Domenica 5 luglio 2015
Nell’ambito del Convegno ‘Africa: Continente in cammino’ (Roma, 13-15 marzo 2015), il card. Peter Kodwo Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha svolto il tema dell’impegno della Chiesa in Africa a favore della riconciliazione, la giustizia e la pace. L’intento del Cardinale era mostrare come la Chiesa africana, alla luce della seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2009), si stia impegnando in questi ambiti fondamentali e cosa potesse dire al mondo. Il card. Turkson ripercorre i temi e le problematiche salienti della Chiesa in Africa, dal primo Sinodo africano (chiamato Sinodo di Resurrezione) al secondo Sinodo (il Sinodo di Pentecoste); il primo Sinodo – argomenta il cardinale – ha elaborato l’identità della Chiesa come ‘famiglia di Dio’, mentre il secondo ne ha chiarificato la missione come impegno per la riconciliazione, giustizia e la pace. Due le lezioni della Chiesa africana: l’importanza della famiglia e la necessità di costruire Comunità Cristiane di Base.

 

"PIANO PER LA RIGENERAZIONE DELL' AFRICA":
IL 150mo ANNIVERSARIO DEL PIANO DI S. DANIELE COMBONI

LA CHIESA IN AFRICA NELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI:
IL SUO IMPEGNO PER LA RICONCILIAZIONE, LA GIUSTIZIA, LA PACE E LA RIGENERAZIONE NEL CONTINENTE COME SALE DELLA TERRA E LUCE DEL MONDO, e LA SUA LEZIONE PER LA CHIESA AL DI FUORI DELL’AFRICA

Università Pontificia Seraphicum
Roma, 14 marzo 2015

 

INTRODUZIONE

Eminenze,
Signori Arcivescovi e Vescovi,
Reverendi Padri, Fratelli e Sorelle
Illustri Ospiti,

Porgo i più calorosi saluti e auguri da parte del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace a tutti voi ma soprattutto all’Istituto dei Missionari Comboniani  che celebrano il 150 ° anniversario della visione missionaria del loro fondatore, San Daniele Comboni.

Certamente nel suo ‘Piano per la rigenerazione dell' Africa’ Daniele Comboni intuì che “Una missione qualunque, perché le si possa garantire la perpetuazione, abbisogna di un centro sicuro, da cui emani incessantemente lo spirito di vitalità che si diffonda vigoroso per tutto il suo organismo, ne assicuri l' esistenza e ne coadiuvi il ministero; un centro vitale.....". Tralasciando l’Europa come sede di questo centro perché tale centro “nell’ Europa non può prestarsi opportuno ed efficace per la conversione dei negri”, Daniele Comboni fissò la sua anima sull' idea di convertire l' Africano "piantando la nostra base di azione là dove l'africano vive...". Egli voleva promuovere "la conversione dell' Africa per mezzo dell' Africa". La rigenerazione dell' Africa con l'Africa stessa ci parve il solo programma da doversi seguire.....”.Il piano quindi, che noi proponiamo è la creazione di altrettanti Istituti d'ambo i sessi, che dovrebbero circondare tutta  l'Africa....  Questi Istituti maschili e femminili, ciascuno collocato e stabilito secondo le norme delle costituzioni canoniche, dovrebbero accogliere giovani e giovanette della razza negra, allo scopo di istruirli nella religione cattolica e nella cristiana civiltà, per creare altrettanti corpi d’ambo i sessi, destinati, ciascuno dalla sua parte, ad avanzarsi mano mano e distendersi nelle regioni interne della Nigrizia, per piantarvi la fede e la civiltà ricevuta”.[1]

Inoltre, nel Piano del Comboni questi Istituti dovevano essere amministrati da Ordini Religiosi e Istituzioni Cattoliche approvate da Propaganda Fide; dovevano esistere sotto la giurisdizione di Vicariati e Prefetture Apostoliche, cioè quelle strutture ecclesiastiche proprie del suo tempo.

Quasi cento anni dopo, il Beato Papa Paolo VI, nella sua visita in Uganda nel cuore dell’Africa, avrebbe parlato agli Africani in un linguaggio che riecheggiava la visione di Comboni. Beato Paolo VI aveva invitato gli Africani ad essere missionari di loro stessi. Quando si rivolse al Parlamento ugandese il Papa richiamò la finalità e gli obiettivi dell’evangelizzazione cristiana in questi termini: “Non abbiate paura della Chiesa; Lei vi rispetta; educa per voi cittadini onesti e leali, non fomenta rivalità e divisioni, cerca di promuovere una sana libertà, la giustizia sociale e la pace. Se ha qualche preferenza, questa è per i poveri, per l’educazione dei piccoli e del popolo, per la cura dei sofferenti e degli abbandonati… la Chiesa non rende i suoi fedeli estranei alla vita sociale e agli interessi nazionali; al contrario, li educa e li motiva ad impegnarsi al servizio del bene pubblico”.[2]

Venticinque e quarant’anni dopo la visita del Beato Paolo VI in Africa, San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avrebbero convocato rispettivamente la prima e la seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, per valutare lo stato della Chiesa nel continente, il frutto degli sforzi missionari come quelli di Daniele Comboni e di molti altri come lui.

Alla luce di quanto detto sopra, voglio brevemente riprendere qualcosa della seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi per evidenziare alcune sfide poste dal tema del Sinodo, in particolare la sfida di una Chiesa inculturata, sensibile alle situazioni della vita reale, suggerendo un approccio (la via del pastore) nel modo di affrontare le sfide e concludendo con un riferimento a due aree di esperienze cruciali della Chiesa africana, che potrebbero interessare la Chiesa al di fuori del continente Africa.

Dal “I SINODO AFRICANO” (Sinodo di Risurrezione) al “II SINODO AFRICANO” (Sinodo di Pentecoste)

La prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi fu annunciata dal Papa S. Giovanni Paolo II il 6 gennaio 1989 ed ebbe come tema: “La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso l’anno 2000: “Voi sarete miei testimoni”. Per il Sinodo l’evangelizzazione consisteva nella proclamazione del vangelo, nell’inculturazione, nel dialogo, nella giustizia e pace, nella comunicazione. La prima preoccupazione di quel primo Sinodo per l’Africa si concentrò  sull’evangelizzazione della Chiesa (cioè la missione evangelizzatrice) nel continente.   

Significativamente, la celebrazione del Sinodo del 1994 fu caratterizzata da due fatti di diversa natura che influenzarono e bloccarono la missione della Chiesa in Africa. Il crollo del regime dell'apartheid, vestigia dell'imperialismo coloniale, e il genocidio in Ruanda, volto scoperto dell’etnocentrismo in Africa, portarono alla ribalta lo stato precario della giustizia e della riconciliazione nel continente già al primo Sinodo. Mentre il crollo dell'apartheid provocò un clima di euforia al Sinodo, il genocidio ruandese ne determinò una conclusione triste e cupa. Nonostante questo il Sinodo venne chiamato Sinodo di risurrezione!

Sinodo di resurrezione e speranza

Il Primo Sinodo per l’Africa fu convocato durante il periodo di Pasqua; i Padri sinodali non persero di vista il significato di questo tempo pasquale. Di conseguenza, il Sinodo “voleva essere un momento di speranza e di risurrezione nel momento stesso in cui le vicende umane sembravano piuttosto tentare l'Africa allo scoraggiamento e alla disperazione”[3]. Alla luce del messaggio evangelico e nello spirito della stessa speranza pasquale[4], il Sinodo divenne, a sua volta, portatore di "una parola di speranza e di incoraggiamento"[5], che avrebbe dovuto "rafforzare in tutti gli Africani la speranza in una vera liberazione”[6]. La missione della Chiesa nel continente era quella di continuare ad annunciare la speranza del mattino di Pasqua, la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte e della libertà dalla schiavitù del peccato nelle sue varie manifestazioni, incluso quello negli individui, nelle società e nelle strutture.

L’adozione del modello ecclesiologico Chiesa-famiglia di Dio, nell’Esortazione Post sinodale, fu scelta per rappresentare un’immagine appropriata di Chiesa in Africa – un continente afflitto da alienanti esperienze di etnocentrismo, conflitti, ingiustizie, abusi dei diritti e della dignità - con lo scopo di ricercare con tutte le proprie forze di vivere in comunione come Chiesa.

A tal fine, l’Esortazione Post sinodale Ecclesia in Africaenucleò in due aspetti i frutti di questo primo Sinodo:

  1. Adottò l'immagine di Chiesa famiglia di Dio,  cercando di descrivere l’identità e la natura della Chiesa in Africa, in quanto chiamata a vivere la comunione nell'appartenenza inclusiva di ogni tribù e popolo (come nel Regno di Dio) in risposta al Vangelo.
  2. Formulò una serie di priorità pastorali (missionarie): evangelizzazione come Proclamazione, evangelizzazione come Inculturazione, evangelizzazione come Dialogo, evangelizzazione come Giustizia e Pace e evangelizzazione come Comunicazione, con l'intento di riuscire a costruire la Chiesa come famiglia di Dio.

Con ciò Papa S. Giovanni Paolo II e il primo Sinodo sperarono di dare nuovo impulso e slancio alla vita della Chiesa in Africa e alla attività missionaria nel continente; una Chiesa chiamata ad essere missionaria attraverso il compito di evangelizzare e inculturare, attraverso il dialogo, la giustizia e la pace; attraverso la scoperta di nuovi modi per comunicare con le sue culture e tradizioni e con una modernità che stava rapidamente emergendo nel mondo. Si auspicava così di poter  approfondire l'esperienza del Sinodo, proseguendo nello sforzo di ridare rinnovata forza e solida speranza ad un continente afflitto da vari conflitti etnici e religiosi (a volte sfruttati politicamente), da un malgoverno diffuso, da offerte oppressive e ingiuste da parte di investitori; trafficanti di armi, di droga e di persone, fenomeni di migrazione, degrado ambientale, povertà, malattie, e altro ancora.

Dal I al II Sinodo per l’Africa

Con la promulgazione dell'Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, Papa S. Giovanni Paolo II non solo offrì alla Chiesa in Africa e Madagascar i frutti della prima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi - spesso definito come “Sinodo di risurrezione e di speranza[7] - ma trovò anche il modo di poter seguire le esperienze che la sua Esortazione Apostolica avrebbe suscitato nel continente africano e il modo in cui la Chiesa in Africa e Madagascar avrebbe vissuto tale Esortazione. Così, al decimo anniversario dalla conclusione del Sinodo africano e alla dodicesima riunione del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per l'Assemblea Speciale per l'Africa, il Papa fece questa osservazione: “Non sarebbe giunto il momento, come sollecitano numerosi Pastori d’Africa, di approfondire questa esperienza sinodale africana? L’eccezionale crescita della Chiesa in Africa, il rapido ricambio dei Pastori, le nuove sfide che il Continente deve affrontare esigono risposte che solo la prosecuzione dello sforzo richiesto dalla messa in opera dell’Ecclesia in Africa potrebbe offrire, ridando così rinnovato vigore e rafforzata speranza a questo Continente in difficoltà[8].

Quando il Santo Padre, nel suo discernimento apostolico,riconobbe che era giunto il tempo di passare dall’attuazione dell’Ecclesia in Africa alla convocazione di un altro sinodo, non esitò a manifestare la sua intenzione. Il 13 novembre del 2004, nel 1650° anniversario della nascita di S. Agostino di Ippona, durante un’udienza ad un gruppo di Vescovi africani (SECAM) e europei (CCEE) che si erano riuniti in un simposio per riflettere sulla Comunione e solidarietà tra l’Africa e l’Europa, S. Giovanni Paolo II parlò della sua intenzione di convocare “una seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi[9]

Sulla scia del suo annuncio di un secondo Sinodo per l’Africa, e nel contesto della celebrazione dell’anno eucaristico, Papa S. Giovanni Paolo II scrisse al Consiglio Speciale per l’Africa del Segretariato Generale del Sinodo dei Vescovi, pensando al futuro del Sinodo per l’Africa e suggerendo la riconciliazione come tema prioritario. “Possa la futura Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, favorire anche un rafforzamento della fede nel Cristo Salvatore e un'autentica riconciliazione! L'Anno dell'Eucaristia, che stiamo celebrando, è un momento particolarmente adeguato per rafforzare o ristabilire la comunione nelle relazioni fra le persone, fra i gruppi umani o religiosi, come pure fra le nazioni …”[10]

Papa Benedetto XVI benignamente confermò il progetto del suo predecessore; il 22 giugnodel 2005, all’incirca nel decimo anniversario della promulgazione della Ecclesia in Africa e prima del Consiglio Specialeper l’Africa del Segretariato Generale del Sinodo dei Vescovi, il Papa dette l’annuncio della sua decisione di convocare una “seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi”. L’Assemblea Speciale doveva avere come tema: “ La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, giustizia e pace. ‘Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo[11]

Dal Sinodo di Risurrezione al Sinodo della nuova Pentecoste

Quando Papa Benedetto XVI convocò la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, la volle in continuazione con il lavoro dell’Assemblea del 1994 e che desse “alla Chiesa di Dio nel Continente africano un nuovo impulso carico di speranza e di carità evangelica…”[12]. Così, quando i Vescovi della Chiesa in Africa si riunirono per la seconda volta in Sinodo con il Santo Padre e gli altri Vescovi, si sperò che la ricerca della riconciliazione, della giustizia e della pace - valori eminentemente cristiani per il loro radicamento nei valori evangelici di amore e misericordia - avrebbe ripristinato l'integrità della Chiesa-famiglia di Dio nel continente, guarito i cuori feriti, là dove nascono le cause di ogni destabilizzazione del continente africano. [13]

Il compito era di portata straordinaria. Nella preghiera di apertura, Papa Benedetto XVI, riflettendo sulle parole del canto d’inizio della preghiera di metà mattina: “nunc, sanctae, nobis Spiritus” disse: “Preghiamo che la Pentecoste possa non solo essere un evento del passato, all’inizio della Chiesa, ma che lo sia anche oggi, veramente ‘nunc, sanctae, nobis Spiritus’”. Continuò esortando l’assemblea sinodale: “Preghiamo che il Signore ci dia lo Spirito Santo, che possa ispirare una nuova Pentecoste e ci aiuti ad essere suoi servi nel mondo in questo tempo[14]. Essere servi: “servi della riconciliazione, della giustizia e della pace” nel mondo: fu questo il frutto desiderato della nuova Pentecoste del II Sinodo per l’Africa[15].

L’ambiente ecclesiale del II Sinodo per l’Africa

Il luogo e il significato dell’Esortazione post-sinodale Africae Munus, così come i frutti della II Assemblea Speciale per l'Africa nella Chiesa[16], furono facilmente messi in evidenza nella relazione tra l’Esortazione Apostolica e altri documenti ed eventi della Chiesa universale che costituirono l’ambientazione del II Sinodo per l'Africa e che influenzarono la composizione dell’Esortazione post-sinodale. Questi eventi (e documenti) furono i seguenti:

  • La I Assemblea Speciale per l’Africa (1994) e la sua Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa (1995);
  • Il Sinodo sull’Eucarestia e la sua Esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis (2007);[17]
  • La visita di Papa benedetto XVI in Camerun e Angola (2009);
  • L’ enciclica sociale di Papa benedetto XVI Caritas in Veritate (2009);
  • Il Sinodo sulla Parola di Dio e l'Esortazione post-sinodale Verbum Domini (2010); [18]
  • L’anno dedicato ai Sacerdoti (2009-2010); [19]
  • L’annuncio del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione (ottobre 2010); [20]

Per il fine di questa conferenza, per brevità e per facilitarvi l’ascolto, presenterò alcune considerazioni circa l’influenza sull’Africae Munus della I Assemblea Speciale per l’Africa, dei viaggi papali in Africa prima e dopo la celebrazione del Sinodo – prima del Sinodo per offrire l’Instrumentum Laboris del Sinodo, dopo il Sinodo per firmare e promulgare l’Esortazione post-sinodale – e la prima enciclica sociale di papa Benedetto XVI, Caritas in Veritate. Tutto questo per rispondere alla domanda su che cosa l’Europa può imparare dall’Africa e come la Chiesa può servire i bisogni della riconciliazione, la giustizia e la pace nel continente africano. Farò riferimenti ad altri eventi e documenti ecclesiali solo di passaggio.

Dall’essere “Chiesa-famiglia di Dio” all’essere Chiesa autrice di Riconciliazione, di Giustizia e di Pace

Un indizio significativo per l’auto-comprensione della Chiesa in Africa, così come è emerso nel II Sinodo, risiede nel passaggio dal concetto di Chiesa-famiglia di Dio del I Sinodo, all’invito di percepire se stessa come autrice di riconciliazione, di giustizia e di pace, e come “sale della terra e luce del mondo”.

Infatti, quando il II Sinodo per l’Africa fu annunciato, alcuni importanti gruppi ecclesiali del continente si meravigliarono e si chiesero se non fosse troppo presto per convocare un secondo Sinodo per l’Africa. Ma, una volta dato inizio ai lavori del Sinodo, anche l’atteggiamento iniziò a cambiare, poiché apparve chiaro, in particolare per il tema da affrontare, che si aveva a che fare con questioni di giustizia sociale: problemi della società umana, del vivere in società e delle sfide ed esigenze delle relazioni interpersonali.

  • Cominciò a crescere nella gente la necessità di distinguere le problematiche dei due Sinodi e, allo stesso tempo, scoprire come fossero strettamente correlati. Il primo Sinodo, nel considerare la Chiesa come testimone e famiglia di Dio, aveva affrontato il tema dell’identità e della natura della Chiesa. Il secondo Sinodo, invece, si era impegnato ad affrontare il tema della missione/attività della Chiesa-famiglia di Dio, cioè le “opere di un gruppo di fede”.

L’immagine della Chiesa-Famiglia di Dio fu quello che, prima e più di tutto, descrisse la comunione in quanto natura e identità fondamentale della Chiesa. La Chiesa-famiglia di Dio, dunque, è l’espressione dell’identità della Chiesa come realtà di comunione: comunione con Dio e comunione reciproca (e con il creato). In questa luce, il tema del II Sinodo per l’Africa fece seguito a quello del I Sinodo, come espressione della missione (attività) di una Chiesa testimone e di una Chiesa-famiglia di Dio, la cui identità e natura è la comunione.

  • La gente iniziò a percepire che c’è una tensione dialettica tra identità e missione della Chiesa; è in questa tensione dialettica che la Chiesa in Africa realizza il suo carattere storico e inizia a rispondere alla sua vera identità di testimone e di Chiesa-Famiglia di Dio. Nel II Sinodo, la Chiesa in Africa riconobbe che essa stessa diventava veramente una Chiesa testimone e una Chiesa-famiglia di Dio nella misura in cui promuoveva una Chiesa africana e una società come una vera famiglia: una famiglia in cui le persone sono riconciliate ben oltre i loro legami tribali ed etnici, le loro definizioni razziali, le distinzioni di casta e i pregiudizi di genere. La Chiesa in Africa riconobbe che poteva diventare veramente una testimone di Cristo e della famiglia di Dio. Questo è possibile solo nella misura in cui si diventa e si promuove una società africana che sia sincera nel rispetto della legge e dell’ordine, nel rispetto dei diritti degli altri, nella parità di accesso alle risorse della terra e dell’acqua e, quindi, una società che rispetta la giustizia sociale, che vive in comunione e in pace.
  • In altre parole, la Chiesa-famiglia di Dio si è resa conto della sua natura e della sua identità come famiglia e come fratellanza a tal puto che il suo compito è creare “famiglia” e “fratellanza”: in quanto la Chiesa materialmente si incarna nelle comunità cristiane, nella società umana e nella storia umana.  Infatti, la Chiesa in Africa deve essere la forma storica della famiglia di Dio: cioè il Regno di Dio nel continente, facendo germogliare ovunque la giustizia e i valori del Regno. Quindi, l’invito alla Chiesa-famiglia di Dio in Africa, basato sul tema del Sinodo di essere autori di riconciliazione, di giustizia e di pace e di essere sale della terra e luce del mondo, è una sfida alla Chiesa africana a vivere la sua natura nella situazione storica e concreta (la vita) del continente, promuovendo la riconciliazione, la giustizia e la pace. Si tratta di una sfida di rilevanza storica e di una testimonianza concreta di identità nel continente.
  • L’applicazione pratica di questa comprensione teologica della Chiesa come famiglia di Dio deve ora assumere la forma di impegno in ciò che serve per rendere le nostre Chiese e nazioni (società) luoghi di comunione, appartenenza inclusiva, calore di rapporto e di solidarietà. Nel linguaggio del II Sinodo, le nostre Chiese e le comunità cristiane sono tenute a impegnarsi nel servizio delle urgenze di riconciliazione, delle esigenze di giustizia e di pace delle nostre Chiese e nazioni, per essere sale della terra e luce del mondo.
  • In effetti, l’immagine e l’identità della Chiesa come testimone e famiglia di Dio, non può essere una mera affermazione, deve invece generare una missione, un’attività; perché, come il Santo Padre ha osservato nella Messa di apertura del Sinodo, fare proposte senza passare all’azione è un’ideologia. Di conseguenza, riflettendo sul tema del Sinodo nel suo discorso alla Curia Romana - un tema che appare come una dichiarazione della missione della Chiesa in Africa - il Santo Padre ha osservato: “Il compito dei Vescovi era di trasformare la teologia in un servizio pastorale, cioè in un ministero pastorale molto concreto, in cui le grandi visioni della Sacra Scrittura e della Tradizione vengono applicate all’operare dei vescovi e dei sacerdoti in un tempo e in un luogo determinati[21]. In questo modo, però, è molto importante che non si confonda la “pastorale” con la “politica”, e il Papa è chiaro riguardo a questo delicato tema di pastorale. Scrive in Africae Munus: “I tre concetti principali del tema sinodale, vale a dire la riconciliazione, la giustizia e la pace, hanno posto il Sinodo di fronte alla sua «responsabilità teologica e sociale» e hanno permesso di interrogarsi anche sul ruolo pubblico della Chiesa e sul suo posto nell’ambito africano di oggi… Il compito che dobbiamo precisare non è facile, poiché esso si situa tra l’impegno immediato nella politica – che non rientra nelle competenze dirette della Chiesa – e il ripiegamento o l’evasione possibile in teorie teologiche e spirituali, che rischiano di costituire una fuga di fronte a una responsabilità storica concreta”[22].
  • Chiaramente, il problema che si pone da quanto sopra appena detto, è la necessità di incarnare l’identità della Chiesa in Africa per renderla rilevante e sensibile alle esperienze e alle necessità della giustizia sociale delle popolazioni del continente, senza confondere l’azione pastorale con l’azione politica. È il metodo/approccio che risponde alla domanda: cosa si deve fare per incarnare la Chiesa-famiglia di Dio e renderla rilevante? Cosa deve essere fatto per far prevalere la giustizia sociale e la pace nel continente? Come può la Chiesa essere al servizio delle necessità della riconciliazione, delle esigenze di giustizia e del bisogno di pace dell’Africa e del mondo?

Al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace: La Via del Pastore…

La Chiesa, come pure una nazione, è un corpo (= famiglia) i cui membri vivono in comunione con Dio e tra di loro. In verità, la comunione secondo il modo della vita Trinitaria, è la vita della Chiesa e della società umana. Tra Dio e l’uomo, la comunione è una vita di relazione, generata dalla gratuita iniziativa di alleanza da parte di Dio. Questa vita di relazione si basa sulla giustizia; quando la giustizia viene rispettata, c’è la pace. La coesistenza delle persone nella società (coesistenza politica) presenta la stessa situazione in cui la giustizia e il rispetto delle esigenze di relazione, diventano la base dei rapporti su cui si fonda una coesistenza armoniosa e pacifica.

Quando i rapporti sono infranti e la comunione è distrutta, è la riconciliazione che li ripara e li ripristina. La riconciliazione, in qualsiasi modo si celebri - sia come generosa offerta di perdono, sia come processo giudiziario, sistema di dialogo, Alternativa di Risoluzione delle Controversie, ecc. - ristabilisce i rapporti tra le persone rendendole di nuovo capaci di vivere in una comunione di pace. Quando i rapporti sono infranti e non sanati, la giustizia viene calpestata, e non c’è più la pace.

Una lezione chiara che ci viene offerta dalle esperienze delle Chiese in America Latina e anche altrove - in particolare nel loro ricorso alla teologia della liberazione per affrontare le questioni di giustizia sociale - è che, appunto, per delle persone oppresse e profondamente ferite affrontare temi di giustizia e di pace, non è un’impresa facile, anzi, è come camminare su di un cavo teso sopra un campo di mine politiche e ideologiche! Le Chiese locali in America Latina, come pure in Africa e in Asia, sono a conoscenza di sacerdoti (pastori) che hanno abbandonato il ministero pastorale per perseguire opzioni politiche.

Di fronte alle incombenti e diffuse ingiustizie (disparità di accesso alla terra e alle risorse della terra, alle violazioni dei diritti umani degli indios, delle donne e delle vedove, delle popolazioni indigene, come i pigmei; dei brogli elettorali, ecc.), alcuni pastori hanno preferito diventare dei politici e leader politici, credendo più in soluzioni politiche che in soluzioni pastorali per le esigenze delle loro comunità.[23]

Ma il Sinodo ha preferito vedere i suoi pastori e i suoi fedeli come servitori dello Spirito Santo, impegnati nella società come servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace, alla maniera dei pastori e degli anziani di una famiglia. Questa convinzione del Sinodo è stata ribadita, più tardi, da Benedetto XVI in un discorso ai suoi collaboratori della Curia Romana. Il Papa ha chiesto: “Sono riusciti i Padri Sinodali a trovare la strada piuttosto stretta tra una semplice teoria teologica ed un’immediata azione politica, la strada del “pastore”? E replica a se stesso: “Nel mio breve discorso al termine del Sinodo ho risposto a questa domanda in modo affermativo, in modo consapevole ed esplicito[24]. Qual è, allora, questa “via del pastore” ?

È molto utile ricordare che, sebbene il tema del II Sinodo per l’Africa, “la Chiesa in Africa al servizio della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace”, avesse a che fare con gli esseri umani nella società e con le relative questioni di giustizia sociale, relazioni e armonia sociale, questo non è principalmente solo un tema sociologico o politico. Così, la Chiesa-Famiglia di Dio e il suo ministero nella società, non sono soltanto realtà sociologiche, da trattare come sistemi puramente immanenti di pensiero (sociologia, filosofia politica, antropologia culturale, ecc.). La Chiesa è essenzialmente una realtà teologica e spirituale: una famiglia di Dio che prefigura il Regno di Dio sulla terra e nella storia. Allo stesso modo, i soggetti della Chiesa-famiglia di Dio, che sono anche i soggetti e le componenti della società in tutte le sue strutture, sono gli esseri umani, creati a immagine e somiglianza di Dio: fatti di corpo e di anima, afflitti dal peccato nella loro condizione decaduta, ma redenti e chiamati alla grazia in Cristo.

Di conseguenza, nel suo ministero di riconciliazione, di giustizia e di pace la Chiesa, in quanto luce del mondo e sale della terra, riconosce che le situazioni e le strutture di peccato nella società - che costituiscono le varie forme di ingiustizia sociale, di abusi,  e che richiedono interventi specifici - non devono essere limitate alla loro realtà esterna. Il prevalere della violenza, dei conflitti, delle ingiustizie, delle rivalità tribali ed etniche e di tutte le forme di abusi non sono strutture e sistemi da studiare solo come un’analisi sociologica e un’azione politica. Sono tutte azioni umane; e le loro soluzioni non si trovano solamente in alcune azioni o processi politici. Le loro soluzioni si trovano nel cuore degli uomini e delle donne e nella loro conversione. Ecco perché i processi di riconciliazione, di giustizia e di pace non sono visti principalmente come azioni e interventi politici per cambiare le strutture e i sistemi. Sono piuttosto delle azioni pastorali. Sono azioni ispirate dalla missione evangelizzatrice della Chiesa e che mirano alla conversione[25]. Sono questi cuori trasformati che sono il centro del ministero della Chiesa africana per la riconciliazione, la giustizia e la pace.

Quindi, la via del pastore sono questi stili di accompagnamento della società umana in vista del suo benessere, realizzando strumenti di conversione e creando nuove espressioni di fede della Chiesa (Dottrina Sociale della Chiesa). Riconoscendo la connessione tra evangelizzazione e promozione umana[26], la Chiesa desidera contribuire allo sviluppo dell’uomo nel suo stesso campo, cioè quello “della coscienza umana resa più consapevole dal messaggio evangelico; poiché alla luce di quel messaggio la dignità di un popolo appare più chiaramente, e le esigenze derivanti da tale dignità saranno riconosciute ...”[27]. Questo spiega l’appassionato appello di Papa Benedetto XVI al Governo dell’Angola durante la sua visita per consegnare l’Instrumentum Laboris del Sinodo. “Amici”, ha affermato, “armati di integrità, magnanimità e compassione, è possibile trasformare questo continente, liberando il vostro popolo dal flagello dell’avidità, della violenza e dei disordini ... una determinazione, radicata nella conversione dei cuori, di stroncare una volta per tutte la corruzione[28]. In Africae Munus, Papa Benedetto XVI ingiungerà alla Chiesa in Africa di assicurare che questa conversione avvenga tra i leader dell’Africa: “....uno dei compiti della Chiesa in Africa consiste nel formare coscienze rette e recettive delle esigenze della giustizia, affinché maturino uomini e donne solleciti e capaci di realizzare questo ordine sociale giusto con la loro condotta responsabile.[29]

“Africa, alzati e cammina”: II Sinodo africano e il programma di rigenerazione della Chiesa in Africa:

Quindi, brevemente, alla luce di ciò che ho detto sopra, come può la Chiesa in Africa promuovere la rigenerazione del continente?

Africa alzati e cammina” è stata l’espressione finale, di grande ottimismo, che ha accompagnato la II Assemblea speciale per l’ Africa e che è stata ripresa nel Messaggio dei Padri sinodali[30] e nell’Esortazione post-sinodale del Santo Padre.[31] Le sue radici, tuttavia, devono essere trovate negli eventi ecclesiali che hanno condotto alla stessa Assemblea speciale.

In primo luogo, quando il Santo Padre disse agli Angolani che avevano riconosciuto che era giunto il momento per l'Africa di essere il “Continente della Speranza”, immediatamente parlò delle trasformazioni del continente attraverso vite virtuose: vite virtuose dei suoi leaders.[32] In verità, se i leaders si fossero lasciati guidare dalla fede e dalla retta ragione, essi, Papa Benedetto XVI ne era convinto, “avrebbero facilmente riconosciuto i loro vicini come fratelli o sorelle, nati con gli stessi fondamentali diritti umani”.[33] Come risultato, la moltitudine degli Angolani che vivono sotto la soglia dell’assoluta povertà non sarebbero stati dimenticati e le loro aspettative non sarebbero state frustrate.[34] Essi avrebbero sperato in un cambiamento della loro situazione.

Il legame che il Santo Padre ha stabilito tra la povertà della gente e chi governa/guida è molto significativa. Nel  libro, Perché l’Africa è povera,[35] Greg Mills afferma che la povertà dell’Africa è in larga misura da attribuirsi ai suoi gruppi di potere e ai suoi governi, alle scelte che fanno e continuano a perseguire. La povertà dell’Africa, secondo Greg Mills, è una scelta fatta dai capi africani.[36]

Mentre la Chiesa non dispone di soluzioni tecniche per governare, essa però ha una vocazione e un mandato che possono fornire delle indicazioni all’umanità nel suo cammino attraverso la storia,[37] attraverso le sue molte istituzioni di formazione/educazione, dispensari ed ospedali. Questo è un obiettivo chiave della II Assemblea Speciale per l’Africa e della  Esortazione post-sinodale. Vi appare un invito all’Africa a riscoprire e promuovere il valore della persona e della sua relazione con la realtà, frutto di un profondo rinnovamento spirituale… una conversione del cuore e un umanesimo la cui autentica misura è solo Cristo il solo che promuove lo sviluppo integrale dell’Africano. E’ questa conversione e umanesimo cristiano che creano la vita giusta (virtuosa) che porta a far fiorire la speranza nell’Africa; perché “ogni integra condotta umana è speranza in azione”.[38] La speranza-in-atto dispone l’Africa ad abbracciare le sue opportunità di crescita e di sviluppo, rispondendo così all’invito alzati e cammina.

Si può affermare che il compito primario della Chiesa per la rigenerazione del continente è quello di coltivare la conversione del cuore e di favorire l’educazione di una nuova sintesi umanistica che esalti la dignità della persona. L’evangelizzazione, come proclamazione del Vangelo per un cambiamento di vita, è una illuminazione, crea un profondo senso di fraternità, fa nascere una rinnovata etica e moralità per il potere politico, il cui vero stile è il servizio; la scoperta della vocazione al lavoro come una risorsa per l’esistenza e il benessere, una nuova etica negli scambi che porta in sé giustizia e legalità, una etica che produca sviluppo e il perseguimento del bene comune, l’energia nella gestione di un popolo sottosviluppato, l’etica della necessità e del diritto all’educazione e a una teologia della pace e dell'ambiente che conduca allo sviluppo.[39]

In secondo luogo, in un mondo globalizzato come il nostro di oggi, la sola speranza-in-azione dell’Africa non basta per aiutarla ad alzarsi e camminare. L’intensa mobilità del capitale e del lavoro, le avanzate interconnessioni delle nazioni e dei popoli, facilitate dal miglioramento delle tecnologie della comunicazione, pongono le basi per lo sviluppo della cooperazione necessaria per la speranza dell’Africa e la sua stupefacente esperienza di alzarsi e camminare. “Sviluppo sociale ed economico in Africa” come il Santo Padre ha osservato prima dell’incontro con autorità politiche e civili a Luanda “richiede il coordinamento del Governo nazionale con le iniziative regionali e con le decisioni internazionali. Un simile coordinamento suppone che le nazioni africane siano viste non solo come destinatarie dei piani e delle soluzioni elaborate da altri. Gli stessi africani, lavorando insieme per il bene delle loro comunità, devono essere gli agenti primari del loro sviluppo.[40]

Il principale impegno della Chiesa nella rigenerazione dell’Africa è la formazione della sua popolazione, così come San Daniele Comboni ha anticipato nel XIX secolo e come il Beato Papa Paolo VI ha ripetuto al Parlamento ugandese: “La Chiesa non rende i suoi fedeli estranei alla vita civile e agli interessi nazionali, al contrario li prepara e li impegna al servizio del bene pubblico.[41]

Due lezioni della Chiesa africana: la famiglia e le Comunità Cristiane di Base

a) La famiglia: per lo meno quattro affermazioni nell’Esortazione post-sinodale Africae Munus[42] richiamano fortemente l’omelia del Papa Benedetto XVI nella liturgia di apertura della II Assemblea speciale per l’Africa. Come abbiamo già sottolineato sopra, Papa Benedetto XVI desiderò che la II Assemblea speciale per l’Africa fosse un evento ecclesiale che continuasse la I Assemblea speciale per l’Africa del 1994. Riflettendo poi sull’immagine teologica “Chiesa-famiglia di Dio”, che la I Assemblea speciale applicò alla Chiesa, il Santo Padre osservava: “Tale immagine è importante non solo per la Chiesa in Africa, ma anche per la Chiesa universale, in un’epoca in cui la famiglia è minacciata da coloro che vogliono una vita senza Dio. Privare di Dio il Continente africano significherebbe farlo morire a poco a poco, togliendogli la sua anima.[43] Inoltre, quando Papa Benedetto XVI descrisse il compito che affrontava la II Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che consisteva nel trasformare la teologia in cura pastorale, egli proseguì riferendosi a una “crisi antropologica” che stava assalendo il Continente africano ed il resto del mondo. Di fronte a questa crisi, Il Santo Padre esortava l’Africa a: “riscoprire e promuovere una concezione della persona e del suo rapporto con la realtà che è il frutto di un profondo rinnovamento spirituale.[44]

Entrambi i riferimenti alla famiglia minacciata da una cultura senza Dio e un'antropologia o senso della persona privo di un rapporto con la realtà e senso spirituale, rimandano alle varie ideologie del gender e alle politiche di controllo sulla popolazione. Il grande bisogno dell’Africa di aiuti dall'esterno, la rende a sua volta preda di tutto ciò, pur sforzandosi di resistere partendo dalla sua fede e attingendo ai suoi valori culturali tradizionali. E’ per questo che, nella sua omelia alla S. Messa di apertura della II Assemblea speciale (2009), il Papa Benedetto XVI esortò l’Africa e la Chiesa in Africa a custodire la propria eredità culturale e spirituale.[45]L’umanità ha bisogno di tutto questo più che delle sue materie prime”. “Da questo punto di vista”, ha continuato il Santo Padre, “l’Africa costituisce un immenso ‘polmone’ per l’umanità che appare in crisi di fede e di speranza”.[46]

Le minacce rivolte al matrimonio, alla famiglia e alla visione della creatura umana, che le ideologie del gender rappresentano, è l’utopia di un ritorno allo stato naturale originario dell'umanità, che decostruisce le concezioni sulla persona umana e le sue istituzioni (uomo, donna, famiglia, matrimonio, prole e la sua educazione). Si ritiene che la verità riguardo alla creatura umana deve essere libera da ogni modello e schema. La creatura non sarebbe differenziata. Tutto sarebbe uguale. Gli attuali libri di testo delle scuole europee non sono forse ispirati da questo processo di decostruzione?

b) Le Comunità Cristiane di Base: La pressione culturale che questa ideologia della decostruzione rappresenta, insieme a molte altre simili ad essa (politica, economica, liberale, il pensiero relativistico, l’estremismo religioso etc.) minaccia la vita e la missione della Chiesa nel nostro tempo e nella nostra area culturale. Mentre la sopravvivenza della Chiesa non è in dubbio, la sua esistenza in modi significativi, rilevanti ed efficaci è una sfida che la modernità e la post-modernità pongono alla Chiesa. Ci sono alternative ad essere e vivere come Chiesa nelle città attraverso strutture parrocchiali e ministeri centralizzati? Lo sviluppo delle strutture di base nelle Comunità Cristiane di Base è un segnale di nuovi stili di essere Chiesa e di organizzare la presenza e la cura pastorale? Non è forse questo parte della ricerca del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione?

La rapida evoluzione dell’esperienza di essere Chiesa ha attirato l’attenzione del cardinale Ratzinger già agli inizi del suo servizio in Vaticano. Valutando quale fosse la sua opportunità di portare cambiamenti all’interno e così influenzare il dinamismo di crescita nella Chiesa, egli condivise la prospettiva della Chiesa che incoraggiasse lo sviluppo di stili di Chiesa inserita tra la gente. Il cardinale osservava: “E’ probabile che ci si trovi davanti ad un’epoca differente nella storia della Chiesa, una nuova epoca nella quale la Cristianità troverà se stessa nella situazione del grano di senape, in piccoli gruppi apparentemente senza alcuna influenza e che, ciò nonostante, vivono intensamente testimoniando contro il male e portando il bene nel mondo.[47]
Card. Peter Kodwo Turkson
P. C. J. P.

 


[1] Don Daniele Comboni, Piano per la Rigenerazione dell'Africa, 1871. (http://www.lacabalesta.it/biblioteca/Comboni/Scritti/Piano1871.html)

[2] Discorso al parlamento ugandese, Kampala, 1 Agosto 1969. Cfr.  anche, Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Mater et Magistra,  Introd.; Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, § 42, 76, 88, etc.

[3] Ibid.

[4] Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Messaggio del Sinodo (6 saggio 1994), 2; cfr. Ecclesia in Africa., 13, 57

[5] EIA, 13.

[6] Ibid.

[7] Cfr. Esortazione Apostolica Ecclesia  in  Africa, §13.

[8] Cf. Discorso al 12mo Incontro del Consiglio post-sinodale del Segretariato del Sinodo dei vescovi per la Speciale Assemblea per l’Africa  (15 giugno 2004).   

[9] Papa S. Giovanni Paolo II disse: “Accogliendo le aspirazioni del Consiglio post-sinodale, espressione delle speranze dei Pastori africani, colgo l’occasione di annunciare la mia intenzione di convocare una Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Affido questo progetto alle vostre preghiere, invitando tutti sinceramente ad implorare il Signore per il prezioso dono della comunione e della pace per l’amata terra africana”    (Discorso ai partecipanti  al Simposio dei Vescovi dell’Africa e Europa [13 Nov. 2004] in L’Osservatore Romano: Edizione settimanale inglese, 24 Nov. 2004, pg. 5).

[10] Lettera di Papa Giovanni Paolo II all’Arcivescovo Nikola Eterovic in occasione dell’incontro del Consiglio Speciale per l’Africa del Segretariato Generale del Sinodo dei Vescovi, Vaticano, 25 Feb., 2005).    

[11] Il 26 giugno 2006, alla conferenza stampa in Vaticano, tenuta dal Card. Francis Arinze, il Consiglio Speciale per l’Africa del Segretariato Generale del Sinodo dei Vescovi, rese pubblici i Lineamenta del secondo Sinodo per l’Africa; in marzo 2009 a Youndè il Santo Padre presentò l’Instrumentum Laboris del Sinodo.

[12] Africae Munus, §3.

[13] Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Reconciliatio et Poenitentia, §2.

[14] Riflessione del Santo Padre Benedetto XVI durante la Prima Assemblea Generale, 5 ottobre 2009.

[15] A seguito dell’invocazione del Santo Padre Benedetto XVI, almeno tre Padri sinodali pregarono lo Spirito Santo per una nuova Pentecoste, preghiera che fu riportata nella seconda proposizione del sinodo. Il Sinodo stesso è un esercizio di collegialità: un’assemblea i cui Padri provengono da diverse parti del mondo in attesa del Signore rifletteva lo spirito della Pentecoste.

[16] L’affermazione di Papa Benedetto XVI sul significato dell’Assemblea Speciale per la Chiesa universale è chiara nell’Africae Munus: l’Assemblea Speciale trattò i problemi che dovevano affrontare “le chiese particolari e la Chiesa universale” (§4). Il Papa richiama tutta la Chiesa a guardare all’Africa con fede e speranza (§5); l’immagine Chiesa Famiglia di Dio è significativo per la Chiesa universale (§7,8).

[17] Già durante la sua visita in Angola per offrire l’Instrumentum Laboris della II Assemblea Speciale, Papa Benedetto XVI, indicò l’Eucarestia e la Parola di Vita come  la fonte di “luce e nutrimento”  per la missione dell’Africa di servizio alla riconciliazione, giustizia e pace. (Address of the Holy Father, Meeting with the Special Council of the Synod for Africa. Yaoundé, 19 March 2009).  Cfr. anche, Africae Munus, § 109, 152-154.

[18] Il primo capitolo dell’Africae Munus definisce i servitori della riconciliazione, giustizia e pace come “autentici servitori della Parola di Dio” (§ 15). Allo stesso modo, nella II parte dell’Esortazione, a coloro che partecipano al carisma spirituale di costruire il bene comune si raccomandano vari modi di nutrirsi della Parola di Dio Cfr. anche, § 150-151.

[19] Cfr. Esortazione Apostolica Africae Munus, §108

[20] Così, Africae Munus, §2 dichiara che  la Nuova Evangelizzazione era lo scopo della I Assemblea Speciale per l’Africa

[21] Discorso di Sua Santità Benedetto XVI ai membri della Curia Romana., 21 Dic. 2009. Esortazione Apostolica  Africae Munus, §10.

[22] Esortazione Apostolica Africae Munus, §17. Cfr. Lettera Enciclica Caritas in Veritate, §5-9.

[23] Cfr. Idem, § 102, 108

[24] Discorso di Sua Santità Benedetto XVI ai membri della Curia Romana, 21 Dic. 2009.

[25] Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Reconciliatio et Poenitentia, §2.

[26] Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, 31.

[27] Paolo VI, Discorso al parlamento ugandese, Kampala, 1 Agosto 1969

[28] Discorso del Santo Padre, Palazzo Presidenziale. Incontro con le autorità politiche e civili e con il corpo diplomatico, 20 Marzo 2009. 

[29] Esortazione Apostolica Africae Munus, §22. cfr. anche §23

[30] Messaggio, II Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l’ Africa, 2009. Pt. VI.

[31] Esortazione apostolica Africae munus, § 172ff.

[32] Discorso del Santo Padre, incontro con le autorità politiche e civili e il corpo diplomatico, 20/03/2009.

[33] cfr. Idem.

[34] Discorso del Santo Padre Benedetto XVI, Cerimonia di benvenuto, Angola, aeroporto di Luanda, 20 marzo 2009.

[35] Greg Mills, Perché l’Africa è povera e cosa gli africani possono fare riguardo a ciò, Penguin Books, Johannesburg, South Africa, 2012. Chinua Acebe ha affermato lo stesso pensiero riguardo alla  Nigeria (Il problema della Nigeria, Enugu, 1998).

[36] Insieme alla breve indagine sulla situazione dell’Africa al II Sinodo africano nell’Instrumentum Laboris e nella Relatio ante Disceptationem, si possono consultare le varie discussioni sulle esperienze africane nel prima e dopo-indipendenza nelle pubblicazioni La Chiesa in Africa, 50 anni dopo l’ indipendenza degli Stati, Nathanael Yaovi Soede & Ignace Ndongala (ed.) Edition ATA, Abidjan, 2013; Stan Chu Ilo, La Chiesa e lo sviluppo in Africa, Pickwick Pbl., Eugene, Oregon, 2011.

[37] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et Spes, § 2, 3, 11, etc.

[38] Discorso del Santo Padre, Palazzo presidenziale, Incontro con le autorità politiche e civili e il corpo diplomatico, 20 marzo, 2009.

[39] Cfr. Theophilus Okele, ‘La Chiesa nello sviluppo africano: i ruoli di ieri, l’obbligo di oggi’, in: La Chiesa in Africa 50 anni dopo l’indipendenza degli Stati, op. cit., pg, 56.

[40] Idem. Dr Uschi Eid, Segretario di Stato parlamentare nel Ministero della Germania federale per la cooperazione economica e lo sviluppo, ha praticamente espresso la medesima visione quando disse al TICAD III Conferenza in Tokio (2003): “La cooperazione intende mettere in atto il progetto insieme con la gente dell’Africa, il progetto di un’Africa che è moderna e indipendente, dove uomini e donne africani sicuri di se stessi forgiano la loro propria vita, il loro futuro e perseguono il loro cammino per un progresso sostenibile e democratico. Solamente stimoli e sforzi provenienti dal di dentro dell’Africa stessa possono condurre al successo.

[41] Discorso al Parlamento dell’Uganda, 1 agosto 1969. Cfr. anche Gaudium et Spes, § 75.

[42] Esortazione apostolica Africae Munus, § 7, 11, 13, 177.

[43] Idem, § 7. La sottolineatura in grassetto è mia. La minaccia che aspetti della modernità pongono alla famiglia fece osservare a Papa Benedetto XVI, parlando ai Vescovi dell’Angola e San Tomé: “Le famiglie sono particolarmente nel bisogno di evangelizzazione e sostegno pratico dal momento che, oltre alla fragilità e alla mancanza di stabilità interiore di così tante unioni coniugali, c’è la tendenza molto diffusa nella società e nella cultura di porre sotto questione la unica natura e la specifica missione della famigli fondata sul matrimonio…”(Discorso del Santo Padre Benedetto XVI: Incontro con i Vescovi di Angola e San Tomé, Luanda (Nunziatura), 20 marzo 2009.

[44] Idem, § 11.

[45] “…. le straordinarie ricchezze umane e spirituali dei suoi bambini, delle sue variegate culture, le abbondanti risorse del suo suolo e sottosuolo.” (Africae Munus, § 13).

[46] Omelia della Messa di apertura della seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi (4 ottobre 2009), in Acta Apostolicae Sedis, 101 (2009) 907; cfr. Esortazione apostolica Africae Munus, § 13.

[47] Let God's Light Shine Forth: The Spiritual Vision of Pope Benedict XVI; ed. Robert Moynihan, Doubleday, N.Y., 2005, pg. 41. NdT: Che la Luce di Dio risplenda: la visione spiritual di Papa Benedetto XVI.