Sabato 30 maggio 2020
Gli incaricati della formazione dei vari Istituti missionari di fondazione italiana hanno riflettuto tra di loro lo scorso 23 maggio sull’importanza data nella formazione dei candidati e delle candidate alla missio ad gentes, ad extra e ad vitam e sulle sfide della prima partenza in missione
ad extra. Qui pubblichiamo l’esperienza dei missionari comboniani. Nella foto: la comunità dello Scolasticato internazionale comboniano a Casavatore (Italia).

SEGRETARIATO GENERALE DELLA FORMAZIONE
Missionari Comboniani

I formatori hanno cercato di rispondere alle seguenti due domande:

  1. Nell’accompagnare le/i giovani in formazione quali segni riscontriamo di recezione del carisma nella specificità della missione ad gentes, ad extra, ad vitam? Quali orientamenti pedagogici sembrano aiutare la crescita in questo aspetto così specifico che caratterizza la nostra identità?
  2. Molti delle/i nostri giovani fanno esperienza di una prima partenza per un altro Paese prima della professione perpetua: quali risorse, quali carenze riscontriamo e cosa favoriremmo per una più adeguata preparazione.
Scolasticato internazionale comboniano a Casavatore (Italia).

Condivisione sull’importanza data alla missio ad gentes, ad extra e ad vitam nella nostra formazione comboniana (MCCJ) e le sfide della prima partenza in missione ad extra.

Introduzione

Nostro padre e fondatore San Daniele Comboni ha incarnato in se, vissuto e trasmesso il carisma con la specificità della missio ad gentes, ad extra e ad vitam. Il carisma comboniano implica necessariamente un determinato modello di missione che deve ispirare la formazione comboniana nei suoi obbiettivi, nelle sue mete e nei sui mezzi. L’esperienza missionaria di San Daniele Comboni (un fondatore che è uscito di persona in missione in Africa dove è morto ed è sepolto) e dell’Istituto unitamente alla lettura continua della realtà socio-culturale determina il modo di vivere, fare e trasmettere la missione secondo il nostro carisma.

La grande sfida per noi attualmente è di trasmettere la visione teologica e contestuale che la Chiesa ha oggi della missione e la nostra eredità carismatica durante la formazione, sia iniziale che permanente. Questo implica preparare i giovani a conoscere i grandi mutamenti della società e a trovare i modi adeguati di evangelizzazione, per esempio di fronte alla globalizzazione, all’interculturalità, alle altre religioni, la questione socio-ambientale, ecc., in vista di un apostolato creativo.

I. Segni riscontrati nella formazione alla missio ad gentes, ad extra e ad vitam

Noi formatori in primis dobbiamo essere convinti e convincenti che siamo missionari ad gentes, ad extra, ad vitam: andiamo alle genti, fuori dal nostro Paese, impegnando tutta la nostra vita.

Questo faciliterà la nostra azione formativa in vista della missione.

Il giovane che entra nel nostro Istituto è chiamato a vivere in una comunità internazionale e interculturale, come missionario, dovrà annunciare il Regno di Dio in altre culture. È quindi indispensabile che il candidato già dalle fasi iniziali di formazione sia gradualmente aiutato:

    • Ad assumere la propria identità culturale e coscienza di popolo. Qui si vede l’importanza di essere radicato e di sentirsi bene nella propria cultura senza un complesso né di superiorità né di inferiorità.
    • Ad essere aperto alle ricchezze di altre culture, disposto a condividere con esse i propri valori culturali, ad accettare le diversità senza paure ed aggressività, a vivere in comunione, a collaborare e a donarsi. Si tratta dell’attenzione alla capacità di essere oggettivo e di fare il necessario salto culturale.
    • Ad essere aperto all'ascolto e al dialogo con persone e gruppi che hanno punti di vista diversi. Bisogna insistere sul dialogo, come metodo per costruire l’incontro, la relazione, la comunicazione, l’annuncio.
    • A coltivare le motivazioni evangeliche ed autentiche. La consacrazione a Dio per la missio ad vitam la si può fare solo per il Vangelo. La nostra Regola di Vita dice: “L’incontro personale con Cristo è il momento decisivo della vocazione del missionario.” (RdV 21.1)

II. Orientamenti pedagogici (cf. MCCJ Ratio Fundamentalis)

Come mezzi per raggiungere questo obiettivo si danno i seguenti suggerimenti:

  1. Offrire il necessario aiuto perché siano superati il nazionalismo, il tribalismo e la diffidenza verso razze o culture diverse.
  2. Accompagnare i formandi nel processo di acquisire l’atteggiamento di apertura, accoglienza e di ospitalità nei confronti di tutti.
  3. Stimolare il senso critico verso la propria e le altrui culture.
  4. Esercitarsi nello studio, lavoro e apostolato in équipe per incoraggiare il confronto e verificare la capacità di collaborazione.
  5. Incoraggiare lo sforzo per imparare bene la lingua ufficiale del proprio paese; e ad essere pronto a imparare una o più lingue estere. L’impegno di imparare la lingua e la cultura locali è fondamentale.
  6. Inviare i formandi verso i nuovi poveri di oggi, incoraggiare “esperienze concrete, accompagnate con prudenza dal formatore, per sviluppare le disposizioni apostoliche, le capacità di adattamento e lo spirito di iniziativa, di relazione con la cultura circostante” (Vita Consecrata 67). Qui si nota l’importanza di formare alla capacità di analisi e di rilettura delle esperienze apostoliche per vedere come Dio si fa presente nella propria vita e per percepire le sfide della missione.
  7. Aiutare i formandi ad interiorizzare la missio ad extra come un esodo costante dalle proprie sicurezze, dai propri progetti e schemi, per inserirsi in ogni contesto e ambito di lavoro missionario, privilegiando i poveri.
  8. Coscientizzazione su questioni di giustizia, pace e integrità del creato (GPIC). Introdurre i formandi alla comprensione della mappatura ministeriale delle nostre missioni oggi.
  9. Familiarizzarsi con i fondamenti biblici della missione e con la storia della missione in generale e quella dell’Istituto includendo il nostro carisma vissuto al femminile (SMC); informazioni regolari sulle circoscrizioni comboniane attraverso i bollettini e riviste missionarie; incontri con missionari e le loro testimonianze. Presentazione di altri Istituti missionari.
  10. Infondere le qualità interiori che sono più specificamente utili ad un buon missionario:
  • la fedeltà alla vocazione e alla missione, anche quando si soffre un’ostilità esterna oppure la solitudine oppure l’apparente infruttuosità pastorale;
  • il silenzio, come momento d’interiorizzazione e di contemplazione; la libertà interiore.
  • la capacità di ascoltare i problemi e la sensibilità della gente; Amare la gente locale.
  1. Sviluppare i valori missionari, come:
  • la kenosis: esperienza dell’incarnazione e della missione del Cristo, che diventa spogliazione interiore e solidarietà; L’umiltà e l’evangelizzazione nella povertà: – si va in missione non come padroni o maestri ma come fratelli e discepoli missionari, pronti ad imparare e a lasciarsi evangelizzare dai poveri.
  • il servizio, nella sua gratuità e nella sua povertà, che lo rende a volte apparentemente inutile.
Scolasticato internazionale comboniano a Casavatore (Italia).

III. Sfide della prima partenza per la missione

Risorse

Nel nostro iter formativo il postulato come prima fase del processo d’identificazione vocazionale comboniana si fa nel proprio Paese e contesto culturale. Il noviziato è inter-provinciale nel proprio continente, mentre il tempo dei voti temporanei è vissuto in un contesto internazionale e inter-continentale. Dopo il teologato c’è un anno pastorale nella missione prima dell’ammissione ai voti perpetui e agli ordini sacri. Dunque c’è una gradualità nell’esporsi all’esperienza della missio ad gentes e ad extra con l’esperienza della multiculturalità e interculturalità.

Come preparazione immediata al lavoro missionario a ognuno è offerta la possibilità di un corso di lingua e di iniziazione pastorale. Ciascuno è pure introdotto alla comprensione della situazione socio-politica del Paese a cui è destinato. Per tutto questo ci vuole un tempo sufficiente (da sei mesi a un anno) durante la quale il giovane missionario non deve ancora essere caricato di altri impegni.

Carenze

  1. Si nota come per alcuni giovani missionari la prima partenza ancora costituisce uno choc culturale molto forte.
  2. C’è l’uscita geografica apparente che però non è sempre un lasciare per un nuovo incontro con la gente nella missione. L’importanza dunque di uscire da se stessi, cioè, un decentralizzarsi.
  3. L’uso eccessivo dei mezzi di comunicazione e i social media che favorisce i contatti virtuali con il proprio ambiente di provenienza a scapito dell’incontro reale con la gente locale in missione.
  4. Per alcuni si nota la tendenza ad evitare la missione difficile, perché non si è più abituati ad una vita semplice e sobria.
  5. Qualche volta c’è la difficoltà di trovare comunità di missionari stagionati disposti ad iniziare i giovani missionari e ad accompagnarli in missione.
  6. La pluralità del concetto della missione oggi nella Chiesa e nell’Istituto dove ci sono tendenze che dicono che la nostra missione è ovunque (non necessariamente ad gentes o ad extra) ma inter gentes e policentrica, cioè da ovunque a dappertutto. Il Capitolo Generale del 2015 parla della missione comboniana in Europa che non è più solamente il continente della animazione missionaria e vocazionale. (Atti Capitolari 2015, n.46)
  7. Nella mentalità del mondo attuale dove tutto è transitorio e niente è permanente sembra contro-corrente parlare di un impegno per la missione ad vitam. Alcuni giovani missionari pensano alla missione come un periodo di esperienza più o meno lungo dopodiché si rientra a casa.

P. John Baptist Keraryo Opargiw, MCCJ (Segretario Generale della Formazione)
P. Alcides Costa, MCCJ (Assistente Generale Incaricato del Settore della Formazione)