Lunedì 6 luglio 2015
Cari Confratelli capitolari: all’affermazione fatta dal Card. Carlo Maria Martini poco prima della sua morte riguardo l’arretratezza di duecento anni della Chiesa, mi sono chiesto: arretrata rispetto a che cosa? Non credo si riferisse agli studi biblici e teologici, che fanno passi da giganti. Suppongo riguardi – fra gli altri possibili aspetti – il fatto che la Chiesa sia come rimasta a metà strada nell’applicazione dei dettami del Concilio. Rimando allo scritto Uscire dall’autoreferenzialità per una rinnovata evangelizzazione  lo sviluppo di queste mie considerazioni.

Riporto l’ipotesi all’interno del nostro ambito. Mi sono interrogato riguardo alle possibili cause della crisi dell’Istituto – non solo il nostro – e in speciale delle vocazioni, per la quasi totale flessione in Europa, e da un notevole calo nel continente Americano.

L’evento Conciliare ha suscitato una trasformazione importante, dando il via al rinnovamento sancito nel Capitolo del 69, che ha accolto l’impulso nel campo teologico e biblico e dato inizio al nuovo processo formativo (sono del primo gruppo che a Firenze nel 69 ha iniziato il nuovo percorso).

Ebbene, dopo non molto tempo tale processo ha subito come una sorte di impasse, a causa dello sconvolgimento di aspetti ritenuti importanti e della conseguente mancanza di fiducia nel futuro, dovuto ai processi di cambio a tutti i livelli. Dunque, si è ritenuto opportuno iniziare un processo di “normalizzazione” che si è andato consolidando soprattutto con l’avvento della “Ratio Formationis” prima, e in seguito la “Ratio Missionis”, anche se quest’ultima ha avuto meno incidenza. Allo stesso tempo si è provveduto a blindare il processo con scelte mirate.

Già allora, nel 1988, mi chiedevo: Come è possibile procedere in tal modo, in un mondo in continua e veloce trasformazione? Mi sembrava come un goffo tentativo di fermare il treno con la mani. La risposta, riguardo alla formazione, fu che la “Ratio” era solamente una traccia: tuttavia in seguito non mi è parso di registrare un significativo e incisivo sviluppo che prendesse nella dovuta considerazione i cambiamenti in atto in una società sempre più complessa.

C’è stato il rinnovo teologico e biblico per  una vita di comunione, fraternità e responsabilità di tipo circolare. Al riguardo è rimasta famosa l’immagine del cerchio in cui tutti interagiscono sullo stesso piano. Ma non si è andati oltre. Tutto il resto è sostanzialmente rimasto come prima, salvo alcuni aspetti secondari. Mi riferisco specificamente al modo di prendere in considerazione il vissuto complesso, la struttura di potere e comando, l’organizzazione centralizzata e il processo di evangelizzazione. Si è mantenuta l’immagine della piramide.

La realtà è che la riforma si è fermata a metà strada e la conseguenza è la consolidazione dell’autoreferenzialità. A titolo di esempio,  porto due considerazioni molto sintetiche riguardo le assemblee provinciali del Brasile Sud e lo schema di lavoro della “Ratio Missionis” negli anni novanta.

Le prime iniziavano con l’ “analise conjuntural” – l’analisi della realtà a livello socio-politico – le cui considerazioni erano totalmente ignorate nel determinare l’azione pastorale, che si esauriva nell’abituale vissuto interno. Essa rimaneva semplice informazione.

Riguardo alla “Ratio” ricordo che nello schema generale di lavoro solo al quinto punto era presa in considerazione la realtà sociale e politica, al margine dei punti precedenti che riguardavano aspetti all’interno della Chiesa e della Congregazione.

Sia un lato che l’altro, inconsciamente, facevano dell’autoreferenzialità il centro di gravità. Nello scritto “Uscire dall’autoreferenzialità per una rinnovata evangelizzazione” elaboro un quadro generale, che ritengo un dovere offrire in primo  luogo alla famiglia a cui appartengo. Ecco i punti di forza, rimandando alla lettura del testo l’argomentazione e lo sviluppo, come primo approccio bisognoso di ulteriori approfondimenti.

  1. L’ambito teologico. L’orizzonte escatologico, il Regno, la Trinità, e i “segni dei tempi” sono lo sfondo che, ovviamente, include il rimanente.
  2.  La complessità. La scienza aconfessionale e la filosofia della complessità mettono in evidenza aspetti, quali le caratteristiche del sistema dinamico, e il ruolo costruttivo del “non equilibrio”, la necessaria “chiusura organizzazionale” dei sistemi complessi, il farsi della soggettività e dell’autonomia personale e della comunità, la stabilità dinamica. Aspetti che si riscontrano nella persona e nell’azione pastorale di Gesù.

Tutto ciò richiede:

a) Il passaggio dal pensiero lineare ellenistico al pensiero complesso. Non nel senso che il secondo sostituisca il primo, ma prendere atto del loro diverso ruolo. Il primo struttura i rapporti interpersonali in forma piramidale, dall’alto verso il basso e a senso unico. Questo rapporto sostiene espressioni filantropiche di tipo assistenzialista, atte a risolvere determinati problemi. Tuttavia, non coinvolge le persone, in quanto ognuno rimane nel proprio ambito.

Il pensiero complesso struttura i rapporti interpersonali in forma circolare e pone tutti sullo stesso piano. Questo tipo di rapporto sostiene espressioni filantropiche coinvolgenti e i valori del regno di Dio quali la solidarietà, responsabilità, trasparenza e la carità. Un nuovo sapere, oltre a formare la capacità del pensiero di apprendere i problemi globali e fondamentali della complessità, educa alla comprensione reciproca tra le persone, i popoli, le etnie, svolge un grande ruolo civilizzatore e stimola un circolo virtuoso che contribuisce  solidificare i valori del Regno.

b) Il metodo. Esso ha come caratteristica la strategia e il bricolage e la “chiusura organizzazionale”, imprescindibili per operare efficacemente per quanto riguarda “la verità e la vita” (Gv 14,6). La Bibbia stessa è un grande lavoro di bricolage. La domanda è: che cosa avvallano la bontà e la consistenza del bricolage? Non si tratta del fatto di unire “pezzi” presi dagli ambiti più disparati, ma di costruire l’adeguatezza etica ed efficace all’obiettivo proprio della “chiusura organizzazionale”. Dalla qualità del frutto si stabilisce la bontà dell’albero (Mt 7,16).

c) L’analisi critica dell’organizzazione. Ridisegna il ruolo tre aspetti molto importanti quali, la specializzazione, la gerarchia e la centralizzazione, la cui esecuzione darà molto filo da torcere perché richiedono intuizione, audacia e coraggio . Essi portano a rivedere l’impostazione organizzativa dell’evangelizzazione.

d) Infine offro un ipotetico quadro generale dell’evangelizzazione. La complessità evidenzia che la scienza aconfessionale e l’evangelizzazione, pur camminando su due rotaie rigorosamente parallele, convergono sulla monorotaia dell’etica sul treno ad alta velocità della storia.

e) Il passaggio dall’etica, al Regno e alla mistica. È il compito dell’evangelizzazione. Fa al caso la celebre affermazione di K. Rahner: “Il cristiano del futuro o sarà mistico o non sarà neppure cristiano” (Nuovi Saggi – Roma – 1968).

Rimando allo scritto Uscire dall’autoreferenzialità per una rinnovata evangelizzazione lo sviluppo di queste mie considerazioni.
Un augurio di buon lavoro e di ogni bene.
Rebbio, Festa del Sacro Cuore, 12 Giugno 2015
P. Luigi Consonni