Natale, dicembre 2019
“La nascita di Gesù è la base di tutto ciò che si può dire o fare per Natale – scrive il comboniano P. Feliz, dal Sudan, dove lavora come missionario da molti anni –. Intanto, da quello che vedo, sono sempre più convinto del fatto che, con il Natale così secolarizzato del nostro tempo, c’è il rischio di fermarsi alla superficie facendo delle bellissime celebrazioni ma finendo per chiamare Natale quello che in realtà non lo è. Perché manca l’essenziale. Manca il festeggiato. Manca il Bambino Gesù”. Pubblichiamo qui di seguito la lettera del missionario, dal titolo “Dove regna il baccalà”.

Dove regna il baccalà

Il Natale è ancora lontano ma sento dire un po’ dovunque che è vicino, che sta arrivando. È un momento dell’anno in cui non possiamo che dare spazio all’immaginazione in cerca di bellezza, di luce e contemplazione. Là fuori, per strada, nonostante il freddo, la gente si ferma ad ammirare gli addobbi, le luci colorate e le vetrine piene. E la neve è lì, reale o immaginaria, davanti agli occhi o sotto i piedi, mentre in casa, al calduccio, la famiglia si riunisce attorno alla tavola tradizionale dove regna il baccalà e sovrabbondano manicaretti e dolci. Non manca nemmeno una buona birra. E poi c’è l’albero, e Babbo Natale con la barba bianca e la cesta dei doni. Infine, ecco i re Magi, questi personaggi esotici e singolari che, attraversando il deserto, arriveranno a Betlemme, sul cammello… Be’, nel paese in cui mi trovo come missionario, il Sudan, non ho neanche bisogno dell’immaginazione: il deserto e i cammelli, qui, sono di casa. “E il Bambino? Un Natale pieno di tutto senza neanche menzionarLo? Che errore!”. Mi sembra già di sentire i tuoi mormorii; poco male, perché così lo avete messo in vista, ed era proprio ciò che volevo. Siete entrati pienamente in tema. Auguri! In realtà, la Nascita di Gesù è la base di tutto ciò che si può dire o fare per Natale. Le usanze e le tradizioni che si sono create e che ancora si creano, nel tempo e nello spazio, contribuiscono a farci vivere con uno spirito positivo le feste natalizie. Intanto, da quello che vedo, sono sempre più convinto del fatto che, con il Natale così secolarizzato del nostro tempo, c’è il rischio di fermarsi alla superficie facendo delle bellissime celebrazioni ma finendo per chiamare Natale quello che in realtà non lo è. Perché manca l’essenziale. Manca il festeggiato. Manca il Bambino Gesù.

Sono un fautore della gioia piena e ben festeggiata. Ma che dire di un presepe con una bella grotta se il Bambino è solo una fragile statuetta che non colpisce e non ha niente a che fare con la nostra vita? A proposito, vorrei raccontarvi un fatto che mi è successo qualche anno fa a Nyala, in Darfur, con un gruppo di giovani amiche e amici riuniti attorno al presepe. Ad un certo punto, ho preso Gesù bambino e ho detto loro: “È nato per me e per te. Ma Lui non vuole che rimaniamo incantati a guardarLo. Gesù ha la strada segnata dal Padre. Camminiamo con il Bambino del Natale. Quanto a me, è per questo che sono venuto in Darfur e mi trovo qui, oggi, in mezzo a voi”.

Una ragazza di nome Miriam, simpatizzante cristiana, che vorrebbe ricevere il Battesimo, ha reagito confusa. La sua voce è suonata quasi come un rimprovero: “abuna, padre, veramente è stato per questo che hai lasciato la tua terra? Faccio fatica a credere che nel tuo paese il Natale non sia molto più bello che qui, in Sudan”. E per dimostrare ciò che sapeva riguardo al tema, ha aggiunto: “Ho visto delle feste di Natale in un programma televisivo… era molto bello, una cosa impossibile da realizzare qui, nel nostro Paese. Non ne sono certa ma mi sembra che in quello show ci fosse anche un Gesù Bambino”.

La reazione di alcuni del gruppo fu evidente: Miriam era ben lontana dal sapere che cosa vuol dire il vero Natale cristiano. D’altronde, capisco che, non essendo cristiana, abbia parlato del suo Natale come di uno show che troviamo su un qualsiasi canale della televisione. Ma sarei davvero triste e preoccupato se le stesse parole uscissero dalla bocca di un cristiano. In quel momento, il mio sguardo ha incrociato quello di Henry, un seminarista di teologia, sudanese. Sembrava riflettere, un po’ impensierito. Sapevo che era un giovane di fede, responsabile. Mi sembrava di capire quello che stava pensando. Dopo un po’ disse: “quando ero piccolo, mi piaceva ascoltare i miei genitori che mi raccontavano la storia della nascita di Gesù con tutti i dettagli. Mia madre la ripeteva spesso, dando l’impressione che fosse tutto lì quello che lei sapeva e che doveva insegnarmi. Più tardi, in seminario, ho saputo che la celebrazione della Pasqua era, senza alcun dubbio, superiore alla festa del Natale. E ho saputo anche il perché: la Resurrezione è il culmine della fede cristiana. Un giorno, le raccontai questa mia scoperta. E dalla sua bocca uscirono parole sagge, che ancora oggi custodisco nel cuore. È vero – mi disse – che la Pasqua di Resurrezione è la base della nostra fede ma non possiamo negare l’importanza del Natale. Gesù non sarebbe risorto se non fosse morto e non sarebbe morto se non fosse nato”.

I ragazzi ascoltavano attentamente mentre lui ripeteva le parole della madre: “figlio mio, celebra la nascita di Gesù, il Natale, con solennità e con gioia. Non perdere mai di vista il Bambino di Betlemme che la sua mamma Maria ha posto in una mangiatoia. Accompagnalo sempre nelle sue parole e nelle sue opere… fino al giorno in cui morirà sulla croce e ci condurrà alla Pasqua della Resurrezione. Scusami se ti ho fatto aspettare fino ad oggi prima di dirti questa verità suprema. Ma l’ho fatto di proposito, affinché tu potessi fissare bene nella tua mente che Gesù è veramente nato in questo nostro mondo e, come essere umano, si è avviato alla morte e alla resurrezione. Perché ci sono persone, figlio mio, che negano l’incarnazione di Gesù. Negano la sua umanità. Negano il Natale”.

Non ho conosciuto la mamma di Henry ma mi ritrovo nelle sue parole. Dio si è incarnato in Gesù. Umano tra gli umani. Egli camminerà fino al grande giorno, quella domenica in cui la mangiatoia si è trasformata in un sepolcro. Un sepolcro vuoto. E in quello stesso istante è accaduta la Pasqua. È nato per me e per te. Per tutti. Guai a noi se perdiamo di vista il Bambino della mangiatoia. Camminiamo con Lui verso la meta della domenica di Pasqua, dove ci attende la Salvezza. È per questo motivo che i missionari partono. Per invitare i loro simili a camminare sulle strade della Salvezza che Natale e Pasqua ci offrono. È vero che nella gioia del Natale già intravediamo la gioia della Pasqua.

Padre Feliz da Costa Martins
Missionario comboniano
El Obeid, Sudan