Martedì 5 agosto 2025
Ottobre è mese di missione e quest’anno soffia nello stesso vento del Giubileo della Speranza. Nonostante il contesto di guerra e crisi, la missione resta seme di fiducia: un invito ad essere, come dice san Paolo, «lieti nella speranza». Il Festival della Missione sarà una tappa di questo cammino. [Festival della Missione]
Dalle periferie al centro: Le periferie, i volti prossimi che le abitano e le realtà che le supportano, saranno i protagonisti della giornata di apertura del Festival di ottobre. Un pellegrinaggio laico che partirà dalle periferie torinesi per arrivare nel cuore della città: diverse realtà territoriali – tra cui Salesiani, Sermig, Gruppo Abele, Pastorale Migrantes e CAM – cammineranno insieme fino alla chiesa di San Filippo Neri, portando il proprio volto prossimo sotto forma di immagini, disegni, parole, in un gesto simbolico ma concreto per sottolineare la volontà di riportare le periferie al centro.
La Passione che attraversa l’Amazzonia
Il Festival della Missione quest’anno comincia da una storia che parla ancora. Una storia che ha un nome: padre Ezechiele Ramin. Missionario comboniano, arrivò in Brasile negli anni ’80 per difendere i diritti degli indios Surui e dei contadini senza terra. Il 24 luglio 1985 fu ucciso durante una missione di pace, quando non aveva ancora compiuto 33 anni.
Padre Ramin amava disegnare. Nei suoi taccuini trovavano posto volti, mani, alberi, parabole. Quei disegni sono diventati la mostra “Passione Amazzonia”, ospitata al Sermig, che sarà inaugurata il 19 settembre in apertura del pre-festival, subito dopo un l’incontro con il cardinale Matteo Zuppi e Dario Fabbri, che dialogheranno sul tema Conquistare la pace e organizzare la speranza.
Dodici pannelli, dodici stazioni: la Passione di Cristo raccontata attraverso la passione dei popoli amazzonici. Una via crucis che non finisce nel dolore, ma si apre alla speranza di una terra che rinasce. La mostra è un invito ad andare oltre, a cogliere la trasfigurazione della realtà e il suo significato più profondo, che solo uno sguardo e un’esperienza di fede rendono accessibile.