La precaria situazione delle scuole in Africa – L’istruzione come antidoto alle crisi sociali

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Sabato 27 gennaio 2024
Scuole di eccellenza per formare nuove élites e far crescere nuove idee, da mettere al servizio del bene comune e delle pari opportunità, oppure invece istruzione diffusa, diritto di base da garantire subito al maggior numero possibile di persone? Interrogativi rilanciati da Laura Frigenti, ceo del fondo multilaterale Global Partnership for Education, in occasione della Giornata internazionale dell’educazione del 24 gennaio.

Nel suo colloquio con «L’Osservatore Romano» tornano due notizie, entrambe provenienti dall’Africa, continente dei giovani per antonomasia. La prima è lo stop alle lezioni in Zambia almeno fino al 12 febbraio, in conseguenza di un’epidemia di colera; la seconda è la promessa del capo del governo del Ciad, Succèss Masra, che rinuncerà al proprio stipendio per finanziare borse di studio “di eccellenza” nelle 23 province del Paese.

Andiamo con ordine. Secondo il ministero della Sanità di Lusaka, dall’ottobre scorso in Zambia sono stati accertati oltre 8.000 casi e 300 decessi causati dal colera. Per ridurre i rischi di contagio, dopo la sospensione natalizia le lezioni non sono più riprese: una scelta necessaria, è stato spiegato, perché gli istituti scolastici siano «ripuliti con cura» e dotati di «disinfettanti e punti adeguati per lavarsi le mani».

Da oltre 30 anni manager della sostenibilità, alla Banca mondiale e poi anche in Italia come direttrice dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), Frigenti ha lavorato anche in Zambia. «È un Paese — sottolinea — che sta soffrendo molto a causa di crisi interconnesse, economiche e sociali, con il default e l’impatto della pandemia da covid: questo avrebbe dovuto essere l’anno della ripresa e invece parliamo di una nuova chiusura delle scuole».

Lo stop alle lezioni nasce da un problema che l’umanità conosce bene e sa come affrontare. «Si contrae il colera se si beve acqua contaminata o se questa è utilizzata per cucinare», ricorda Frigenti. «Quello che sta accadendo dovrebbe far riflettere anche sulle dinamiche del mondo allo sviluppo: più che concentrarsi su programmi verticali, che riguardino la sanità pubblica o il cambiamento climatico, bisognerebbe lavorare sulle interconnessioni nella vita delle comunità». Una lezione in realtà già scritta nell’Agenda 2030, con 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere quasi sempre insieme, collegati gli uni con gli altri.

Lo confermano le crisi del Ciad, allo stesso tempo di sicurezza, sociali e ambientali. Dall’est, dal Sudan, che dall’aprile scorso è ostaggio di un conflitto civile, sono arrivate oltre 500.000 persone in fuga. Proprio come quelle che, nell’ovest, sono state costrette a lasciare le rive del Lago Ciad per le siccità ricorrenti che ne hanno ridotto la superficie e per l’inasprirsi dei conflitti per la pesca e i pascoli, con i raid di Boko Haram e di altri gruppi armati.

Stretta tra le due crisi c’è la capitale, N’Djamena. È qui, in diretta tv, che Masra ha promesso le borse di studio “di eccellenza”. La testata «Tchad Info» ricorda che il primo ministro, 50 anni, formazione di economista, fu alunno in una scuola rurale. Ma come rispondere agli interrogativi sull’istruzione per le élites o invece come diritto diffuso? Frigenti riferisce di un dibattito con il ministro etiope Berhanu Nega sul progetto di realizzare 50 istituti di eccellenza: «L’idea del governo locale è che senza una classe dirigente all’altezza non si potranno mai garantire pari opportunità; fa però riflettere il fatto che con le stesse risorse si potrebbe far studiare un milione di alunni».

Nodi che saranno anche al centro del dibattito del g7 , forum di potenze mondiali, nel 2024 a presidenza italiana. «Va accolto con favore l’impegno del governo di Giorgia Meloni ad assumere tutte le iniziative opportune sul diritto all’istruzione per lo sviluppo sostenibile nei Paesi partner», sottolinea Frigenti. «Penso — conclude — sia alla presidenza del g7 sia al Piano Mattei, la nuova iniziativa italiana rivolta all’Africa».

[Vincenzo Giardina L’Osservatore Romano]