Ricordando il comboniano Padre Egidio Ferracin a 35 anni dall’uccisione in Uganda

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Mercoledì 10 agosto 2022
In Italia, la parrocchia e l’amministrazione comunale di Marano Vicentino, dove vivono ancora tre sorelle e tanti nipoti con le loro famiglie di p. Egidio Ferracin – padre Cin Cin, come tutti lo chiamavano e lo ricordano –, ha voluto creare, insieme a noi Missionari Comboniani, un evento ricco di ricordo e di accoglienza del messaggio della vita e della morte di p. Egidio Ferracin. Due i momenti forti: una serata di memoria il giovedì 4 agosto, giorno anniversario dell’uccisione, e la Messa presieduta da mons. Giuseppe Franzelli, la domenica 7 agosto. [
In allegato, omelia di mons. Franzelli]

Padre Egidio Ferracin.
A 35 anni dall’uccisione in Uganda

Pitosto che tradire el Cristo, ch’el sia morto! Mej cossì.
Così si esprimeva mamma Carolina, alla notizia della sua uccisione.

“Siamo chiamati a seguire Gesù, vivere e fare come Lui. È quanto hanno fatto prima di noi tanti nostri fratelli e sorelle. Alcuni di loro lo hanno fatto in modo esemplare, eroico. Sono i santi, ma anche moltissimi altri nostri fratelli e sorelle che nella loro vita hanno cercato di seguire con fedeltà il Signore Gesù. Uno di questi nostri fratelli è P. Egidio Ferracin. Oggi, mentre celebriamo l’amore di Dio per noi manifestato in Gesù che ha dato la sua vita per salvarci, accogliamo dunque anche la Parola, il messaggio che il Signore ci rivolge attraverso la vita e la morte di P. Egidio Ferracin, missionario comboniano nato a Malo nel 1937 e poi trasferito con la famiglia qui a Marano Vicentino e quindi vostro concittadino, ucciso in Uganda 35 anni fa, il 4 agosto 1987”. (Mons. Giuseppe Franzelli, in un passaggio dell’omelia, pronunciata nella chiesa parrocchiale di Marano Vicentino, la domenica 7 agosto).

La parrocchia e l’amministrazione comunale di Marano Vicentino in Italia, dove vivono ancora tre sorelle e tanti nipoti con le loro famiglie di p. Egidio Ferracin – p. Cin Cin, come tutti lo chiamavano e lo ricordano –, ha voluto creare, insieme a noi Missionari Comboniani, un evento ricco di ricordo e di accoglienza del messaggio della vita e della morte di p. Egidio Ferracin. [Vedi il breve video su RaiNews/TGR Veneto]

Due i momenti forti:

Il primo momento, giovedì 4 agosto 2022, giorno anniversario dell’uccisione, è stata organizzata all’Auditorium comunale di Marano una serata di memoria, che ha visto una numerosa partecipazione di attenti e commossi concittadini di p. Egidio. Coordinata dal direttore del settimanale diocesano la Voce dei Berici, Lauro Paoletto, la serata è stata introdotta dal sindaco di Marano, il signor Marco Guzzonato, che ha assicurato di come la memoria di p. Egidio Ferracin sia viva nella popolazione di Marano e come il ricordarlo oggi contribuisca a fare di tutti i cittadini una comunità, attorno ai valori come quelli che hanno guidato la vita di p. Ferracin, valori di amore, giustizia e di solidarietà.

Il parroco don Fabio Balzarrin, nel suo intervento, ha affermato che la vera motivazione alla base dell’evento in memoria di p. Ferracin sia stata unicamente quella di poter guardare a lui per rinnovare l’impegno a rivivere i suoi stessi valori di donazione di sé.

La signora Maria Teresa Sartore, custode della memoria storica di Marano vicentino, ha presentato la Marano che ha visto nascere e crescere p. Egidio e che, in famiglia, in parrocchia, nell’ambiente di lavoro e di forte impegno sociale e di associazionismo cattolico e culturale, ha trovato l’ambiente adatto a formare il suo carattere aperto e deciso, che gli ha permesso di fare la scelta missionaria.

Alla preziosa e chiara presentazione dell’Uganda nel suo sviluppo storico, politico e religioso, presentata da p. Giuseppe Caramazza, comboniano, ha fatto seguito la testimonianza di p. Guido Cellana, comboniano, amico di p. Egidio e testimone della sua morte. P. Guido è stato compagno di p. Egidio in tutti gli anni di formazione, fino ad essere ordinato nello stesso giorno il 28 giugno 1964, a Verona. Era lui pure missionario in Uganda nella missione vicina a quella in cui operava p. Egidio. Racconta che quel lunedì 4 agosto 1987, p. Egidio era partito dalla missione di Alenga per andare a visitare una scuola. Sulla strada del ritorno per rendere un servizio ad un confratello, aveva preso la strada del bosco, isolata e poco frequentata, per avvisare i cristiani di un altro villaggio che la domenica successiva il padre sarebbe andato a pregare da loro e quindi che si preparassero. A quel villaggio p. Egidio non è mai arrivato. Succedeva qualche volta che rimanesse fuori qualche giorno, anche senza avvisare, per cui nessuno si era preoccupato del suo non far ritorno a casa. Si diceva: forse ha prolungato il safari, forse ha attraversato il fiume Nilo. Dopo qualche giorno, si decise di cercarlo. P. Guido Cellana e p. Francesco Rizza partono insieme ad alcuni cristiani e lentamente percorrono con attenzione quella strada isolata. Trovano dei vetri per terra come di un parabrezza di macchina rotto. Più avanti, un po' fuori dalla strada trovano la moto di p. Egidio e sparsi tutto attorno gli oggetti della sua valigetta-cappella e gli ornamenti sacerdotali. A un centinaio di metri, dentro il bosco, vedono il corpo di p. Egidio, legato ad un albero, piegato su se stesso, con le gambe strette da una liana. Sciolgono il legaccio e stendono il corpo con varie ferite da coltello, ma ucciso con un colpo d’arma da fuoco di cui trovano il bussolo. Dopo aver pregato, mentre p. Guido corre ad avvisare i confratelli della sua comunità e quelli della comunità di p. Egidio, p. Francesco con il gruppetto di cristiani restano e vegliano il corpo di p. Egidio. La polizia, avvisata, rifiuta di venire a prelevare il corpo, dicendo che la zona è troppo pericolosa, ma dà autorizzazione a trasportare il corpo alla missione. È il lunedì 11 agosto, una settimana dopo l’uccisione. Alla presenza del vescovo, di molti confratelli e tantissimi fedeli cristiani, il corpo di p. Egidio viene sepolto a Lira, accanto alla tomba di p. Giuseppe Ambrosoli. P. Guido testimonia anche della profonda amicizia che lo legava a p. Egidio tanto da arrivare a definirsi fratelli. La commovente testimonianza di p. Guido Cellana è stata accolta da un luogo e caloroso applauso.

Il dottore Marco De Feo, da molti anni medico volontario in Uganda, ha testimoniato, per via digitale, da Roma, della sua amicizia e dei tanti bei momenti vissuti insieme con p. Egidio, nella sua missione.

La presenza delle sorelle e dei nipoti di p. Egidio ha dato alla serata un tono di grande commozione ed anche la certezza che ormai il ‘loro p. Egidio’ appartiene ad una famiglia più grande, quella della chiesa, del mondo, dove è testimone e modello dell'amore di Dio, donato fino all'effusione del sangue. Il culmine dell’emozione e del dono è stato quello in cui è stata riproposta l'intervista fatta dalla RAI TV alla mamma Carolina, al momento del ritrovamento del corpo di p. Egidio, in cui dice: Pitosto che tradire el Cristo, ch’el sia morto! Mej cossì.

Messa presieduta da mons. Giuseppe Franzelli, vescovo emerito di Lira, la domenica 7 agosto 2022.

Il secondo momento, altrettanto sentito e partecipato, è stato quello della Messa presieduta da mons. Giuseppe Franzelli, vescovo emerito di Lira, la domenica 7 agosto 2022. Ecco altri passaggi della sua omelia. [Clicca qui per vedere il video della S. Messa]

‘Tre giorni fa, la sera di giovedì 4, la vostra comunità ha celebrato il 35mo anniversario della sua morte.  la commemorazione, testimonianze e ricordo di quanto è successo, per mantenere viva la memoria di un concittadino di cui potete essere orgogliosi. Permettete che riassuma brevemente per chi non lo conoscesse alcuni tratti della sua vita.

Entrato da ragazzo nell’istituto dei missionari comboniani, viene ordinato sacerdote a Giugno del 1964, arriva in Uganda ad agosto dell’anno seguente, 1965 tra la popolazione dei Lango, in una zona al nord del paese che tre anni dopo sarebbe diventata la diocesi di Lira. Aboke, Dokolo, Alenga, Alito, Amolatar, Minakulu e poi ancora Alenga sono le tappe dei suoi 22 anni di servizio missionario fra i Lango, di cui impara e parla la lingua. In Africa, Cin-cin porta il suo temperamento gioviale e scherzoso. È vicino alla gente, mostra una cura ed affetto particolare per i bambini e i lebbrosi di Alito, ma si interessa di tutti, viaggiando si ferma spesso e volentieri a parlare con la gente, che si sente accolta. Il suo sorriso non gli impedisce di prendere posizione con forza in difesa di chi è vittima di ingiustizia. In realtà, in Uganda sono tempi duri.

Tant'è vero che l’ultima volta che per caso ci siamo incontrati con Cin-cin ai confini delle nostre rispettive parrocchie – io a Patongo fra gli Acioli e lui ad Alito fra I Lango – ci siamo salutati dicendo l’uno all’altro: “Mi raccomando, stai attento!”

Giunge cosi’ il 4 agosto 1987. Dalla missione di Alenga, P. Egidio parte in moto per la scuola di Alwala nella zona del lago Kyoga.  Celebra la Messa e prega con la gente, poi prende la strada per la cappella di Kwuibale in direzione di Akokoro… Per strada, incappa in un gruppo di ladri/banditi. Lo picchiano, lo legano e trascinato nel bosco a fianco della strada, lo finiscono con un colpo di fucile. Il suo corpo viene trovato solo dopo una settimana da due missionari, (uno, P. Guido Cellana, è qui presente). È sepolto nel cimitero della missione centrale di Ngetta, a Lira, accanto alla tomba di P. Giuseppe Ambrosoli.

Oggi però ci viene chiesto non solo di “ricordare”, ma di riflettere per scoprire il significato più vero e profondo della vita e della morte di P. Egidio. Perché e per chi è morto, e prima ancora, per chi ha vissuto. E ancora: che parola, che cosa vuole dirci il Signore attraverso la vita e la morte di P. Egidio?  Perché ha lasciato la sua famiglia, perché è andato in Africa, vivendo una vita all’insegna della povertà e semplicità indicate da Gesù nel vangelo di oggi. La risposta è semplice: per fede e per amore. Partito per fede, come Abramo. Offrendo la vita, come Gesù.

Mi piace sottolineare una cosa: Egidio non era perfetto.  Aveva, come tutti noi, i suoi difetti e limiti…. Già durante gli anni della formazione il suo “carattere esuberante e un po’ strano” gli aveva creato problemi con alcuni formatori. Lo studio e i libri non erano i suoi migliori amici. Ma più forte di tutto era il suo amore per la sua vocazione missionaria, che lo ha aiutato a superare tutte le difficoltà. A volte appariva superficiale, distratto, dimenticone, amava scherzare (anche troppo, secondo alcuni...). Ma su una cosa non ha mai scherzato, prendendola sul serio più di tanti altri: la fedeltà alla sua vocazione missionaria, mettendo con generosità la sua vita a servizio degli altri: vivere e morire amando, come Gesù.

In questo momento, penso al 4 agosto 1987, l’ultimo giorno della sua vita. Al mattino P. Egidio ha celebrato la Messa, ha ripetuto l’offerta del sacrificio di Gesù. “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi ….  Questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti…Fate questo in memoria di me”. E poi, dall’altare, è partito per raggiungere i catecumeni che si preparavano al battesimo in un’altra comunità e avvisare la gente che sarebbe andato da loro a celebrare la domenica dopo. Per strada, il Signore gli ha chiesto invece il sacrificio della sua vita, l’offerta del suo sangue.

Cincin è morto a 50 anni, quanti ne aveva Comboni, fedele al suo motto: “Nigrizia o morte!” È stato un vero comboniano.

Permettetemi un ricordo personale. 35 anni fa, c’ero anch’io a Ngetta il giorno del funerale di P. Egidio. Vivevo un momento difficile. Alcuni mesi prima, dopo 17 anni di missione fra gli Acioli nella diocesi di Gulu, la mia missione di Patongo era stata chiusa dall’esercito del governo assieme ad altre sei, fra cui Kalongo, dove il medico comboniano P. Giuseppe Ambrosoli aveva operato per quasi 30 anni. Costretti a lasciare la missione e la nostra gente, P. Ambrosoli era morto proprio a Lira, mentre io ero stato destinato ad un altro incarico in Italia. Era un momento di grande sofferenza. Ebbene, il funerale di P. Egidio è stato per me un momento intenso di dolore ma al tempo stesso di gioia, di incoraggiamento e conferma della mia e nostra comune vocazione missionaria. Una chiamata a continuare con fiducia il cammino.  Non avrei certo immaginato che 18 anni più tardi sarei tornato a Lira come vescovo, pastore della stessa gente per cui Cincin aveva dato la vita. E ora, 35 anni dopo, ormai vescovo emerito e avviato alla conclusione del mio cammino, in attesa di tornare in Uganda, sono riconoscente al Signore che mi permette di essere qui con voi a ringraziarlo e lodarlo per quanto ha fatto attraverso Cincin per il suo popolo in Uganda.

Messa a Marano Vicentino la domenica 7 agosto 2022.

Ma vorrei chiedergli anche, assieme a voi, che attraverso l’esempio e la testimonianza di Cincin ravvivi in ognuno di noi, nella vostra comunità parrocchiale – soprattutto nei giovani – la nostra decisione e scelta di vivere più pienamente e sul serio la nostra missione, ciascuno secondo la propria vocazione e professione specifica.

Questa celebrazione, nel ricordo di P. Egidio, ci chiede infatti di non restare semplicemente a guardarlo con ammirazione e neppure a battergli le mani e chiamarlo eroe. Ci provoca a coinvolgerci, ci chiama ad entrare in gioco e fare altrettanto. Ad avvicinarci, farci prossimo ai fratelli nel bisogno, pagando di persona. Come il Buon Samaritano, come Cin cin.

Ringraziamo dunque insieme Dio per il sacrificio di Gesù, per il dono della vita e della morte di P. Egidio. Ma al tempo stesso offriamo, mettiamo sull’altare assieme al pane e al vino anche la nostra vita e rispondiamo con la stessa generosità all’invito che il Signore ci rivolge.

Sì, perché anche oggi, qui, ora, Dio ci parla, chiama e manda.

La parola che il Signore ci rivolge oggi, anche attraverso l’esempio e la testimonianza di P. Egidio, è un forte e rinnovato invito a ripartire, a riprendere con decisione il nostro cammino seguendo Gesù, diventando testimoni del suo amore.  Come ha fatto P. Egidio. Morto sulla breccia, “caduto in servizio”, al seguito di Gesù, in una vita vissuta con fedeltà’ e spesa tutta al servizio dei fratelli.

Allora la commemorazione dell’altra sera e la celebrazione di oggi non resteranno una bella pagina da voltare dopo averla letta, un ricordo del passato da archiviare, ma un dono che ci arricchisce e ci rende più pronti e capaci di continuare il nostro cammino”.

Noi comboniani siamo grati alla famiglia di p. Egidio Ferracin, al parroco d. Fabio Balzarin, all’amministrazione comunale di Marano, alla comunità cristiana e a tutta la cittadinanza per la disponibilità e l’impegno manifestati in questa occasione, in cui il nostro confratello e loro concittadino, è stato ricordato come testimone vivo della fede che rende capaci di esporre la propria vita anche fino alla morte per essere testimoni dell’amore, quell’amore che rende il mondo più bello e l’umanità più felice.

‘ Grazie! Grazie di avermi dato la possibilità e la fiducia di lavorare con voi, È stata una esperienza formativa, ma soprattutto una tappa del mio cammino di fede’, così si esprime una persona di Marano che ha collaborato all’evento memoria di p. Egidio Ferracin.

Forse, in questi giorni, davanti a tutto questo movimento a Marano, a causa sua, p. Egidio, con un’aria di festa, dal cielo, ci sta invitando: ‘maranesi, confratelli ...Cin Cin!
p. Gaetano Montresor

Mons. Giuseppe Franzelli nella chiesa parrocchiale di Marano Vicentino, la domenica 7 agosto 2022.

Omelia in commemorazione di P. Egidio Ferracin (Cin-cin)
13 aprile 1937 – 4 agosto 1987

Parrocchia di Marano Vicentino, domenica 7 agosto 2022

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio. Parola del Signore. Lode a te, o Cristo. Dio ci parla. Cosa vuole dirci oggi? “Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese” (Luca 12,35). Cintura ai fianchi, lanterne accese sono la tenuta di lavoro, di servizio e di viaggio, prescritta per la cena pasquale (Es 12,11), memoriale del cammino dell’esodo. Dio voleva che il suo popolo fosse pronto a partire, lasciando la schiavitù dell’Egitto per andare verso la libertà della terra promessa. “Siate pronti!” Sono parole che Gesù ha pronunciato mentre intraprendeva il suo viaggio verso Gerusalemme, l’ultima tappa di un cammino che sarebbe terminato con la sua morte in croce, il sacrificio della sua vita per la nostra salvezza.

Dio parla e la sua parola fa quello che dice. Il primo a partire, a fare questo cammino, cingendosi i fianchi e lavando i piedi dei suoi discepoli, a dare la vita per loro e per noi è stato Gesù. “Nessuno ha un amore più grande di chi dà la sua vita per i suoi amici” Questo è ciò che Gesù ha fatto, il mistero dell’amore che stiamo celebrando noi qui oggi, in questa Eucaristia.  Consapevoli che il cammino di Gesù è anche il nostro cammino, la strada che siamo invitati a percorrere, seguendo Lui, la Via, Verità e Vita.

Essere cristiani, di Cristo, significa appunto questo. È la nostra chiamata/vocazione e missione. Di tutti noi. Non è qualcosa di eccezionale, riservata al papa, vescovi, preti e suore, ma a chiunque vuole essere Cristiano, cioè “di Cristo”. Siamo chiamati a seguire Gesù, vivere e fare come Lui. È quanto hanno fatto prima di noi tanti nostri fratelli e sorelle. Alcuni di loro lo hanno fatto in modo esemplare, eroico. Sono i santi, che la Chiesa ci propone come modelli da imitare. Anche la loro vita e il loro esempio diventano allora “Parola di Dio” un messaggio che il Signore ci rivolge e ci invita ad ascoltare. Ciò però è vero non solo dei santi canonizzati, ma di moltissimi altri nostri fratelli e sorelle che nella loro vita hanno cercato di seguire con fedeltà il Signore Gesù. Uno di questi nostri fratelli è P. Egidio Ferracin.

Oggi, mentre celebriamo l’amore di Dio per noi manifestato in Gesù che ha dato la sua vita per salvarci, accogliamo dunque anche la Parola, il messaggio che il Signore ci rivolge attraverso la vita e la morte di P. Egidio Ferracin, missionario comboniano nato a Malo nel 1937 e poi trasferito con la famiglia qui a Marano Vicentino e quindi vostro concittadino, ucciso in Uganda 35 anni fa, il 4 agosto 1987.

Tre giorni fa, la sera di giovedì 4, la vostra comunità ha celebrato il 35mo anniversario della sua morte. La commemorazione testimonianze e ricordo di quanto è successo, per mantenere viva la memoria di un concittadino di cui potete essere orgogliosi. Permettete che riassuma brevemente per chi non lo conoscesse alcuni tratti della sua vita.

Entrato da ragazzo nell’istituto dei missionari comboniani, viene ordinato sacerdote a giugno del 1964, arriva in Uganda ad agosto dell’anno seguente, 1965 tra la popolazione dei Lango, in una zona al nord del paese che tre anni dopo sarebbe diventata la diocesi di Lira. Aboke, Dokolo, Alenga, Alito, Amolatar, Minakulu e poi ancora Alenga sono le tappe dei suoi 22 anni di servizio missionario fra i Lango, di cui impara e parla la lingua. In Africa, Cin-cin porta il suo temperamento gioviale e scherzoso. È vicino alla gente, mostra una cura ed affetto particolare per i bambini e i lebbrosi di Alito, ma si interessa di tutti, viaggiando si ferma spesso e volentieri a parlare con la gente, che si sente accolta. Il suo sorriso non gli impedisce di prendere posizione con forza in difesa di chi è vittima di ingiustizia. In realtà, in Uganda sono tempi duri.

Dopo i regimi di Amin e di Obote e vari colpi di stato, la conquista del potere da parte del nuovo governo di Museveni nel 1986 suscita la ribellione di Alice Lakwena. Ladri, banditi, razziatori di bestiame provenienti dal Karamoja approfittano della situazione. Viaggiare e visitare la gente è sempre piu’ pericoloso. Tant’e’ vero che l’ultima volta che per caso ci siamo incontrati con Cin-cin ai confini delle nostre rispettive parrocchie – io a Patongo fra gli Acioli e lui ad Alito fra I Lango – ci siamo salutati dicendo l’uno all’altro: “Mi raccomando, stai attento!” Giunge così il 4 agosto 1987. Dalla missione di Alenga, P. Egidio parte in moto per la scuola di Alwala nella zona del lago Kyoga.  Celebra la Messa e prega con la gente, poi prende la strada per la cappella di Kwuibale in direzione di Akokoro. Per strada, incappa in un gruppo di ladri/banditi. Lo picchiano, lo legano e trascinato nel bosco a fianco della strada e lo finiscono con un colpo di fucile. Il suo corpo viene trovato solo dopo una settimana da due missionari, (uno, P. Guido Cellana, è qui presente) e sepolto nel cimitero della missione centrale di Ngetta, a Lira, accanto alla tomba di P. Giuseppe Ambrosoli, il sacerdote e medico comboniano che sarà beatificato il 20 novembre di quest’anno a Kalongo in Uganda.

Questo, in breve, quanto è successo.

Oggi però ci viene chiesto non solo di “ricordare”, ma di riflettere per scoprire il significato più vero e profondo della vita e della morte di P. Egidio. Perché e per chi è morto, e prima ancora, per chi ha vissuto. E ancora: che parola, che cosa vuole dirci il Signore attraverso la vita e la morte di P. Egidio?  Perché ha lasciato la sua famiglia, perché’ è andato in Africa, vivendo una vita all’insegna della povertà e semplicità indicate da Gesù nel vangelo di oggi. La risposta è semplice: per fede e per amore. Partito per fede, come Abramo (2nda lettura). Offrendo la vita, come Gesù.

Mi piace sottolineare una cosa: Egidio non era perfetto. Aveva, come tutti noi, i suoi difetti e limiti…. Già durante gli anni della formazione il suo “carattere esuberante e un po’ strano” gli aveva creato problemi con alcuni formatori. Lo studio e i libri non erano i suoi migliori amici. Ma più forte di tutto era il suo amore per la sua vocazione missionaria, che lo ha aiutato a superare tutte le difficoltà. A volte appariva superficiale, distratto, dimenticone, amava scherzare (anche troppo, secondo alcuni). Ma su una cosa non ha mai scherzato, prendendola sul serio più di tanti altri: la fedeltà alla sua vocazione missionaria, mettendo con generosità la sua vita a servizio degli altri. In questo, ha davvero colto nel segno, centrando in pieno il cuore del messaggio del vangelo: vivere e morire amando, come Gesù. È questo che importa. Al resto, ai nostri difetti, ci pensa il Signore, con la sua misericordia e la sua grazia!

In questo momento, penso al 4 agosto 1987, l’ultimo giorno della sua vita. Al mattino P. Egidio ha celebrato la Messa, ha ripetuto l’offerta del sacrificio di Gesù. “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi… Questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti… Fate questo in memoria di me.” E poi, dall’altare, è partito per raggiungere i catecumeni che si preparavano al battesimo in un’altra comunità e avvisare la gente che sarebbe andato da loro a celebrare la domenica dopo. Per strada, il Signore gli ha chiesto invece il sacrificio della sua vita, l’offerta del suo sangue.

Cincin è morto a 50 anni, quanti ne aveva Comboni, fedele al suo motto: “Nigrizia o morte!” È stato un vero comboniano. I comboniani, Egidio li ha conosciuti da piccolo, ascoltando i loro racconti quando dalla loro casa di Thiene venivano in visita alla sua parrocchia di Malo. Il Signore si è servito di questo per seminare nel cuore di questo ragazzo molto vivace e sbarazzino il desiderio di andare missionario in Africa per annunciare a tutti e testimoniare il vangelo dell’amore di Dio.

Permettetemi un ricordo personale. 35 anni fa, c’ero anch’io a Ngetta il giorno del funerale di P. Egidio. Vivevo un momento difficile. Alcuni mesi prima, dopo 17 anni di missione fra gli Acioli nella diocesi di Gulu, la mia missione di Patongo era stata chiusa dall’esercito del governo assieme ad altre sei, fra cui Kalongo, dove il medico comboniano P. Giuseppe Ambrosoli aveva operato per quasi 30 anni. Costretti a lasciare la missione e la nostra gente, P. Ambrosoli era morto proprio a Lira, mentre io ero stato destinato ad un altro incarico in Italia. Era un momento di grande sofferenza. Ebbene, il funerale di P. Egidio è stato per me un momento intenso di dolore ma al tempo stesso di gioia, di incoraggiamento e conferma della mia e nostra comune vocazione missionaria. Una chiamata a continuare con fiducia il cammino. Non avrei certo immaginato che 18 anni più tardi sarei tornato a Lira come vescovo, pastore della stessa gente per cui Cincin aveva dato la vita. E ora, 35 anni dopo, ormai vescovo emerito e avviato alla conclusione del mio cammino, in attesa di tornare in Uganda, sono riconoscente al Signore che mi permette di essere qui con voi a ringraziarlo e lodarlo per quanto ha fatto attraverso Cincin per il suo popolo in Uganda.

Ma vorrei chiedergli anche, assieme a voi, che attraverso l’esempio e la testimonianza di Cincin ravvivi in ognuno di noi, nella vostra comunità parrocchiale – soprattutto nei giovani – la nostra decisione e scelta di vivere più pienamente e sul serio la nostra missione, ciascuno secondo la propria vocazione e professione specifica.

Questa celebrazione, nel ricordo di P. Egidio, ci chiede infatti di non restare semplicemente a guardarlo con ammirazione e neppure a battergli le mani e chiamarlo eroe. Ci provoca a coinvolgerci, ci chiama ad entrare in gioco e fare altrettanto. Ad avvicinarci, farci prossimo ai fratelli nel bisogno, pagando di persona. Come il Buon Samaritano, come Cin cin.

Ringraziamo dunque insieme Dio per il sacrificio di Gesù, per il dono della vita e della morte di P. Egidio. Ma al tempo stesso offriamo, mettiamo sull’altare assieme al pane e al vino anche la nostra vita e rispondiamo con la stessa generosità all’invito che il Signore ci rivolge.

Si’, perché’ anche oggi, qui, ora, Dio ci parla, chiama e manda.

“Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese” (Luca 12,35). Nel cammino della nostra vita verso l’incontro con il Signore che viene, succede a tutti noi a volte di stancarci, rallentare, a volte di sederci e lasciar perdere. È troppo difficile, pensiamo. La luce della lanterna della nostra fede, a differenza di quella di Abramo di cui ci parla la seconda lettura, diventa tenue e sempre più fioca; di fronte a certe difficoltà, una malattia, la morte di una persona cara, la prospettiva della nostra stessa morte, rischia addirittura di spegnersi.

La parola che il Signore ci rivolge oggi, anche attraverso l’esempio e la testimonianza di P. Egidio, è un forte e rinnovato invito a ripartire, a riprendere con decisione il nostro cammino seguendo Gesù, diventando testimoni del suo amore. Come ha fatto P. Egidio. Morto sulla breccia, “caduto in servizio”, al seguito di Gesù, in una vita vissuta con fedeltà e spesa tutta al servizio dei fratelli.

Oggi, lo constatiamo tutti ogni giorno, viviamo in un mondo in cui molti, troppi – non solo in Africa ma anche qui tra di noi – non sanno, non hanno esperienza di un Dio che è Padre, di Gesù nostro fratello e Salvatore, non sentono presente nella loro vita lo Spirito di un Dio che è Amore. Proprio per questo anche oggi Dio si rivolge a noi, sua famiglia, a me, a ciascuno di voi, e chiede come già al profeta Isaia: “Chi manderò? Chi ci sta ad essere discepolo di mio Figlio, Gesù, ad andare, annunciare e testimoniare il mio amore per tutti i miei figli? Chi manderò?”

Che il Signore aiuti tutti noi a rispondere, ad essere pronti e decisi a ri-partire nel nostro cammino di amore e di servizio, seguendo l’esempio di P. Egidio. Dicendo, non a parole ma con la nostra vita: “Eccomi, ci sto, manda me!”.

Allora la commemorazione dell’altra sera e la celebrazione di oggi non resteranno una bella pagina da voltare dopo averla letta, un ricordo del passato da archiviare, ma un dono che ci arricchisce e ci rende più pronti e capaci di continuare il nostro cammino.

+ Giuseppe Franzelli, mccj
Vescovo emerito di Lira