Sabato 1 dicembre 2018
Il Gruppo di riflessione sull’islam si è riunito dal 26 al 28 novembre 2018 a Lilongwe, in Malawi. Il Gruppo riunisce i missionari comboniani rappresentanti dell’Africa anglofona e francofona e vuole essere uno strumento per approfondire alcuni temi sull’islam e offrire proposte pastorali per quanto riguarda il rapporto tra cristiani e musulmani. Su questo punto ha insistito la lettera del Consiglio Generale (vedi allegato) ai partecipanti, ricordando quanto sia importante che “il gruppo di riflessione non abbia solo finalità formative ma […] dia anche indicazioni pastorali che siano concrete e percorribili”. I partecipanti all'incontro hanno scritto una lettera in francese e inglese (vedi allegato) ai confratelli, suore e laici comboniani che lavorano in Centrafrica. Nessuno dal Centrafrica è venuto all'incontro dovuto all’instabilità che si vive nel paese.

Nell’incontro precedente, che si era tenuto a Lomé (Togo) dal 29 novembre al 4 dicembre 2015, si era parlato di fondamentalismo islamico in Africa e soprattutto nelle zone in cui i Comboniani sono presenti. In questo incontro si era deciso di preparare un questionario sulla presenza dell’islam nell’Africa francofona e anglofona, nelle zone dove i Comboniani lavorano. Il questionario sarebbe stato mandato a tutte le circoscrizioni dell’Africa. Le risposte pervenute al Segretario Generale della Missione sono state raccolte, messe in ordine ed elaborate secondo i temi a cui era stato chiesto di rispondere. Il volume ‘Inchiesta sulla presenza dell’islam nell’Africa anglofona e francofona nelle zone/parrocchie dove lavorano i missionari comboniani’ è il risultato del questionario. Nelle conclusioni si era sottolineata l’importanza di una conoscenza non superficiale dell’islam (e l’impegno di far conoscere ai cristiani delle nostre parrocchie questioni importanti dell’islam) che aiutasse a superare i luoghi comuni e i pregiudizi; la rilevanza delle scuole come “luoghi educativi di incontro e laboratori di coabitazione pacifica e di dialogo”; l’importanza della pastorale giovanile, comprendendo anche e soprattutto i giovani che non frequentano le nostre parrocchie (i giovani senza lavoro e dall’incerto avvenire sono i più vulnerabili ad un messaggio di tipo fondamentalista); la necessità di collaborazione con i musulmani nel settore di giustizia e pace; infine, il lavoro di animazione della Chiesa locale nello studio e nell’incontro con l’islam.

L’incontro di Lilongwe ha affrontato altri temi, in particolare il matrimonio nella legislazione islamica e le implicazioni pastorali dei matrimoni tra cristiani e musulmani, l’espansione dell’islam in Africa e le aree di conflitto tra cristiani e musulmani.

P. Simon Mbuthia, comboniano e insegnante al Dar Comboni del Cairo, ha parlato del matrimonio nella legislazione islamica sottolineando che esso è soprattutto un contratto che lega la donna e l’uomo a precisi doveri e diritti dove, però, lo stato della donna è inferiore rispetto a quello dell’uomo. Il matrimonio misto incontra grandi difficoltà, soprattutto oggigiorno in cui tendenze integraliste si fanno sentire e la legislazione islamica si arroga il diritto di regolare il matrimonio.

Il prof. Tobias Jere e Hamid Kongwe hanno condiviso esperienze di dialogo in Malawi mettendo in risalto come, nell’epoca del multipartitismo, le comunità religiose si siano unite nella richiesta di un buon governo e di trasparenza, e la collaborazione tra le diverse fedi sia stata fondamentale nello svolgimento di elezioni pacifiche.

Altrettanto interessante è stato il contributo di p. Felix Piri, dei Missionari d’Africa, che ha parlato dello stato attuale dell’islam nell’Africa sub-sahariana: espansione e influenza nella politica, nell’economia e nella società. P. Felix ha spiegato che l’islam nell’Africa sub-sahariana si è esteso in tre modi: attraverso i mercanti (soprattutto all’inizio), le corti, cioè il momento in cui l’islam viene adottato dai governanti, e la penetrazione capillare nella società attraverso le confraternite sufi. Oggi, l’islam si rafforza e si propaga attraverso la Da’wa, cioè l’azione di propaganda che usa diversi mezzi, dai centri di studi alle costruzioni di moschee, dai mezzi di comunicazione ai predicatori itineranti. È diretta sia ai musulmani che ai non-musulmani. Il secondo mezzo, ancorché limitato, è la Jihad, che vuole non solo propagare un islam intollerante ma imporlo con la forza; vi sono diverse cellule di questo islamismo militante e violento (Boko Haram, Al-Shabaab, Al Qaeda) in diverse arti dell’Africa. Infine, l’islamizzazione della società usando diversi strumenti e che può iniziare con richieste apparentemente innocue come l’adozione della legislazione islamica per regolare i rapporti matrimoniali tra musulmani e questioni di eredità.

P. Richard Kyankaaga, responsabile del Dar Comboni al Cairo, ha presentato le aree di conflitti interreligiosi nell’Africa subsahariana. P. Richard ha sottolineato come le primavere arabe nel 2011 – quei moti di protesta spontanea per una società più democratica e prospera e contro i governi corrotti e dittatoriali – siano state usate da alcuni gruppi che hanno minato regimi politici creando uno stato di anarchia che, di fatto, ha favorito i gruppi terroristici. P. Richard ha continuato presentando alcune aree di conflitti, dalla Nigeria al Mali, dalla Somalia al Mozambico. La mancanza di successo nella lotta contro i gruppi terroristici da parte dei governi è in parte dovuta alla corruzione nei governi stessi e negli apparati di polizia e dell’esercito.

Alla fine dell’incontro, i partecipanti si sono accordati su alcune priorità tra cui far conoscere alle comunità delle circoscrizioni (a livello comunitario, zonale e nella assemblee provinciali) i contenuti dell’incontro di Lilongwe; animare le Chiese locali (i sacerdoti, i catechisti e la gente) su aspetti importanti dell’islam e sulla sua presenza nell’Africa sub-sahariana; riprendere il questionario e coinvolgere tutte le comunità delle circoscrizioni (nel precedente questionario solo 18 su 160 presenti in Africa avevano risposto, e 6 circoscrizioni su 13 avevano presentato un rapporto); presentare un resoconto dell’incontro durante l’assemblea annuale dei provinciali e incoraggiarli perché animino le loro circoscrizioni ad affrontare tematiche sulla presenza dell’islam; infine, aggiornare il sito, strumento di informazione e formazione sull’islam per i missionari comboniani.

L’islam è una presenza nel panorama mondiale, e specialmente nell’Africa sub-sahariana, che non possiamo ignorare. È in un rapporto positivo con i fedeli di questa religione che si giocherà la pace nei prossimi anni. Perciò la conoscenza dell’islam, gli sforzi di collaborazione con le persone di religione musulmana, ma anche il compito di aiutare i cristiani a superare i pregiudizi e i sospetti che minano le relazioni sociali e la coabitazione pacifica, dovrebbero essere le sfide pastorali dei prossimi anni.
P. Mariano Tibaldo mccj
Segretario generale della missione

Nella foto sopra, da sinistra in piedi: Fasil Kebede (Kenya), Hamid Kongwe (musulmano, Malawi), Simon Mbugua (EGSD) Enrico Gonzales (Chad), Edward Kanyike (provinciale del MZ), Richard Kyankaaga (provinciale del EGSD), Ghislain Amoussou (South Sudan), Jude Burgers (provinciale South Africa),
Felix Piri (Missionario d’Africa). In prima fila da sinistra: Isaiah Nyakundi (Ethiopia), Crispim Baraja (Mozambique), Jean Marie Munketalingi (MZ),
scol. Cosmas Musonda (Servizio missionario in MZ), Désiré Badola (MZ), Léopold Adanle (TGB), Mariano Tibaldo (Roma), Abraham Hailu (Kenya).