In Pace Christi

Zanotelli Guido

Zanotelli Guido
Data de nascimento : 26/08/1932
Local de nascimento : Cembra (TN)/I
Votos temporários : 09/09/1951
Votos perpétuos : 09/09/1957
Data de ordenação : 25/05/1958
Data da morte : 11/12/1998
Local da morte : Kosti/SD

Guido Zanotelli è nato a Cembra, Trento, il 5 ottobre 1932, quinto di cinque fratelli viventi, ma altrettanti erano morti sotto l’anno di età. La sua mamma, Orsola Piffer, era la quarta moglie di suo padre, Angelo, di mestiere contadino, il quale, rimasto vedovo per ben tre volte, da buon patriarca, non si diede per vinto. E quando giunse la sua ora, chiamò la moglie e tutti i figli e si accomiatò da loro come si deve, con le dovute raccomandazioni di chi si preoccupa dell’educazione dei figli e del buon andamento della famiglia.

Guido è entrato nel 1945 tra i Comboniani di Trento per la seconda e terza media. Il suo parroco scrisse: “E’ un giovinetto ottimo che promette bene”.

Aveva fatto la prima media al suo paese. Nel 1947 passò a Brescia, nell’Istituto Comboni per il ginnasio e, nel 1949, andò nel noviziato di Firenze. Da Pesaro, dove si trovava per le vacanze e per un po’ di assistenza ai seminaristi di quella casa, il 25 agosto 1949 aveva fatto domanda di entrare in noviziato. Il superiore, nella stessa lettera, aveva scritto: “Ha sortito da natura un carattere felice: gioviale, costantemente allegro e diligente. Non è però freddo e insensibile: si scalda con una certa facilità, ma subito si raffredda. Salute buona, intelligenza più che sufficiente. Proviene dalla scuola apostolica di Trento”.

Una notte in prigione

In data 21 gennaio 1950 p. Giovanni Audisio, maestro dei novizi, scrisse: “Sono soddisfatto del suo comportamento, della sua pietà e anche della sua osservanza. Si dimostra attento anche alle piccole cose. Credo che potrà fare una buona riuscita. Esercita con gioia l’ufficio di sagrestano. Come carattere è un po’ timido, silenzioso, sincero. Lo si vede sempre sorridente. Non sfugge la fatica. Salute buona, ingegno buono. Si accomoda facilmente ai vari caratteri dei compagni e attende con naturalezza alle pratiche di pietà”.

Prima che terminasse il primo anno di noviziato, in ottobre del 1950, Guido fu inviato a Cincinnati, negli Stati Uniti, dove i Comboniani avevano un noviziato. Ed ecco una piccola avventura che ci racconta p. Turchetti che è andato al porto a riceverlo.

Allo sbarco a New York fu trattenuto nella famosa isola Ellis Island, per accertamenti, come si faceva per tanti immigrati che non avevano le carte pienamente in regola. Qui trascorse una notte in prigione perché, interrogato dalle autorità se fosse fascista, nella sua semplicità rispose: “Sì, sono stato balilla”. Il giorno dopo, chiarito l’equivoco, poté andare a Cincinnati per continuare il suo noviziato. A Cincinnati si trovò con confratelli americani, canadesi, cubani, messicani, svizzeri e filippini. Nel noviziato di Firenze aveva incontrato il primo portoghese. Il gruppo cui apparteneva p. Zanotelli ebbe l’onore di dare inizio all’internazionalità nella Congregazione: Quattro andarono in Spagna (Neno Contran, Mario Balbiani, Pio Depaoli, Umberto Parizzi); tre negli Stati Uniti (Angelo Biancalana, Giuseppe Forlani, Guido Zanortelli).

P. Gabriele Chiodi, che completò la sua formazione prima dei Voti, lo trovò “di molta buona volontà, ma ancora tanto giovane per cui ha bisogno di essere assistito nelle sue piccole difficoltà. Ma non è una cosa difficile perché è tanto sincero. Riesce bene a scuola nonostante la lingua inglese. Da parte mia non ha nessun impedimento per emettere i Voti. Sarà una bravo e buon missionario”.

Emise la professione religiosa il 9 settembre 1951 e cominciò subito lo scolasticato, sempre a Cincinnati. Dalle relazioni dei superiori in questo periodo notiamo che, come pietà, c’è stato nel giovane studente un vero e continuo progresso. Ma anche il suo rendimento nella scuola fu brillante, sia per le sue doti di intelligenza, sia per il modo serio con cui si applicava nello studio.

“Il carattere schietto lo rende talora esplicito nel trattare con i confratelli, ma sono cose passeggere. Non è capace di nutrire risentimenti. E’ sempre allegro, sempre uguale a se stesso e molto generoso. Pur essendo uno studioso, non disdegna i lavori manuali, e vi riesce bene perché è dotato di un forte spirito pratico. Con i superiori è rispettoso e accetta volentieri le osservazioni. Sarà uno che non darà grattacapi ai superiori. E’ di facile convivenza con i confratelli. Farà bene nel ministero, ma anche nell’insegnamento e nella direzione”.

Per la teologia frequentò il seminario diocesano di Cincinnati. Conseguì il B. A. in filosofia e il M. A. in umanistica, due gradi accademici.

Nella terra di Comboni

Divenne sacerdote il 25 maggio 1958. Fu ordinato a Cincinnati insieme ai padri Biancalana e Forlani da mons. Barbisotti, vescovo comboniano di Esmreraldas, Ecuador. “Il 21 giugno ero a casa per la prima messa - scrisse su Talita Kum per il suo 40° di sacerdozio - ed ebbi la gioia di avere vicino ancora i miei vecchi genitori che non vedevo da 8 anni. Il 21 luglio ero a Khartoum, Comboni College, dove passai 15 anni insegnando inglese e qualche altra cosetta, dalla quarta elementare alla quarta superiore. Nessuna preparazione, nessuna tendenza personale né all’inglese né all’insegnamento, nessuna opzione: Solo 15 anni intramezzati dal corso di ricupero a Roma (’70) e sei mesi di studio dell’arabo in Libano nel ’72. Adesso i giovani studiano l’arabo per due anni e mezzo, con il risultato che essi sanno l’arabo e io no. Un motivo in più per tenermi umile.

Poi seguirono 6 anni ad Atbara dove però fui promosso direttore della Scuola Comboni, a quel tempo in condizioni assai precarie. Fui anche vice parroco e parroco quando il parroco non c’era, il ché capitava spesso, date le circostanze. Così un po’ per traverso avevo anche adito al lavoro pastorale. O forse che è lavoro pastorale anche la scuola?

Da Atbara a Damazin, una parrocchia nuova, capanne tra le capanne. La zona era immensa e vergine nel senso che, sia i cristiani che i musulmani erano pochi. Passammo i primi due anni a preparare i catechisti. Di dodici, otto assunsero il ministero nelle varie missioni. Praticamente, 6 mesi all’anno erano spesi sulla strada passando, a bordo di un camion, da una missione all’altra, distanti dalle 6 alle 12 ore di viaggio.

Durante la stagione delle piogge si rimaneva al centro parrocchiale. Rimasi qui 5 anni e, anche se non ho combinato molto, è stata per me un’esperienza felice.

Sia in Atbara come in Damazin ho esperimentato l’internazionalità, prima con p. Robledo, poi con p. Luis Garcia ad Atbara e finalmente con p. Josè Javier Parladè a Damazin. Si diceva che la nostra era la comunità più felice, perché abitavamo a qualche centinaio di chilometri di distanza uno dall’altro. Erano i tempi delle comunità allargate. E quando dall’alto si faceva notare la ‘regola’, si rispondeva che mandassero un altro. E tutto finiva lì. A parte gli scherzi, anche questa esperienza di internazionalità è stata molto positiva. Quasi quasi parlo spagnolo anch’io.

Dopo di che fu la volta di El Obeid, dal 1984 al 1989, aiutante del vescovo Macram. Qui ho avuto l’occasione di spaziare ancora, specialmente nel Kordofan del Sud, la terra dei Denka che il loro sultano, l’immortale Deng Majok, aveva venduto al Nord. E’ la terra dei Nuba, l’ultimo grande amore di Comboni. Delen con la collina del Kojur Kakum, le alture del Golfan, da dove si scende a Kadugli, oppure si sale a Dellami ed Heiban.

Gli strapazzi del suo ultimo viaggio certamente resero Comboni incapace di resistere alla malattia. Comboni morì sognando le verdi colline dei Nuba e le tante anime che lo aspettavano. Lasciava loro la sua più promettente missione, Delen. Purtroppo i Nubani soffrirono prima le furie delle orde mahdiste e poi l’incomprensione di un successore di Comboni che vendette i Nuba ai protestanti. Il santo p. Muratori incominciò di nuovo l’approccio tra i Nuba di Khartoum negli anni ’60. Ed ora i Nubani sono di nuovo oggetto delle cure amorose di Santa Madre Chiesa. Purtroppo anche loro soffrono dei problemi attuali che tutti ben conosciamo.

Da El Obeid a Kosti, parte della diocesi di Khartoum, ma eretta a regione pastorale autonoma, con il vescovo Daniel Akwot, ausiliare di Khartoum, che risiede tra noi. La regione pastorale di Kosti è a cavallo tra il Nord e il Sud Sudan. Qui a Kosti non arriva la guerriglia, ma arrivano le conseguenze: feriti, vedove ed orfani. I miei coscritti di Cembra sono tutti in pensione. Gli anni non hanno risparmiato neppure me stesso, ma grazie a Dio tiro ancora la carretta, anche se mezza sbilenca, e cercherò di tirarla, come buon milite ignoto, finché al buon Dio piacerà. Rinnoviamo per l’occasione il nostro amore fraterno che corre sull’Internet della preghiera”.

Un uomo sereno

E’ vero che p. Guido Zanotelli non diede grattacapi ai superiori, infatti di lui non possediamo neppure una lettera a loro indirizzata, né prima, né dopo il sacerdozio, salvo i documenti per la rinnovazione dei Voti.

P. Castelletti dice che fu insegnante minuzioso, preciso, esigente e comprensivo, che si preparava non badando al sacrificio. “E tutti sappiamo quale sia il clima di Khartoum e le poche consolazioni ad insegnare a dei giovani che, un domani, saranno i nostri persecutori”.

Quando nel 1980 fu parroco a Damazin, dimostrò subito le doti di cui il Signore lo aveva gratificato per cui, nel 1982, fu scelto come Vicario generale della diocesi di El Obeid e amministratore della regione pastorale di Kosti. Un lavoro stressante, specie per uno che non voleva lasciare niente al caso, che sentiva sulle sue spalle la responsabilità di quella Chiesa che era stata di Comboni.

Nei suoi trent’anni di missione visse il periodo della persecuzione, della sofferenza di milioni di africani che dal Sud del paese andavano al Nord in cerca di lavoro e di casa. Per questi poveri bruciò tutte le sue energie.

Nonostante fosse stato testimone di mille ingiustizie da parte degli arabi nei confronti degli africani, egli ha sempre lavorato per il dialogo nella ricerca di una riconciliazione che sembra ancora lontana da venire.

Una vita per gli studenti

Buona parte della vita di p. Guido è trascorsa al Comboni College, una istituzione iniziata da mons. Francesco Bini, portata avanti dal p. Agostino Baroni, poi suo successore nell’episcopato, coadiuvato dai p. Valsecchi, Tupone, Tagliapietra, Pasetto, Adamini e numerosissimi altri confratelli tra i quali anche p. Guido Zanotelli.

I primissimi confratelli addetti al Collegio Comboni dovevano aver frequentato il Colonial Course a Londra. Gli altri, poi, dovevano avere il “Doctor in Divinity”, richiesto da Oxford, più qualche altra specializzazione. P. Guido ne era provveduto: particolarmente in arte dimostrava ottimo gusto, presentazione geniale.

La preuniversità del Comboni College aveva tre gruppi di studenti: le medie, le superiori e due anni di università fino al bacellierato. P. Guido Zanotelli era rettore delle medie. Suoi predecessori erano stati i padri Cazzaniga e Adamini.

Al Comboni College c’erano pure tre internati, cioè gruppi di studenti che vivevano come ospiti, giorno e notte, per il tempo degli studi. Ad un certo punto p. Zanotelli prese la direzione del secondo gruppo, quello dei giovani dai 14 ai 16 anni, il più difficile data l’età degli allievi.

Scrive p. Castelletti: “P. Guido fu sempre molto apprezzato. Sia in classe, sia nella disciplina, sapeva imporsi: non con le maniere severe, ma con la bontà, l’esempio, la convinzione. Oxford ammirava il Comboni College sia per la qualità dell’insegnamento che per il lavoro svolto dai ragazzi, per i loro elaborati che p. Guido correggeva in maniera accurata. Egli in questo non risparmiava fatica e impegno. Seguiva personalmente i singoli allievi, specialmente quelli che avevano qualche difficoltà, accompagnandoli passo passo fino alla classe superiore. Parlava l’inglese in maniera perfetta, con la classica english intonation, congiunta a una modestia quasi eccessiva.

Quando io partii per Port Sudan - prosegue p. Castelletti - chiesi al direttore che fosse p. Guido il mio successore. Doveva essere lui a prendersi cura del secondo gruppo degli interni, quelli che avevano maggiormente bisogno di occhio e di cuore perché erano nella fase dello sviluppo fisico e mentale. P. Guido accettò volentieri. L’incarico esigeva varie ore al giorno di sorveglianza, specialmente in ricreazione, pranzo, cena e riposo pomeridiano.

In pochi giorni p. Guido divenne l’anima delle competizioni ginniche, delle gare sportive, anche delle gare di nuoto nella grande piscina del Collegio. Mentre gli altri insegnanti, e anche gli alunni, dopo pranzo si prendevano un’ora di riposo, p. Zanotelli passeggiava nei dormitori dei giovani controllando perché tutto fosse a posto in quel clima torrido e afoso.

Alle ore 15.00 era nello studio a sorvegliare perché ognuno si applicasse allo studio e ai compiti. Sapeva ottenere il massimo silenzio e applicazione. Dopo qualche tempo si guadagnò pure qualche medaglia di benemerenza quale sport-master del Comboni College, alla scuola di p. Marino Perghem e, soprattutto, di p. Alberto Mosna, succeduto a p. Ettore Pasetto.

Dopo cena p. Guido s’intratteneva volentieri a discorrere con i confratelli. Si parlava di scuola, della formazione dei ragazzi, dei loro compiti, dei loro progressi o delle difficoltà e marachelle che combinavano. Prevenire era la sua parola d’ordine, mettere i giovani nella situazione migliore per non commettere mancanze, praticare il bene.

Per dare solennità alla elezione del nuovo vescovo mons. Baroni, avevo organizzato un bel dramma militare tratto dal famoso film ‘I due sergenti’. Si trattava di tre atti di teatro, con fanfara, inno, ecc. Zanotelli decise di partecipare come attore. Gli venne affidata la parte dell’ammiraglio giudice. Se la cavò così bene che tutti lo considerarono il numero uno del gruppo teatrale.

P. Guido Zanotelli lavorò assiduamente, con serenità e metodicità  al Comboni College, meritandosi la venerazione di tutti. Qualche anno più tardi ebbe l’incarico di dirigere tutte le medie del Collegio. Fu una direzione saggia, paterna, per vari anni.

Le ultime vicende storiche sudanesi chiusero quella scuola di Oxford: era diventata governativa musulmana. P. Guido venne inviato come parroco a Kosti, lungo il Nilo Bianco, 300 chilometri a sud di Khartoum. Diresse quella missione fino alla morte”.

Scrive suor Marisa, comboniana: “P. Guido da circa 7 anni condivideva la sua vita con noi a Kosti. Era venuto come parroco per sostituire p. Buzzacarin che ripartiva per la rotazione. In seguito, viste le molte necessità di lavoro, p. Guido ha accettato di mettersi a disposizione dei sacerdoti locali e dare una forte mano al vescovo Daniel... Le sue principali caratteristiche erano: la preghiera, il lavoro e il voler bene alla gente. Era sempre disponibile per le confessioni. Per se stesso, per la sua persona, non aveva nessuna esigenza, e per aiutare la gente non conosceva stanchezza... P. Guido sapeva ascoltare, consigliare, ammonire con tanta pazienza, donando a tutti tanta serenità. In 7 anni non l’ho mai visto alterato una volta: era l’uomo della pace”.

P. Francesco De Bertolis riassume così le tappe della vita di p. Guido: “Nel 1984 p. Zoppetti, Vicario generale di El Obeid, fu fatto Provinciale. P. Guido lo sostituì come Vicario generale della diocesi e p. De Bertolis andò a Damazin. Nel 1992 mons. Daniel Adwok divenne vescovo della zona pastorale di Kosti e p. Guido ne divenne Amministratore (e ad El Obeid fu sostituito da p. Boffelli).

Il Signore chiama

Giovedì 10 dicembre 1998 p. Guido si sentì male, ma non diede importanza alla cosa e si recò in ufficio come al solito. A mezzogiorno tornò a casa e disse ai confratelli p. Bettini e p. Denima che non sarebbe andato a pranzo preferendo riposarsi un po’. I confratelli si insospettirono. Se un uomo come Guido diceva che non si sentiva bene, vuol dire che stava male sul serio. E chiamarono immediatamente il medico che prescrisse degli esami clinici.

Gli fu trovata una grande infezione nell’organismo (i globuli bianchi erano saliti a 13.500) e un’ischemia al cuore. Fu ricoverato all’ospedale dove gli venne praticata un’iniezione di antibiotico e un’altra di morfina per calmare il dolore al cuore che si era fatto acuto. Si assopì, ma solo per mezz’ora. P. Bettini passò la notte con lui. Al mattino il medico lo visitò di nuovo e gli praticò un’altra iniezione di morfina per calmare il dolore al petto che era ricominciato. Lo spasimo cessò, ma il Padre faticava a respirare. Il dottore consigliò il ricovero all’ospedale di Khartoum per accertamenti più precisi.

P. Pacifico, avvertito ancora giovedì sera del malessere che aveva colpito il confratello, si mise in viaggio per Kosti, venerdì mattina, insieme a p. Davide Ferraboschi con l’intenzione di proseguire poi per El Obeid. Arrivato a Kosti, decise di accompagnare p. Guido a Khartoum facendosi aiutare da una suora.

Lasciato l’ospedale di Kosti, dopo qualche decina di metri il Padre fu preso da atroci dolori al petto. Fu riportato in ospedale e sottoposto ad ossigeno. Respirò affannosamente per una decina di minuti e poi il respiro andò diminuendo. P. Pacifico gli impartì l’assoluzione e, alle ore 13.00 di quel venerdì 11 dicembre 1998, p. Guido Zanotelli spirò, stroncato dall’infarto che lo aveva colpito. Aveva 66 anni di cui 40 trascorsi in Sudan. Il medico non poté altro che verificarne la morte per collasso cardiaco.

Con la sua gente

I funerali ebbero luogo alle ore 17.00 e poi il Padre fu sepolto nel cimitero cristiano di Kosti, in mezzo alla sua gente. I cristiani vollero fare la “bika” (il lamento) per tre giorni, come è nel costume delle tribù del Sud. Eressero una tenda per gli uomini e una per le donne, e vegliarono giorno e notte. Lunedì 14 il lamento fu chiuso con una concelebrazione presieduta da mons. Daniel Adwok. Vennero anche preti, suore e cristiani dalle parrocchie di Rabak, Sennar e Renk. Mons. Daniel disse tra l’altro: “Per noi p. Guido era un fratello e un padre, e la sua dipartita ha lasciato un vuoto incolmabile. Ma il bene che ha fatto sarà ricordato a lungo. P. Guido è stato un grande dono di Dio per questa Chiesa... Ha lavorato fino all’ultimo minuto, fedele e dedicato ai fratelli nella fede... Il fatto che sia morto in terra straniera e sia stato sepolto lontano da casa non deve rattristare i parenti. E’ morto fra la sua gente, quella gente che lui ha amato e servito per tutta la sua vita come prete, dispensando la Parola e l’amore di Dio. P. Guido ha diritto di riposare qui, perché ci appartiene”.

Dopo la messa seguì la cena comune alla quale parteciparono un migliaio di persone. La gente diceva:

“P. Guido ha speso tutta la sua vita per noi. Noi siamo la sua famiglia”. E così fu. P. Guido è il primo missionario che è morto a Kosti. P. Frison e p. Rovelli, che pure morirono come membri della comunità di Kosti, fecero in tempo ad andare in Italia.

L’arcivescovo Gabriel Zubeir, all’estero al momento della morte, ha voluto presiedere una messa di suffragio nella cattedrale di Khartoum giovedì 17 dicembre. “Ringrazio Dio per p. Guido Zanotelli - ha detto. - Ricordo solo una cosa: fu il primo parroco residente a Damazin. Con lui c’era p. José, due ‘matti’ per così dire. Si rifiutarono di costruire o comperare una casa. Tirarono su una capanna come quella delle gente povera del Sud e lì vissero per anni. Quando andai a fare la visita pastorale, uno di loro mi cedette la sua capanna. Fu così che iniziò la Chiesa di Damazin”. Quando, anni dopo, il governo cercò di portar via il terreno della chiesa, i cristiani insorsero, tennero occupato il posto giorno e notte, finché il governo dovette desistere. Anche ad El Obeid è stata celebrata una messa di suffragio venerdì 18 dicembre, presieduta dal Vicario generale, in assenza del Vescovo.

P. Guido è stato un vero comboniano e, come tale, ha amato intensamente l’Africa, il Sudan. Ha tanto sofferto e pregato per la pace, per la giustizia, per la libertà della Chiesa in quella nazione. Speriamo che dal cielo riesca a realizzare ciò che non è riuscito a fare nei suoi anni di fecondo e faticoso ministero missionario in un ambiente così difficile e poco gratificante come è quello musulmano.                    P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 203, luglio 1999, pp. 112-119

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Fr. Guido Zanotelli was born at Cembra, Trento, on 5 October 1932, fifth child of Orsola Piffer. Actually other five children had been born, but had died in their childhood. Orsola was the fourth wife of Angelo, three times a widower, who, as a good old patriarch, never gave in. As he felt the time of his departure from this world had come, he wanted all his family around his death bed for his last words, making sure that things would go on well.

Guido joined the Combonis in 1945 at Trento, for junior two and three. His parish priest introduced him to the superior saying: “ A good, promising young man”. In 1947 he went to the Istituto Comboni in Brescia, then in 1949 he passed to Florence for his noviciate. He wrote his application form at Pesaro, where he had gone for a rest and as a formator of the young seminarians. The superior added on it: “He has been endowed with a good character, always cheerful, and friendly, though at times he can get “heated up”. His health is good and his intelligence is above average.”

One night in prison

Fr. Audisio, his novice master, summarises his conduct with these words: “I am pleased with his behaviour, his religious practices and observance of rules; even small ones. He will do well in future. He likes his job as a sacristan. He is a little shy, silent but sincere, always smiling; he can link up easily with all sorts of people. He is not afraid of sweating a little in carrying out his duties.” At Florence he found an international community, novices coming from various Countries, Canadians, Americans from USA, Cubans, Mexicans, and the first Portuguese to join the Combonis.

During his first year, in October 1950, Guido was sent to the noviciate in Cincinnati. On his journey to the States, as he reached New York, at the famous Ellis Island, he had a bit of rough time. Asked by the customs officer whether he had been a fascist, he answered, “Yes, as a boy I was a Balilla” At this he was put into prison the whole night. The following morning, with the help of Fr. Turchetti, who had come to pick him up, the point was cleared and he proceeded to Cincinnati.

There, Fr. Gabriele Chiodi prepared him for his first profession. This is what he wrote, “A man of good will, at times still in need of help to overcome some little problems. He is quite open. At school he is bright in spite of the language. I have no objection for him taking the vows. He will be a good and active missionary.” He made his first profession on 9 September 1951,

He stayed at Cincinnati for his philosophy. From the reports of his formators we are told that he deepened his prayer life and improved further in his studies. “In dealing with confreres at times he is sharp, but he quickly finds his balance. He is very generous, talented at solving any technical problem. Ready to accept any remark. He’ll surely give no problems to his superiors in the future. He will do well in the apostolate, as teacher and as a leader.”

He followed his theological course at the diocesan seminary, in Cincinnati, where he obtained a BA in philosophy and MA in Arts.

In the land of Comboni

On 25 May 1958 Mons Barbisotti, a Comboni Bishop of Esmeraldas in Ecuador, ordained him a priest together with Frs Biancalana and Forlani. Some years later on Talita Kum he wrote his autobiography “On 21 June I sang my first Mass at home, with my dear old parents, after eight 8 years of absence. A month later I was already at the Comboni College, in Khartoum, where I stayed for 15 years teaching English language and a few other things, from P.4 pupils up to S.4 students. No actual preparation, no choice given to do something else; the only break I had was the renewal course in Rome and six months in Lebanon to study Arabic (Nowadays the young fathers spend 2 years and 6 months to study Arabic). Then followed 6 years at Atbara as the headmaster of the Comboni school, at a time when things were not easy. I also assisted in the parish, as the Parish Priest was often away. From Atbara I was moved to Damazin, a new parish, a relatively small number of people scattered on large area. I spent the first two years training the catechists, and from a group of 18 I was able to select 8, who took up various places in the parish. For 6 months a year I was on the move around the parish visiting the people by lorry, sitting behind the wheel even up to 12 hours a day. I stayed at Damazin 5 years, and even if not much was achieved, it was a joyful experience.

There I also enjoyed a high degree of internationality, mainly with Spanish-speaking confreres (I almost learnt Spanish myself). People were commenting that our community was the happiest of the province: we were living hundreds of miles away from each other! Someone remarked that this was not according to the RL. Our answer was simple and straightforward, “Send us more confreres”… and all complaints died there.

From 1984 to 1989 I was in El Obeid as Bishop Macram’s secretary. Once again I had the chance of touring large areas, especially South-Kordofan, the Denka territory, the land of the Nubians, the land Comboni loved so dearly. I saw Delen with the Kojur Kakum hill, the Golfan heights, down to Kadugli or up to Dellami and Heiban.   It was this journey that weakened Comboni so much that he could not overcome an attack of malaria and died with his eyes open on the Nubian hills. Unfortunately the Nubians, after Comboni’s death went through a lot of suffering. They first fell under the Madhi oppression, later the zone became a “Protestant controlled area” It was Fr. Muratori who went to them again, in the ‘60s. Now they are suffering once again for well-known reasons.  From El Obeid to I was sent to Kosti, an autonomous region within the Karthoum Archdiocese, headed by Mgr. Daniel Akwot, auxiliary Bishop of Khartoum, who was staying with us.  Kosti is actually linking the North to the South. Though here there is no fighting still we bear the consequences of it, as many wounded, widows and orphans take refuge here.

As I look at my classmates at home, at Cembra, I notice that by now they are all enjoying their pension. I am still pulling the old cart, as long as God gives me some energy…”

A pacific man

It is true that Fr. Guido was never a bother to the superiors, in fact we don’t have any document on this line. Fr. Castelletti testifies he was a very conscientious teacher, he would prepare his lessons with great care, “ and we are all aware of the weather in Khartoum, and the meagre consolations we have in teaching people who eventually one day will be our persecutors”

When in 1980 he was appointed parish priest at Damzin, he immediately showed the talents the Lord had given him, thus in 1982 he was raised to Vicar General of El Obeid diocese and Episcopal Vicar of Kosti. Indeed a killing job, especially for a man like Guido who always wanted to prepare everything; scrupulously and felt the burden of responsibility of that “Church” which had been Comboni’s.

During his 30 years of parish work, he shared the sufferings of millions of Africans from Southern Sudan who were coming up North to look for a shelter and a job. For them he really burnt out all his energies. Though he had been an eyewitness of many acts of injustice committed by the Arabs against the Southerners, still he carried on a dialogue of reconciliation

A life spent for students

Fr. Guido spent a good many years at the Comboni College, an institution begun by the late Mgr. Bini, carried on by Fr. Agostino Baroni, later his successor as Bishop of Khartoum, with the help of Frs. Valsecchi, Tupone, Tagliapietra, Pasetto, Adamini and many others.

At the start, the minimum requirement was a diploma from the Colonial Course, in London, later they demanded a Doctorate in Divinity, and some other specialisation.  Fr. Guido had his qualifications from the States, to which he added a personal, attractive way of presenting the subject matter.

Comboni College had three levels of courses: the Junior school, the Senior and the first two years of University, leading up to the BA  Fr. Guido was the headmaster of the junior school His predecessors had been Frs. Cazzaniga and Adamini.

At the Comboni College some students were boarders. Fr. Guido was given the group of boarders of 14 to 16 years of age, the most delicate to handle properly.

Fr. Castelletti writes. “Fr. Guido always enjoyed a high esteem in the College. In class and with the boarders he would assert his authority not by force, but by his example, kindness and firmness. Oxford had a high opinion of our school, because of the good results students were obtaining. This demanded an accurate preparation and a careful marking of the assignments. Fr. Guido would spare neither energy nor time to achieve this goal. He would personally follow individual students who needed more attention. His English was excellent, and so was his English intonation.

When I left for Port Sudan –adds Fr. Castelleti – I asked the director for Fr. Guido to take over. Fr. Guido agreed willingly, though this demanded long hours of supervision, particularly during study time, again when students were taking their meals, and during games.

Within a short time, Fr. Guido became the promoter of various games and competitions, in all fields, even in the College large swimming pool. During lunch break, while other teachers were going for siesta, he would take a look seeing that everything was in good order… in the boiling weather of Khartoum. At 3 o’clock in the afternoon he was in the study hall, aware that silence was the best means for a fruitful work.  As a sports master he was awarded a few medals of merits. He had been following the footsteps of Frs. Marino Perghem, Alberto Mosna and especially E. Pasetto. After supper he remained with the community, his conversation was mostly on College affairs, discipline, and students’ problems.  On the enthronement day of the new bishop, Mgr A. Baroni, I had written a play, on the line of a famous war film, “The two sergeants”, in three acts, with the band. Fr. Guido was asked to play the Fleet General. He turned out to be the best actor.

In spite of the good results Comboni College had for so many years .as an examination centre for Oxford University, the Government turned it into a Moslem school. Fr. Guido was then sent to Kosti, in the parish where he remained up to his death.

Sr. Maria, a Comboni sister, had this to say: “ I lived with him for over seven years. He had come to Kosti to replace Fr. Buzzacarin who was called back to Italy. He was parish priest, and later he willingly offered his assistance to Mgr. Daniel. His life style was: prayer and apostolic work. He loved to be with the people, he would never get tired of staying with them. Always available for confessions. He would listen to people, giving advice and even inviting some to a change of conduct. I have never seen him lose his temper; a man of peace!”

Fr. Francesco De Bertolis summarises Fr. Guido’s life: “In 1984 Fr. Zoppetti, Vicar General of El Obeid, was elected Provincial, and Fr. Guido replaced him as Vicar General. In 1992 Mgr. Daniel Adwok became Bishop of Kosti, and Fr. Guido took over as Administrator (and Vicar General was appointed Fr. Boffelli).

The Lord is calling me

On Thursday, 10 December 1998, Fr. Guido felt sick, but he did not take the matter seriously.

Went to the office as usual. At midday he came up, but told Bros. Bettini and Denima he was not taking lunch, he just wanted a rest. The confreres became worried, aware that it must have been serious if Fr. Guido said anything like that. The doctor was called in. He prescribed some medical examinations. A serious blood infection was diagnosed, (the white blood cells had gone up to 13,500) with an ischaemia of the heart. He was taken to hospital; where they gave him some antibiotics and a morphine injection. He fell asleep but only for a few minutes, then the pain in the heart set in again. The doctor saw him again and he advised the Fathers to take him to Khartoum, for a more accurate medical examination. Fr. Pacifico, hearing of the case, on Friday morning, left Khartoum with Fr. Ferraboschi for Kosti by car.  As he arrived, seeing the urgency of the case, he decided to take Fr. Guido to Khartoum, accompanied by a Comboni sister. They only covered a short distance, before Fr. Guido started complaining of strong pain in the chest. They quickly returned to the hospital, where Fr. Guido was put under oxygen. He breathed heavily for about 10 minutes, and then the breath grew weaker. Fr. Pacifico gave him the absolution. By 1 p.m. that day, 11 December 1998, Fr. Guido had died of heart failure. He was 66 years old, 40 of which he spent in Sudan.

Among his people

The funeral was celebrated at 5 p.m. and he was buried in the Christian Cemetery of Kosti among his people. The Christians wanted to mourn Fr. Guido in their customary way, the “bika” for three days. Two tents were erected, one for men and one for women, and they prayed day and night for him. On 14 December, the mourning was officially closed with a celebration led by Mgr. Daniel Atwok, surrounded by priests and sisters from the parishes of Rabak, Sennar and Renk. Mgr. Daniel commented: “ For us Fr. Guido was a brother and a father, and his death leaves a tremendous gap. All he did will be remembered for long and Fr. Guido has been a great gift of God to this church. He worked up to the last day, burning up all his energy for his parishioners. The fact that he died far from his native home should not be a cause of grief for his relatives. He died among the people he loved and spent his life for. He belongs to us.”  After the funeral all the people present shared a meal together, and they were saying: “Fr. Guido was with us for so long. He belongs to our family.”  He was the first missionary to die at Kosti.

The Archbishop Gabriel Zubeir, who was out of the Country at the time of Fr. Guido’s death, presided over the requiem Mass in the cathedral in Khartoum for him. He remarked: “I praise the Lord for Fr. Guido. I just mention one thing. He had been the first parish priest at Damazin, together with Fr. Joe. They refused to build a proper house, but had a hut, like the local people, and lived in it for several years. When I went there in my pastoral visit, one of them gave me his “hut”. That’ s how we started our parish.

When some years later the government wanted to take over the place, the people occupied the place for several days, until the government gave in.

A Mass was also offered for him at El Obeid,

Fr. Guido was a true Comboni Father, who loved Sudan so tenderly, and spent all his life for his people. We hope that in heaven he will obtain from God what he fought for all his life: peace and reconciliation for all Sudanese people, for all Christians and Moslems