Giovedì 16 marzo 2017
Il Corso comboniano di rinnovamento (Ccr) è un breve periodo sabbatico che l’Istituto regala a quei confratelli che vogliono fermarsi alcuni mesi per fare una rilettura sapienziale della propria vita, per poi ripartire per la missione. “In questo corso – scrive Fr. Alberto Degan, uno dei partecipanti –, coordinato da p. Siro Stocchetti e fr. Guillermo Casas, riceviamo ‘conferenze’ su diversi temi: l’autoconoscenza, la vita spirituale, il discernimento comunitario, il carisma comboniano, la visione della missione in papa Francesco, l’interculturalità, la dimensione sociale della fede, etc. La caratteristica del corso è che tutti questi temi non sono trattati in maniera accademica ma in chiave esperienziale”. Il Ccr 2017 termina il 31 maggio prossimo.

Ricordo che quando dissi che avrei fatto questo corso, alcune persone mi domandarono, stupite: “Il Corso di rinnovamento? Ma non sarebbe stato meglio scegliere un corso di missionologia o di teologia biblica?”. Certo, aggiornarsi sulle ultime riflessioni teologiche è importante, ma c’è qualcosa di ancora più importante nella vita di un missionario, quella che il papa chiama “memoria grata”: “La gioia del missionario brilla sempre sullo sfondo di una memoria grata” (Evangelii Gaudium 13). Come ci spiega padre David Glenday, “avere una memoria grata significa fare una rilettura sapienziale della tua vita che ti porta a rivisitare con gratitudine le varie esperienze della tua storia personale: tanto quelle che sono state fonte immediata di gioia come quelle che al momento furono invece fonte di tristezza.  L’evangelizzatore che non vive la memoria grata parte triste, e questo è contraddittorio”.

In questo corso, coordinato da p. Siro Stocchetti e fr. Guillermo Casas, riceviamo ‘conferenze’ su diversi temi: l’autoconoscenza, la vita spirituale, il discernimento comunitario, il carisma comboniano, la visione della missione in papa Francesco, l’interculturalità, la dimensione sociale della fede, etc. La caratteristica del corso è che tutti questi temi non sono trattati in maniera accademica ma in chiave esperienziale. In quest’ottica, come ci ha detto padre Glenday, “il carisma non è più visto come un oggetto, ma come un avvenimento, una relazione, un dialogo. Il carisma è ‘grazia’, cioè è Dio che agisce con amore. Dovremo dunque domandarci: dove sono stato amato e ‘graziato’? Il carisma è lì, dove mi sono sentito amato”.

I partecipanti al corso sono un gruppetto di 12 comboniani – 9 padri e 3 fratelli – provenienti da tre continenti: Africa, America ed Europa. Tutti noi stiamo vivendo questo periodo come un ‘regalo’, e di questo siamo profondamente riconoscenti all’Istituto e, in modo particolare, ai coordinatori del corso.

Oltre ai temi che ci sono proposti, condividiamo le nostre esperienze missionarie. Ogni settimana, a turno, uno di noi racconta la propria vita missionaria cercando, in modo particolare, di sottolineare dove e come ha sperimentato la grazia di Dio. Condividiamo anche la Parola di Dio: oltre alle celebrazioni eucaristiche, ogni lunedì mattina ci ritroviamo per una lectio divina sul testo della domenica successiva, divisi in due gruppi, uno di lingua italiana e un altro di lingua spagnola.

Ognuno di noi, poi, ha un incontro settimanale di accompagnamento spirituale e, per chi vuole, anche di accompagnamento psicologico.

Tra i vari temi che ci sono stati offerti, vorrei ricordare, in maniera particolare, la visione di missione in papa Francesco. Come ha ben sottolineato fr. Enzo Biemmi, secondo Francesco la priorità dell’evangelizzazione è fare in modo che tutte le persone, in qualsiasi situazione si trovino, possano entrare in contatto con la grazia di Dio. Ecco dunque che è molto importante, per aiutare gli altri a entrare in contatto con la carezza di Dio, rinnovare prima di tutto in noi la consapevolezza della presenza di questa carezza nella nostra vita, una carezza che non ci è mai venuta meno, sia nei momenti di ‘gratificazione’ che nei momenti di buio.

Fratel Biemmi ha sottolineato la novità del linguaggio di papa Francesco. In primo luogo, è un linguaggio ‘implicativo’, nel senso che Francesco si coinvolge sempre nel tema che tratta: non si pone mai fuori dal problema come se stesse parlando da una cattedra, ma parla a partire dalle sue esperienze personali ed ecclesiali. In secondo luogo, è un linguaggio ‘ospitale’, nel senso che accoglie il punto di vista di chi legge, partendo sempre dalla “carne sofferente” della gente (EG270). In terzo luogo, è un linguaggio ‘significativo’, nel senso che fa sempre riferimento alla misericordia e all’amore di Dio, che dà significato al nostro camminare, in qualunque situazione ci troviamo.

Fr. Alberto Degan, missionario comboniano, a Roma

E questa non è solo una questione di linguaggio; così è come dovrebbe essere anche la Chiesa:

a) pellegrina, cioè una Chiesa che non sta fuori dei problemi fornendo ricette preconfezionate, ma una Chiesa che vive in prima persona certi interrogativi, e che è anche lei in ricerca di come vivere la pienezza nel mondo di oggi;

b) ospitale, cioè una Chiesa che ascolta la gente e vive in mezzo alla gente;

c) misericordiosa, cioè una Chiesa che, che con il suo modo di essere e di fare, testimonia sempre la presenza della carezza e della misericordia di Dio.

Così siamo chiamati ad essere anche noi missionari – pellegrini, ospitali e misericordiosi - preoccupati di salvaguardare sempre la dimensione umana della vita.

Siamo consapevoli che questo periodo sabbatico di rilettura della nostra vita farebbe bene anche a tanti laici, a tante madri e padri di famiglia, che però non se lo possono permettere. Chiediamo dunque a Dio che ci aiuti a sfruttare bene questo regalo che ci viene offerto, per poi ripartire con gioia e con un grande senso di gratitudine.
Fr. Alberto Degan


Il gruppo del Ccr ha celebrato la Santa Messa, presieduta dal Superiore Generale, P. Tesfaye Tadesse,
presso la tomba di San Pietro sotto la Basilica vaticana.