Padre Daniele Moschetti, a Castel Volturno: “andare oltre… sempre oltre”

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Mercoledì 8 maggio 2024
Cari amici, parenti e benefattori. Pace a voi! Vi mando
una mia riflessione che ho scritto su ciò che è stato l’incontro di noi Comboniani con Papa Francesco, durante il Capitolo Generale del giugno 2022 e un po’ la sintesi di ciò che ho vissuto nella mia missione vissuta.

Una delle tante esperienze profonde ed interessanti che ho vissuto nel mese di giugno 2022 è stato partecipare al nostro Capitolo Generale dei Missionari Comboniani tenutosi a Roma. Quasi un anno dopo la sua indizione per causa Covid 19 doveva essere nel settembre 2021. È un momento dove noi missionari e religiosi con i rappresentanti di tutte le nostre missioni del mondo Comboniano viviamo ogni sei anni per rivedere, ripensare e rilanciare la nostra missione locale e globale e alcuni aspetti del nostro istituto da aggiornare e rivedere. In quel mese abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Papa Francesco che ci ha ricevuto e accolto in Vaticano. Ci ha dedicato un’ora del suo tempo prima ascoltandoci, poi condividendo con noi un suo messaggio. Scrivo qui soltanto un breve stralcio del suo messaggio, invito profetico e incoraggiamento per la nostra missione dei prossimi anni a venire:

Ecco perché alcuni grandi missionari, come Daniele Comboni, hanno vissuto la loro missione sentendosi animati e spinti dal Cuore di Cristo, cioè dall’amore di Cristo. E questa “spinta” ha permesso loro di uscire e di andare oltre: non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali…… Questo è un motto che per voi deve “fare rumore” nel cuore: andare oltre, andare oltre, andare oltre, sempre guardando l’orizzonte, perché sempre c’è un orizzonte, per andare oltre. La spinta dello Spirito Santo è quella che ci fa uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure, dalla nostra autoreferenzialità, e ci fa andare verso gli altri, verso le periferie, là dove maggiore è la sete di Vangelo. È curioso che la tentazione più brutta che noi religiosi abbiamo nella vita è l’autoreferenzialità, e questo ci impedisce di andare oltre. “Ma per andare oltre devo pensarci, vedere…”. Vai, vai, vai! Vai all’orizzonte, e ti accompagni il Signore. Ma quando incominciamo con questa psicologia, questa spiritualità “dello specchio”, finiamo di andare oltre e torniamo sempre al nostro cuore che è ammalato. Tutti abbiamo il cuore ammalato e la grazia di Dio ci salva, ma senza grazia di Dio kaputt, tutti! Importante è questo: con lo Spirito andare oltre…”
(Papa Francesco ai Missionari Comboniani in Capitolo Generale, 18 giugno 2022)

E COSA VUOLE DIRE PER ME ANDARE OLTRE? VERSO LE PERIFERIE…

Queste parole di Papa Francesco, sin da quando le ha pronunciate, leggendole dal testo ma anche a braccio, mi hanno colpito e toccato molto. Lo notavo quel giorno. Papa Francesco ha ripetuto più di una decina di volte quelle parole “ANDARE OLTRE”. E mi chiedevo cosa volesse dire per me, per noi come istituto, noi come missionari sparsi in quattro continenti di questo bellissimo mondo. C’è molto da “fare” ma soprattutto di “essere”, di testimoniare il fuoco della Missione, soprattutto come singoli e come comunità missionaria religiosa e fraterna al servizio di Dio, degli ultimi, degli scarti della società. In un mondo che emargina e non ha misericordia verso i più deboli, fragili e indifesi. Sono miliardi nei paesi del sud del mondo dove sono la maggioranza. Ma non solo. Anche nel Nord del mondo stanno crescendo varie povertà per milioni di persone: quella materiale e quelle interiori di valori umani e spirituali; quelle psicologiche e della grande solitudine esistenziale sia per giovani che per gli anziani.

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Nella mia vita missionaria ho sempre cercato umilmente di vivere “andando oltre”, cercando di rispondere in umiltà e disponibilità alla chiamata che ho sempre sentito dentro in tutti questi decenni. Servire Gesù nei volti e nelle storie dei poveri e degli ultimi che Lui mi faceva incontrare dovunque sia stato in Europa o in Africa e altri continenti. E sempre nelle periferie umane e della storia perché molto spesso dimenticate da tutti. Gli anni duri ma stupendi e significativi passati in baraccopoli a Korogocho in Kenya sono stati un laboratorio di umanità, spiritualità e di vita vissuta in pienezza incontrando molti uomini e donne alle quali non veniva riconosciuta la propria dignità perché bambini di strada, prostitute, raccoglitori della discarica, alcolisti, drogati, criminali e altro ancora. Erano e sono gli “scarti di quella società, della nostra società”. Ma sono uomini e donne come me con gli stessi sentimenti e desideri ma con una lingua, cultura, tradizioni e pelle diversa. Ma anche loro come me, alla ricerca del Dio della Misericordia e della Vita. Ed è proprio quell’andare oltre che mi ha dato nuova vita, mi ha salvato, mi ha arricchito, mi ha maturato come uomo, religioso e sacerdote missionario. Undici anni di dono che mi hanno fatto crescere molto alla scuola dei poveri.

La Grazia di Dio è sempre grande e se ci lasciamo guidare ci fa entrare in una dimensione diversa del nostro essere e in quello degli altri. La scoperta dell’essere tutti fratelli e sorelle l’avevo già sperimentata e vissuta in tanti momenti proprio a Korogocho. Ma anche in Palestina, durante la mia permanenza per il mio anno sabbatico, nel conflitto tra Palestinesi ed Israeliani. Così pure come i miei sette anni vissuti in Sud Sudan nell’assurdo conflitto fratricida dei leaders del paese che hanno condannato a morire oltre 500 mila persone in cinque anni con uccisioni,violenze e stupri a donne e bambini che non si erano mai visti nemmeno nella guerra con il Sudan islamico nei precedenti 40 anni. E milioni di sfollati interni e all’estero come rifugiati lontani dalle loro terre, case e soprattutto dalle loro famiglie. E poi un anno negli Stati Uniti presso le Nazioni Unite e Parlamento Americano dove ho vissuto con sofferenza il passaggio quotidiano nei corridoi e le assemblee diplomatiche asettiche e artificiali, con tappeti rossi e protocolli di chi decide il futuro del mondo. O almeno crede di poterlo fare. Allo stesso tempo questa diplomazia e caste politiche sono molto lontano dalle realtà delle periferie, dai miliardi di persone che soffrono, lottano e muoiono nella violenza, povertà e guerre assurde. Un elite di questo mondo che detiene il potere economico, politico, finanziario nelle decisioni mondiali. Lontanissimo dalla gente e dai poveri che gridano pace e giustizia in tante parti del mondo! Era un mondo diplomatico che era lontano anche da me abituato a vivere in frontiera, nelle periferie e nella realtà emarginata e scelto di camminare insieme a popoli che lottano “per vivere e molti per sopravvivere”.

E così ho chiesto di ritornare in periferia e in una missione di frontiera. Ma stavolta non in Africa per il momento ma nel Nord del Mondo. In Italia e nel Sud del Belpaese a Castel Volturno con i migranti. Perché anche qui è pienamente Missione se ci apriamo e viviamo con entusiasmo e passione come se fossimo missionari in altri continenti. Il mio ministero e luogo di missione oggi è con i migranti soprattutto africani presenti qui in questa cittadina. Sono oltre 15 mila, la maggioranza senza documenti regolari. Una piccola Africa vicino a Napoli. Ci sono da sei anni ormai e comprendo sempre più che le dinamiche di chi vive ai margini e alle frontiere periferiche del mondo sono molto simili ovunque e fotocopia di istituzioni che lasciano crescere situazioni di disagio senza comprendere che possono essere esplosive perché in crescita numerica, anche nel Nord del mondo.

In queste periferie, la cosa più bella e profonda che ho sempre sperimentanto è il sentirmi a casa.  Trovavo sempre accoglienza fraterna, amicizia e semplicità nei rapporti umani. Là c’era già Gesu’ che mi aspettava. E questo ti fa andare oltre, ti fa superare i confini e i muri che noi umani sappiamo costruire dentro e fuori di noi stessi. Non è facile vivere e resistere in luoghi come le baraccopoli o in guerre civili e altre situazioni di violenza e suprusi. Quando ricevi minacce di violenza o di morte sei tentato di fuggire e aver paura. Ma lo Spirito ti dà nuova vita e ti rinnova dentro e fuori. Papa Francesco ci stimola sempre e ci invita ad andare alle periferie geografiche ed esistenziali, a vedere il mondo com’è davvero. Soprattutto dove vive la maggioranza delle persone di questo mondo. Dalla periferia il mondo appare più chiaro e vero ma anche più crudo e ingiusto. Per trovare un futuro nuovo, bisogna andare nella periferia. Quando Dio ha voluto rigenerare la creazione e l’Umanità, ha fatto nascere Gesù nell’ estrema periferia dell’Impero Romano. Ha scelto di nascere, vivere e camminare nella periferia: nei luoghi di peccato e miseria, di esclusione e sofferenza, di malattia e solitudine. Perché erano e sono anche luoghi di opportunità, di grande accoglienza e umanità.

Come vita missionaria, religiosa e sacerdotale ma anche laicale, bisogna frequentare le periferie e viverle in pienezza: quelle urbane, delle campagne, quelle sociali e quelle esistenziali. Il punto di vista degli ultimi è la migliore scuola, ci fa capire quali sono i bisogni più veri e mette a nudo le soluzioni solo apparenti. Mentre ci dà il polso dell’ingiustizia, ci indica anche la strada per eliminarla: ti fa comprendere come sia necessario costruire comunità dove ciascuno si senta riconosciuto nella propria dignità come persona e cittadino, titolare di doveri e diritti, nella logica che lega l’interesse del singolo e il bene comune. Perché ciò che contribuisce al bene di tutti concorre anche al bene del singolo.

Questi luoghi periferici sono realtà nelle quali sempre viene meno la disponibilità e la qualità dei servizi, e si formano nuove sacche di povertà ed emarginazione. È lì che le città e le nazioni si muovono a doppia corsia: da una parte l’autostrada di quanti corrono comunque ipergarantiti, dall’altra le strettoie dei poveri e dei disoccupati, delle famiglie numerose, degli immigrati, degli scarti e di chi non ha qualcuno su cui contare. Non dobbiamo accettare che ci siano realtà che separano e fanno sì che la vita dell’uno sia la morte dell’altro e la lotta per sé finisca per distruggere ogni senso di solidarietà e umana fratellanza. Allora costruire un mondo migliore già qui significa contribuire a costruire il Regno di Dio del già e non ancora! E ci chiama sempre a camminare e a guardare oltre. Sempre oltre.

P. Daniele Moschetti
Missionario comboniano
Castel Volturno (CE)