Lunedì 22 settembre 2025
È stata inaugurata al Sermig – Arsenale della Pace di Torino la mostra itinerante “Passione Amazzonia”, alla presenza del cardinale Matteo Zuppi [nella foto], presidente della Conferenza Episcopale Italiana. L’esposizione segna il primo appuntamento del Festival della Missione, che dal 9 al 12 ottobre porterà nel capoluogo piemontese quattro giorni di dibattiti, spettacoli, mostre, laboratori, concerti e momenti di spiritualità. L’apertura si è svolta nel weekend, con un’ampia partecipazione di pubblico.
La mostra, promossa dai Missionari Comboniani, dall’associazione Terra e Missione e dalla famiglia Ramin, racconta la figura di padre Ezechiele Ramin, oggi servo di Dio, missionario comboniano ucciso nel 1985 a Cacoal, in Amazzonia, a soli 33 anni. Nei 14 pannelli esposti, tra cui 12 disegni realizzati direttamente da padre Ramin, emerge la vita degli indios Surui e dei contadini senza terra: scene di quotidianità e di lotta che diventano un messaggio universale di giustizia, pace e speranza. Il percorso, arricchito da testi, audio e meditazioni, è stato definito dai curatori una “via crucis contemporanea”, in cui le immagini della passione di Cristo si riflettono nelle sofferenze dei popoli amazzonici e nella devastazione del creato.
Nel suo intervento a Torino, durante il dibattito sui temi della pace e della speranza insieme all’analista geopolitico Dario Fabbri, il cardinale Zuppi ha richiamato con forza la necessità di un impegno comune per la pace, tema che sarà al centro del Festival: «Non rassegniamoci e non accettiamo la globalizzazione dell’indifferenza e dell’impotenza. Dobbiamo trovare in tutti i modi la via del dialogo e dobbiamo correre il rischio della speranza». E guardando ai giovani e al futuro, ha aggiunto: «Abbiamo rubato molta speranza ai giovani: un’intera generazione ha vissuto come se la pace fosse garantita, ma abbiamo eroso un patrimonio. Ora dobbiamo ascoltare il rifiuto della guerra che viene dai giovani».
Con “Passione Amazzonia”, il Festival della Missione apre ufficialmente il suo percorso, offrendo a Torino una testimonianza che unisce memoria e profezia: quella di padre Ramin, missionario che ha donato la vita per difendere i più poveri, e quella di un’umanità che ancora oggi cerca strade di pace.
La voce del giovane comboniano, che scriveva dal cuore dell’Amazzonia “l’amore è più forte della morte”, risuona oggi nel cuore dell’Europa come invito a non restare spettatori ma protagonisti di un futuro di fraternità. È questo il messaggio che la mostra consegna ai visitatori e che il Festival rilancerà con forza: la missione non è un ricordo lontano, ma una chiamata attuale ad abitare la storia con speranza, a difendere la dignità dei popoli e a costruire insieme un mondo migliore, con cuore «disarmato e disarmante».
Anna Moccia