P. John Baptist Opargiw: “La Formazione dura tutta la vita”

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Mercoledì 13 giugno 2018
“La formazione è il luogo in cui vengono verificati i valori che affermiamo di abbracciare: la nostra fede, la nostra capacità di amare, di perdonare, di chiedere perdono; la nostra consacrazione, la nostra vita di preghiera, la nostra passione per la missione, e la disponibilità per il bene degli altri soprattutto dei poveri”, ha detto oggi P. John Baptist Keraryo Opargiw, segretario generale della Formazione, durante la riflessione che ha fatto ai membri della Curia generalizia a Roma. P. John Baptist ha parlato sulla Formazione nel contesto dei numeri 80-101 della Regola di Vita comboniana.

Introduzione

Prendo spunto dall’importante osservazione che P. Carmelo Casile ha fatto all’inizio del nostro ultimo ritiro sulla Consacrazione, Comunità ed Evangelizzazione nella nostra Regola di Vita (RdV 56-71). P. Carmelo ha ribadito che “consacrazione, vita comunitaria e servizio missionario costituiscono una triade di elementi fondanti e strutturali su cui è basata la vita missionaria comboniana. Questa triade serve di base all’articolazione dei contenuti della Regola di Vita in quanto espressione qualificata della vita dell’Istituto”. Perciò è importante fare una lettura concordata delle varie sezioni della Regola di Vita per un miglior approfondimento del suo messaggio.

Nel processo della rivisitazione della Regola di Vita per riappropriarci questo documento ci siamo dicendo a più ripresa che l’impostazione dei primi capitoli sul carisma del Fondatore, l’Istituto, la vita consacrata, comunitaria e di preghiera e il servizio missionario (RdV 1-79) è un gioiello. Oggi indirizziamo la nostra attenzione sulla  formazione (RdV 80 -101) che è  anche essa un capo lavoro nella nostra Regola di Vita e s’intreccia bene con tutto il contenuto del documento. Nella formazione, si può dire che veramente tutti i nodi vengono al pettine! La formazione è il laboratorio in cui tutto ciò che siamo con i nostri problemi reali vengono alla superficie. La formazione è il luogo in cui vengono verificati i valori che affermiamo di abbracciare: la nostra fede, la nostra capacità di amare, di perdonare, di chiedere perdono; la nostra consacrazione, la nostra vita di preghiera, la nostra passione per la missione, e la disponibilità per il bene degli altri soprattutto dei poveri.

Il contenuto

Nel nostro testo RdV 80-101 c’è una struttura ben ordinata: Orientamenti fondamentali, Formazione di base o iniziale e Formazione permanente. Troviamo qui soprattutto nei numeri 80-85 ciò che possiamo considerare come fonti d’ispirazione per la nostra riflessione e azione formativa.

Si può cogliere dal testo i punti seguenti:

  • L’iniziativa di Dio che ci chiama ad essere apostoli e annunziatori del Vangelo. (80)
  • La formazione è una priorità nell’Istituto comboniano. La scelta e formazione dei futuri missionari è la prima e più importante missione dell’Istituto (Comboni)
  • Gli scopi della formazione:
  • Portare ad una forte esperienza di Dio da condividere con gli altri (81)
  • Iniziare un incontro personale con Comboni e con la storia e il vissuto dell’Istituto (81.2)
  • Vivere i valori della consacrazione missionaria (81.1)
  • Inserirsi nella vita della Chiesa (81.3)
  • Interessarsi della situazione reale del mondo contemporaneo (81.4)
  • La missione è criterio formativo: cosa bisogna essere e cosa imparare. In questo senso la missione è il principio prima­rio di discernimento vocazionale. (81, 81.1)
  • La formazione come un dialogo che mette insieme l’iniziativa di Dio che chiama e la risposta libera della persona chiamata. (82)
  • La formazione come crescita integrale – umana, cristiana e carismatica. Si tratta dello sviluppo di tutta la persona. (83)
  • La formazione è una iniziazione cristiana e carismatica, da iniziati a iniziandi.
  • Il ruolo fondamentale della comunità nella formazione. Si forma nella comunità e per la comunità.
  • La formazione come un cammino, un processo di crescita che dura tutta la vita. (85) In questo senso bisogna considerare la formazione permanente come un’esigenza intrinseca della consacrazione religiosa/missionaria e che si esprime  nella vita quotidiana.
  • Le mediazioni dell’esperienza formativa:
  • Tutti i confratelli sono coinvolti ed esercitano un influsso sulla formazione di base: testimonianza di vita, la preghiera, esperienza missionaria…. (86)
  • Il candidato in formazione è posto davanti alle sue responsabilità affinché le assuma nella docilità/docibilitas  allo Spirito Santo. (82)
  • San Daniele Comboni è mediazione dell’incontro personale dei comboniani con Cristo. (1.1, 81, 81.2, 92.3)
  • I Superiori maggiori hanno un ruolo non soltanto giuridico-burocratico ma svolgono un vero compito di discernimento e la responsabilità ultima nella formazione spetta a loro. La scelta e preparazione dei nuovi formatori rimane sempre una grande sfida.(86.2, 86.3)
  • I formatori come accompagnatori nel discernimento vocazionale, devono essere uomini di fede, con una positiva esperienza missionaria, in grado di comunicare vitalmente l’ideale comboniano, dotati della competenza dottrinale e pedagogica richiesta dalla loro funzione e capaci di vivere e lavorare in equipe. (87, 87.2)
  • La Regola di Vita è il nostro “codice di alleanza”. Durante il noviziato si studia e approfondisce la Regola di Vita e infatti, entrando nell’Istituto con la professione religiosa, il comboniano si impegna a vivere secondo le Costituzioni dell’Istituto dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù.” (92.3, 94,)
  • L’ambiente socio-ecclesiale: Non bisogna sottovalutare l’importanza formativa del contatto con la realtà socio-ecclesiale in cui vive il candidato. (81.3, 84.3, 85)
  • E’ interessante notare la descrizione delle tappe formative dal postulato, noviziato, periodo di voti temporanei (scolasticato/CIF) fino alla formazione permanente, con i loro obiettivi, specificità e  mezzi. Le tappe sono distinte ma questo non deve rendere frammentaria ne automatica la formazione. L’intenzione è che le fasi devono facilitare la continuità e la gradualità nella crescita dei formandi, rispettando la priorità del tempo antropologico anziché quello cronologico. Purtroppo sono ancora frequenti i casi di formandi che passano da una tappa al­l'altra e giungono alla professione perpetua senza essere stati toccati veramente nelle loro compagini più profonde. Individualisti erano, individualisti rimangono! Sistemati erano, sistemati rimangono. Impreparati per la missione erano, impreparati rimangono. E qui si nota già in germe il bloccaggio, la resistenza e l’impermeabilità vis-à-vis la formazione permanente.

(vedi anche RdV 20)

Vorrei attirare la nostra attenzione su tre punti salienti:

  1. La missione è criterio formativo. Qui si tratta di formare dalla missione, nella missione e per la missione. La missione deve essere sempre nell'orizzonte. Sarà la stella polare per tutte le decisioni e opzioni da compiere, nel campo della spiritualità, degli impegni pastorali, della formazione e delle specializzazioni.

“La missione forma” non deve rimanere solo uno slogan ma diventare un fatto reale e normale dove la vita odierna dei missionari comboniani sia il luogo in cui si possono toccare e vedere i frutti dei valori annunciati e proposti ai giovani in formazione. Dunque che cosa chiede oggi la missione alla formazione?  

E’ importante che i segni del nostro tempo, insieme alle nuove esigenze della missione,  illuminino la nostra formazione. Allora, come preparare i nostri futuri missionari? Ho l’impressione che attualmente stiamo preparandoli ad una missione generica. Comboni metteva il candidato davanti alla sfida dell’Africa. L’Istituto esigeva la consacrazione all’Africa. Invece oggi con la mentalità che tutto è missione, ci troviamo persi in un certo senso davanti alla società/missione liquida. E infatti, i dialoghi interminabili tra i Superiori maggiori e i confratelli giovani e anche quelli più “stagionati” in vista dell’assegnazione a una missione specifica, confermano questa genericità.

  1. La Formazione come esigenza di tutta la vita del missionario

“La formazione della persona consacrata è un itinerario che deve portare alla configurazione al Signore Gesù e all’assimilazione dei suoi sentimenti nella sua totale oblazione al Padre; si tratta di un processo che non finisce mai, destinato a raggiungere in profondità tutta la persona, affinché ogni suo atteggiamento e gesto riveli la piena e gioiosa appartenenza a Cristo, e perciò richiede la continua conversione a Dio. Esso mira a formare il cuore, la mente e la vita facilitando l’integrazione delle dimensioni umana, culturale, spirituale e pastorale”. (Vultum Dei Quaerere, n° 13) Questa citazione di Papa Francesco esprime benissimo l’orientamento fondamentale del nostro Istituto comboniano sulla formazione.

La nostra Regola di Vita (RdV) ai numeri 80 – 101 insiste sulla visione fondamentale della formazione, il suo scopo principale, la centralità della persona in un cammino che dura tutta la vita, il livello che la formazione deve raggiungere, i frutti della formazione e l’unità di tutto il cammino. Si vede come il cammino che noi Comboniani stiamo portando avanti è proprio consone con la visione di tutta la Chiesa, espressa anche nella citazione di Papa Francesco.

Un passo importante in ciò che si riferisce alla formazione è di mettere in stretta relazione la formazione iniziale con quella permanente. Non sono infatti due compartimenti separabili, la formazione iniziale deve concatenarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare ogni giorno della sua vita.

Infatti, è il quotidiano della vita del missionario, nella comunità comboniana  in cui svolge il suo ministero, che rappresenta l’ambito ordinario e normale della formazione permanente. La qualità della vita si misura dalla capacità di fare della routine, spesso caratterizzata da un certo grigiore, quella manna che ci sostiene e ci stimola nel nostro camminare nei deserti della vita.

Però è anche  normale che quel dinamismo interiore che permette di fare del quotidiano l’ambito normale e prioritario della formazione permanente, con il tempo, possa affievolirsi. La routine, l’attivismo, la stanchezza, lo stress, le difficoltà interiori ed esterne alla persona, i conflitti – tutte realtà normali nella vita del missionario – possono indebolire il suo camminare, fargli perdere il giusto valore delle cose, alimentare un certo disordine nella sua vita. Ne deriva l’importanza di fermarci periodicamente per partecipare a iniziative straordinarie e intense di formazione permanente. (vedi 99 -101)

  1. La formazione come trasfigurazione, trasformazione e conversione.

Il processo della formazione nella vita consacrata,  se ben condotto, introduce il religioso in una dinamica di trasfigurazione.. Senza trasfigurazione infatti non ci sarà nessuna formazione! ( Cf. P. Jaldemir Vitório, SJ Formarsi è trasfigurarsi in:Testimoni 2/ 2018, pp 38-45.

Quando la trasfigurazione non si è avverata: Lo si percepisce nel carattere complicato, per non dire insopportabile, della persona, nella sua incapacità ad assumere con maturità una missione, perché non si adatta a nulla di ciò che gli viene affidato, nell'inerzia, nella mancanza di fantasia, nella bassa autostima,  nelle continue lamentele, nell'incolpare gli altri, accusati di essere la causa dei suoi problemi.

La trasfigurazione, da parte sua, si percepisce nella vita comunitaria, nell'inserimento missionario, nell'impegno per crescere nella dimensione della gratitudine, nella ricerca di essere di più per servire e donarsi di più. La malleabilità del carattere, l'apertura al cambiamento e la disponibilità a compiere nuovi passi, senza mettere ostacoli.

Conclusione

Fondamentalmente la nostra Regola di Vita come tale è un libro di conversione, e perciò anche il suo discorso sulla formazione è un invito forte per noi ad un cammino di trasformazione e di “Cristificazione”, poiché “la misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con lo Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua.” (Benedetto XVI) Il vero obiettivo della  nostra formazione come descritto nella Regola di Vita è da capire in termini di trasfigurazione. Una formazione superficiale, cosmetica, formalista, imposta, con strutture rigide che calpesta la libertà non avrà mai la forza di toccare il cuore del candidato e di condurlo alla trasformazione.

Se accettiamo questo principio ne segue l’impegno a portare la normativa contenuta nella Regola di Vita sul piano della coscienza, affinché diventi mentalità. Il che vuol dire collocarla all’interno della propria persona, dandole la priorità e permettendole di divenire fonte irradiante del proprio pensare e perno propulsore del proprio agire. Fino a che la Regola di Vita non diventa coscienza, cessando di essere semplicemente norma, non sarà mai capace di convertire i confratelli.

Un altro invito per noi è di leggere la Regola di Vita con il  coraggio del confronto, cioè  lasciarsi criticare e ricostruire dove necessario. E noi tutti ne abbiamo bisogno se vogliamo continuare a crescere nella configurazione progressiva a Cristo. Dunque bisogna guardarsi dalla paura del confronto e la non disponibilità al cambiamento.

Gesù accompagna i due discepoli di Emmaus
nel loro cammino di formazione e conversione
Luca 24:13-35

L’episodio dei due discepoli di Emmaus è  un brano che ha sempre affascinato proprio perché è un racconto dove fede ed emozione, ragione e sentimento, dolore e gioia, dubbio e certezza si fondono, toccandoci profondamente. Dei  due discepoli, conosciamo soltanto uno per nome, Cleopa. L’altro, anonimo, può essere ciascuno di noi, chiamato a fare la stessa esperienza. Sono in cammino. L’uomo è sempre in cammino. La vita intera è un cammino, un processo di formazione.

La strategia pedagogica e formativa di Gesù

  • Partire dalla realtà. Gesù incontra i due discepoli là dove sono nella loro situazione concreta. Conoscono e raccontano a perfezione la storia di Gesù di Nazareth, riconoscendone la qualità di profeta. Tutto è razionalmente raccontato, ma di tutto sfugge il senso profondo. Quali sono i loro sentimenti? Tristezza, rabbia, delusione, scoraggiamento, confusione, insicurezza, dubbio.
  • Gesù si avvicina e cammina con loro, ascolta la conversazione e dialoga con loro. Il primo passo è questo: avvicinarsi alle persone, ascoltare la loro realtà, sentire i loro problemi; essere capaci di fare domande che aiutino le persone a guardare la realtà con uno sguardo più critico. Mentre i discepoli parlano Gesù li ascolta e li fa parlare, dandogli lo spazio e il tempo per raccontarsi, esprimere le proprie ansie e anche per sfogarsi. Dunque l’importanza del camminare con e di accompagnare gli altri con pazienza.
  • Proclamare la parola di Dio  per illuminare la vita e per chiarire la situazione che l’altro sta vivendo. La parola di Dio aiuta le persone a scoprire ciò che hanno dentro e a trasformare tutto in segno di vita e di speranza. “Stolti e lenti di cuore!”  Le parole di Gesù sono forti e ci scuotono dicendoci la nostra verità senza mezzi termini. L’annuncio della buona novella deve entrare in tutto il negativo dell’uomo e della sua storia per salvarci proprio da questa negatività che c’è ancora in noi.
  • Si parla dei loro occhi che erano incapaci di riconoscere Gesù e in fine allo spezzare il pane, gli occhi dei discepoli si aprono e riconoscono Gesù Cristo. Gli occhi come riflesso del cuore, per cui dalla vista esteriore si passa a quella interiore del cuore: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci apriva le Scritture?». Non basta l’apertura degli occhi se non c’è, nello stesso tempo, apertura del cuore. La formazione deve toccare il cuore.
  • Partirono senza indugio”. I due discepoli tornano a Gerusalemme dove è costituita la comunità cristiana, la Chiesa. E’ il momento della missione e della testimonianza prima di tutto in seno alla comunità.

Nella diversità culturale, di formazione, di età, confermiamo il ruolo fondamentale della comunità nella nostra vita consacrata/missionaria e accogliamo con rispetto senza pregiudizi ciò che ognuno racconta della sua esperienza personale di fede e del carisma dell’Istituto.

  • Condividere in comunità. Saper creare un ambiente di fede e di fraternità, d’incontro, di celebrazione e di condivisione/raccontarsi.
  • Nel momento in cui i due riconoscono Gesù, loro rinascono e Gesù scompare. Gesù non si appropria del cammino degli amici. Non è paternalista. Dopo l’incontro con Gesù, i discepoli sono capaci di camminare da soli. Gesù sparisce perché tocca adesso ai discepoli e a noi prendere ognuno la propria responsabilità.

Qualche domanda per riflettere

Sulla strada di Emmaus ci sono due che sanno tante cose della Bibbia e di Gesù  ma non ne capiscono, non colgono il vero senso. Speravano, ma adesso non sperano più. Hanno vissuto un’esperienza affascinante ed esaltante, ma ora se ne stanno tornando a casa delusi.

  • Qual è la nostra Emmaus?
  • Quali sono i punti di riferimento quando lo scoraggiamento, la delusione, la stanchezza, l’invecchiamento sembrano avere il sopravvento su di noi?

Per la riflessione/condivisione nel pomeriggio:

  1. Che ricordi hai della tua formazione di base (strutture e ambiente formativi, mediazioni, stile pedagogico, accompagnamento personale…)? “L’Istituto forma”, si dice. In che modo ti senti corresponsabile e  stai contribuendo oggi alla formazione di futuri missionari comboniani?
  2. Secondo la tua esperienza della formazione comboniana quali sono gli elementi positivi che aiutano la maturazione e la crescita vocazionale in libertà e responsabilità nella risposta a Cristo?
  3. Secondo te, quali sono le lacune e che cosa deve essere migliorata o addirittura cambiata nella nostra formazione  per affrontare adeguatamente le sfide della missione oggi?
  4. In vista della revisione della nostra Regola di Vita quali suggerimenti concreti (emendamenti, correzioni, modifiche) faresti  al riguardo dei numeri RdV 80 -101?