Il nostro caro Mons. Rino è morto! È accaduto nella casa per ammalati ed anziani dei Missionari Comboniani a Verona - Italia, lo scorso 25 agosto (alle cinque del mattino, ora italiana; a mezzanotte, ora del Brasile).
Il 4 luglio aveva avuto un ictus cerebrale con la chiusura dell'arteria mediana del cervello. Le conseguenze erano gravi: paralisi destra del corpo, blocco renale, febbre altissima. I polmoni si erano riempiti d'acqua. Mons. Rino entrò in coma profondo e fu sul punto di morire.
Ma gli sforzi di medici e infermieri, la forte resistenza fisica di mons. Rino e, senza dubbio, le nostre preghiere, produssero un grande miglioramento e un recupero parziale delle funzioni vitali. A poco a poco, ricominciò a partecipare alla vita della comunità. Anche se su una sedia a rotelle, alla fine di luglio era già presente alle celebrazioni in cappella e ai pasti in refettorio. Sembrava un miracolo!
Il 7 agosto ha avuto una ricaduta che ha portato ad uno squilibrio progressivo della pressione, della temperatura e dello zucchero nel sangue, nonché ad una grave insufficienza renale. Ha avuto anche un'infezione che gli ha causato delle piaghe sul corpo che si è cercato di combattere con gli antibiotici. L'alimentazione si era fatta sempre più difficile: negli ultimi giorni era stato possibile solo attraverso una sonda nel naso.
A poco a poco l'organismo di mons. Rino non reagiva più alle medicine. La situazione si è andata aggravando fino all'arresto cardiaco che è stato la causa immediata della morte.
Un grande missionario
Rino Carlesi era nato a Montemurlo (diocesi di Pistoia - Italia) l'11 agosto 1922. Dopo un periodo nel seminario diocesano, scelse di entrare nel seminario comboniano dove fece la prima professione il 7.10.1941, a Firenze, e la professione definitiva il 7.10.46, a Verona, dove fu ordinato sacerdote il 31.5.1947.
Rino sognava di fare il missionario in Africa.
Durante gli ultimi anni di seminario, riuscì a formare un gruppo di studio per imparare l'inglese nella speranza di essere inviato, un giorno, come missionario in un paese africano di lingua inglese. Ma i superiori lo inviarono in Portogallo dove si distinse nell'animazione missionaria e nella predicazione delle missioni popolari.
Nel 1951, padre Rino fece un viaggio in Brasile per cercare aiuti economici presso gli emigrati portoghesi per la costruzione del seminario missionario di Viseu, in Portogallo. Fu l'occasione della Provvidenza. Durante quella visita in Brasile ebbe molti contatti. In particolare, diede prova di grande capacità organizzativa e di buoni rapporti con tutti. Per questo, fu incaricato di iniziare la presenza comboniana in Brasile.
Con l'entusiasmo, la fede, l'ottimismo di sempre, organizzò in Brasile le strutture della Congregazione, fondò case di formazione, aprì fronti missionari, fra i quali Balsas!
Nel 1952, fu padre Rino ad accompagnare, in questa regione del Sud del Maranhão, il primo gruppo di missionari comboniani. In questo luogo ritornò nel 1967 come vescovo successore di Mons. Diego Parodi. Era stato consacrato vescovo il 2.4.67 a Pistoia, sua diocesi d'origine.
Come vescovo di Balsas diede continuità alle opere del suo predecessore. Allo stesso tempo, con saggezza e serenità, seppe aprire la Chiesa ai nuovi tempi di evangelizzazione che si ispiravano al Concilio Vaticano II e alla Conferenza di Medellin: comunità ecclesiali di base, formazione dei laici, formazione delle vocazioni locali, serio impegno nella promozione umana (soprattutto nel campo della sanità, della terra e dell'educazione), nella denuncia coraggiosa delle ingiustizie e nella difesa dei diritti umani…
Per portare avanti questo enorme lavoro, per più di trent'anni, mons. Rino seppe dare sempre fiducia ai suoi collaboratori, risvegliare il sostegno di forze missionarie in Brasile e in Europa, chiamando sacerdoti, religiosi/e, laici/e, missionari/e. Fece nascere progetti come quello delle Chiese-Sorelle con le diocesi di Ponta Grossa, Passo Fundo, Pistoia, Siena…
Mons. Rino è vivo!
In questo momento di tristezza e di nostalgia, non vogliamo lasciarci abbattere né scoraggiare. Al contrario, vogliamo rinnovare la nostra fede nelle parole di Gesù: "io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me quand'anche fosse morto vivrà" (Gv 11, 25).
Il nostro Dio non è il Dio dei morti, è il Dio dei vivi, Amore fatto morte affinché tutti possiamo partecipare della sua vita. Per questo mons. Rino è vivo. Il muro della morte è stato abbattuto per lui da Cristo Risorto! La morte è diventata per lui una porta aperta, un passaggio, una "pasqua!", un "mar rosso" attraverso il quale è entrato nella terra promessa.
Ora egli vive nel cuore di Dio e di là, ci guarda con amore.
Preghiamo per lui, dunque, e affidiamolo alla tenerezza del Padre, e lodiamo Dio per il dono della vita, del sacerdozio, dell'episcopato di mons. Rino. Allo stesso tempo, preghiamolo, invochiamolo come amico e fratello attento alle nostre necessità, come patrono che intercede per noi presso Dio, affinché possiamo accogliere la sua eredità di amore e la lezione di vita che ci ha lasciato. Qual è questa eredità di amore, questa lezione di vita che siamo chiamati e riprodurre nella nostra vita?
Molte sarebbero le cose da dire. Mi limiterò a ricordare tre aspetti caratteristici della personalità di mons. Rino:
A servizio del popolo
Il missionario mons. Rino lasciò tutto, rinunciò a tutto per servire il suo popolo. Senza esagerare, possiamo dire che non apparteneva a se stesso perché consacrato completamente alla missione.
La sua vita è stata una continua "lavanda dei piedi". Aveva preso sul serio le parole di Gesù: "chi vorrà salvare la sua vita, la perderà: chi invece avrà perduto la sua vita per amor mio, la ritroverà" (Mt 16, 25).
Mons. Rino si definiva un vescovo felice. Questa felicità consisteva nel fatto che egli non ricercava la sua felicità ma quella degli altri, soprattutto quella degli umili, degli esclusi. Mons. Rino visse nel distacco dalle cose materiali e nella povertà per aiutare gli altri. A causa del suo lavoro, dovette amministrare molto denaro. Non ne usò mai per sé.
Per le sue necessità personali, cercava di spendere il meno possibile. Per questo, ad esempio, quando poteva, preferiva viaggiare in pullman piuttosto che in aereo.
Dopo la morte di mons. Rino, ricevetti i suoi oggetti personali dal superiore della casa in cui era morto. Si trattava di una valigia comprata in un negozio di Balsas. Dentro c'erano dei vestiti, che furono dati ai poveri, gli abiti episcopali che furono donati alla parrocchia della famiglia Carlesi, e alcuni piccoli ricordi che furono dati agli amici. C'era la mitra con l'immagine di Nostra Signora di Guadalupe, che rimarrà a Balsas, e il bastone vescovile che mi piacerebbe continuare ad usare. I suoi libri personali erano già stati donati alla biblioteca diocesana.
Ecco il patrimonio di mons. Rino! Si è presentato davanti al tribunale di Dio con le mani vuote di beni materiali, ma piene di opere di amore.
Mons. Pedro Casaldáliga lo ricorda così:
"Mons. Rino Carlesi:
Servo buono e fedele,
popolare e servitore,
di buon carattere,
compagno incondizionato di Cammino.
Testimone libero e speranza del Vangelo".
Con il suo esempio, egli ci insegna che la vita non è una proprietà privata di cui possiamo disporre a piacimento. La vita è un dono che dobbiamo usare per il bene degli altri. Il battesimo non è un privilegio o una garanzia di salvezza individuale; il battesimo è una responsabilità, un invio per annunciare la buona novella di Gesù e per costruire con Lui il Regno della vita e della felicità per tutti. I beni materiali devono avere una finalità sociale.
Con semplicità di cuore
Altre caratteristiche di mons. Rino furono la semplicità e l'umiltà. Il gesto abituale di dare caramelle ai bambini esprimeva molto bene questa caratteristica e la sua fedeltà alle parole di Gesù: "Lasciate che i bambini vengano a me… chi non avrà accolto il Regno di Dio come un fanciullo non vi entrerà" (Mc 10, 14-15).
Mons. Rino viveva questo spirito attraverso la serena fiducia in Dio Padre e Madre, attraverso l'accettazione del progetto di Lui nei momenti difficili, attraverso una capacità di costruire rapporti cordiali con la gente e con i suoi collaboratori, attraverso l'allegria, l'ottimismo, l'umorismo intelligente.
A mons. Rino piaceva particolarmente visitare le comunità dell'interno e intrattenersi con le persone che incontrava durante queste visite. Tutto ciò è di grande esempio per noi e ci ricorda che la nostra Chiesa deve essere sempre cordiale e accogliente, col volto dei piccoli e degli umili.
L'opzione per i poveri
Una terza caratteristica che vorrei ricordare è il suo grande amore per i poveri, per gli ammalati, per gli esclusi. Le sue visite agli ammalati dell'ospedale São José e ai detenuti del carcere di Balsas, i suoi viaggi a Rio de Janeiro per accompagnare alle terapie i bambini portatori di handicap, sono espressione di un atteggiamento costante del suo essere pastore, atteggiamento che si tradusse in mille iniziative di promozione umana e sociale e nella ferma difesa dei diritti degli umili contro lo sfruttamento, le ingiustizie e la corruzione. Mons. Rino ripeteva: "Chi si mette dalla parte dei poveri, ha la peggio". La sua difesa dei più deboli e le sue denunce contro i potenti, gli causarono molte sofferenze. Fu persino definito un sovversivo. E quando chiese la nazionalità brasiliana, gli fu negata.
Nella nostra società, dove l'egoismo, la violenza, la competizione e l'avidità vogliono dominare causando ingiustizie e terribili disuguaglianze, l'esempio di mons. Rino ci ricorda la necessità della condivisione e della solidarietà con i poveri e l'obbligo evangelico di denunciare qualsiasi ingiustizia, corruzione, sfruttamento, senza paura e senza vigliaccheria.
P. Luís Zadra, inviando le condoglianze a nome della comunità comboniana di Paraíba, dà questa testimonianza: "mons. Rino è stato un buon amico del popolo dei poveri e i poveri lo stanno accogliendo e introducendo alla festa che non finirà, dove la vita è piena e nessuno più soffrirà per le ingiustizie contro le quali egli ha tanto combattuto. La Chiesa di Balsas possa sempre alimentare questa passione che egli aveva per la giustizia e la dignità degli umili, dei contadini, dei diseredati…
Nostra Signora di Guadalupe
Tutti conoscono il grande amore di mons. Rino per Nostra Signora di Guadalupe, patrona dell'America Latina, con il volto di india, che rivelò al povero indio Juan Diego che Dio è accanto ai poveri e agli umili. Essa è venerata soprattutto nel santuario di Città del Messico. Alcuni anni fa, mons. Rino, con alcuni di noi, aveva partecipato, a Città del Messico, ad un corso comboniano.
Un giorno, egli non si presentò al corso, essendo uscito di casa molto presto. Ritornò che era già sera e raccontò di aver passato la giornata pregando nel santuario di Nostra Signora di Guadalupe. E aggiunse:
"Mentre mi recavo lì, vidi sulla strada che porta al santuario una coppia di poveri. L'uomo avanzava lentamente, in ginocchio, portando in braccio il figlioletto ammalato. La moglie lo aiutava. I due stavano pagando un voto fatto a Nostra Signora, alla quale avevano chiesto la grazia della guarigione del figlio. Non sapevo come aiutarli. Allora, mi sono messo accanto all'uomo, percorrendo in ginocchio con lui i due chilometri che ci separavano dal santuario."
Questo è il ritratto di mons. Rino: in ginocchio accanto al povero e al sofferente, in cammino verso Nostra Signora, in cammino verso Dio.
Egli è stato sepolto nella cattedrale di Balsas e noi ringraziamo di cuore i suoi familiari che, rinunciando al legittimo desiderio di avere il suo corpo vicino a loro, hanno accolto la nostra richiesta che il corpo potesse rimanere a Balsas. Rimarrà accanto all'immagine di Nostra Signora di Guadalupe per intercedere, assieme a Maria, per noi e per essere, come Juan Diego, memoria viva che il nostro Dio è il Dio dei poveri, degli umili, dei sofferenti e vuole costruire con noi il Regno della giustizia, dell'amore, della solidarietà dove la VITA VINCE LA MORTE PER SEMPRE.
Mons. Franco Masserdotti
Da Mccj Bulletin n. 205, gennaio 2000, pp. 73-78