Spesso Gesù parla e discute a lungo, con calma. Durante le tentazioni, invece, le sue risposte sono rapide, secche, per nulla argomentate. Non hanno né la fragranza narrativa delle parabole né il ragionamento perforante delle dispute con farisei e sadducei. Sembra di assistere a un duello a fil di spada; non ci sono piani strategici, ma solo colpo su colpo.

La quarta tentazione
Matteo 4,1-11

Col Mercoledì delle Ceneri abbiamo iniziato un periodo speciale e particolarmente importante per la nostra vita. Ritorna ogni anno, sembra ripetersi, come si ripetono le stagioni, ma in realtà è sempre diverso perché non ci ritrova mai come l’anno precedente ed è portatore di una grazia inedita per ciascuno di noi. Questo periodo si chiama Quaresima (da quadragesima, “quarantesimo” giorno prima di Pasqua) e indica, quindi, la sua durata di quaranta giorni. 

Quaranta è un numero biblico ricco di simbolismo. Troviamo diversi eventi collegati a questa cifra, ma ricordiamo particolarmente i quarant’anni di marcia di Israele nel deserto, i quaranta giorni di cammino del profeta Elia verso il Sinai, i quaranta giorni concessi a Ninive per convertirsi e i quaranta giorni di Gesù nel deserto, tra il battesimo e l’inizio del suo ministero, un periodo decisivo per la sua missione messianica. 

Dove ci porta questo cammino? Verso la Pasqua, centro e motore della nostra fede. È un percorso che parte dalle ceneri, simbolo dei sogni spenti di una vita sfinita, e va verso il fuoco primaverile dell’alba di Pasqua, promessa di rinascita e speranza risvegliata. Sotto le tue ceneri cova il fuoco, ma solo il soffio dello Spirito del Risorto può spazzarle via.

I quaranta giorni si calcolano dal Mercoledì delle Ceneri alla domenica delle palme, inizio della Settimana Santa. C’è un richiamo sottile tra loro perché le ceneri erano fatte dai rami bruciati delle palme dell’anno precedente. In realtà sono 39 giorni secondo il nostro modo di contare, ma quaranta per il modo biblico di calcolare, che include il primo e l’ultimo della serie. Un altro modo di calcolare i quaranta giorni quaresimali esclude dal conteggio le domeniche, che hanno sempre una connotazione pasquale, per cui va dalle ceneri alla domenica di Pasqua. E allora si impalma con i cinquanta giorni del tempo pasquale.

2. Il monte altissimo delle tentazioni

Andiamo di inizio in inizio. La vita del cristiano avrà sempre il sapore e la passione degli inizi. Quando non ce l’ha, c’è da preoccuparsi. Ebbene, oggi con Gesù siamo condotti dallo Spirito nel deserto, per essere tentati dal diavolo… Certo, l’esperienza della tentazione l’abbiamo assaporata molte volte, ma questa volta sarà diversa. Non saremo soli davanti al serpente ancestrale, il più astuto, che ci ha spogliato del nostro splendore di figli. Questa volta saremo dietro al più forte che gli schiaccerà la testa. 

Tutti i giorni chiediamo al Padre di non abbandonarci alla tentazione, ma questa volta non ci esaudirà. Questo periodo della Quaresima sarà un tempo di prova. Il Padre ci vuole in palestra con suo Figlio per imparare da lui come stanare il serpente, come dribblare le sue mosse mortali e come sconfiggerlo.

Questo ciclo di prove si concluderà su un monte, il primo dei sette del vangelo di Matteo. Il diavolo ci porterà sopra un monte altissimo e ci mostrerà tutti i regni del mondo e la loro gloria… Questo monte non ci è sconosciuto e nemmeno questi regni del mondo e la loro gloria, che tante volte ci hanno abbagliato con il loro fascino seducente. Tale monte si contrappone al settimo monte che chiude il vangelo di Matteo, il monte della missione, dove Gesù dice: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”, e i suoi discepoli l’adorano, per poi scendere ad evangelizzare il mondo (Matteo 28,16-20).

3. Le tre tentazioni cardinali

Tre sono le tentazioni a cui Gesù – e noi con lui – è sottoposto.  Sono il compendio o la matrice di tutte le tentazioni della vita umana. Per questo direi che sono le tre tentazioni cardinali, cardini di ogni tentazione, e che si oppongono, in qualche modo, alle tre virtù cardinali: la fede, la speranza e la carità. Quali sono queste tre tentazioni matrigne di tutte le altre? Le definirei con tre P: Pane, Prestigio e Potere

La prima, la tentazione del PANE, riguarda la soddisfazione dei nostri bisogni primari e la nostra relazione con i beni della terra. Un rapporto cattivo con i beni intacca la nostra FEDE nel Padre dal quale il credente aspetta fiducioso il pane quotidiano. La Chiesa ci propone l’esercizio quaresimale del digiuno (di quel bene che più ci tenta!) per sanare il nostro rapporto con le cose.

La seconda, quella della ricerca del PRESTIGIO,  è la tentazione che gonfia il nostro Ego, che ci spinge a farci un nome e ci impedisce di santificare il nome di Dio. Si tratta di un rapporto malato con noi stessi che compromette la virtù della SPERANZA. Infatti, la persona tende a mettere la fiducia in se stesso, attirando su di sé la maledizione: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo” (Geremia 17,5). La Chiesa ci propone l’esercizio della preghiera e della frequentazione della Parola di Dio per correggere questo rapporto malsano con noi stessi.

La terza, il POTERE, è la tentazione più pericolosa perché ci porta a mettere gli altri al nostro servizio. Non si cerca il Regno di Dio e la sua volontà, ma si cerca di costruire il nostro regno e di sottomettere gli altri alla nostra volontà.  Si oppone alla virtù della CARITÀ. È la tentazione dell’anti-cristo che si contrappone a Dio che è amore e servizio. Ci viene spontaneo pensare che questa tentazione non ci riguarda. Infatti, non è facile da svelare. È una tentazione tanto più insidiosa quanto più surrettizia. Può presentare molti volti. Ne enumero sette tipi: il potere politico, del ruolo o del servizio che esercitiamo; il potere del sapere; il potere economico;   il potere del fascino sugli altri; il potere sentimentale che manipola gli affetti; il potere mediatico; il potere religioso manipolatore delle coscienze… Tutti, in un modo o nell’altro, siamo  tentati da questo Drago dalle sette corna! Scoprire il nostro tipo è di vitale importanza. La Chiesa ci propone l’esercizio particolare della carità per combattere questa tentazione.

4. La quarta tentazione e il suo segreto

Se le tentazioni sono riconducibili a tre, ognuno di noi ha una particolare tentazione dominante dove si manifesta la nostra vulnerabilità, una breccia nelle nostre difese o un passaggio segreto conosciuto dal Nemico, il serpente, da dove riesce facilmente ad infiltrarsi nel cuore. Conoscere questa quarta tentazione è di importanza capitale per riacquistare la libertà. 

Ma c’è di più! Spesso quella debolezza, nasconde un segreto che a noi sfugge, ma che il Nemico invece ben conosce. Dietro quella debolezza si cela un’energia, come una dirompente sorgente sotterranea, non riconosciuta o non accolta, e quindi repressa, che viene sviata verso un altro canale, che il Nemico si incarica di inquinare. Dietro quel flusso che noi cerchiamo invano di tamponare, probabilmente c’è una potenzialità, una risorsa che aspetta di essere identificata e indirizzata per portare una nuova vitalità alla nostra vita umana e spirituale. 

Ecco un altro esercizio e una sfida davvero stimolante per la nostra Quaresima!

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano, febbraio 2023
comboni2000

Impulso o ispirazione?

Matteo 4,1-11

Qual è l’origine di ogni nostro pensiero, di ogni nostra parola? La consapevolezza della sua origine non è scontata: noi potremmo parlare per reazione, per abitudine, per soddisfare un impulso, per essere accettati, o perché seguiamo un’ispirazione. Sant’Ignazio di Loyola scrive: «Dobbiamo fare molta attenzione al corso dei nostri pensieri. [...] Può darsi […] che nel corso dei pensieri si presenti qualche cosa cattiva […] oppure qualche cosa che indebolisce l’anima, la rende inquieta, la mette in agitazione e le toglie la pace, la tranquillità e la calma che aveva prima: questo allora è un chiaro segno che quei pensieri provengono dallo spirito cattivo».

Per tre volte il diavolo cerca di tentare Gesù e fargli scegliere di seguire un impulso guidato dallo spirito cattivo anziché seguire la voce di Dio. Lo tenta con l’ambizione del potere, con uno spirito ribelle e sfidante, e con la sembianza di una gloria propria che esalterebbe solo Lui. Per tre volte Gesù risponde non per reazione, non per soddisfare un impulso, non per essere accettato, ma per seguire la volontà del suo Padre. «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». La parola che esce dalla bocca di Dio è l’ispirazione che rafforza l’anima, la nutre, la pacifica, e la riempie della Sua gloria. A quale voce vogliamo dare spazio in ogni nostro pensiero, in ogni nostra parola: quella dello spirito cattivo o quella del Padre?
[Briana Santiago – L’Osservatore Romano]

Le tentazioni di Gesù e del discepolo-missionario

Genesi 2,7-9; 3,1-7; Salmo 50; Romani 5,12-19; Matteo 4,1-11

Riflessioni
La celebrazione della Quaresima “segno sacramentale della nostra conversione” (orazione colletta), ripropone con forza i temi fondamentali della salvezza, e quindi della missione: il primato di Dio, il Suo piano d’amore per l’uomo, la redenzione che ci viene offerta nel sacrificio di Cristo, la lotta permanente fra peccato e vita di grazia, i rapporti di fraternità e di rispetto con i propri simili e con la creazione... Sono temi vitali che riguardano non solo i cristiani, ma ogni essere umano.

Le tentazioni di Gesù (Vangelo) sono un’altra forma di epifania, o manifestazione della Sua identità e personalità spirituale. Assieme alle Beatitudini, anche le tentazioni sono elementi autobiografici che aiutano a comprendere il “personaggio Gesù”: le Sue preferenze, criteri, scelte, rinunce, metodi… Il giardino dell’Eden (I lettura) e il deserto (Vangelo) sono due scenari carichi di presenza divina: è in quel giardino che “il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo”, facendone “un essere vivente” (Gen 2,7); ed è nel deserto che lo Spirito condusse Gesù, “per essere tentato dal diavolo” (Mt 4,1). Con la sua astuzia, il tentatore era riuscito ad ottenere un certo risultato con la caduta del primo Adamo, ma, ci assicura S. Paolo (II lettura), la rivincita di Dio è stata più forte, per la grazia di Cristo, il nuovo Adamo, riversata “in abbondanza su tutti” (v. 15).

Alcuni, per falsa misericordia o pudore, tendono a svalutare la portata delle tentazioni con cui il Cristo si è realmente scontrato; le ritengono indegne o impossibili per il Figlio di Dio. Invece, sono state per Gesù, tentazioni vere, non un gioco-finzione; vere prove, come lo sono per il cristiano e per la Chiesa. Lo scrittore russo Dostoevskij considerava il Vangelo delle tentazioni la più grande pagina della storia umana, perché va al cuore dei problemi più difficili per l’uomo: la libertà. Ognuno di noi è rappresentato nelle tentazioni di Gesù, perché anche noi siamo in conflitto permanente con “satana”, con il male (l’egoismo) che c’è dentro e fuori di noi, con ingiustizie, violenza, fame. Dobbiamo continuamente scegliere tra le Beatitudini e la logica del dio-denaro. Per questo, all’inizio della Quaresima, ci viene detto: «convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15).

Gesù si è veramente interrogato sulle possibili scelte di metodo e di cammino per realizzare la Sua missione di Messia. Le vie possibili erano almeno tre: il profitto (possedere), il prestigio, il potere. Tutti e tre con un denominatore comune: la strumentalizzazione di Dio, delle cose e dell’uomo. Ognuna delle tre tentazioni rappresenta un modello di messia: - 1. un “riformatore sociale” (ossia, il profitto-la possessione: convertire le pietre in pane per sé e per tutti avrebbe garantito un successo popolare); - 2. un “messia miracolistico” (il prestigio: un gesto appariscente, sia pur manipolando Dio, avrebbe assicurato spettacolarità; - 3. un “messia del potere”, (il potere: basato nel dominio su persone e cose). Gesù ci invita a non essere soltanto mendicanti di pane, ma soprattutto di buoni rapporti con Dio e con le persone umane.

Sono tre modelli di messia - falsi, o, per lo meno, equivoci - che minacciano anche la missione dei discepoli e della Chiesa di ogni tempo e luogo. A volte si è creduto che potere, denaro, dominio, super-attivismo, presunta superiorità etnica o culturale… fossero vie evangeliche ed apostoliche. Per il missionario sono tentazioni permanenti. Gesù, ripieno della forza dello Spirito, supera le tentazioni sulla base della Parola di Dio, unico alimento capace di saziare totalmente il cuore dell’uomo (v. 4); Egli si fida del Padre e del suo piano (v. 7); sceglie di rispettare il primato di Dio, l’unico degno di ricevere il culto e l’adorazione dell’uomo (v. 10). Poche settimane fa, abbiamo celebrato la “Domenica della Parola di Dio”, nella quale Papa Francesco ha stimolato il nostro impegno per una lettura assidua della Parola di Dio, la quale ci aiuta a scoprire che Dio è presente nella nostra storia quotidiana e ci porta a una graduale sintonia interiore ed esteriore con il Suo messaggio di vita. (*)

Al raggiungimento di tali obiettivi mira anche la pratica quaresimale del digiuno, della preghiera, dell’elemosina, della misericordia. Se queste pratiche sono vissute in spirito di condivisione e di missione, contribuiscono grandemente a farci vivere tutti con quella moderazione e sobrietà che sono vie indispensabili per la salvezza dell’umanità intera. Il mondo ha bisogno di operatori di misericordia e di solidarietà fraterna. Le tentazioni di Gesù erano “tre scorciatoie per non passare attraverso la croce” (Fulton Sheen), ma Gesù accetta la croce, con amore e muore perdonando. Così ha vinto! Così ci ha salvato! E ci insegna come cooperare, con solidarietà, alla salvezza del mondo! Lo Spirito che ha condotto Gesù nel deserto (cfr. Mt 4,1) accompagni anche ciascuno di noi nel deserto di questo mondo!

Parola del Papa

(*) Abbiamo bisogno della Parola di Dio: di ascoltare, in mezzo alle migliaia di parole di ogni giorno, quella sola Parola che non ci parla di cose, ma ci parla di vita. Cari fratelli e sorelle, facciamo spazio dentro di noi alla Parola di Dio! Leggiamo quotidianamente qualche versetto della Bibbia. Cominciamo dal Vangelo: teniamolo aperto sul comodino di casa, portiamolo in tasca con noi o nella borsa, visualizziamolo sul cellulare, lasciamo che ogni giorno ci ispiri. Scopriremo che Dio ci è vicino, che illumina le nostre tenebre, e che con amore conduce al largo la nostra vita”.
Papa Francesco
Omelia nella Domenica della Parola di Dio, 26-1-2020

P. Romeo Ballan – MCCJ

Le sfide del potere e del benessere
Gn 2,7-9; 3,1-7; Salmo 50; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11

Con l’imposizione delle ceneri mercoledì scorso, abbiamo iniziato un cammino di penitenza e di purificazione verso la Pasqua di Cristo. Si tratta del tempo forte della Quaresima, che è chiamata anche “segno sacramentale della nostra conversione”, poiché per quaranta giorni e i riti che in essi celebreremo sono richiamo e manifestazione del nostro impegno a rivedere la nostra vita e a aprirci umilmente e totalmente alle esigenze del vangelo: cioè alla proposta di un Dio che per cercare l’uomo si fa uomo, si fa disponibile fino alla morte di croce, e risorgendo diventa speranza e certezza per ogni uomo che crede in lui.

Questo itinerario quaresimale appare quindi il fatto di un “morire” e di un “risorgere” con Cristo, il “nuovo Adamo” dal quale viene una sovrabbondante ricchezza di grazia che ci riconcilia con Dio. Si tratta in fine dei conti di un “cammino di conversione”, che consiste in un cambiamento radicale, in un mutamento totale, in un rinnovamento intimo del l’uomo, del suo sentire, del suo giudicare e del suo vivere. L’invito alla conversione è, in fondo, invito a credere: credere che Dio è dentro la mia storia, che Egli ha la sovranità sulla mia vita; una fede che quindi diventa principio di vita e che coinvolge alle pratiche concrete, alle buone opere, che sono valide davanti a Dio nella misura in cui sono espressione di questo interiore coinvolgimento.

La liturgia della parola di questa prima domenica del tempo di Quaresima, nella prima lettura dalla Genesi, ci rivela che a motivo del demonio e del consenso dell’uomo alla sua suggestione, il peccato è entrato nel mondo. Il peccato appare qui un atto di diffidenza nei confronti di Dio e un atto di autocompiacenza. Il risultato di questa scelta dell’uomo è la scoperta della propria nudità, simbolo della propria miseria.

Questo racconto di tentazione, collocato alle origini, intende inoltre ricordarci che la tentazione è qualcosa di legato alla fragilità della natura umana; ma intende anche ricordarsi che l’uomo è libero, capace di progettare il bene, e nello stesso tempo è responsabile delle sue scelte. Paolo nella seconda lettura prolunga questa riflessione sul peccato delle origini, e ci ricorda che dove il peccato aveva portato morte, Gesù ha portato qualcosa di ben più potente: la grazia e la vita.

La pagina del vangelo ci presenta le tentazioni Di Gesù nel deserto. Egli non cede come avevano fatto Adamo ed Eva. Si preoccupa di ascoltare solo la parola di Dio. Gesù si ritira per quaranta giorni nel deserto, che è luogo dell’incontro con Dio, dell’intimità e del dialogo contemplativo con Lui.

La cifra “Quaranta” designa il tempo necessario al maturare di qualche evento importante o situazione di vita. Gesù vi era giunto condotto dallo Spirito. Di sicuro per raccogliersi in preghiera, in dialogo col Padre, e per ravvivare la sua consapevolezza di Verbo incarnato tra gli uomini con una missione specifica di salvezza. Gesù volle quindi scegliere gli atteggiamenti fondamentali e fissare le coordinate della sua azione.

Gesù sceglie anzitutto il digiuno, quel atteggiamento di dipendenza nei confronti di Dio. Il Digiuno di Gesù, e soprattutto nel deserto, costituisce un atto di abbandono fiducioso nel Padre solo, al momento di inaugurare la propria missione. Ed ecco, al termine dei quaranta giorni, l’episodio sconcertante della tentazione e del tentatore. “Tentare” significa “provare” una cosa o una persona, quasi per saggiarne la resistenza, per controllarne la consistenza.

Nella tentazione di Gesù nel deserto, il Tentatore per eccellenza cerca di separarlo dal progetto del Padre, cioè dalla strada della redenzione da un Messia sofferente, umiliato e rifiutato, per fargli prendere un cammino di facilità, di successo e di potenza. Gli suggerisce di servirsi della sua potenza divina (se Egli è il Figlio di Dio) per soddisfare le proprie necessità o per andare incontro alle attese terrene della gente.

Il piano del Tentatore è chiaro: egli sembra non ben sicuro che Gesù sia veramente il Figlio di Dio (Dio gli avrebbe nascosto il momento dell’incarnarsi del suo Figlio; Satana vuole allora togliere ogni dubbio), teme l’avvento del Messia promesso che gli strapperà dalle mani il dominio incontestato delle anime (che erano nelle catene del peccato e della morte) con l’opera della Redenzione. Vuole allora sviare il progetto di Redenzione proponendo a Gesù di prostrarsi e di adorarlo.

La scelta di Gesù è già fatta e non la cambierà mai. Egli ha deciso di essere il “Servo del Padre” e ci propone un modello che rifiuta di limitare la prospettiva dell’uomo all’orizzonte del pane ( “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”), all’orizzonte dello spettacolare o del sensazionale , buttandosi dal pinnacolo del Tempio (“Sta scritto anche: non tentare il tuo Dio”) e all’orizzonte del potere e dominio (“Vattene, Satana! Sta scritto: adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto”).

Gesù vince le seduzioni del tentatore, che sono anche le nostre, e ci insegna la dinamica per riuscire anche noi vittoriosi nelle tentazioni. Dobbiamo affrontare Satana con la potenza della parola di Dio. Essa è un dono così grande ed efficace per allontanare ogni male.
Don Joseph Ndoum

Il metodo del vincitore
Mateus 4,1-11

Spesso Gesù parla e discute a lungo, con calma. Durante le tentazioni, invece, le sue risposte sono rapide, secche, per nulla argomentate. Non hanno né la fragranza narrativa delle parabole né il ragionamento perforante delle dispute con farisei e sadducei. Sembra di assistere a un duello a fil di spada; non ci sono piani strategici, ma solo colpo su colpo.

Un duello si conclude con un solo vincitore... e uno sconfitto. C’è in gioco la vita, perciò fronzoli e orpelli non sono ammessi. È necessario parare i colpi con sveltezza e attaccare, senza esitare troppo. In caso contrario si soccombe. Durante lo scontro, una mossa incerta o un indugio espongono il fianco a ferite mortali. Imprudente è pure la presunzione di aver tutto sotto controllo, ritenendo impossibile un colpo a sorpresa del nemico. I colpi a sorpresa sono i più pericolosi, poiché imprevisti e imprevedibili.

Si riesce a vincere un duello solo arrivandovi allenati alla prontezza, preparati alla sveltezza. E non esiste giorno, luogo, incontro che non offra occasione di addestrarsi alla prontezza. È da insensati ritenere che un duello si vinca senza addestramento. Certo, la fortuna aiuta gli audaci, ma — quando lo fa — lo fa una volta. Poi, o sei capace o perdi. Essere sconfitto in una partita di carte o a calcio è un conto, perdere la speranza e la vita è tutt’altro. E il trofeo ambito dal nemico è la nostra speranza e, con essa, la vita. La posta è troppo alta per permetterci pressappochismo, faciloneria e approssimazione.

Il Signore arriva a quel duello preparatissimo. La sua destrezza si nota nella velocità, nella sveltezza della sua reazione, libera da ogni forma di autocompiacimento (se in un duello perdi tempo a guardare quanto sei bello e bravo, hai già perso). Il Vangelo accenna al metodo di Gesù per arrivare pronto allo scontro. Innanzitutto lasciarsi condurre solo dallo Spirito, cioè: imparare solo da chi può insegnare. Esercitarsi alla resistenza: non digiuna un giorno, ma quaranta. Avere a cuore le Sacre Scritture; solo così fioriranno bene sulle labbra.

Alla fine della Quaresima, la Chiesa canterà: “Mors et Vita duello conflixere mirando”, “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello”. Sappiamo bene chi ha vinto. Perciò conviene seguire il metodo del Vincitore.
[Giovanni Cesare Pagazzi – L’Osservatore Romano]