sono americano, il mio mestiere è di essere buono e ricco per aiutare chi ha bisogno. Almeno tre volte al giorno qualcuno insiste come la vedova col giudice cattivo, e mi tocca dire di no; ma non è colpa mia. Infatti una volta, ma ero un ragazzino, mi pareva di avere capito giusto: “Lascia tutto e seguimi”. Adesso che ho lasciato tutto mi chiedono tante cose; chiederò spiegazioni al Signore.

Lui passò facendo del bene a tutti. Dio ama ogni nato da donna venuto in questo mondo. Ognuno ha bisogno di fare un’esperienza buona della vita per arrivare a rendere grazie al Signore nostro Dio. L’importante à che i nostri gesti (parole fatte carne) raccontino la bontà di Dio e il valore di ogni persona. Proviamo a fare insieme con la gente delle opere che rientrano nel capitolo delle Opere di Misericordia. Io non sono occupato a fare tutto ma a tentare che tutto sia fatto. Cominciando da chi ha più bisogno. L’aiuto che viene da voi e dai buoni è come depositato ma appartiene alla gente.

Tanti tra voi conoscono l’impegno per una Scuola di Taglio e Cucito a favore delle ragazze. Quelle che vengono sono tra le più vulnerabili: senza appoggio di famiglia e di società. Abbiamo fatto tanto, specialmente con l’aiuto dell’Associazione Sacra Famiglia di Bolzano. Tanto resta da fare, perché lo Stato non paga i professori.

Per venire incontro alle donne spesso vedove o sole stiamo tentando altre strade. Cominceremo con un gruppo che spacca le noci di palma, dopo che hanno estratto l’olio dalla polpa. Rompevano le noci con un sasso, fra poco avremo una macchina che spacca. Pressando la mandorla interna possiamo ottenere un altro olio col quale si fa il sapone; in più otteniamo un pastone come cibo per animali. Sempre con calma: ci vogliono macchine artigianali, cerchiamo una collaborazione locale.

Un grosso impegno sarà di trasformare la manioca dei campi in farine che saranno insaccate, etichettate, vendute a Kisangani e Kinshasa: per migliorare la vita della popolazione agricola. Un organismo che ci ha dato fiducia installerà a breve un grande mulino, servirà pure per ottenere farine dal mais e la soja. L’agricoltura tradizionale è perdente, tanta fatica e poco ricavo, la gente dei campi sa che resterà sempre indietro; vogliamo dare dignità e giustizia.

Un grosso lavoro è stato fatto in una valletta paludosa coperta da un intrico di foresta. A mano abbiamo disboscato e ripulito dalle radici, abbiamo scavato 7 grandi vasche per i pesci. Su due ettari intorno stiamo seminando soia, manioca, mais, e altri prodotti che saranno loro cibo: ogni allevamento domanda di farsi carico delle bestie. Fra poco metteremo le anatre e le api. Più tardi un allevamento di maiali. Ogni settimana un gruppo parrocchiale va a fare volontariato in questa “fattoria parrocchiale”, cioè di sviluppo comunitario.

Raccontata così, sembra che il missionario sia oggi un promotore di sviluppo come fanno gli organismi. No, c’è una grande differenza: un organismo fa progetti tenuti in piedi dai dollari; il nostro impegno entra nel capitolo “le opere di misericordia” per mostrare la premura di Dio e il valore di ogni persona. I discepoli avevano chiesto a Gesù: “Abbiamo sentito che sei il verbo, che verbo sei?” “Il verbo fare”. Visto che “il Verbo si è fatto carne”, vorremmo dire questo con parole incarnate, cioè esperienze concrete di vita, lavorando col coraggio e l’umiltà dei poveri. Dobbiamo dire grazie a tanti che mettono nel cesto di famiglia la loro collaborazione.

Ogni mese facciamo sessioni di formazione per i collaboratori laici delle piccole comunità cristiane dei villaggi. Tra l’altro guidano una celebrazione domenicale dove non c’è il prete, cioè un po’ dappertutto. Il mese scorso abbiamo fatto tre giorni sul vangelo di Marco, quello della liturgia di quest’anno (Anno B). Fra giorni faremo una formazione sul nostro essere “Chiesa Famiglia di Dio”, dove Dio è Padre, Gesù è fratello maggiore, lo Spirito fa comune-unione tra noi per non sfaldarci. A Yanonge centro ci sono oltre 20 Sete; in un villaggio ne ho trovate 10. Non importa chi, può fondare una sua chiesa, e le offerte gli servono per vivere: in un paese senza lavoro e senza salario ognuno deve inventarsi il modo di guadagnare qualcosa, sennò la moglie scappa.

La vita in Congo non è facile per la gente. Da nessuna parte è facile: la ricchezza non fa felici, immaginarsi la miseria. Provo a camminare con loro, uscire per trovarli; faccio vita vagabonda nei villaggi, su sentieri di foresta, a volte sotto la pioggia. Anche oggi ero nei campi con loro (gruppo di volontariato) e ci siamo bagnati tutti: forse è una maniera di essere benedetti dall’alto. Ma questa vita ha senso, e al tramonto la giornata non si è dispersa nel niente, ma ci resta dentro come ricchezza interiore, ed rimane scritta nel libro della vita.

A ottobre verrò in Italia, ordine dei dottori. Sto bene ma loro hanno detto così. Ai primi di dicembre rientrerò a Yanonge. Gli anni li porto volentieri, solo l’ultimo che arriva aggiunge peso sulle spalle; in questo gli uccelli sono più fortunati, hanno le ali. Spero di incontrarvi, almeno una parte di voi. Il luogo del nostro incontro è il Signore, ci ritroviamo tutti insieme dov’è lui. Vi vedrò volentieri.

Vostro P. Vittorio Farronato, in Africa anche a nome vostro
[comboni2000]