Lunedì 13 ottobre 2025
La sera del 10 ottobre, dopo tre giorni di intensa preparazione, le comunità della Curia generalizia hanno celebrato insieme la festa di San Daniele Comboni. La Messa è stata presieduta da padre Radol Austine Odhiambo, assistente generale. Alla celebrazione hanno partecipato alcuni sacerdoti diocesani, amici, benefattori e rappresentanti delle suore appartenenti alle comunità alle quali offriamo il nostro servizio ministeriale. Erano presenti anche i dodici comboniani che stanno partecipando al Corso di Anzianità a Roma.

Padre Austine ha introdotto la solenne celebrazione con un caloroso benvenuto rivolto a tutti i presenti, dicendo:

Benvenuti a questa solenne celebrazione in onore del nostro santo fondatore, San Daniele Comboni.
Tre giorni or sono abbiamo iniziato il triduo di preparazione a questa solennità di San Daniele, attraverso la preghiera e la riflessione, entrando in un tempo di grazia per contemplare la sua vita, la sua missione e il suo profondo amore per Dio e per l’umanità, specialmente per i più poveri e abbandonati.
Questa sera concludiamo questo triduo celebrativo con l’Eucaristia, rendendo grazie a Dio per la grande opera che egli ha compiuto attraverso il nostro Fondatore e per la grazia di essere stati chiamati a condividere il carisma comboniano.
Per intercessione di San Daniele, preghiamo anche affinché il fuoco dell’amore per la missione si riaccenda nei nostri cuori e continui ad ardere, così da permetterci di rispondere con fedeltà alle sfide della missione di Dio nel nostro tempo.

L’omelia è stata affidata a padre Sylvester Hategek’Imana, comboniano ugandese, recentemente arrivato nella comunità della Curia per unirsi all’équipe responsabile della formazione permanente dell’Istituto. Riportiamo il testo della sua omelia:

Oggi celebriamo un momento di grazia come famiglia cristiana, pieni di gioia per il dono di San Daniele Comboni dato a noi e alla Chiesa tutta, in particolare alla Chiesa missionaria dei giorni di oggi.

Voglio condividere con voi sentimenti di gioia e di gratitudine a Dio e a Gesù per il dono della vocazione missionaria sulle orme del nostro fondatore e padre, San Daniele Comboni.

Domenica scorsa abbiamo ascoltato le seguenti parole tratte dalla Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio, infatti, non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza» (2Tm 1,6-7). Anche per noi, cari fratelli e sorelle, questo è il momento di ravvivare il dono di Dio che abbiamo ricevuto.

Riflettendo sulla celebrazione della solennità di San Daniele Comboni, queste parole mi hanno colpito profondamente. Mi sono domandato come abbia vissuto queste parole San Daniele nella sua vita. Di certo, egli era consapevole della sua chiamata come un dono di Dio, che gli aveva donato uno spirito “di forza, di carità e di prudenza”. Per questo non si vergognava mai, memore dell’invito che Paolo aveva dato a Timoteo: «Non vergognarti di dare testimonianza al Signore» (v. 8). Con la forza di Dio, come buon pastore, Comboni era sempre pronto a soffrire per il Vangelo e per le sue pecore.

Il 4 maggio 1873 aveva detto ai suoi missionari: «Orsù, andiamo a distruggere in mezzo a quei popoli l’impero di Satana, e ad impiantarvi il trionfale vessillo della croce, e allo splendore di questo segno quei popoli vedranno la luce. Andiamo a innaffiare con i nostri sudori, con le acque di vita eterna quelle aride e infuocate regioni, ed esse germoglieranno al Creatore nuovo popolo di fedeli adoratori» (Scritti, 3128).

Queste parole di San Daniele sono in armonia con la prima lettura di oggi, tratta dal profeta Isaia: «Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione» (Is 61,1).

Condividiamo tutti la convinzione che il Signore ci ha unti e consacrati per essere missionari e messaggeri della Buona Novella della salvezza e della speranza, sulle orme dei profeti, degli apostoli e di San Daniele Comboni.

Sorgono delle domande cui dobbiamo rispondere.

  • Quando? Oggi, ora.
  • Dove? Qui, dovunque siamo.
  • Come? Seguendo le orme di Cristo, l’Unto di Dio, il Buon Pastore.
  • A chi? Qui la Parola di Dio ci viene in aiuto: siamo mandati «a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi e la scarcerazione dei prigionieri» (Is 61, 1b).

Sono moltissimi coloro che attendono il lieto annuncio: le vittime dei sistemi socioeconomici, delle ideologie politiche, delle strutture oppressive, delle guerre che ci circondano, delle migrazioni forzate, e così via. Tutti costoro desiderano ascoltare una parola di speranza, attendono un tempo senza guerre e ricco della misericordia del Signore.

Cari fratelli e sorelle, la nostra missione nel mondo è ancora molto attuale. Non stanchiamoci troppo presto! Voi e io siamo ancora invitati a essere portatori di consolazione agli afflitti, olio di letizia e motivo di gioia per tutti. Questa è la nostra missione nel mondo oggi.

Il Salmo responsoriale ci ricorda: «Annunciate a tutti i popoli i prodigi del Signore. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza; in mezzo ai popoli narrate la sua gloria, a tutte le nazioni dite i suoi prodigi» (Salmo 95).

Si tratta dei “prodigi di Cristo”, che si è autodefinito “buon pastore”, perché «dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11); «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

Gesù è il vero Buon Pastore. Ma anche San Daniele Comboni aveva un cuore aperto all’umanità sofferente, cioè, aveva il cuore del Buon Pastore: un cuore che sentiva, ascoltava e s’impegnava per il bene delle pecore.

Per Gesù le pecore sono preziose, ed egli è pronto a dare la sua vita per esse. Gesù non era un mercenario che si approfittava delle pecore, né era indifferente ai loro bisogni: al contrario, le traeva a sé, le teneva vicino al suo cuore amorevole e compassionevole.

Comboni ha imitato Gesù “buon pastore” facendo esattamente così. Ma anche noi dobbiamo fare come hanno fatto loro. Siamo chiamati a condurre le pecore verso Gesù, perché avvertano il suo tenero abbraccio – l’abbraccio del Buon Pastore.

Oggi Gesù ci invita a fare lo stesso, ad avere i suoi stessi sentimenti, a essere autentici pastori del gregge che ci è stato affidato. Non ne siamo i proprietari. Siamo invece chiamati a custodirlo con fedeltà.

Cari fratelli e sorelle, la missione del Signore non è ancora finita. Anche oggi ci dice: «Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore» (Gv 10, 16).

E questo avverrà attraverso di noi, attraverso la nostra opera missionaria e le nostre fatiche.

Non siamo chiamati solo ad ascoltare le sue parole, ma a prenderle sul serio! Perciò, lasciamo che queste sue parole ci aiutino a rinnovare il nostro impegno nel portare avanti la sua opera.

San Daniele Comboni scriveva: «Sono tante le tempeste che mi opprimono, che è un miracolo se potrò resistere al peso di tante croci. Ma io mi sento talmente pieno di forza e di coraggio e di confidenza in Dio e nella B. V. Maria, che sono sicuro di superare tutto, e di prepararmi ad altre croci più grandi per l’avvenire. Già vedo e comprendo che la croce mi è talmente amica, e mi è sempre sì vicina, che l’ho eletta da qualche tempo per mia Sposa indivisibile ed eterna. E con la croce per sposa diletta e maestra sapientissima di prudenza e sagacità, con Maria mia madre carissima, e con Gesù mio tutto, non temo nulla… E certo a passo lento e sicuro, camminando sulle spine, arriverò a iniziare stabilmente e piantare l’Opera ideata della Rigenerazione della Nigrizia centrale, che tanti hanno abbandonata, e che è l’opera più difficile e scabrosa dell'apostolato cattolico» (Scritti 1709-1710).

San Daniele Comboni interceda per noi.

Dopo l’Eucaristia, è seguita un’agape fraterna, caratterizzata da gioia e comunione.