«Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?» (Mt 3, 14). Con queste parole Giovanni il Battista esprime il suo stupore al vedere Gesù in coda tra coloro che si preparano a ricevere il battesimo al Giordano. Il comportamento del Signore sembra scardinare le certezze del Battista, che aveva come missione e scopo dell’esistenza proprio preparare l’azione del Messia. (...)

Battesimo del Signore (anno A)
Matteo 3,13-17

Con la festa del Battesimo del Signore concludiamo il periodo natalizio e riprendiamo la quotidianità del Tempo liturgico Ordinario. L’evento del battesimo di Gesù, che troviamo nei quattro vangeli, è di una importanza speciale: è il primo atto pubblico di Gesù adulto. Infatti esso diventa uno spartiacque nella vita del Signore. Egli esce dalla sua vita nascosta a Nazareth ed inizia il suo ministero profetico. Il suo battesimo è la presa di coscienza decisiva della sua identità di Figlio di Dio e della sua missione messianica.

Il battesimo di Gesù è un epifania, cioè una manifestazione, la terza di questo periodo natalizio dell’incarnazione. Nella prima, ai pastori, il Signore si rivela ai poveri, destinatari privilegiati della sua venuta. Nella seconda, ai magi, si rivela alle genti (pagani), manifestando così che egli viene per tutti (cf. la seconda lettura di oggi). In questa, la terza, si rivela al popolo di Israele come il Messia atteso.

Il fatto che Gesù decida di farsi battezzare era uno scandalo per Giovanni. Gesù gli risponde che bisogna “adempiere ogni giustizia”, cioè adempiere interamente la volontà di Dio. Questa è la prima parola di Gesù nel vangelo secondo Matteo e, quindi, di una importanza particolare. “Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo” (Salmo 39,8-9).

La missione di Gesù inizia col battesimo e si conclude col invio degli apostoli a battezzare; così come inizia e si conclude con l’evocazione della Trinità: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28,19).

Tre vangeli

Il battesimo di Gesù ci porta tre vangeli, cioè tre “buone notizie” che riempiono di gioia il cuore del credente che le accoglie. La prima – incredibile! – è che Gesù è tra noi, in fila con i peccatori che scendono nelle acque del Giordano. Come mai, lui che è senza peccato?! si chiede Giovanni e ci chiediamo noi. Ci risponde San Paolo: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio” (2 Corinzi 5,21). Dio non ci salva da lontano, si rende vicino, è Emanuele. Gesù si rivela profondamente solidale con i suoi fratelli, fino a tal punto che scandalizzerà i benpensanti. Sarà chiamato “amico dei peccatori” (Matteo 11,19). Ecco la prima bella notizia: il Messia – oh, meraviglia! – ha un titolo nuovo, che ci onora particolarmente: è l’amico dei peccatori. È il nostro amico!

Un altro vangelo, la seconda buona notizia: oggi si spalancano i cieli! Dio rompe il silenzio, che tanto rattristava Israele, e risponde al nostro grido: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Isaia 63,19). Oggi è ristabilita la comunione tra il cielo e la terra! “Il Battesimo è raccontato come un semplice inciso; al centro è posto l’aprirsi del cielo. Come si apre una breccia nelle mura, una porta al sole, come si aprono le braccia agli amici, all’amato, ai figli, ai poveri. Il cielo si apre perché vita esca, perché vita entri. Si apre sotto l’urgenza dell’amore di Dio, sotto l’assedio della vita dolente, e nessuno lo richiuderà mai più” (Ermes Ronchi).

La terza bella novella: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”. Tre affermazioni, tre parole: Figlio, Amato, Mio compiacimento. Questa è la rivelazione che troviamo all’inizio di ogni vangelo sinottico (cf. Mc 1,11; Lc 3,22) e a cui si riferisce il profeta Isaia (cf. prima lettura, cap. 42, il primo canto del Servo del Signore) e il Salmo 2: “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”. La bella novella è che questa parola è rivolta anche a ciascuno di noi. Questa è la scena del nostro battesimo: Tu sei mio figlio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento!
Mi dirai che questa Voce tu non l’hai sentita e che ti sembra che il cielo sia chiuso sopra di te. Ma questa Voce oggi viene dal cielo della tua anima e viene ascoltata dall’orecchio della fede. E possiamo sentirla ogni giorno quando, all’inizio della giornata, facciamo il segno della croce, che evoca proprio il nostro battesimo, la nostra immersione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ogni giorno siamo immersi nella Trinità e il Padre ci ripete le tre parole, per portare luce, amore e coraggio per affrontare la giornata.

Una nuova partenza

Oggi Gesù inizia il suo ministero, con la forza della rivelazione del Padre e della dolce presenza dello Spirito, quale colomba che trova nel suo cuore il nido. Anche noi siamo animati a ripartire, ancora una volta, riprendendo la quotidianità dopo le feste natalizie. Siamo invitati a ripartire da una nuova consapevolezza e da una rinnovata fiducia nella grazia del nostro battesimo.“Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi” (Isaia 40,31).

Concludo con alcune citazioni di una bellissima lectio sul battesimo, fatta dal nostro caro e compianto Benedetto XVI, e che vi invito a leggere:
Dio non è più molto lontano per noi, non è una realtà da discutere – se c’è o non c’è –, ma noi siamo in Dio e Dio è in noi. La priorità, la centralità di Dio nella nostra vita è una prima conseguenza del Battesimo. Alla questione: “C’è Dio?”, la risposta è: “C’è ed è con noi; c’entra nella nostra vita questa vicinanza di Dio, questo essere in Dio stesso, che non è una stella lontana, ma è l’ambiente della mia vita”. Questa sarebbe la prima conseguenza e quindi dovrebbe dirci che noi stessi dobbiamo tenere conto di questa presenza di Dio, vivere realmente nella sua presenza…

Divenire cristiani non è una cosa che segue da una mia decisione: “Io adesso mi faccio cristiano”. Certo, anche la mia decisione è necessaria, ma soprattutto è un’azione di Dio con me: non sono io che mi faccio cristiano, io sono assunto da Dio, preso in mano da Dio e così, dicendo “sì” a questa azione di Dio, divento cristiano.
Divenire cristiani, in un certo senso, è “passivo“: io non mi faccio cristiano, ma Dio mi fa un suo uomo, Dio mi prende in mano e realizza la mia vita in una nuova dimensione. Come io non mi faccio vivere, ma la vita mi è data; sono nato non perché io mi sono fatto uomo, ma sono nato perché l’essere umano mi è donato. Così anche l’essere cristiano mi è donato, è un “passivo” per me, che diventa un “attivo” nella nostra, nella mia vita. E questo fatto del “passivo”, di non farsi da se stessi cristiani, ma di essere fatti cristiani da Dio, implica già un po’ il mistero della croce: solo morendo al mio egoismo, uscendo da me stesso, posso essere cristiano…

La nostra sfida è vivere questo dono in un cammino post-battesimale, sia le rinunce che il “sì” che abbiamo professato, e vivere sempre nel grande “sì” di Dio. Questo comporta, naturalmente, la lotta contro il peccato.

La parola peccato appare a molti quasi ridicola, perché dicono: “Come! Dio non possiamo offenderlo! Dio è così grande, che cosa interessa a Dio se io faccio un piccolo errore? Non possiamo offendere Dio, il suo interesse è troppo grande per essere offeso da noi”.
Sembra vero, ma non è vero. Dio si è fatto vulnerabile. Nel Cristo crocifisso vediamo che Dio si è fatto vulnerabile, si è fatto vulnerabile fino alla morte. Dio si interessa a noi perché ci ama e l’amore di Dio è vulnerabilità, l’amore di Dio è interessamento dell’uomo, l’amore di Dio vuol dire che la nostra prima preoccupazione deve essere non ferire, non distruggere il suo amore, non fare nulla contro il suo amore perché altrimenti viviamo anche contro noi stessi e contro la nostra libertà. E, in realtà, questa apparente libertà nell’emancipazione da Dio diventa subito schiavitù di tante dittature del tempo, che devono essere seguite per essere ritenuti all’altezza del tempo., e così vivere bene.

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano 5 gennaio 2023

Lasciar fare a Dio

«Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?» (Mt 3, 14). Con queste parole Giovanni il Battista esprime il suo stupore al vedere Gesù in coda tra coloro che si preparano a ricevere il battesimo al Giordano. Il comportamento del Signore sembra scardinare le certezze del Battista, che aveva come missione e scopo dell’esistenza proprio preparare l’azione del Messia. Come è possibile che Gesù adesso chieda a me qualcosa che sono sicuro di non potergli dare? Il comportamento del Signore aiuta il Battista e ognuno di noi ad accorgerci che la salvezza non dipende da quello che pensiamo di avere capito e di saper fare con le nostre forze. A Giovanni Gesù non offre una spiegazione ma dice semplicemente: «Lascia fare per ora» (Mt 3, 15).

La salvezza non dipende dalla perfezione dell’operato di Giovanni, ma dalla sua paziente disponibilità a lasciar fare a Dio. Più di cinquant’anni fa, Joseph Ratzinger lo esprimeva con una chiarezza cristallina: «A partire dalla fede cristiana, resta assodato: l’uomo non raggiunge veramente sé stesso grazie a ciò che fa, bensì grazie a ciò che riceve… E non si può divenire integralmente uomini fuorché venendo amati, lasciandosi amare» (Introduzione al cristianesimo, p. 257).

A questo proposito Papa Francesco offre un suggerimento pratico: «Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità». La vita di ognuno di noi è un dono e anche una chiamata, che è cominciata nel nostro battesimo. Ogni giorno siamo invitati a custodire e coltivare questa chiamata attraverso i nostri comportamenti quotidiani, lasciando fare a Dio e chiedendogli aiuto con semplicità: «Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore», perché «questa santità a cui il Signore ti chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti» (Gaudete et exsultate, n. 15-16).

Se ci pensiamo, le persone buone che incontriamo nella nostra vita sono uomini e donne sorridenti, disponibili, accoglienti, capaci di ascoltare e di mettersi al servizio degli altri attraverso piccoli gesti visibili, innanzitutto nella vita normale, in famiglia e sul luogo di lavoro.

«Allora egli lo lasciò fare» (Mt 3, 15). Anche ognuno di noi, come il Battista, può lasciar agire Dio nella propria vita, accogliendo con fiducia la chiamata battesimale a essere ogni giorno un poco migliore, restando una persona normale: un “santo della porta accanto”.
[Carlo De Marchi – Vaticannews]

Nel Giordano per ascoltare la lezione di Dio sul suo Messia

Is 42,1-4.6-7; Salmo 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17

Il ciclo di Natale ha un carattere prevalentemente epifanico, nel senso della manifestazione della gloria e dell’amore di Dio nell’umanità di Gesù. Anche e soprattutto il battesimo di Gesù possiede una rilevanza epifanica. I fenomeni straordinari che accompagnano questo evento ne sono una confermazione: i cieli aperti, la voce dal cielo e la discesa dello Spirito Santo. I cieli aperti sono segno della riconciliazione tra Dio e la terra. La voce del Padre riconosce in Gesù il Figlio prediletto. Lo Spirito che sta sopra di lui lo consacra sacerdote, profeta e re.

L’esperienza battesimale di Gesù coincide con la sua consacrazione mediante lo Spirito Santo e la potenza di Dio per compiere la sua missione di salvatore degli esseri umani sottoposti al potere del diavolo. E’ l’investitura dal cielo del Messia o, in altri termini, sono le credenziali che il Padre dà al proprio Figlio. Il Padre ci invita a riconoscere colui che è stato mandato dal Lui, a scoprire la sua missione e a rispondere alla domanda fondamentale: “chi è Gesù?”.

Con il suo immergersi nelle acque del Giordano, e col suo risalire sull’altra sponda del fiume, Gesù ha prefigurato la sua morte e la sua risurrezione. Il “senza peccato” ha accettato di presentarsi e di confondersi con i peccatori. In questo gesto del Cristo è già racchiusa quella logica della solidarietà con la folla dei peccatori che lo porterà sulla croce a morire per i peccati del popolo. E’ trovando il nostro posto, in mezzo a coloro che riconoscono di aver bisogno della misericordia di divina, nella fila di coloro che sentono l’esigenza della conversione, che è possibile stabilire un contatto con Cristo. Quindi non serve a nulla essere insoddisfatti degli altri o di lamentarsi per gli altri, risulta anzitutto decisivo di essere insoddisfatti di sé e scoprire che non siamo a posto, che non siamo ciò che dovremmo essere. Con il suo battesimo, in verità, il “senza peccato” prende su di sé i nostri peccati, e ci introduce sulla via della purificazione e del rinnovamento.

Siamo così introdotti nel mistero di Gesù, vero uomo che porta su di sé i peccati del mondo, e vero Dio che ci dona la vita con lo Spirito di Dio. La festa del battesimo di Gesù ci porta quindi a pensare al nostro battesimo. L’idea del battesimo di Gesù come abilitazione al suo compito messianico è favorita dalla prima lettura che riporta integralmente il primo canto del “servo del Signore”. In esso si presenta l’elezione e l’investitura del Servo da parte di Dio per compiere una missione di liberazione dei prigionieri. Dio pone in lui la sua compiacenza; egli porterà la rivelazione tra le genti, agirà con costanza, riservatezza e generosità, per salvare Israele; sarà luce tra le nazioni, e le libererà da ogni male.

Questo misterioso “Servo di Dio” sarà mediatore di salvezza con la sua obbedienza ed umiltà, come pure con le sue opere di misericordia. Queste prerogative sono proprie di Gesù Cristo. Infatti, la Chiesa fin dai primi tempi ha scorto in questo personaggio misterioso la figura di Gesù.

La seconda lettura, dagli Atti, ci presenta parte di un discorso di Pietro nella casa di Cornelio, in cui egli riconosce che Dio non fa preferenze tra giudei e pagani, ma chi lo teme e pratica giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Per questo, ricorda Pietro, dopo il battesimo sul Giordano, Gesù è passato tra gli uomini beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. Si tratta, in questo discorso, di un chiaro invito a eliminare le barriere di ogni tipo. D’altra parte, il timore di Dio e l’attuazione della sua volontà sono la piattaforma del cammino di fede. “Si deve compiere ogni giustizia”.

Nel dialogo tra Gesù e Giovanni si scontrano le concezioni messianiche opposte: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”. Ed è Giovanni che deve piegarsi al piano di Dio. “Adempiere ogni giustizia” vuol dire sottomettersi alla volontà di Dio, accogliere il suo progetto di salvezza, corrispondere pienamente a esso e impegnarsi a realizzarlo.

La “giustizia”, di cui si parla anche nel canto del servo di Isaia, è la volontà di Dio, quello che Egli da sempre ha liberamente deciso per la salvezza degli esseri umani. In generale, per noi, è una dichiarazione programmatica o un invito di disponibilità permanente a vivere nella prospettiva del Regno, attuando sempre la volontà di Dio.
Don Joseph Ndoum

Dal Battesimo nasce la Missione

Isaia 42,1-4.6-7; Salmo 28; Atti 10,34-38; Matteo 3,13-17

Riflessioni
Il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano è una delle tre grandi epifanie, che la liturgia della Chiesa canta nella solennità dell’Epifania del Signore, assieme alla manifestazione ai magi venuti dall’Oriente e al miracolo nelle nozze di Cana. Anche il battesimo è una presenza ed una manifestazione missionaria di Gesù. Liturgicamente, celebriamo oggi una festa-ponte tra l’infanzia di Gesù e la sua vita pubblica: il tempo di Natale termina con la festa del Battesimo di Gesù, che lo introduce nella vita pubblica. Ma c’è di più: fin dall’inizio, la predicazione missionaria degli Apostoli sulla vita di Gesù cominciava “dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui Egli è stato di mezzo a noi assunto in cielo” (Atti 1,22). Gesù non inizia la sua vita pubblica con un sacrificio nel tempio, ma nel fiume della vita, in piena solidarietà con le vicende della famiglia umana. 

La dimensione universale di questa epifania emerge in forma concreta dalle letture. Ce lo conferma Pietro (II lettura) in casa del centurione Cornelio a Cesarea. Superata con fatica la resistenza iniziale - sua propria e della comunità ecclesiale - Pietro fa visita, accoglie Cornelio e ne difende l’ingresso nella Chiesa, affermando una verità fondamentale per la missione e per la teologia della salvezza offerta ad ogni persona, anche se non ufficialmente cristiana: “Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (v. 34-35).

Il fatto del Battesimo del Signore getta una grande luce sull’identità e la missione di Gesù (Vangelo). In Lui si manifesta la Trinità santa: il Padre lo proclama suo Figlio, “l’amato” (v. 17); lo Spirito discende su di Lui (v. 16). Il Padre è la voce, il Figlio è il volto, lo Spirito è il vincolo. La missione di Gesù è prefigurata già nel primo canto del Servo del Signore (I lettura), con un compito che oltrepassa i confini d’Israele e arriva alle nazioni (pagane) come luce e salvezza (v. 1 e 6). La sua è una missione che rifugge dai toni strepitosi e dirompenti (v. 2); sarà invece di sostegno, ricupero e valorizzazione dei più deboli (v. 3 e 7); potendo contare sempre sulla forza di Colui che l’ha “preso per mano” (v. 6). Si tratta di un programma entusiasmante, atto a riempire la vita di qualunque persona capace di amore e di ideali generosi. Inoltre il programma del Servo riguarda sia le persone singole, che una comunità, o anche un popolo.

Nel Vangelo Gesù, facendo sua la missione del Servo e sentendosi, al tempo stesso, figlio e fratello, si mette in fila con i peccatori, fa la coda come tutti, attende il suo turno, come un uomo comune, per ricevere, anche Lui, innocente, il battesimo da Giovanni Battista per il perdono dei peccati. Si manifesta qui la totale solidarietà che Gesù sente con tutta la famiglia umana, di cui è membro a pieno titolo. Una solidarietà fino al punto che “non si vergogna di chiamarli fratelli” (Eb 2,11). Profondo è il commento di S. Gregorio Nazianzeno, descrivendo la scena del battesimo: dopo essersi immerso nel fiume, “Gesù sale dalle acque e porta con sé in alto tutto intero il cosmo” (Ufficio delle Letture). Egli è veramente il Servo solidale e sofferente, l’Agnello che carica su di sé i delitti di tutti (cfr. Is 53,4-5.12). Eppure, è sempre Lui il Figlio prediletto, nel quale il Padre misericordioso si compiace! (*)

La stupenda riflessione teologica di Gregorio Nazianzeno trova anche un riscontro geografico nel luogo dove, presumibilmente, si è realizzato il battesimo di Gesù. Il luogo potrebbe essere Bet-Araba, nello stesso guado del fiume, attraverso il quale Giosuè fece entrare il popolo nella Terra promessa (Gs 3,14s). Secondo i geologi, questo sarebbe il punto più basso della terra: - 400 m sotto il livello del mare. Da quella profondità depressa Gesù emerge dall’acqua del Giordano, si eleva verso l’alto, caricando sulle sue spalle l’umanità intera, il cosmo. La sua preghiera al Padre poteva essere quella del salmo De Profundis: “Dal profondo a Te grido, o Signore… Perché con il Signore è la misericordia e grande è con Lui la redenzione” (Sal 130,1.7). La vicinanza solidale di quel Servo, Figlio e Fratello, vero Dio e vero uomo, è la base dell’impegno missionario, che per ogni cristiano si fonda e nasce dal Battesimo, il sacramento che ci introduce nella vita della Trinità e della Chiesa, per portare al mondo la vita buona del Vangelo, con la speranza di un mondo che può essere sempre rinnovato.

Parola del Papa

(*) Gesù si immerge nella folla, si unisce ad essa assumendo pienamente la condizione umana, condividendo tutto, eccetto il peccato. Nella sua santità divina, piena di grazia e di misericordia, il Figlio di Dio si è fatto carne proprio per prendere su di sé e togliere il peccato del mondo: prendere le nostre miserie, la nostra condizione umana. Perciò anche quella di oggi è una epifania, perché andando a farsi battezzare da Giovanni, in mezzo alla gente penitente del suo popolo, Gesù manifesta la logica e il senso della sua missione”.
Papa Francesco
Angelus nella festa del Battesimo del Signore, 13 gennaio 2019

Sui passi dei Missionari

- 12/1: Festa del Battesimo del Signore: in solidarietà con tutta la famiglia umana, Gesù si mise in coda come tutti i peccatori, aspettando il suo turno; risalendo poi dalle acque, “portava su di sé il mondo” (Gregorio Nazianzeno).

- 12/1: S. Margherita Bourgeoys (1620-1700), nata in Francia e missionaria in Canada, fondatrice, si dedicò all’assistenza degli emigranti, soldati e giovani; morì a Montreal.

- 12/1: B. Nicholas Bunkerd Kitbamrung (1895-1944), thailandese, sacerdote e martire a Tomhom, presso Bangkok; zelante predicatore del Vangelo, messo in carcere durante una persecuzione, si dedicò alla cura dei malati e rimase contagiato da tubercolosi. È l’ottavo martire thailandese (per i sette anteriori, vedi 16/12).

- 13/1: S. Ilario di Poitiers (Francia, ca. 310-367), dottore della Chiesa; fu detto “Atanasio dell’Occidente” per la tenace opposizione all’arianesimo, per cui soffrì la persecuzione e l’esilio.

- 14/1: B. Odorico da Pordenone (1265-1331), sacerdote francescano, missionario fra gli indiani, i tartari, i cinesi fino a Kambalik (oggi Pechino), convertendo molti alla fede di Cristo. Ivi collaborò per alcuni anni con Giovanni da Montecorvino (vedi 3/1).

- 14/1: B. Devasahayam (Lazzaro) Pillai (India, 1712-1752), laico sposato, induista. La sua conversione al cristianesimo non fu ben vista, per cui fu minacciato, torturato, ucciso.

- 14/1: B. Pietro Donders (1805-1887), sacerdote redentorista olandese, missionario per 45 anni nella Guyana Olandese (Surinam), dedicandosi specialmente ai lebbrosi a Batavia.

- 15/1: S. Francesco Fernández de Capillas (1607-1648), sacerdote domenicano spagnolo, missionario nelle Filippine e poi in Cina, dove fu ucciso dai tàrtari Manciù. È considerato il protomartire della Cina. Fu canonizzato assieme a numerosi altri martiri della Cina il 1°/10/2000.

- 15/1: S. Arnold Janssen (1837-1909), sacerdote tedesco, fondò a Steyl (Olanda) la Società missionaria del Verbo Divino (Svd-Verbiti). Assieme alla B. Maria H. Stollenwerk (+1900) e alla B. Jozefa Stenmanns (+1903), fondò due congregazioni missionarie femminili: le Serve dello Spirito Santo e le Serve dello Spirito Santo dell’Adorazione perpetua. 

- 15/1: Nascita di Martin Luther King ad Atlanta, USA, (1929): leader dei diritti civili, integrazione razziale e “nonviolenza attiva”. Premio Nobel della Pace (1964), assassinato il 4/4/1968.

- 15/1: Ricordo di Olivier Clément (1921-2009), laico francese, battezzato nella Chiesa ortodossa, scrittore e promotore del dialogo ecumenico; fu uno degli osservatori laici nel Concilio Vaticano II.

- 16/1: Ss. Berardo e altri quattro francescani, i primi missionari mandati da S. Francesco in Marocco a predicare il Vangelo ai musulmani; in seguito ad alcuni eccessi di zelo, furono uccisi a Marrakech (+1220) per ordine di un capo islamico. Sono i protomartiri dell’Ordine francescano.

- 16/1: S. Giuseppe Vaz (1651-1711), sacerdote dell’Oratorio di S. Filippo Neri, nato a Goa (India), dove fondò l’Oratorio; fu un missionario instancabile in India e Sri Lanka; canonizzato da Papa Francesco in Sri Lanka (2015).

- 16/1: Memoria di Roberto de Nobili (1577-1656), gesuita italiano, missionario nel sud dell’India, imparò varie lingue locali e adottò usi culturali indiani per annunciare il Vangelo in modo efficace, seguendo la metodologia di altri gesuiti in Oriente (Valignano, Ruggieri, Ricci, De Rhodes…).

- 16/1: B. Giuseppe Tovini (1841-1897), italiano di Brescia, voleva diventare missionario, studiò anche presso il Collegio Mazza a Verona, dove conobbe Daniele Comboni. Sposato e padre di 10 figli, uomo d’intensa vita spirituale, fu un modello di apostolo laico nel sociale: scuola, avvocatura, giornalismo, politica, università, società operaie, fondatore di banche cooperative…

- 17/1: S. Antonio abate, egiziano ultracentenario (+356), eremita nel deserto della Tebaide, chiamato “padre dei monaci”, famoso per santità e dono del consiglio; andò due volte ad Alessandria per confortare i cristiani perseguitati e difendere la fede. S. Atanasio ne scrisse la vita.

- 17/1: Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei.

- 18-25/1: Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. L’unità della Chiesa è finalizzata alla missione: uniti “affinché il mondo creda” (Gv 17,21). - Tema per il 2020: “Ci trattarono con gentilezza” (Atti 28,2).

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A cura di: P. Romeo Ballan – Missionari Comboniani (Verona)

Sito Web:   www.euntes.net    “Parola per la Missione”

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