In Pace Christi

"Sacerdote in tutto, per tutti, soprattutto": sono le parole autografe di p. Sandro riprodotte sotto la sua foto ricordo. E' ritratto in parametri liturgici, mentre tiene l'omelia, con il rosario all'indice della mano destra. Parole e immagine sono già sintesi della sua vita. Egli lo ripeteva a tutti - anche a coloro che lo sapevano già - che era nato per essere sacerdote, missionario comboniano, apostolo della Parola di Dio, missionario della Messa.

Una autobiografia postuma si potrebbe facilmente costruire usando gli scritti ed appunti che ha lasciato: vanno dai primi ricordi d'infanzia fino all'annuncio stesso della sua morte. Una biografia, invece - che è già nella mente di parenti ed amici - svelerà la sua profonda spiritualità, come i limiti del suo carattere esuberante.

Visse in un clima di gioia quasi infantile, con periodi di lunghe sofferenze fisiche e spirituali.

Questo necrologio vuol essere solo un sobrio tentativo per proporre - dopo aver descritto la sua morte cristiana ed aver dato un breve profilo biografico - un suo ritratto umano e spirituale. Il tempo, intanto, stempererà sia l'emozione ed il dolore del distacco nei molti che lo hanno amato e stimato, come la sensazione di rifiuto in coloro che lo consideravano un profeta scomodo ed un moralista fuori dalla storia.

P. Sandro è stato forse un po’ di tutto questo, ma può essere capito solo nell'ottica delle persone che attraverso il suo ministero hanno incontrato Cristo. Una testimonianza: "La sua persona mi ha affascinato. Era un prete che credeva in ciò che predicava e viveva quello che mi proponeva. Cercava con ansia la verità".

Dieci anni... per tornare al Padre

Un mattino di metà dicembre del 1986, alle lodi della comunità riunita in cappella, svelò il suo stato di salute con una semplicità e franchezza che stupì tutti.

Disse: "Vi informo che ho un tumore alla stomaco e sarò operato d'urgenza. Mi danno pochi mesi di vita. Pregate per me". Subì l'operazione il 18 dicembre all'ospedale S. Eugenio di Roma: la ripresa fu lunga, le cure dolorose. In una lettera confidenziale ai superiori - scritta l'8 gennaio 1997 - sentendo venir meno le forze ripercorre idealmente i dieci anni del suo calvario. Scrive: "Ringrazio il Signore che mi ha prolungato la vita ... ora non so quanto durerà". Continua attribuendo all'intercessione del Comboni la sua "quasi guarigione", ricorda l'esperienza dolorosa della chemioterapia, le moltissime notti insonni passate a tavolino o su una sedia a sdraio, i successivi ricoveri. "Assegnato nel 1988 alla biblioteca non mi sono risparmiato nel mio ufficio e nel ministero. Ho diretto 80 corsi di esercizi, ho tenuto più di 350 ritiri e mi sono prestato per il ministero domenicale e la direzione spirituale. Durante l'estate sono andato a Bibione per il ministero, passando intere giornate in confessionale, ho partecipato a pellegrinaggi dell'UNITALSI a Lourdes assistendo gli ammalati. "Il lungo memoriale continua parlando dell'operazione del febbraio 1996 dopo la quale capì che gli veniva nascosta la verità. Poté però riprendersi e partecipare alla beatificazione del Fondatore. Inaspettatamente gli fu chiesto di essere il cerimoniere nella basilica di S. Pietro, il 18 marzo 1996 alla celebrazione presieduta da Mons. Gabriel Zubeir, ... "ebbi così modo di sdebitarmi un poco nei confronti del Comboni il quale ha interceduto per me, nella malattia. Continuo a pregare che l'intercessione continui ... e non mi stanco".

Gli ultimi due mesi furono un'alternanza di dolori ed estrema debolezza, con momenti di pausa subito riempiti di ministero sacerdotale. Si era perfino impegnato per domenica 16 marzo, ma fu colto dalla crisi finale e ricoverato al S. Eugenio. La situazione precipitava ed egli stesso chiese a parenti e superiori di poter tornare a Semogo: il paese dov'era nato ed era stato battezzato. In ambulanza la mattina del 18 marzo, mentre si avvicinava alle sue montagne dettò vari messaggi alla nipote Elena, ai sacerdoti dell'Alta Valle, ai giovani ... Tutto questo è parso a qualcuno un eccessivo protagonismo finale. Non è così. E' più giusto vedere un morente che vive in estrema coerenza la sua naturale capacità di comunicatore. Non si racchiude nella terribile sofferenza, ma pensa agli altri. A chi gli è vicino confida: "bisogna essere missionari anche morendo". P. Vittorio Moretto durante il funerale ha rilevato come P. Sandro negli ultimi mesi parlasse spesso del battesimo e si stesse preparando alla morte come al compimento del suo battesimo. Nessuna meraviglia che ci abbia lasciato come testamento "vivi il battesimo". Una parente ha scritto: "Ho assistito alla sua morte ed ho capito come non faccia paura morire come lui. Il suo è stato veramente un passaggio da questa vita alla vita eterna".

Una vita intensa

Il piccolo Sandro fu arricchito fin da piccolo dalla fede trasmessa dal parroco don Giacomo Sertorio, che lui volle fosse ringraziato, al cimitero, prima della sua sepoltura. L'esempio della mamma che egli considerava una santa, la vita gioiosa e laboriosa di una famiglia numerosa e unita completarono la sua prima formazione. Molti si sono chiesti quanto abbia influito anche l'ambiente naturale: le montagne aspre e teatro di un duro lavoro, i grandi orizzonti e i momenti di solitudine nei pascoli. In data 8.8.1980 scrisse queste riflessioni: "Come è nata in me la vocazione? Da quanto ricordo fin dall'età di cinque anni ho sempre pensato di fare il sacerdote. Poi, forse anche per la povertà della famiglia (in seminario si doveva pagare la retta completa) mi trovai sulla via della scuola apostolica dopo un incontro con P. Parodi che si trovava a Trepalle a supplire il parroco ... In seminario entrai il 2 ottobre 1945. Una cosa posso dire: ho pensato fin da piccolo di farmi sacerdote ed ora che lo sono da quasi 22 anni posso dire di essere sempre stato contento di esserlo e lo sono ancora e tanto. Sento la gioia infinita di essere sacerdote".

A Crema passò due anni frequentando la prima e seconda ginnasio: era inconfondibile per la statura minuscola, l'allegria e un'intelligenza precoce. A Brescia, dove rimarrà tre anni, incontrò due formatori d'eccezione in P. Diego Parodi e P. Giuseppe Dalvit entrambi futuri vescovi. Nell'autunno del 1950 entra nel noviziato di Gozzano ed ha come maestro P. Giovanni Giordani: un asceta maturato nelle missioni d'Etiopia e lui pure valtellinese. Dagli appunti di vita spirituale che iniziano con gli anni della scuola apostolica e si intensificano nel noviziato traspare la serietà del suo impegno ascetico. La domanda d'ammissione ai primi voti inizia così: "Prostrato ai piedi del S. Tabernacolo, compreso della mia meschinità e pochezza ma totalmente abbandonato nel Cuore SS. di Gesù..." e dopo aver chiesto di essere ammesso nell'Istituto prosegue "... col proposito di continuare poi verso il sacerdozio". Emette i primi voti il 9.9.1952 ed è inviato alla Casa Madre di Verona allora sede del filosofato. Vi rimane tre anni: oltre allo studio approfondisce la conoscenza della Congregazione nell'incontro con figure leggendarie di missionari anziani. Al termine del corso il superiore P. Gino Albrigo stilò questo giudizio: "E' un buon religioso, diligente e intelligente. La sua 'durezza' è esterna ma ha un cuore buono e generoso. Stenta però a cedere. Coi superiori è facile a sottomettersi".

Nel settembre 1955 giuge a Roma nello scolasticato di Via S. Pancrazio. Considerò una grazia poter studiare nella città dove, come diceva, "viveva il Papa ed erano stati martirizzati gli apostoli Pietro e Paolo". Nella comunità esisteva uno spiccato spirito di famiglia facilitato dal numero limitato - una dozzina - di scolastici e la formazione era arricchita dal contatto stretto con i superiori e l'incontro con i missionari di passaggio (allora la casa fungeva anche da procura). All'Urbaniana manifestò pienamente la sua passione per lo studio e la capacità di comunicare: diventò amico di molti studenti e consultava spesso i professori. Terminerà conseguendo 'summa cum laude' la licenza in teologia (26.06.1959). Era stato ordinato sacerdote dal Card. Luigi Traglia, in Laterano, il 14 marzo. Il giorno successivo celebrò nelle grotte vaticane, basilica di S. Pietro. Era poi stato invitato a colazione nel Preseminario S. Pio X, in Vaticano, tenuto dai sacerdoti di don Folci. Chiese alla suora che lo accompagnava, ed era una sua compaesana, di poter andare un momento in cappella per il ringraziamento. Si fece attendere a lungo e comprendendo l'imbarazzo di chi lo aspettava si scusò: "guai a me se non incominciavo bene con un ringraziamento adeguato alla prima messa". Frequentò poi l'Istituto Biblico, conseguendo la licenza in Sacra Scrittura. Ricorderà spesso quel periodo e in particolare P. Bea, poi cardinale: oltre che maestro era stato per lui l'ispiratore di orizzonti ecumenici. Dopo una breve permanenza in Inghilterra inizia la sua esperienza di insegnante. La prima tappa è l'Uganda a Gulu (1963-1968), a Katigondo (1968-1969) e infine a Kampala (1969-1976). Passa poi in Inghilterra dove insegna al MIL (1977-1982) e successivamente a Langata (Kenya) presso gli Apostoli di Gesù (1982-1985). Dopo l'anno sabbatico (1985-1986) a Roma, diventa superiore della comunità dei Padri e Fratelli studenti, passando giuridicamente nel Distretto della Curia. Proprio nel primo anno di questo incarico si manifestarono i sintomi della sua grave malattia: così i superiori lo nominarono bibliotecario della curia, compito che portò avanti fino al 30.06.1996. Ma dal gennaio di quell'anno apparteneva già alla Provincia d'Italia: oramai il male lo aggrediva con rinnovata violenza ed egli pregava il Beato Comboni perchè intercedesse nuovamente. Sperando in un nuovo miracolo chiese ed ottenne da P. Venanzio Milani di frequentare presso il Camillianum di Roma, un corso per l'assistenza spirituale degli ammalati. Pensava in questo modo di prepararsi ad un ministero specifico e nuovo a favore dei confratelli e di ogni ammalato che potesse aiutare. Non potè terminare il corso, ma la serenità e la forza di resistenza al male furono mediate anche da quegli insegnamenti che tanto apprezzò.

Stile di vita

In sei punti viene riassunto il suo stile di vita. Essi si presentano come aspetti talora complementari, altre volte in termini quasi di antitesi: ciò che dimostra ricchezza e vastità di interessi spirituali.

Iº Dalla sua famiglia alle famiglie

Era orgoglioso della sua famiglia. Diceva: "Se fossi Papa beatificherei mia mamma". Enumerava fratelli e sorelle, nipoti e pronipoti: una vera tribù della quale si sentiva parte e quasi responsabile. Alcune testimonianze di parenti: "Spesso è stato visto male, non accolto, incompreso perchè era sincero ... e dava fastidio perchè toccava il cuore. Aveva dentro una carica che sembrava dovesse esplodere. Sapeva ascoltare e consigliare con saggezza. Prediligeva gli ammalati e chi era in difficoltà. Era molto esigente per le cose di Dio".

Un suo campo privilegiato di ministero erano le famiglie. Aveva preparato due decaloghi: uno per i fidanzati, l'altro per gli sposi cristiani. Li portava spesso con sè: li distribuiva e spiegava durante il ministero e perfino nei viaggi. Quante famiglie abbia aiutato a formarsi, quante ne abbia salvate o riunito resta un mistero: proprio da queste persone sono giunte le testimonianze più toccanti all'annuncio della sua morte. Forse la sua franca durezza, scostante per alcuni, era la medicina per i disperati: un tuono di Dio!

IIº Comboniano e amante del Papa

Si possono abbinare questi due amori di P. Sandro perchè lui stesso asseriva che l'amore alla persona del Papa era parte della vita del Comboni, perciò doveva esserlo anche per lui.

L'ultimo suo scritto - vergato con mano incerta sul letto di morte, può dare una misura del suo amore all'Istituto. E' indirizzato al Padre generale, P. David Glenday:

Semogo, casa paterna: Circondato dall'affetto dei fratelli, sorelle, parenti e la buona gente del paese. Festa di S. Giuseppe, 19 marzo 1997 ore 10.20 a.m.

"Carissimo P. David, ringrazio Dio dei tanti benefici ricevuti nei 52 anni fra i Comboniani 2.10.1945. Oggi domando perdono del poco buon esempio avessi dato come MCCJ. Domando e dò perdono. Offro la mia vita ormai per la Famiglia Comboniana. In particolare per il buon esito del prossimo Capitolo generale. Auguro che tutti vi mettiate a disposizione dello Spirito Santo. Sia Lui il grande e direi unico e principale protagonista. A mezzo tuo un saluto a tutti. Arrivederci in Paradiso con la SS. Trinità, Maria SS. e tanti comboniani guidato dal nostro beato Daniele. Con affetto e stima con fede e amore. P. Sandro Trabucchi, M.C.C.J".

Altro fatto emblematico è stata l'iniziativa presentata ai superiori nell'ottobre 1995: "Per rispondere ad una voce interiore vi chiedo di preparare la Famiglia comboniana alla beatificazione con gesti di riconciliazione".

P. David Glenday ricorda: "Testimonio della sua insistenza per la Giornata della riconciliazione in preparazione della beatificazione. Assunta dalla Commissione preparatoria - proposta poi dai superiori degli Istituti comboniani - è stato un momento molto positivo per tutta la Famiglia comboniana". Consultando le fonti fece diverse ricerche sulla vita dell'Istituto e su quella di alcuni suoi membri che lui riteneva dimenticati: ricerche preziose ancora inedite.

Da Pio XII, il Papa del suo corso teologico a Roma, seguì l'insegnamento e amò le persone dei pontefici. Di Paolo VI - che chiamava 'il grande' - ricordava con gioia quando gli fu accanto come cerimoniere durante il viaggio in Uganda nel 1969. Ripeteva le parole sul Comboni che Papa Giovanni XXIII gli aveva sussurrato durante un'udienza. Con Giovanni Paolo II si incontrò diverse volte, concelebrò nella sua cappella privata 5 volte. Restò famosa la risposta che il Papa gli diede durante la visita alla parrocchia romanda di S. Vigilio: "Non esageriamo, di notte è meglio dormire". P. Sandro lo aveva ringraziato per aver scritto la ' Veritas Splendor' ed aveva aggiunto di averla letta tutta di notte, due volte. Senza aggiungere, però, che non poteva dormire per ... il tumore. Forse nella Chiesa ci sono dei 'fedeli' come lui per compensare la disinvoltura di tutti gli altri. Quelli che un noto giornalista definiva 'fedeli e sordi'.

IIIº Resistenza e sottomissione

Sia nelle comunità comboniane come in quelle ecclesiali in cui visse, la sua presenza non passò mai inosservata. Ovunque si impegnava in una mini crociata. Alla base un volontarismo che applicava rigidamente alla sua vita e riteneva giusto proporre con forza agli altri. Ripeteva: "Se non avessi avuto la vocazione sarei diventato un carabiniere". Un confratello afferma: "Aveva una passione per la verità e per la rettitudine in generale, nella vita e nella storia. Esprimeva questa passione con la ricerca meticolosa, la veemenza delle argomentazioni, l'ansia insomma per ciò che è buono giusto e vero". I principali destinatari delle sue 'proposte e idee' erano i superiori. E' doveroso riconoscere - dalla voluminosa documentazione conservata - che essi furono comprensivi, educati e talora accolsero le sue proposte. Accettarle tutte avrebbe forse significato vanificare capitoli ed assemblee: c'era infatti nelle sue "riflessioni come detta il cuore" materia per ogni riforma. A questa ricerca e resistenza in nome della verità seguiva, dopo le decisioni dei superiori, una totale sottomissione. Non conservava rancore, riallacciava le relazioni pur sentendosi un pò incompreso e inascoltato.

IVº Intransigenza e modernità

Può sembrare strano e riduttivo questo titolo per definire P. Sandro come insegnante. Bisogna aggiungere, infatti: un insegnamento che esprimeva attenzione alle persone e amore alla Chiesa come 'maestra' nelle discipline che lui insegnava. Amato dagli studenti per la sua preparazione ed entusiasmo venne ricordato, dai più, quando sacerdoti e, alcuni, vescovi si inserirono nella vita pastorale. Ma siccome - stando alla spiegazione data da un confratello che gli fu vicino - il Signore aveva usato troppa elettricità nel costruirlo, alla fine la tensione saliva.

Infatti dopo anni di insegnamento al seminario nazionale di Ggaba, mandò una forte lettera circolare ai vescovi dell'Uganda, indicando abusi e suggerendo rimedi. Sapeva che si sarebbe bruciato le ali: infatti poco dopo lasciò il seminario. Al MIL di Londra era molto apprezzato e di sua iniziativa nei tempi liberi setacciava le librerie alla ricerca di vecchi testi preziosi per la biblioteca. Ma era capace di lasciare con sdegno un raduno del corpo insegnanti se sentiva critiche al magistero. Così inviò numerose lettere di protesta al TABLET, rivista notoriamente pungente negli attacchi contro il Vaticano.

Nel suo stile di vita, indipendentemente dall'insegnamento, aveva una mentalità e metodologia moderna di ricerca. Si informava su tutto e segnalava alla persone articoli o studi che supponeva fossero loro utili. Approfondiva però solo le materie che erano pertinenti alla sua vita spirituale ed apostolica. Unico hobby era il ritaglio e la fotocopiatura di articoli. Non aveva distrazioni e non sentiva il bisogno di ricaricarsi con TV, sport, passeggi.

Vº Vita spirituale e zelo apostolico

La fonte della sua attività apostolica, che qualcuno chiamava 'mostruosa', quasi una droga era la sua profonda vita spirituale. Essa era fondata sulla preghiera e la vita sacramentale. Di volta in volta, secondo le stagioni liturgiche o per rispondere a sollecitazioni di documenti ecclesiali faceva delle vere campagne per illustrare un singolo sacramento. All'inizio di qualsiasi intervento invocava lo Spirito Santo e verso la fine la Madonna: riteneva necessario questo schema, per lui sempre nuovo e per nulla monotono. Negli ultimi anni dormiva pochissimo e la preghiera notturna era per lui un'abitudine. Chi ha vissuto in comunità con lui ne conosceva i ritmi di preghiera durante il giorno e una prassi singolare: periodo di raccoglimento profondo e attimi di stesura di appunti su foglietti che portava sempre con sè. All'uscita del Catechismo della Chiesa se ne fece un propagatore: ne parlava in parrocchie e comunità procurandone centinaia di copie che riusciva a vendere. Ultimamente era tutto proiettato nella preparazione del Giubileo. Era andato a perorare la causa della ristrutturazione della chiesa di S. Paolo - nel complesso dell'abbazia delle Tre Fontane - dove l'apostolo subì il martirio. Ora vedrà dal Paradiso che il progetto si sta realizzando oltre ogni sua aspettativa. Nell'ambito della sua predicazione di esercizi avevano un posto di privilegio le comunità di vita contemplativa. Una testimonianza dopo la sua morte: "E' un nostro dovere di gratitudine e di affetto ricordare ancora una volta la figura straordinaria dell'indimenticabile Padre Sandro, sacerdote e missionario tutto fuoco, il suo zelo per le anime, la sua fedeltà al Papa, alla Congregazione, la sua gioia travolgente e convincente di essere prete, la sua profonda umanità che lo rendeva amico di tutti, dei piccoli e dei grandi per portare tutti a Cristo" (Priora delle Benedettine di Alatri).

Evidentemente aveva preso alla lettera la parola di Paolo a Timoteo: "Ti scongiuro davanti a Dio e a Gesù Cristo ... annuncia la Parola, insisti a tempo opportuno e importuno, cerca di convincere, rimprovera, esorta con ogni longanimità e dottrina". (2 Tim. 4, 1-2).

VIº Sacerdozio ed Eucarestia

Come è stato ricordato parlando della sua vita, dall'età di cinque anni aveva pensato 'di fare il sacerdote'.

La sua fede nell'Eucarestia e nel ministero sacerdotale era immensa. Da Lanfata in data 30.11.1982 scrisse al superiore generale P. S. Calvia: "... Sono contentissimo di essere sacerdote, come sempre lo sono stato. In questa luce da tanto tempo una voce mi dice: devi fare qualcosa affinchè la Messa, ogni messa sia meglio celebrata, meglio concelebrata, meglio partecipata. Permetta che entri in un dettaglio per me sacrosanto. Da mesi pensavo a questi pensieri e pregavo e scrivevo appunti. Era la sera del 17 ottobre 1981; ero a Oxted, al sud di Londra, sabato sera, vigilia della Giornata missionaria mondiale ... Passai tanto tempo in Chiesa ... Ecco, io non so descrivere quello che provai, sentii e capii ... Tutto si condensò in questa voce, in questa convinzione: questa è ora la tua vocazione nella vocazione. Essere apostolo e missionario della Messa ... Non solo in quei momenti, ma ancora oggi quando penso a questo mi sento un'altra persona. Sento davvero che il Signore vuole che faccia qualcosa per la messa. Non vorrei essere vittima di alcuna illusione, ma sento che tale è la mia vocazione. Non potrei avere pace se non facessi tutto quello che è possibile ... Quando il Signore chiama, bisogna obbedirlo; per questo ho sentito il bisogno di aprire su questo il mio cuore a lei".

Gli ultimi 15 anni della sua vita furono concentrati su questo, soprattutto: fra gioie, ansie, disillusioni e mete intraviste.

Basta così abbiamo alzato il velo su una vita singolare. Ora dal Paradiso P. Sandro sicuramente riderà di certe sue impennate integraliste e sarà felice di vedere che lo Spirito Santo continua la sua opera di santificazione nella Chiesa e nel mondo.               P. Pietro Ravasio, mccj

Da Mccj Bulletin n. 197, ottobre 1997, pp. 92-100

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"A priest in everything, for everybody, above all": the words are included, in his own writing, at the bottom of the memorial card. He is photographed in vestments, giving the homily, with his Basque rosary on the index finger of his right hand. The choice of words and picture are meant to be a summary of his life. He would repeat to everyone - even those who already knew - that he had been born to be a priest, a Comboni Missionary, apostle of the Word of God and missionary of the Mass.

It would easily be possible to write a posthumous autobiography from all the notes he has left: they go from the earliest recollections of his infancy to his own death notice! A biography, on the other hand (and relatives and friends are considering one) will reveal his deep spirituality, and also the limitations of his energetic character.

He lived in a climate of almost childish joy, with long periods of physical and spiritual suffering.

This obituary is intended to be a simple effort to present a human and spiritual portrait of him - after describing his Christian death and giving a brief biographical outline. Time will lessen both the emotion and the pain of loss of the many who loved and esteemed him, as also the element of rejection in those who thought he was an irritating prophet and a moralist out of touch with history.

Fr Sandro may have been a bit of all this, but he can only be understood from the angle of the many who encountered Christ through his ministry. As one said: "He fascinated me as a person. He was a priest who believed in what he preached, and lived what he put before me. He sought truth with anxious concern".

Ten years returning to the Father

One morning in mid-December 1986, during Morning Prayer in the community chapel, he told the confreres about his health problem, with a simplicity and frankness that amazed. He said: "I want to inform you that I have a gastric tumour, and will have an urgent operation. They give me a few months to live. Pray for me". The operation took place on 18 December at St. Eugenio Hospital; the recovery was long and the treatment painful. On 8 January 1997, feeling a crisis approaching, he wrote a confidential letter to the superiors, retracing his ten years of Calvary: "I thank the Lord who gave me a lease of life... no I do not know how much longer". He goes on to attribute to the intercession of Comboni the "almost-cure", recalls the painful experience of chemotherapy, the innumerable sleepless nights spent at his desk or in an armchair, his various periods in hospital. "I was assigned to the Library in 1988, and did not spare myself in my office or in my ministry. I preached 80 Retreats and more than 350 days of recollection, and I was available for Sunday ministry and spiritual direction. During the Summer I went to Bibione for ministry, spending whole days in the confessional; I went on pilgrimages to Lourdes of UNITALSI, ministering to the sick." The long memoir discusses the operation in February 1996, when he realised the truth was being hidden from him. He recovered enough to participate at the Beatification of the Founder. He was asked, unexpectedly, to be M.C. at the Eucharist presided over by Archbishop Zubeir on 18 March in St. Peter's, "... and thus I was able in some way to repay my debt to Comboni, who has interceded for me in my illness. I continue to pray that his intercession may continue ... and I do not give in."

The final two months alternated between suffering and extreme weakness, with short remissions that he immediately filled with priestly ministry. He even had a commitment for Sunday 15 March, but had to be rushed to hospital. He himself realised he was sinking, and asked the superiors and his relatives to be taken back to Semogo, where he had been born and baptized. During the morning of 18 March, as the ambulance drew nearer to his mountains, he dictated various messages to his niece Elena: to the priests of the Upper Valley, to the youth... Some have considered this excessive final dramatization. Not true. It would be more correct to view it as being true to himself to the very end, in his natural capacity and wish to communicate. He does not sink back into his terrible pain, but thinks of others. He whispers to someone near him: "We must be missionaries even in dying". During the Requiem Fr. Vittorio Moretto related how Fr. Sandro spoke often of Baptism during his last months, and had been preparing for death as the completion of his Baptism. No wonder that he left, as a final testament: "Live your Baptism!" A relative wrote: "I was present at his death, and I realised that there is no fear in a death like his. It was simply a passage from this life to eternal life".

An intense life

The young Sandro was enriched from his earliest years by the faith transmitted by the PP, don Giacomo Sertorio - whom he wanted to be thanked in the cemetery, before his own burial. His early formation was rounded by the example of his mother, whom he considered a saint, and the life of simple joy and industriousness of a numerous and united family. Many have wondered how much the natural surroundings might have influenced him: the harsh mountains that were the scene of hard work, the wide horizons, the moments of solitude in the pastures. He reflected, on 8.8.1980: "How was my vocation born? As far as I remember, I wanted to be a priest from the age of five. Then, maybe because the family was poor (the full fees had to be paid in the seminary), I found myself on the way to the missionary seminary (scuola apostolica) after meeting Fr. Parodi, who was supplying for the PP at Trepalle. I entered on 2 October 1945. One thing I can say: I thought about being a priest right from my childhood, and now I have been one for almost 22 years, I can say I have always been happy to be one, and I still am - very happy. I feel the infinite joy of being a priest."

He studied for two years at Crema: the first two years of Secondary School. He stood out because he was so small, so cheerful and so intelligent. During the three years at Brescia he encountered two exceptional formators in Fr. Diego Parodi and Fr. Giuseppe Dalvit, both future Bishops. In the Autumn of 1950 he entered the Novitiate of Gozzano and had Fr. Giovanni Giordani as Novice Master: an ascetic, grown in the missions of Ethiopia, and also a native of Valtellina. Trabucchi's spiritual notes, begun in the junior seminary, intensify in the Novitiate, and show the seriousness of his ascetic commitment. His application for admission to First Vows starts off: "Prostrate at the foot of the Holy Tabernacle, fully aware of my very slight worth, but giving myself totally to the Most Sacred Heart of Jesus..." and goes on, after the request to be admitted to the Institute "... with the intention of going on to the Priesthood". He made his Profession on 9-9-1952, and was sent to the Mother House, Verona, which was then the Philosophy centre. He stayed there for three years: besides his studies, he learned a great deal about the Congregation through meeting some of the legendary old missionaries. At the end of Philosophy the superior, Fr. Gino Albrigo, wrote: "He is a good religious, diligent and intelligent. His exterior is `hard', but his heart is warm and generous. He does not give in easily, but he obeys superiors readily".

In September 1955 he arrived at the small scholasticate in Via S. Pancrazio in Rome. He felt it was a great grace to study in the city where, he said, "the Pope lives, and the Apostles Peter and Paul were martyred. There was a strong family spirit in the community, due to the small number - a dozen - of scholastics, and the formation was enriched by contact with superiors and meeting missionaries passing through (the Procure was also there at the time). At the Urbaniana his passion for study and his ability to communicate showed to the full: he became friends with many students, and consulted the lecturers often. He obtained the Licentiate in Theology (STL) "Summa cum Laude" in June 1959, having been ordained by Card. Luigi Traglia on 14 March. The next day he had celebrated Mass in the Vatican grottos under St. Peter's basilica, and had been invited to breakfast in the Preparatory Seminary of St. Pius X, run in the Vatican by the priests of don Folci. He asked the sister who was with him, and was also from Semogo, to go into the chapel for a moment of thanksgiving. He stayed so long that he realised he had embarrassed those who were waiting for him, and apologised simply: "I would feel terrible if I hadn't begun well, with an adequate thanksgiving after my first Mass!"

He remained in Rome, studying at the Biblical Institute, and obtaining a Licenciate in Sacred Scripture. He often looked back on this period, remembering in particular Fr. (later Cardinal) Bea: besides a teacher, he had been one who inspired his pupils towards ecumenical horizons. Then, after a short period in England, he began his years as a teacher in seminaries, starting in Uganda: in Gulu (1963-1968), at Katigondo (1968-1969) and lastly Kampala (1969-1976). Then he returned to England and taught at the MIL (1977-1982); after this he taught in the Apostles of Jesus house at Lanai (Kenya) for three years (1982-1985). He had a sabbatical year in Rome (1985-6) and was then made superior of the community of student Fathers and Brothers, and transferred to the Curia District. It was during the first year of this posting that the first signs of his serious illness appeared; so the superiors appointed him Curia Librarian, the office he occupied until 30.06.1996 - though he had been transferred to the Italian Province from 1 January of that year. His illness became acute once again, and he intensified his prayers for the intercession of Blessed Comboni. Hoping for a second "miracle", he asked Fr. Venanzio Milani, his Provincial, to begin to study spiritual care of the sick - there was a course at the Camillianum in Rome. He thought he could offer a specific ministry to confreres and any sick person he could help. He did not finish the course, but he liked the content, and what he had learned influenced his serenity and the way he bore his sufferings.

Life-style

We can sum it up in six points. They are aspects that are sometimes complementary, and sometimes appear in terms almost of antithesis: something that shows a rich and vast range of spiritual interests.

I. From his family to families

He was proud of his family. He used to say: "If I were Pope, I would beatify my mother". He recited the names of brothers and sisters, nieces and nephews: a veritable tribe, of which he was part - and for which he felt a bit responsible. Relatives say: "Often he was disliked, opposed, misunderstood because he was so outspoken... and he irritated because he touched the heart of things. He had an inner drive that seemed about to explode. He could listen and give wise counsel. He had special concern for the sick and those with problems. He was very demanding in things that regarded God".

Families were a special field of ministry for him. He had drawn up two sets of Ten Commandments: one for engaged couples, the other for Christian spouses. He carried them around with him, gave them out, explained them during his ministry and even when travelling. We will never know how many families he helped to form, to find their way, to avoid breaking up or to come back together: but some of the most touching tributes came from these, when the news of his death spread. Perhaps his frank and hard approach, which put some people off, was a cure for the desperate: God's thunder!

II. Comboni Missionary: devoted to the Pope

These two great loves of Fr. Sandro can be linked, because he used to say that love for the person of the Pope was part of Comboni's life, and so had to be so for himself, too.

His last written message, scrawled with a weak hand on his deathbed, gives us some measure of his love for the Institute. It is addressed to the Superior General, Fr. David Glenday:

Semogo, family home: Surrounded by the love of brothers, sisters and the good people of the town. Feast of St. Joseph, 19 March 1997, 10.20 a.m.

"Dear Fr. David, I thank God for all the benefits received in 52 years among the Combonis from 2.10.1945. Today I asked pardon for the little good example I may have given as an MCCJ. I ask and I give pardon. I offer my life now for the Comboni Family. In particular for the success of the coming General Chapter. I hope you will all put yourselves at the disposal of the Holy Spirit. May He be the great and, I would say, only and principal Actor. Through you my greetings to everybody. Until we meet again in Paradise with the Holy Trinity, the B.V. Mary, and many Comboni Missionaries, headed by our Blessed Daniel. With affection and esteem, and with faith and love. Fr. Sandro Trabucchi, M.C.C.J".

Another significant fact was the initiative presented to the superiors in October 1995: "In answer to an interior voice, I ask you to prepare the Comboni Family for the Beatification through gestures of reconciliation".

Fr. David Glenday recalls: "I can bear witness to his insistence on a Day of Reconciliation in preparation for the Beatification. It was taken up by the Preparatory Commission - and then proposed by the Superiors of the Comboni Institutes - and was a very positive moment for the whole Comboni Family." Fr. Sandro also consulted sources and carried out research into the life of the Institute and of several of its members that he considered neglected: these researches are a treasure that is not yet published.

He followed the teaching of Pius XII, the Pope of his theological studies in Rome, and loved the person of the Pontiff. He treasured the memory of standing next to Paul VI - whom he called `The Great' - as M.C. during the Pope's visit to Uganda in 1969. He would repeat the words regarding Comboni that John XXIII had whispered to him during and Audience. He met John Paul II several times, and concelebrated Mass 5 times in the Pope's private chapel. One episode has remained famous: Fr. Sandro had thanked the Holy Father, during a visit to the parish of St. Vigilio in Rome, for the work "Veritatis Splendor", saying he had read it throughout the night, twice. "Let's not exaggerate; the night is made for sleeping!" the Pope had replied. Of course, Sandro had not told him that the tumour had made sleep impossible. Maybe there are people as faithful as him in the Church to make up for others who take things rather less seriously: the ones a famous journalist called "faithful, but deaf".

III. Resistance and submission

His presence never went unnoticed, whether in the Church or in the Comboni community. He was always engaged in a mini-crusade wherever he was. The basis was a sense of right and wrong that he applied rigidly, and felt it was right to urge it strenuously on others. He would say: "If I hadn't had a vocation, I would have become a policeman!" A confrere remarked: "He had a passion for truth and for rectitude in general, both in life and in history. He expressed this passion through meticulous research, the vehemence of his reasoning - in all, his "anxiety" for all that is good and right and true". The main recipients of his `proposals and ideas' were the superiors. It must be said for them - form the voluminous documentation that exists - that they were understanding, polite, and that they accepted his proposals from time to time. To accept them all might have meant rendering vain some Chapters and Assemblies - for in his "reflections dictated from the heart" there was material for all kinds of reform. Yet his research and determination in the name of truth was followed, once the superiors had reached their decision, by complete submission. There was no rancour; he took up relationships as before, even though felt that he was a bit misunderstood, and that nobody listened to him.

IV. Intransigence and Modernity

This heading might seem a strange and too narrow definition of Fr. Sandro as a teacher. Indeed, we should add: his teaching expressed his attention to persons and his love of the Church as "magistra" in the subjects he taught. His students appreciated him because he was well-prepared and enthusiastic; and they remembered him when, as priests - and some as bishops - were engaged in their pastoral ministry. But since - according to a confrere who knew him well - the Lord had used too much electricity in making him, his tension eventually rose to sparking point.

For example, after some years of teaching in the National Seminary of Ggaba, he sent a robust circular to the Bishops of Uganda, pointing out abuses and suggesting remedies. He knew that it would cost him his post, and indeed, shortly afterwards he left the seminary. At the MIL in London he was also much appreciated, and on his own initiative would go round the book dealers in search of old volumes that would be a treasure for the library. But he was also capable of walking out of a staff meeting if he thought the Magisterium was being criticised. For the same reason he wrote many letter of protest to TABLET, a weekly publication that is notoriously hostile to the Vatican.

But his mentality and his methods of research, whatever his teaching method, were quite modern. He kept himself fully informed, and would let people know about articles or studies he thought would be useful for them. But he studied only those topics that were pertinent to his spiritual and apostolic life. His only hobby was to cut out or photocopy articles. He had no distractions, and did not feel any need to relax with TV or sport, or long walks.

V. Spiritual life and Apostolic zeal

The source of his apostolic activity, which some defined as `monstrous', or like a drug, was his deep spiritual life. This was founded on prayer and Sacraments. From time to time, according to the liturgical season or in response to the urgings of Church documents, he would launch real campaigns to illustrate a single Sacrament. At the beginning of any address or homily he would invoke the Holy Spirit and, towards the end, Our Lady: he felt this pattern was necessary, and for him it was always new and never monotonous. During his last years he was able to sleep very little, and prayer during the night was a habit. Whoever has lived in community with him knows of his rhythms of prayer during the day, and the characteristic habit of long period of deep recollection followed by the brief scribbling of notes on the small pieces of paper he always carried. When the Catechism of the Catholic Church came out, he became its disseminator: he talked about it to communities and in parishes, and obtained hundreds of copies, which he was able to sell. Of late, he was completely taken up with the preparation of the Great Jubilee. He went to plead for the reconstruction of St Paul's church in the complex of the Abbey of Tre Fontane, the place where the Apostle was martyred. From heaven he can now see that the project is going ahead beyond even his hopes. In preaching Retreats he had a special preference for communities of contemplatives. One tribute to him reads: "It is our duty of gratitude and affection to call to mind once again the extraordinary and unforgettable figure of Father Sandro, a priest and missionary that was all fire, his zeal for souls, his fidelity to the Pope, to his Institute; his overwhelming and very genuine joy at being a priest, his deep humanity that made him everybody's friend, from the least to the greatest, to bring all to Christ" (Prioress of the Benedictines of Alatri).

Evidently, he had taken Paul's words to Timothy literally: "Before God and before Christ Jesus... proclaim the message and, welcome or unwelcome, insist on it. Refute falsehood, correct error, call to obedience - but do all with patience and with the intention of teaching" (2Tm.4:1-2).

VI. Priesthood and Eucharist

As recalled area, he had thought of "being a priest" from the age of five. His belief in the Euchaarist and the priestly ministry was immense. He wrote to the Superior General, Fr. Calvia, from Lanai on 30.11.1982: "I am extremely happy to be a priest, and I have always been. In this light, a voice has been saying to me for a very long time: you must do something to make the Mass, every Mass, better celebrated, better concelebrated, with better participation. Allow me to enter into a detail that is sacred for me. I had been thinking of this for months, and praying and writing notes. It was on the evening of 17 October 1981; I was at Oxted, south of London, on Saturday evening, the eve of World Mission Day ... I spent a long time in church ... and then - I cannot describe how I felt - I heard and understood... Everything came together in this voice, this conviction. this is NOW YOUR VOCATION WITHIN YOUR VOCATION. To be an apostle and missionary of the Mass ... Even now, when I think about this, I seem to be another person. I truly feel that the Lord wants me to do something for the Mass. I would not like to be the victim of some illusion, but I do feel that such is my vocation. I would have no peace if I did not do everything possible ... When the Lord calls, he must be obeyed. This is what I feel and for this reason I felt I had to open my heart to you about it."

The last 15 years of his life were concentrated on this above all: amidst joys, anxieties, disillusionment and perceived aims.

Let that suffice. We have raised the veil a little on a singular life. From heaven, Fr. Sandro will certainly laugh now over some of his integralist stances, and will be overjoyed to see that the Holy Spirit is continuing His work of sanctification in the Church and in the world.