Roma, venerdì 21 settembre 2012
“...manifestiamo la nostra profonda commozione e indignazione per la morte prematura di tanti nostri fratelli e sorelle immigrati nelle acque del mar Mediterraneo”, scrivono i Missionari Comboniani, riuniti a Roma per l’Assemblea Intercapitolare che è finita ieri. Pubblichiamo di seguito il testo completo dei missionari, intitolato “Ero forestiero e mi avete ospitato”.

“Ero forestiero e mi avete ospitato...”
(Matteo 25,35)

Sulla via che conduce da Cristo all’uomo la Chiesa non può essere fermata da nessuno”.
(Redemptor Hominis, n. 13)

Noi Direzione Generale, Superiori Provinciali e Delegati dei Missionari Comboniani, riuniti a Roma per l’Assemblea Intercapitolare, manifestiamo la nostra profonda commozione e indignazione per la morte prematura di tanti nostri fratelli e sorelle immigrati nelle acque del mar Mediterraneo. Il 6 settembre 2012 si è consumata l’ennesima strage di migranti che, dalle coste nordafricane, tentano di raggiungere le nostre coste: in seguito al naufragio del barcone che trasportava circa 130 tunisini vicino all’isola di Lampione, si contano 77 dispersi e 3 morti.

Come missionari impegnati nei quattro Continenti, tra cui l’Africa, terra molto amata dal nostro fondatore San Daniele Comboni, riteniamo che, davanti alla complessità del fenomeno, ci sia bisogno di risposte urgenti e concrete, affinché queste tragedie non siano dimenticate o ignorate.

Siamo coscienti, perché testimoni, che i flussi migratori avvengono per sfuggire a situazioni drammatiche che si vivono nei Paesi di origine. La povertà, le carestie, la guerra e le malattie, sono solo alcune delle cause che spingono gli abitanti di questi Paesi a iniziare il lungo viaggio della speranza. Sappiamo anche che, dietro queste situazioni drammatiche, c’è la responsabilità dei governi, soprattutto occidentali. Un sistema che assicura ricchezza, potenza economica e finanziaria a pochi, può stare in piedi solo impoverendo la maggior parte della popolazione mondiale.

In questa situazione così difficile e piena di dolore, il Signore Gesù ci invita a credere che la morte non sia l’ultima parola della storia; che la vita possa rinascere attraverso lo sforzo e l’impegno di tanti uomini e donne di buona volontà. Il sogno di una vita migliore presente nel cuore degli immigrati nel momento di partire, è il sogno di tutti noi. È il sogno di Gesù quando afferma “io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv. 10,10). Solo insieme saremo capaci di sognare, pensare e realizzare alternative con nuove forme di convivenza e di organizzazione.

Per questo, coerenti con il messaggio di Gesù, non possiamo accettare:

  • La legge dei respingimenti coatti perché contraria ai valori della fraternità, del dialogo e della solidarietà.
  • Una visione dell’immigrazione relegata ai problemi della sicurezza nazionale, perché è un fenomeno globale che rappresenta una delle maggiori sfide dei prossimi anni.
  • Ogni tipo di legislazione restrittiva e razzista, perché, invece di diminuire il fenomeno dell’immigrazione, ne favorisce la sua clandestinità.
  • Lo sfruttamento della forza lavoro degli immigrati, perché mal pagati e costretti a vivere in condizioni disumane.
  • Il muro di silenzio e indifferenza, “perché non c’è silenzio che si possa giustificare e che, soprattutto, possa acquietare le coscienze”.[1]
  • Ogni forma di razzismo e xenofobia, diretta o indiretta, verso gli immigrati perché nel volto di ogni fratello e sorella immigrati è la manifestazione della presenza di Gesù in mezzo a noi.

La realtà ci spinge ad agire. “La massiccia immigrazione dall’Europa dell’Est, dall’Africa e dall’Asia ha reso urgenti nuove forme di solidarietà”.[2]  Il nostro essere sensibili e attenti a chi realmente ha bisogno, deve manifestarsi in azioni concrete di accoglienza e di solidarietà, nel rispetto dei diritti della persona.

Per questo auspichiamo:

  • Un urgente bisogno di allestimento di sistemi di ricerca e soccorso più efficaci ed operativi.
  • Politiche in favore degli immigrati legali, senza negare e violare in nessun modo i diritti degli immigrati che si trovano in situazioni irregolari. Questi devono prevalere in qualsiasi circostanza.
  • Rafforzare o creare spazi d’incontro con persone che provengono da realtà, culture e religioni diverse. Favorire il dialogo come strumento d’incontro.
  • Un nuovo modello di cittadinanza basato sul rispetto, sulla condivisione e sul riconoscimento della dignità della vita degli immigrati. È tempo di "costruire una sorta di cittadinanza ‘aperta’, che può realizzarsi intorno al comune denominatore del Mediterraneo”.[3]

Le parole profetiche di Giorgio La Pira, in un messaggio durante l’incontro euro-arabo di Firenze (22 aprile 1977), risuonano ancora oggi chiare e indicative per un impegno concreto: “Costruire la tenda della pace è anche il destino del Mediterraneo. Questi popoli, anche se pieni di lacerazioni e di contrasti, hanno, in un certo senso, un fondo storico comune, un destino spirituale, culturale e in qualche modo anche politico, comune. La loro ‘unità’ è essenziale ed è quasi una premessa per l’unità dell’intera famiglia dei popoli”.[4]

Infine siamo convinti che, la ricerca della vera convivenza tra i popoli “si costruisce non in base a moduli autoreferenziali e oppositivi, ma  con passo aperto e dinamico, (e) diventa capace di incontrare altre identità, di contagiarsi positivamente secondo modelli interculturali, pur senza cedere a una logica relativistica e priva di riferimenti marcati”.[5]

Questo tempo di crisi che attraversa l’Europa, può essere un tempo idoneo per chiederci che tipo di società e di mondo vogliamo. Siamo chiamati ad essere lucidi per saper vedere le possibilità emergenti presenti nel fenomeno dell’immigrazione. La crisi può diventare un campanello di allarme per cambiare i nostri stili di vita e costruire una “società altra” ed accogliente.

Roma 20 settembre 2012
I partecipanti all’Assemblea Intercapitolare


[1] Mons. Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo.

[2] CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 21 febbraio 2010, n. 4.

[3] Ibidem, n. 7.

[4] M.P. GIOVANNONI (a cura di), Il grande lago di Tiberiade. Lettere di Giorgio La Pira per la pace nel Mediterraneo (1954-1977), Edizioni Polistampa, Firenze 2006, p. 180.

[5] CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Atti della 59a Assemblea Generale. Roma, 25-29 maggio 2009, Roma 2009, p. 37.