In Pace Christi

Olivieri Igino

Olivieri Igino
Data de nascimento : 23/07/1907
Local de nascimento : Giustino di Pinzolo TN/I
Votos temporários : 07/10/1944
Votos perpétuos : 07/10/1950
Data da morte : 27/07/1984
Local da morte : Verona/I

Fr. Igino è uno di quei religiosi che deve aver dato un sacco di consolazioni ai superiori (e anche al Signore, di conseguenza). «Buono religioso che va dappertutto e si adatta a tutte le circostanze, retto da principi di fede. Non ha tante capacità ma è umile, docile, obbediente » (padre Patroni). «Ottimo elemento dal punto di vista della vita religiosa; non di molte doti ma in cambio prezioso per gli uffici di casa ai quali difficilmente si adattano gli altri. Sottomissione e docilità a tutta prova» (padre Sassella). Questi erano i giudizi all'inizio della vita religiosa di Fr. Olivieri e quando era già in missione. Come si nota c'è un crescendo: si passa dal buono all'ottimo.

Fr. Olivieri non ha aspettato a diventar vecchio per farsi santo. Già nel suo attestato di licenza di scuola popolare conseguito nel 1921, a 15 anni, c'è scritto: contegno lodevole, diligenza costante. religione molto buono. Nella sua vita ha fatto unicamente il sacrestano, il portinaio e il cuoco, ma ci ha messo una carica tale di amore e di fede che, a detta dei confratelli che gli sono stati vicini , non si differenziava minimamente da altri cuochi, portinai e sacrestani religiosi che oggi veneriamo sugli altari.

Umilissimo

Fr. Olivieri ha imparato la virtù dell'umiltà ancora prima di entrare tra i comboniani, precisamente quando passava da un maso all'altro del suo paese con la carriola dell'arrotino per affilare forbici e coltelli. Piccolo, fragile, qualche volta subiva le derisioni dei monelli o le commissioni di lavoro più per compassione che per necessità. Dopo il servizio militare, andò a Monza presso l'Oratorio SS. Redentore, tenuto dai Salesiani. Lì imparò il mestiere di meccanico; e lì lo aspettava il Signore.

L'occasione fu ... un pezzo di ricambio per una macchina. In data 22 gennaio 1942 scrive da Monza: «Solo ora sono in possesso dei pezzi richiestimi attraverso Fr. Mario Stefanoni. Il prezzo è un po' esorbitante, ma ciò è dovuto al momento critico (eravamo in piena guerra). Domenica 25 verrò io a Venegono Superiore a portarli, così avrò modo di parlare anche di altre cose del mio lato spirituale». Il Superiore di Venegono lo ascoltò e scrisse immediatamente al suo parroco di Pinzolo e al suo assistente presso l'Oratorio . Segno che il giovane gli aveva fatto ottima impressione, anche se l'età un po' avanzata aveva sollevato qualche perplessità. Ritornato a Monza, Igino mise per scritto i motivi del suo ritardo nel seguire la chiamata del Signore. «Monza, 30 gennaio 1942. Reverendissimo Padre, il sottoscritto Olivieri Igino di fu Albino e di fu Maria Maganzini, nato a Giustino (Trento) il 23 luglio 1907, da parecchi anni sentì d'essere chiamato nell'Istituto delle Missioni Africane . Impegni di famiglia mi impedirono di raggiungere il mio ideale. Finalmente ogni ostacolo è felicemente superato e con soddisfazione anche dei familiari posso mettermi al completo servizio del Signore. Perciò umilmente domando di essere ammesso nel vostro Istituto in qualità di fratello coadiutore, intendendo così dedicarmi alla salute delle anime e procurare più facilmente la mia santificazione».

Intanto arrivarono anche le dichiarazioni del parroco e del rettore dell'Oratorio. “Il mio parrocchiano Olivieri Igino è in tutto degno di entrare in noviziato. È di buon carattere, umile e sottomesso, condotta morale ineccepibile; prega e si accosta alla comunione”, rispose il primo. Il secondo: «Mi pare chi ci sia da benedire Iddio per la vocazione del giovane Olivieri. È di una pietà distinta. Nell'Oratorio tiene con passione la classe di dottrina. È umile (umile è sottolineato n.d.r.) e quindi di una obbedienza a tutta prova. Possiede un carattere gioviale ed anche la salute non gli fa difetto. Tutti non ne possono dire che bene».

Vir simplex et rectus

Le carte erano in regola. Il 4 marzo 1942 Igino fu accolto nel noviziato di Venegono. Sette mesi dopo fece la vestizione e due anni più tardi, il 7 ottobre 1944, emise i primi Voti.

«Sono passati due anni di noviziato - scrisse nella domanda per i Voti - e ancora non mi vedo pronto al grande passo che sto per fare, ma sono sicuro che il Signore accetterà anche le mie miserie. Ho appena intravisto che cos'è la vita religiosa e missionaria del fratello coadiutore: è la mia ... ».

Nonostante l'età, doveva attendere ancora 5 anni prima di andare in missione. I superiori, infatti, lo nominarono portinaio e spenditore della casa di Venegono. «Ho conosciuto Fr. Olivieri nel lontano '47 a Venegono - scrive padre Giordani - . Era professo da un paio d'anni. Lo tenevano lì come spenditore. Un caro fratello, "vir simplex et rectus". Sempre pronto al cenno dell'obbedienza e disponibile per servire i fratelli. Religioso esemplare. Più d'una volta l'ho visto arrivare a casa con il suo biroccio a notte inoltrata. Veniva ora con una botticella di vino, ora con una cassetta di frutta, ora con una forma di cacio. Contento quando aveva ottenuto un forte sconto e più contento quando la merce gli era stata regalata. Portato tutto in dispensa, pensava prima a dare la cena al cavallo e poi al suo stomaco. Non era certo delicato. Si accontentava di quello che era avanzato. Era un'altra cena quella che gli premeva di più: quella dell'anima. Passava in cappella per fare la visita e poi la lettura spirituale e qualche volta aggiungeva un po' di "vita del Santo". Solamente allora poteva andare soddisfatto a letto; letto che sarebbe stato il primo a lasciare alle cinque del mattino, perché aveva da suonare la sveglia».

Un episodio che molti ricordano: un giorno Fr. Igino tornava col suo calesse verso l'istituto. Diluviava che Dio la mandava. Le strade erano deserte e le porte delle case sbarrate. Ad un certo punto, tra la pioggia portata dal vento, intravvide una sagoma che si muoveva a fatica, quasi sballottata qua e là. Raggiungendola con il calesse, si accorse che si trattava di una buona donna che di tanto in tanto veniva alla casa dei missionari per portare qualche offerta o prestare qualche aiuto. Anche la donna si accorse di lui e gli chiese un passaggio. Portare una donna sul calesse! Era proibito dalla regola! Ma in quel momento c'era di mezzo la carità che è la più grande delle virtù. Fr. Igino lo capì immediatamente, fermò il cavallo e fece salire la donna che era inzuppata come una spugna. Poi, ricordandosi delle regole di prudenza che la sua buona mamma prima, e il padre maestro poi, gli avevano inculcato, disse alla donna: «Recitiamo tre ave Maria per la santa purità». Portò la poveretta sorpresa dall'uragano fin sulla porta di casa e la salutò con un bel sia lodato Gesù Cristo. La donna rincasò contenta e edificata dal comportamento di un così santo religioso.

In Bassa California

Il 12 novembre 1949 Fr. Igino Olivieri partì per il Messico. Era destinato a La Paz B.C. Vi rimase fino al 1974, anno in cui dovette ritornare in Italia definitivamente per fare ... l'ammalato. Nei 25 anni di Messico girò un po' tutte le case di quella nostra provincia, sempre come sagrestano, portinaio e cuoco. In tutte lasciò l'esempio di un uomo umile, obbediente e povero. Disse un giorno il padre maestro dei novizi messicani: «Mi spiace che Fr. Olivieri debba andare in Italia per malattia; il suo esempio era una predica continua a questi bravi giovani, certamente più efficace delle mie esortazioni». Padre Giordani prosegue: «Ho rivisto il fratello qui in Bassa California. Sempre lui: fedele a Dio e servizievole con i fratelli ... frati e fedeli. Lo ricordano ancora gli antichi chierichetti di La Paz, lo ricordano con nostalgico affetto e ammirazione il nostro padre Bruno Adami e la sua gente di Sant'Antonio dove ha passato il maggior tempo del suo soggiorno californiano. La sua memoria è in benedizione. Ce ne mandi molti il Signore di questi fratelli. Non importa se non hanno titoli ». «Sono sempre maggiormente contento della mia vocazione religiosa e missionaria» - scriveva Fr. Igino da La Paz per la richiesta dei Voti perpetui. E poi: «Il Signore mi mantiene vivo il desiderio di lavorare e di sacrificarmi per le anime in quell'ufficio che la santa obbedienza mi destina. Desidero quindi di poter spendere tutta la mia vita nel compimento della santa Volontà di Dio espressa dai superiori». Fu fedele al proposito che realizzò in pieno e in maniera sempre più perfetta giorno per giorno.

Sofferenza accettata

Gli ultimi dieci anni di vita furono dedicati alla sofferenza accettata come elemento indispensabile e complemento dell'attività missionaria. Già nelle ultime vacanze in Italia, dal 1969 al 1972, aveva dovuto sottoporsi a cure energiche per il diabete che insorgeva prepotente. Pur sofferente, si era prestato per assistere a Venegono padre Sacco. «Per me è stata una vera gioia poter esercitare la fraterna carità. Ora sto meglio e ho il via per il Messico dove farò il sagrestano. Ho già avvisato i miei familiari della prossima partenza. Essi sono rassegnati conforme al Vangelo; anche il mio fratello maggiore di 82 anni mi ha benedetto sebbene da principio avesse accettato la cosa a malincuore» - aveva scritto al padre Generale. Al diabete si aggiunse il morbo di Parkinson con il conseguente tremolio che gli impediva quasi ogni attività manuale. Non solo, ma ai disturbi fisici si aggiunsero le croci morali: una gran paura di andare all'inferno, di non corrispondere alla grazia del Signore. Fu un periodo di tremenda sofferenza e di purificazione interiore. Chi gli era vicino constatava il lavorio del Signore in quell'anima che doveva diventare un'immagine perfetta di Cristo. Fr. Igino accettò anche questa prova con umiltà, senza protestare e intensificò la preghiera. Il pellegrinaggio alla Madonna di Lourdes con tutti gli anziani e gli ammalati della casa, fu uno squarcio di paradiso nella sua vita di tribolato . «Ho capito che la Madonna non vuole toglierci la sofferenza, ma vuole che la valorizziamo ... Non ti prometto di farti felice in questa vita, ha detto la Madonna a Bernadetta, ma nell'altra sì». Tornò a Verona fortificato nello spirito. «Ora faccio il chierichetto al buon padre De Negri che celebra in poltrona ma con tanta devozione che edifica e commuove. Siamo molto affezionati nell'amore di Gesù Cristo» (lettera al padre Generale) . Padre De Negri lo precedette nella casa del Padre e così tanti altri del secondo piano di Verona. Ad ogni partenza era un nuovo dolore e una nuova speranza: «ci aspetta in cielo, la batte di poco». Con questi sentimenti arrivò il mese di luglio 1984. Il Fratello cominciò a precipitare. Fu portato all'ospedale di Negrar ma ben presto ci si rese conto che questa volta non ce l'avrebbe fatta . Intercalando preghiere e atti di offerta (negli ultimi mesi il Signore gli tolse anche le angustie spirituali) accolse sorella morte con quella semplicità delle anime che già vedono Dio su questa terra. Umiltà, obbedienza, semplicità sono i tre grandi tesori che Fr. Igino Olivieri lascia ai confratelli che ancora lottano su questa terra .            P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 143, ottobre 1984, pp. 70-73